Capitolo 11

Emily

Capovolgo il cucchiaio, me lo infilo in bocca e succhio la Nutella di cui è coperto mentre fisso la televisione. Sono le quattro del pomeriggio, sono ancora in pigiama e ho passato una giornata tremenda. Dopo essermi risvegliata in un sogno, sdraiata accanto all’uomo più affascinante del pianeta, quello stronzo dell’amministratore delegato Jameson Miles ha deciso di fare la sua comparsa e di rovinare tutto.

A essere sincera, una parte di me si sta pentendo di non essere andata a casa sua per fare colazione, ma l’altra parte è felice di non averlo fatto, perché altrimenti non avrei mai saputo di Chloe, la sua massaggiatrice.

Scopano.

Detesto quanto mi dia fastidio. Odio ritrovarmi sempre più legata a lui quando è chiaro che Jameson non prova lo stesso per me.

Infilo di nuovo il cucchiaio nel barattolo di Nutella. Il cioccolato mi si scioglie sulla lingua, offrendomi una temporanea distrazione. Guardo intorpidita la televisione, c’è un film horror. Il mio genere preferito, le commedie romantiche, è stato eliminato dal repertorio. Ripenso al mio primo incontro con Jameson, quando mi ha detto che trova non realistiche le commedie romantiche.

Forse aveva ragione. È possibile che sia solo una stupida illusa?

Lui prova qualcosa per Chloe? A chi importa? È uno stronzo.

Devo piantarla. Devo smetterla di pensare a lui. È un playboy egoista che va a letto con chiunque, ogni volta che lo vuole. Mi guardo intorno nel mio squallido appartamentino e vengo colta dalla tristezza. Se gli piacessi, non gli importerebbe dove stiamo, vorrebbe solo passare del tempo con me. Invece non vedeva l’ora di andarsene.

Torno con la mente al nostro litigio di questa mattina.

“Nessuno mi ha mai trattato come mi tratti tu, Emily!”

“Perché li paghi! Sei fortunato perché hai un mucchio di soldi, Jameson. Ti servono. Nessuno sopporterebbe gratis le tue cazzate.”

“Questo è un colpo basso.”

Ho esagerato? È stato davvero un colpo basso? Forse, ma che cosa si aspettava? Non posso credere che nessuno lo abbia mai trattato come l’ho trattato io. Se si comporta sempre così con le donne, come fanno a sopportarlo? Nessuno è tanto stupido… non è vero?

“Non sono interessato ad avere una relazione.”

Sferro un pugno al cuscino che ho in grembo, presa dal disgusto. Nessun’altra frase mi ha mai fatta sentire tanto miserabile, come se non valessi niente.

* * *

Lunedì mattina entro nell’ascensore per salire fino all’ultimo piano. Abbiamo fissato questa riunione la settimana scorsa, perché potessi conoscere l’investigatore privato, ma ora preferirei fare tutt’altro.

Voglio dimenticarmi di Jameson Miles e di aver mai incontrato l’affascinante Jim… o Jay, o come accidenti dovrei chiamarlo. Sono arrivata alla conclusione che sono un pacchetto unico, e purtroppo non posso avere Jim senza Jameson, nonostante io desideri solo il primo. Quindi farò quello che è meglio per me. Taglierò i ponti, non cadrò nell’abitudine di andare a letto con lui, portando avanti una storia priva di legami, nella speranza di riuscire a intravedere Jim di tanto in tanto.

Sarebbe facile… troppo facile.

Ma so già che il mio povero cuore non riuscirebbe a sopportarlo. Non sono fatta per il sesso occasionale. Semplicemente non fa per me.

Mi comporterò in modo professionale e cercherò di concentrarmi sul lavoro. Se non fossi costretta a vederlo, sarebbe più semplice, ma è così che vanno le cose. Devo imparare ad accettarlo. Lui non se ne andrà da nessuna parte, e io voglio davvero tenermi questo lavoro.

Dannazione, Emily, perché prendi sempre la strada più ardua? Perché ti innamori sempre dell’uomo sbagliato?

L’ultimo era privo di motivazione, e questo ne ha fin troppa. A nessuno dei due importava abbastanza di me da spingerli a compiere uno sforzo in più. Forse ho aspettative troppo alte per via dei miei fidanzati immaginari dei romanzi d’amore che leggo; magari Jameson aveva ragione su quello. Ma, accidenti, per una volta vorrei vivere una favola.

