«Jameson», sussurro. «Fai il bravo.» Riabbasso la gonna lungo i fianchi.
Lui sorride contro il mio collo e mi attira di più a sé. Sfiora le mie labbra con le sue, prendendomi il viso tra le mani. Il bacio è intenzionalmente lento e passionale, e io mi ritrovo quasi a fluttuare per aria.
«Cena?» ansima.
«Mmh.» Sorrido contro di lui mentre mi stringe il viso. Quel bacio è inconfondibile. È seducente, sensuale e promette soddisfazione sessuale.
«A che ora ti vengo a prendere?»
«Dipende.»
«Da cosa?»
«Se credi di potermi dire o meno cosa indossare e cosa fare.»
Mi fa un sorriso tenero, e il mio cuore perde un battito. È dalla sera che ci siamo conosciuti che non mi guarda in questa maniera.
«Perdonami», sussurra, chinandosi per baciarmi di nuovo. «Volevo solo che indossassi i miei vestiti preferiti per poterti ammirare.» Abbassa le labbra sul mio collo, come se non riuscisse a fermarsi. «Non avevo intenzione di offenderti.»
«Devi proprio essere così brusco con me?» bisbiglio mentre mi sfiora la mascella con i denti.
«Io sono sempre brusco.»
«L’uomo che ho conosciuto su quell’aereo era divertente e spensierato.»
Fa un’espressione divertita, spostandomi un paio di ciocche ribelli dalla fronte. «Il nostro incontro è stato un lusso che non mi era mai stato concesso.»
«Come sarebbe?»
«Per una volta, ho avuto il dono dell’anonimato.»
Le nostre labbra si sfiorano, e io gli accarezzo le guance ruvide.
«Perché sei così diverso qui?» mormoro.
Jameson si libera dal mio abbraccio e torna alla sua scrivania. «Sono chi devo essere, Emily. Un uomo divertente e spensierato non può gestire in modo efficace un impero mediatico.»
Lo guardo, riflettendo per un momento su ciò che ha appena detto. «Okay, allora immagino di dover rifiutare l’invito a cena.»
«Perché?»
«Perché voglio passare una serata con Jim.» Sostiene il mio sguardo. «L’amministratore delegato Jameson Miles non mi interessa. Non mi importa nulla dei tuoi soldi o del tuo potere.» Mi fissa per un lungo momento, come se stesse elaborando le mie parole. Mi avvicino a lui e lo bacio dolcemente. «Di’ a Jim di venire a prendermi alle sette», mormoro, passandogli la lingua sulle labbra. «Muoio dalla voglia di rivederlo.»
Il suo viso è pervaso dalla tenerezza. «Vedrò cosa posso fare.»
* * *
Torno al mio piano e mi siedo alla scrivania.
«Come è andata?» bisbiglia Aaron, continuando a scrivere. «Lo hai fatto supplicare?»
«Dio, non sono capace di fare la preziosa», sospiro.
Molly sogghigna. «Non lo siamo tutti?»
Accendo il computer.
«Allora?» sussurra Aaron, smettendo di lavorare. «Racconta.»
«Stasera ceniamo insieme», rispondo, cercando di fingermi disinvolta.
«Oh mio Dio», bisbiglia Molly in preda all’eccitazione. «Accidenti, cosa ti metterai?»
«Non lo so.» Mi acciglio. «Qualcosa di assurdamente sexy.»
* * *
Mi premo una mano sul cuore, cercando di costringerlo a rallentare, e lancio un’occhiata all’orologio sul muro. Le sei e cinquantacinque.
Jameson sarà qui da un momento all’altro.
Scuoto le mani, camminando avanti e indietro. «Rimani calma… non andare a letto con lui. Qualsiasi cosa succeda, non fare la ragazza facile», ricordo a me stessa, parlando ad alta voce. Torno allo specchio del bagno e sistemo il rossetto. «Imparate a conoscervi, e poi prendi una decisione ponderata in base alla sua personalità e non a quanto ti eccita.» Faccio un sorrisetto alla ragazza ridicola che parla al suo riflesso. Ma, d’altronde, se il suo cazzo non fosse tanto perfetto, io non ci starei pensando… non è così?
Il mio cellulare vibra. «Pronto», rispondo con il cuore che batte all’impazzata.