Le porte dell’ascensore si aprono, e io esco per attraversare la reception.

«Buongiorno, Emily», dice Sammia.

«Buongiorno.» Le sorrido.

«Vai pure nel suo ufficio.»

«Grazie.» Mi incammino lungo il corridoio e busso alla porta.

«Avanti», risponde la sua voce profonda.

Chiudo gli occhi e mi preparo. Raddrizzo le spalle e apro la porta. Poi mi blocco sul posto.

Merda.

La stanza è piena di uomini.

«Entra pure», dice Jameson, la voce priva di qualsiasi emozione. «Accomodati.»

«Grazie.» Mi lascio cadere nervosamente su una sedia a un’estremità del grande tavolo rettangolare.

Jameson siede a capotavola, mentre Tristan, Elliot, Christopher e un uomo più maturo sono alla sua sinistra. Ci sono anche altri sei individui che non ho mai visto prima.

Jameson incontra il mio sguardo. «Lei è Emily Foster», mi presenta.

«Salve», mi salutano gli altri.

Sorrido imbarazzata, osservando la tavolata.

«Emily, lui è mio padre, George.» Indica l’uomo anziano.

«Salve», bisbiglio nervosa.

«Buongiorno, cara.» Mi rivolge un’espressione calorosa. È sulla sessantina e sembra una versione più matura di Jameson ed Elliot. Ha un aspetto affascinante e distinto, e anche lui mi guarda con un paio di penetranti occhi blu.

«Loro sono Martin e Gerrard, Max e Barry» continua Jameson, indicando i vari uomini intorno al tavolo. «E a quel capo ci sono Calvin e Jake.»

«Salve.» Mi costringo a sorridere. Non ricorderò mai tutti questi nomi.

«È il team di investigazione aziendale», riprende lui. «Jake sarà i loro occhi al piano, e gli altri cinque valuteranno le informazioni che raccoglierà.»

Lo guardo mentre parla, completamente impassibile, e mi si spezza un po’ il cuore. Non è affatto turbato da me… da noi.

Perché non c’è alcun noi.

«Okay.» Guardo il team con espressione accomodante. «Piacere di conoscervi.»

«Questa mattina partiremo in quarta», continua Jameson. «Emily, accompagnerai Jake a fare un giro del piano e poi farai direttamente rapporto a Tristan riguardo agli articoli che invierai.»

Mi sprofonda il cuore nel petto, ma mi sforzo di annuire. Lancio un’occhiata a Tristan, che mi rivolge uno sguardo cordiale. Sa perché sono stata assegnata a lui. Avrei voglia di buttarmi a terra e fare una scenata isterica.

«Grazie. È perfetto», mento.

Nei quindici minuti successivi, rimango seduta sulla mia sedia a fissare l’amministratore delegato che affronta uno per uno i punti del giorno con controllato distacco. È deciso, severo e brillante, e l’intera sala pende dalle sue labbra.

E si scopa la sua massaggiatrice tutti i martedì e i giovedì.

Non so come ho fatto a cacciarmi in questo pasticcio, ma deve finire. Beh… è già finito, quindi non devo più preoccuparmi.

«Grazie, questo è tutto. Vorrei un rapporto sulla mia scrivania alle quattro e mezza di ogni pomeriggio», informa gli uomini dell’agenzia investigativa.

«Sì, signore», rispondono loro mentre si alzano. Io aspetto in fondo alla stanza, incerta se andarmene o meno.

«Emily, solo un minuto, per favore», mi chiede Jameson.

Il mio cuore ha un sobbalzo. «Sì.»

«Puoi accompagnare Jake al tuo piano con la scusa che è nuovo e che state affrontando insieme un programma di formazione?»

Lo scruto dritto negli occhi. Lui mi fissa impassibile, freddo come il ghiaccio.

«Certo.» Mi volto verso Jake e sorrido. «Sei pronto?»

«Fammi strada», replica lui con tono scherzoso. «Dopo di te.»

Mi volto ed esco dall’ufficio con il cuore che scivola fin sotto ai miei tacchi alti. Beh, è la fine.

Ha chiuso. Vorrei che fosse lo stesso per me. Ma ci riuscirò, lo faccio sempre.

* * *

Mi siedo dentro al bar, sulla panca accanto alla vetrina, e fisso la limousine in attesa davanti alla Miles Media, dall’altra parte della strada. È stata una lunga settimana, e oggi è stato un giorno particolarmente monotono.