«Sono al piano di sotto», mormora la sua voce profonda e vellutata. «Qual è il tuo campanello?»
«Scendo subito. Ci vediamo tra poco.»
Mi posiziono davanti allo specchio a figura intera e mi do un’ultima occhiata. Indosso un aderente abitino nero che mi arriva appena sotto alle ginocchia. Ha spalline sottili e una profonda scollatura sulla schiena. È perfetto con i tacchi a spillo neri e la pochette coordinata. Ho acconciato i miei capelli scuri in grandi boccoli hollywoodiani e li ho tirati indietro solo da un lato. Ho fatto del mio meglio con il trucco, con uno smokey eye grigio sugli occhi e lucide labbra rosse.
E, ovviamente, sono depilata in maniera piuttosto accurata… per ogni evenienza.
Prendo l’ascensore e, mentre attraverso l’atrio per uscire, lo scorgo al di là delle porte di vetro del palazzo. Indossa una giacca sportiva color blu scuro, un paio di jeans e una maglietta bianca. Sembra appena uscito da una rivista.
Non appena lo vedo, rimango senza fiato e sorrido quando si volta verso di me.
«Ciao.» Ricambia il mio sorriso.
«Ciao.»
Fa scorrere lo sguardo lungo tutto il mio corpo, prendendomi una mano nella sua. «Sei bellissima.»
«Grazie», rispondo con fare timido.
Ci fissiamo l’un l’altra… ed eccola di nuovo: l’elettricità che scorre tra di noi ogni volta che siamo da soli.
«Che cosa vuoi fare?» mi chiede, abbassando lo sguardo sulle mie labbra.
Sorrido. Jim è qui… Jameson non mi domanderebbe mai cosa voglio fare.
«Non hai parlato di cibo italiano?»
Lui si china e mi bacia, succhiandomi il labbro inferiore quanto basta per farmi fluttuare a qualche centimetro dal pavimento. Gli passo le braccia attorno al collo e rimaniamo in strada a fissarci per qualche istante.
«Mi ecciti da morire, Emily Foster.»
Sorrido e gli affondo le dita tra i capelli scuri. «Hai attraversato tutta la città per pomiciare con me in strada?» gli domando con finta innocenza.
«No.» Fa un sorrisetto. «Ma ora che sono qui è l’unica cosa che voglio fare.»
Ci baciamo di nuovo, in modo lento e dolce. Sento l’eccitazione alzarsi come un 747.
La sua rigida lunghezza fa la sua comparsa contro la mia pancia, e io sorrido.
«Che c’è?»
«Viene anche lui a cena?» gli chiedo.
Jameson ridacchia. «Beh, sembra che voglia fare capolino ogni volta che sei nei paraggi.»
«Io non userei un diminutivo per descrivere quella cosa.»
Nei suoi occhi brilla un certo nonsoché, e mi prende una mano nella sua. «Di qua.»
«Andiamo a piedi?» chiedo sorpresa.
«Mi sono fatto lasciare qui. Più tardi verranno a prenderci. Useremo un taxi per andare al ristorante.»
«Okay.»
Giriamo l’angolo e lui chiama un’auto. Saliamo sui sedili posteriori del taxi. «Waverly Place, per favore.»
«Certo.» L’autista si immette nel traffico.
«Da quanto tempo vivi a New York?» gli domando.
«Da tutta la vita.»
«I tuoi genitori abitano qui?» Aggrotto la fronte. Non riesco a immaginare di crescere in una città come questa.
«Sì, anche se sono andato a scuola altrove.»
«Dove?»
«In molti posti, ma ho finito ad Aspen.»
Lo fisso. Ma che cavolo?
«Sei andato da solo a scuola ad Aspen?»
«No, ho sempre avuto i miei fratelli con me.» Mi solleva una mano per baciarmi il dorso con un sorriso tenero.
Lo osservo. Veniamo da mondi completamente diversi. Non riesco nemmeno a immaginare come sia stata la sua vita.
«Cos’è quello sguardo?» mi domanda.
«Io non potevo nemmeno restare a dormire a casa di un’amica.»
«Nella mia famiglia è sempre stata incoraggiata l’indipendenza.»
Non appena mi viene in mente una cosa, mi scappa un sorriso.
«Che c’è?»
«Se vivi da solo da quando avevi…» Mi interrompo, aspettando la sua risposta.
«Dodici anni.»
«Dovresti avere l’intelligenza emotiva di un novantenne. Non è vero?»
Lui getta la testa all’indietro, scoppiando a ridere. «Dovrei è la parola chiave.» Gli brillano gli occhi per l’allegria. «E la tua come sarebbe?»
«Mmh.» Aggrotto le sopracciglia, riflettendo. «Emotivamente credo di essere intorno ai trent’anni.»
«E fisicamente?» sogghigna.
«Oh, Dio. Diciotto anni.» Rido. «Non ho molta esperienza.» Mi guarda negli occhi, e io riesco a percepire addosso il calore del suo sguardo. «E la tua esperienza fisica come sarebbe?» sussurro.
«Preferisco mostrartelo invece che raccontartelo.» Mi rivolge un sorriso sexy. «E sarei felice di farlo.»
Ridacchio mentre il taxi inizia a fermarsi. «Ci scommetto.»
Usciamo dal veicolo e, due minuti dopo, Jameson mi sta tirando per mano dentro un ristorante di nome Babbo. Dall’esterno sembra un piccolo pub inglese, carino e pittoresco, ma, una volta attraversate le porte, si rivela molto più grande di quanto appaia. Lo spazio è scuro e malinconico, e i lampadari dorati creano una certa atmosfera. Ci sono fiori freschi dentro vasi sparsi ovunque, ed è incredibilmente romantico.
«Salve, signor Miles.» L’uomo al bancone ci accoglie amichevolmente. «Il suo tavolo è da questa parte.»
Jameson mi stringe la mano e mi guida fino a un angolo del ristorante; il cameriere scosta la mia sedia e mi fa accomodare.
«Grazie.»
«Gradite qualcosa da bere per iniziare?»
«Sì.» Jameson studia il menù del vino. «Rosso?» mi chiede.
«Va bene qualsiasi cosa.» Scrollo le spalle con un sorriso nervoso.
«Prendiamo una bottiglia di Henschke.»
«Sì, signore, quale?»
«Hill of Roses, grazie», risponde lui, chiudendo il menù. Il cameriere svanisce, lasciandoci da soli.
«Suppongo che tu conosca bene i vini», osservo.
Lui versa l’acqua a entrambi. «Vado solo nei ristoranti che tengono le marche che mi piacciono. Quindi sì, direi che li conosco.»
«Ah, capisco.» Faccio un sorrisetto. «Sei uno di quelli.»
Lui incurva le labbra. «Forse.»
I nostri sguardi indugiano l’uno nell’altro per un momento.
«Non riesco a credere che tu sia l’amministratore delegato.»
Jameson ridacchia e appoggia il mento su una mano. «Credevo che stasera volessi un appuntamento con Jim.»
«Lo volevo… voglio dire, lo voglio.»
«Beh, allora perché stiamo parlando di amministratori?»
Sorrido dolcemente. «Non lo so.»
Il cameriere torna e apre una bottiglia di vino, per poi versarne un po’ per Jameson, che lo assaggia. «Va bene.» L’uomo riempie i nostri bicchieri e svanisce.
Il mio compagno solleva il suo drink e io brindo con lui per poi bere un sorso e assaporarne il gusto ricco e vellutato. «Mmh.» Annuisco. «Sono colpita.»
«Ho un gusto eccellente.» Sorride prima di tornare di nuovo serio. «In tutte le cose.»
Gli rivolgo un’espressione imbarazzata: sta parlando di me.
«Raccontami dello scorso weekend», mi esorta.
«Non c’è molto da dire.»
«Lo hai lasciato?»
«Avrei dovuto farlo tanto tempo fa.»
«Non eri felice?»
«No, da molto.»
«Come si chiama? Che cosa fa?»
«Non ti dirò il suo nome», rispondo con tono secco. «È un uomo d’affari, affascinante e di successo», mento.
Lui sorseggia il suo vino e mi fissa, e io capisco che ha in mente qualcos’altro.
«Che c’è?» gli chiedo.
«Hai mai ripensato a me?»
«Sì.» Sorrido appena. «E tu?»