È giovedì, il giorno del massaggio.

Ho una visione di Jameson tutto unto di olio su un lettino mentre un’altra donna muove le mani sul suo corpo. Mi si stringe lo stomaco, mentre me lo immagino con fin troppa chiarezza. La mente mi gioca brutti scherzi e mi mostra il peggior scenario pornografico della storia.

Jim… che viene toccato da un’altra donna.

È vestita mentre lo massaggia? Parlano? Ridono come facciamo noi?

Devo smetterla, è troppo doloroso. Sto desiderando un uomo che nemmeno esiste.

L’autista apre la porta d’ingresso del palazzo, e io guardo Jameson Miles uscire come al rallentatore, nel suo completo blu, con la postura perfetta, i capelli scuri che gli scivolano sulla fronte… circondato da un’aura quasi palpabile di potere.

Tutti si bloccano e lo ammirano mentre entra nel retro della limousine. L’autista chiude la porta, poi l’auto esce lentamente dal parcheggio e svanisce in fondo alla strada.

Osservo il toast al prosciutto e formaggio di fronte a me, la mia cena. Lo sconforto mi assale. Ho appena perso l’appetito.

* * *

È venerdì pomeriggio e sono le tre. Sto fissando la storia falsa davanti a me. Ah… che barzelletta. Mi sono trasferita a New York per inventare notizie fasulle per un imbecille, la sua società mediatica imbecille… e quegli imbecilli dei suoi fratelli.

Batto con forza sui tasti del mio computer. Imbecilli, imbecilli… maledetti imbecilli.

Alla faccia di tutti i miei anni di studio all’università. I miei genitori devono essere proprio orgogliosi. Quando mi è stato offerto questo incarico, ho creduto che sarebbe stato emozionante, oltre che un’occasione per dimostrare il mio valore. Ma forse mi sono sbagliata.

«Laggiù in fondo», sento dire a qualcuno. Alzo lo sguardo e vedo un uomo con una grande busta di carta marrone in mano.

«Uber Eats per Emily Foster.»

«Cosa?» Mi guardo intorno, imbarazzata. «Ma io non ho ordinato niente.»

Il fattorino legge il biglietto. «Qui c’è scritto che…» Si interrompe, leggendo e accigliandosi come se fosse confuso. «C’è scritto che questa consegna Uber Eats è controllata e sicura per il consumo umano.»

Gli lancio un’occhiata e accetto la busta.

L’uomo socchiude gli occhi, continuando a leggere la distinta. «Non ha alcun senso.»

«Che cosa?»

«Qui dice: Zucchero per addolcirti

Apro la busta e trovo un’enorme cheesecake al frutto della passione. Alzo gli occhi verso la telecamera e faccio un sorrisetto. Mi prende in giro?

«Chi l’ha mandata?» domando.

«Sembra che il mittente sia un tale Signor Brav’uomo

Lo fisso senza battere ciglio. «Signor Brav’uomo?»

«Già. Strano, eh?»

«Grazie.» Faccio del mio meglio per non sorridere. So che mi sta guardando.

Molly e Aaron sbirciano dentro la busta. «Bingo», strilla il mio collega. «Prendo dei piatti.» E corre verso la nostra cucina dello staff.

«Grazie, oh Signore, per la cheesecake», esclama Molly, eccitata.

Okay… ha fatto la prima mossa. Ora come rispondo?

Tiro fuori il cellulare e gli mando un messaggio.

Io: Caro Signor Brav’uomo, grazie. Anche se vorrei assicurarti che sono già abbastanza dolce.

Premo Invio e aspetto. Arriva subito una risposta.

J: Non ho alcun dubbio al riguardo. Posso portarti fuori a cena questa sera?

Mi appoggio all’indietro contro lo schienale, sorpresa dalla sua richiesta. È una situazione impossibile. Lui vuole avere una compagna di scopate in più nel suo harem, mentre io lo voglio tutto per me. Gli scrivo.

Io: Credo che domenica mattina ci siamo detti entrambi tutto ciò che c’era da dirsi.

Dio… perché non può essere normale? Ricevo immediatamente una risposta.

J: Ho una proposta per te.

Fisso il messaggio ma non rispondo. Una proposta? Che c’è, vuole che sia la sua nuova massaggiatrice? Mi sento ribollire di rabbia al solo pensiero di quella donna che lo tocca.