«In effetti, sì.» Sostiene il mio sguardo.
«A che cosa pensavi?»
Un’espressione sexy gli attraversa lentamente il volto.
«Cosa?»
«Non lo vuoi sapere.»
«No, invece lo voglio.» Gli sorrido. «Dimmelo.»
«Pensavo che sei stata la scopata più bollente che io abbia mai avuto.» Abbassa gli occhi sulle mie labbra. L’aria tra di noi si riempie di elettricità. L’eccitazione è palpabile. «E anche adesso, ogni volta che sono in una stanza insieme a te, è come se il mio corpo si caricasse di un bisogno tutto suo.» Il tempo sembra fermarsi mentre ci fissiamo. Lui sorseggia lentamente il suo vino. «Quando ti guardo… ho una cosa sola in mente», mormora. «Non posso farci niente. È quasi primordiale.»
Primordiale.
«Sta diventando maledettamente difficile controllarmi», sussurra con fare tenebroso.
Dannazione, quest’uomo è davvero speciale, ma ogni campanello d’allarme mi sta avvertendo che dovrei scappare via più in fretta che posso. Se riesce a farmi questo effetto dopo una notte… cosa potrebbe farmi dopo due?
Incrocio il suo sguardo e l’attrazione che provo per lui mi fa ribollire il sangue. All’improvviso, non ho più voglia di fare la preziosa, non mi importa che non ci conosciamo. Non mi interessano i rischi. Ha qualcosa di cui ho bisogno… e, maledizione, lo prenderò senza fare domande.
«Dovremmo ordinare», sussurro.
Lui apre il menù con una certa urgenza. «Che cosa vuoi?»
«Il piatto più veloce.»
* * *
Un’ora più tardi, mi sta quasi trascinando lungo il marciapiede, tenendomi per mano.
«La mia auto è parcheggiata quaggiù.»
Si gira per prendermi tra le braccia e mi posa sulle labbra un bacio possessivo. Sorrido contro la sua bocca. La maniera in cui abbiamo riso e parlato durante la cena mi ha riportato alla mente il Jim dei miei ricordi, l’uomo sull’aereo che era interessato a tutto di me e della mia vita. Come se anche lui se ne fosse accorto, abbiamo quasi pomiciato al centro del ristorante affollato. Ha ragione, questa attrazione tra di noi è assurda.
«Sbrighiamoci», bisbiglio, le labbra a pochi millimetri dalle sue.
Una cosa è uscire a cena con un uomo affascinante, tutta un’altra è passare la serata intera a immaginarsi sotto il tavolo a succhiargli l’uccello.
Non so se sia perché mi ha detto che sono stata la migliore scopata che abbia mai avuto, ma… accidenti, voglio farlo andare fuori di testa. Non vedo l’ora di spogliarlo. Voglio tornare a essere la ragazza in cui mi ha trasformata quando ci trovavamo a Boston. Mi è mancata.
Giriamo l’angolo, e vedo la grande limousine nera parcheggiata accanto al marciapiede. Mi blocco.
«Che c’è?» si acciglia lui.
«La limousine è qui?»
«Sì, quindi?»
Lo fisso per un lungo momento.
Jameson rotea gli occhi e apre la portiera posteriore. «Entra.»
Salgo, e in due secondi anche lui è nell’auto, e mi ritrovo a cavalcioni sul suo grembo con il vestito arrotolato fin quasi alla vita. Il pannello divisorio è alzato, garantendoci un po’ di privacy. Il suo membro è duro. Mi afferra per i fianchi e strofina il mio sesso avanti e indietro su di sé mentre ci baciamo. Tiene le mani sul mio sedere per poi spostarle su e giù lungo la mia schiena non appena il mio corpo assume un suo ritmo.
Con uno sguardo cupo, mi infila le dita nelle mutandine, facendole scivolare fino al mio punto più sensibile.
«Cazzo», sussurra. «Potrei venire anche solo toccandoti e sentendo quanto sei calda e bagnata.»
Inizio a spingermi su di lui con forza, alla ricerca di una connessione più profonda, e Jameson rimane a bocca spalancata, fissandomi. Non so che accidenti di pillole afrodisiache mi abbiano messo nel bicchiere durante la cena, ma, pochi secondi dopo, mi ritrovo sul pavimento tra le sue gambe, intenta ad abbassargli la zip dei jeans.
Quando lo spingo all’indietro sul sedile e gli apro bruscamente le cosce, lui emette un sibilo eccitato. Ci fissiamo mentre lecco il liquido che cola dalla sua punta. Jameson mi appoggia una mano su una guancia, e io lo prendo a fondo in gola, facendolo irrigidire di colpo.
«Cazzo», mormora piano con la voce roca, contraendo gli addominali. «Porca puttana, Emily.»
Prendo a stringerlo con forza nel pugno, e lui trema sotto di me. Sta per esplodere. Voglio che venga subito, in fretta… e senza freni. Questa notte sento il bisogno di farlo mio. Dargli piacere mi fa sentire bene con me stessa, e questa nuova versione di Emily è una persona che mi piace. Voglio tenermela stretta.
«Emily», ringhia lui a denti stretti, afferrandomi i capelli. «Siamo a casa.» Attiva il blocco dello sportello appena prima che il suo autista riesca ad aprirlo.
Mi rialzo rapidamente, tornando sul sedile, e lui si chiude i jeans. Entrambi ansimiamo, cercando di riprendere fiato. Ma che cavolo mi succede? Quest’uomo ha la capacità di trasformarmi in un animale.
Si gira verso di me e mi fa un sorrisetto, sistemandomi i capelli. «Entriamo in casa, va bene?» Mi bacia con dolcezza, la sua bocca indugia sulla mia mentre continuiamo a fissarci. «È bello rivederti, Emily Foster», bisbiglia.
Mi lecco le labbra, risalendo a cavalcioni sul suo grembo. «È bello assaporarti di nuovo, Jameson Miles.» Strofino il mio sesso su di lui, e Jim mi afferra all’altezza dei fianchi per tenermi ferma.
«Smettila», mi ordina. «Ora fermati.»
Accosto la bocca al suo orecchio. «Voglio farti venire nella tua auto», sussurro prima di morderlo. «Scopami qui.»
«Gesù Cristo.» Mi spinge giù dalle sue gambe e apre la portiera dell’auto con un rapido movimento. L’autista china la testa, fingendo di non sapere cosa stessimo facendo lì dentro.
«Grazie», gli dice Jameson, tirandomi fuori e dirigendosi a grandi passi verso il palazzo.
Entriamo in ascensore, e l’operatore dentro alla cabina guarda dritto davanti a sé. Io sto ansimando, sono fradicia e il mio sesso pulsa.
Sono un gran casino.
Gli occhi di Jameson sono cupi di desiderio mentre fissa le porte chiuse di fronte a sé.
Dio, ho bisogno di lui.
Quando le porte si riaprono, Jameson prende la mia mano e mi trascina fuori. Le sue labbra catturano di nuovo le mie, mentre mi spinge all’interno del suo appartamento.
«Non è così che siamo entrati in camera l’ultima volta?» Quando mi solleva, non posso fare a meno di sorridere.
«Più o meno.»
Mi mette giù e io mi guardo intorno, con il cuore che mi piomba nello stomaco.
«Ma che cavolo, Jim…» sussurro in preda allo shock.
«Che c’è?» Si acciglia.
«Questa è casa tua?» gli domando, studiando la sala.
Lui abbassa le labbra sul mio collo, leccando e succhiando la pelle fino a raggiungere la clavicola; è completamente concentrato.
L’appartamento è enorme e moderno, con finestre alte fino al soffitto e le luci di New York che filtrano all’interno da ogni parte io guardi. Alcune lampade sono posizionate in maniera strategica per creare un’atmosfera calda. Non sono mai stata in un posto tanto bello… o in cui mi sentissi tanto fuori posto.
I pavimenti sono ricoperti di parquet di legno chiaro, e lo spazio è arredato con lussuosi divani di velluto e pelle. Nel soggiorno c’è un caminetto su cui è appeso un gigantesco specchio dalla cornice dorata, e a terra c’è uno splendido tappeto antico.
«Smettila di guardare la casa e pensa a me.» Mi prende il viso tra le mani per costringermi a guardarlo.
Io lo fisso.
«Che c’è?» mormora.