Dieci minuti dopo, arriva un altro messaggio.

J: Dammi una possibilità, per favore.

Per favore. Ha detto per favore. Oh, va bene. Rispondo.

Io: Okay.

Rimango in attesa.

J: Vengo a prenderti alle sette.

«Ecco a te», dice Aaron, passandomi un piatto con la fetta di cheesecake più grande che abbia mai visto. Porge a Molly la sua e poi si accomoda con la propria.

«È assolutamente deliziosa», borbotta la nostra collega con la bocca piena.

Aaron geme in segno di apprezzamento. «Oh, cazzo, sto avendo un orgasmo da cibo.»

Prendo un boccone, concentrandomi con tutte le mie forze per non sorridere troppo, giusto nel caso mi stesse guardando.

Bella mossa, signor Miles… bella mossa.

* * *

A volte te lo senti dentro che non dovresti fare una certa cosa. Il risultato è già scritto nelle stelle, e sarebbe meglio essere forte e dire di no. Ma se proprio non ce la fai?

Questa sera non riesco a impedirmi di uscire con lui. La masochista dentro di me vuole vederlo. La stessa masochista vuole che mi prenda, mi spinga sul suo letto lussuoso e mi scopi fino a farmi dimenticare il mio nome. È stata una settimana lunga e solitaria. Ma devo resistere. Se adesso cedo, gli ultimi giorni saranno stati per niente. E sono ancora convinta di ciò che ho detto domenica. Sono troppo per lui per com’è al momento. Non voglio condividerlo con altre donne, e per me i soldi non hanno alcuna importanza. Deve decidersi a venirmi incontro oppure a lasciarmi perdere.

Suona il campanello, e il mio stomaco si stringe in una morsa. Lui è qui.

«Chi è?»

«Uber Eats.» Sento la sua voce vellutata.

Faccio un ampio sorriso. «Che cos’ha per me?»

«Salsiccia italiana.»

«Mmh», lo stuzzico. «Ha per caso intenzione di drogare la salsiccia e di approfittare del mio corpo non appena cadrò svenuta?»

«Indubbiamente.»

Divertita, premo il pulsante per farlo salire, poi inizio a camminare avanti e indietro nell’appartamento, gesticolando senza controllo per il nervosismo che si sta impossessando di me.

Rimani calma… rimani calma… rimani calma.

Toc, toc.

Apro rapidamente la porta, ed eccolo lì, in maglietta grigia e jeans neri… con i suoi ardenti occhi blu. Un pigro sorriso sexy gli attraversa il viso.

«Ciao.»

«Ciao», bisbiglio, fissando il magnifico esemplare di uomo che mi sta di fronte. Vorrei gettarmi tra le sue braccia. L’attrazione che provo per lui è incredibile.

Si china e mi bacia una guancia, superandomi per entrare nel mio appartamento.

«Sei pronta?» mi chiede.

«Prontissima.» Prendo la borsa e lo scialle.

Jameson abbassa lo sguardo lungo il mio corpo fasciato da un abitino nero. «Sei incantevole.»

«Grazie», mormoro.

«Andiamo.» Mi porge il braccio, e io lo afferro.

Entriamo in ascensore avvolti da un silenzio imbarazzante. Lui è pensieroso e io sono nervosa da morire. Interpretare la donna calma, tranquilla e composta è terrificante, e ricordo a me stessa che questa sera non devo bere troppo.

Usciamo dal mio palazzo, la sua limousine è parcheggiata davanti al marciapiede. Apre la portiera e io salgo. Vengo assalita dai ricordi della prima volta in cui sono stata su questi sedili posteriori, e la parola “puttanella” mi aleggia nella mente.

Scivolo da una parte e lui entra accanto a me, poi mi prende una mano per stringerla e appoggiarsela in grembo. Okay… è affettuoso. Che cosa significa?

Non so cosa dire, né come reagire, dato che sto interpretando la parte della difficile, ma il calore del suo tocco è così confortante che glielo lascio fare. La limousine attraversa la città, e io guardo fuori dal finestrino mentre un milione di pensieri mi passa per la mente. Questa notte è importante: dobbiamo raggiungere un accordo o fare in modo di limitare il più possibile i danni. Non possiamo continuare a litigare per un nonnulla come abbiamo fatto finora.