«Questo appartamento.»
«E allora?»
«Vieni da un mondo diverso dal mio», bisbiglio.
«A chi importa?» Mi fissa negli occhi. «Ti voglio, e tu vuoi me. Cos’altro c’è da dire?»
Il nostro bacio si fa disperato quando mi preme contro il muro e mi toglie il vestito con un solo rapido movimento. Gli spingo la giacca giù dalle spalle, afferro la maglia per sollevargliela e poi abbasso la zip dei jeans, che lui calcia di lato.
Ci fissiamo, entrambi quasi nudi, ansimanti e desiderosi di un contatto più profondo.
È come la mattina di Natale… solo meglio.
Poi so solo che lui mi sta trascinando attraverso l’appartamento per gettarmi sul letto. Mi strappa l’intimo di dosso e il suo sguardo voglioso percorre ogni centimetro di me, gustandosi la vista.
Ed eccolo lì: il fuoco che quest’uomo trasmette con i suoi occhi potrebbe illuminare il globo. Non ho mai dimenticato la maniera in cui mi ha guardata quella notte.
Mi solleva le gambe per avvolgersele attorno alla vita e poi inizia a far scivolare il suo grosso membro proprio sul mio punto più sensibile.
Mentre mi osserva, un sorriso sexy gli attraversa il viso. «Ora mi ricordo.»
«Che cosa?»
«Per cosa sta la F delle tue iniziali. Fuck Bunny, la coniglietta del sesso.»
Scoppio a ridere. «Lo avevo dimenticato.»
«Come hai potuto? Ogni dettaglio di quella notte è impresso a fuoco nella mia mente.» Mi porge un profilattico. «Mettimelo.»
Bacio delicatamente la punta dell’erezione prima di seguire le sue istruzioni. È così autoritario…
«Che cosa ricordi con esattezza?» gli chiedo in un mormorio. Mi stendo, e lui gattona di nuovo sopra di me.
«Il modo in cui mi guardavi, il tuo sapore sulla mia lingua…» Le sue labbra catturano le mie, e il nostro bacio si approfondisce. «Ricordo com’era sentire ogni muscolo dentro di te quando il tuo corpo si è stretto attorno al mio.»
Alzo uno sguardo incantato su di lui, accarezzandogli la mascella ispida.
Ti prego, non diventare ancora più magnifico. Non saprei cosa farne di te.
«Ma ciò che ricordo meglio è il modo in cui mi hai baciato.»
Lo guardo negli occhi. «E in che modo ti avrei baciato?»
«Come se avessi aspettato tutta la vita per farlo.»
Sprofonda dentro di me, e mi si stringe il cuore. Sollevo di più le gambe. «Forse è così.»
I nostri occhi si incastrano gli uni negli altri, lui dentro di me, e, nonostante io sappia che sia solo sesso e non significa niente, sembra intimo e speciale… più di quanto dovrebbe essere.
Smettila. Non pensarci troppo.
«Hai intenzione di continuare a chiacchierare, o vuoi scoparmi?» lo stuzzico per alleggerire il momento.
Lui ridacchia, si tira fuori e sprofonda di nuovo dentro di me, lasciandomi senza fiato. Poi grido.
Oh… buon Dio. Credo di aver appena risvegliato il diavolo.
Si spinge dentro di me tenendo le mie ginocchia spalancate. Pompa sempre più forte, e con ogni colpo mi fa inarcare la schiena e mi allarga un po’ di più le gambe. Si ferma per fare un movimento circolare mentre è ancora dentro al mio corpo. Reclino la testa all’indietro, abbandonando ogni pensiero coerente.
«Oh Dio», gemo mentre mi sfiora il collo con i denti. «È così bello…»
Jameson ripete quel delizioso movimento, accarezzandomi il clitoride con il pollice. Inizio a tremare, e lui mi afferra il viso, costringendomi a voltarmi nella sua direzione. Mi inarco, contorcendomi sotto il suo corpo, e i nostri sguardi si incontrano.
«Guardami mentre vieni sul mio cazzo», mi ordina, raddrizzando le braccia e sollevando le mie gambe fino a posarsi le mie caviglie sulle spalle. Il cambio di posizione lo spinge ancora più a fondo, e, non appena inizia a muoversi, sobbalzo. Comincia a prendermi con un ritmo serrato, e gli stringo le braccia, senza distogliere gli occhi da lui.
«Cazzo, sì», geme. «Cazzo… cazzo…» Lascia andare indietro la testa, gridando, e percepisco il sussulto rivelatore mentre viene dentro di me.
Siamo madidi di sudore, e lui si china per catturare le mie labbra con le sue. Il mio cuore batte fuori controllo mentre fisso il soffitto, cercando di riprendere aria. Jameson preme il volto contro il mio collo, sfiorandomi la clavicola con la bocca.
Che cazzo è stato? Non era sesso, ma un evento apocalittico.
Sono rovinata.
* * *
Mi sveglio immersa nell’oscurità. Il bagliore delle luci di New York infonde un chiarore soffuso nella stanza. È tardi… o troppo presto. Saranno circa le quattro del mattino, o almeno è quello che penso. Non abbiamo tirato le tende prima di andare a dormire.
Che notte…
Ci siamo divorati a vicenda fino a quando non ci è rimasto più niente.
Lo fisso, steso sulla schiena in un sonno esausto. Non so cosa siamo l’uno per l’altra, ma è ovvio che lui sia la mia anima gemella sessuale. È una cosa che esiste? I nostri corpi sono come animali quando siamo insieme, nessuno dei due riesce mai ad averne abbastanza. Una sete che non può essere placata.
Se si dovesse svegliare adesso, sarei subito eccitata, come so che lo sarebbe anche lui.
Ha ragione: questo è primordiale.
Ho sete, quindi scendo dal letto e mi getto addosso la sua vestaglia per andare in cucina alla ricerca di acqua. Abbiamo lasciato le lampade accese, quindi le stanze sono parzialmente illuminate. Non mi ricordo nemmeno come sono arrivata alla camera da letto.
Trovo un bicchiere e mi verso dell’acqua dal frigo e, quando mi guardo intorno, mi sento sprofondare il cuore nel petto. Che razza di cucina è questa? Sembra di essere in un ristorante.
Torno in soggiorno e guardo la città ben più in basso rispetto a dove ci troviamo noi.
Sposto lo sguardo nell’appartamento, mentre il cuore continua a palpitarmi contro lo sterno come una percussione. Questi sono i soldi veri.
Stupido denaro.
Tutta la mia casa potrebbe entrare nella sua camera da letto. Quanto costa un posto del genere? I nostri vestiti sono sparsi a terra, li sollevo per piegarli e appoggiarli sul tavolino da caffè. Poi vedo qualcosa illuminarsi sul pavimento.
Accigliata, mi chino per raccogliere il telefono di Jameson. Deve essergli caduto dalla tasca mentre ci stavamo spogliando. Il cellulare si illumina per l’arrivo di un messaggio, e il nome Chloe lampeggia sullo schermo.
Chloe: Dove sei? La tua riunione è finita tardi?
Fisso il telefono.
Ma che cazzo? Chi è Chloe?
Jameson
Non appena la sveglia comincia a suonare, apro gli occhi e sorrido, stiracchiandomi. Sono soddisfatto e ancora un po’ assonnato.
Mi sento rilassato per la prima volta dopo tanto tempo.
Che notte… che donna.
Allungo un braccio verso Emily e, nel momento in cui mi accorgo che non è nel letto con me, mi acciglio. Deve essere in bagno. Sonnecchio per un’altra ventina di minuti e, alla fine, quando non ritorna, mi alzo.
«Emily?» la chiamo, entrando in bagno.
È vuoto.
Vado nella zona giorno. «Emily?» ripeto.
Silenzio.
«Ma dov’è?»
Mi guardo intorno, scoprendo che i miei vestiti sono ben ripiegati sul tavolino da caffè, e noto che i suoi… sono svaniti.
«Emily?» la chiamo, facendo un giro completo dell’appartamento. «Emily?»
Mentre la rabbia inizia a montare dentro di me, digrigno i denti. Compongo il suo numero, con la vista annebbiata da una nube rossastra. Sento i battiti furiosi del mio cuore e l’adrenalina che mi pompa nelle vene.
«Pronto?» risponde lei.
«Dove cazzo sei?» chiedo con tono sprezzante.