L’auto si ferma e l’autista apre la portiera. Esco e Jameson mi prende per mano per guidarmi dentro un ristorante elegante, il Lucino’s.

«Prenotazione per Miles», dice, stringendomi forte le dita tra le sue.

«Da questa parte, signore.»

Con un sorriso, il cameriere ci fa strada attraverso il locale, portandoci fino a un tavolino accogliente in un angolo. Sposta indietro la mia sedia, e io mi accomodo. Jameson si siede di fronte a me. Il ristorante è buio, con candele sui tavoli e lucine appese al soffitto. C’è un’atmosfera molto romantica.

Non ti emozionare. Probabilmente è solo un caso.

«Posso portarvi qualcosa da bere?» ci chiede il cameriere.

«Sì, prendiamo una bottiglia di champagne Salon, per favore.» Chiude il menù e glielo porge.

Io lo fisso.

Ecco che ci risiamo.

L’uomo sparisce, e Jameson mi guarda con i suoi grandi occhi blu. Mi stringe di nuovo la mano attraverso il tavolo. «Ehi», sorride con dolcezza, come se finalmente si stesse rilassando.

Lascio perdere la discussione sul vino. Non ha importanza chi lo abbia ordinato. «Ciao», gli rispondo a mia volta.

Mi accarezza le nocche con il pollice e mi fissa negli occhi. «Come stai?»

«Bene.»

Oh, il suo tocco mi rende debole. Vorrei confessargli che sto mentendo, che ho passato una settimana pessima e che lui è il re di tutti gli imbecilli.

Ci guardiamo attraverso il tavolo. È come se nessuno dei due volesse parlare, per evitare di far scoppiare una guerra aperta.

«Qual è questa proposta, Jameson?» Lui si appoggia allo schienale, apparentemente seccato dal mio tono. Gli stringo la mano. «Non sto cercando di litigare. Voglio solo sapere a cosa stai pensando», dico piano. «Smettila di stare sulla difensiva quando sei con me.»

Si rilassa appena, ma, proprio in quel momento, il cameriere torna con la bottiglia di champagne e la apre. Ne versa un po’ in un flûte e Jameson lo assaggia.

«Va bene.»

Allora l’uomo riempie i nostri bicchieri e ci lascia da soli.

«Ho pensato a quello che hai detto lo scorso weekend.»

«E?»

Sorseggia il suo drink. «Questa settimana ho cancellato i miei massaggi.»

Faccio un sorrisetto, guardandolo negli occhi, ma rimango in silenzio.

«Il fatto è che io…» Si interrompe. Aspetto che parli e, quando non lo fa, gli stringo la mano in un gesto rassicurante. «Sono sposato con il mio lavoro, Em.» Mi acciglio. «Quando ho detto di non essere interessato a una relazione, non intendevo…» Scrolla le spalle, come se gli mancassero le parole.

«Che cosa non intendevi?»

«Non intendevo che non voglio frequentarti. Volevo dire che sono uno stacanovista, e so che pochissime donne sopporterebbero il tempo che dedico al lavoro.»

«Jameson, a me non importa quanto sei impegnato. È solo che non voglio essere una delle tante.»

Lui aggrotta le sopracciglia. «Cosa vorrebbe dire?»

«Che non sono fatta per le avventure di una notte. Non sono così. Ma neanche io sto cercando una relazione seria e profonda. Mi hai fraintesa.»

«E allora che cosa vuoi?»

«Voglio avere un rapporto di amicizia con un uomo e sapere che sono l’unica persona con cui va a letto.» Mi ascolta. «E di certo non voglio condividerti con una massaggiatrice del cazzo.» Rotea gli occhi. «E non voglio neanche che tu faccia quelle smorfie quando parlo.»

Lui serra i denti, irritato. «Modera il tono», mi avverte.

«Lo vedi?» gli dico.

«Cosa?»

«Questo atteggiamento ostile. Quando siamo tra di noi, deve sparire. Non possiamo continuare a discutere per ogni minuscola cosa come facciamo ora.»

«Tu non sei migliore di me, da questo punto di vista», sbotta lui a sua volta.

«Lo so, e sto cercando di smetterla. Proprio adesso ho tenuto a freno la lingua, nonostante tu abbia ordinato da bere senza chiedermi cosa volessi.»

«Sono abituato ad avere il controllo, Emily», dichiara con tono secco.

«Anche io. Questo non cambierà.» Mi guarda negli occhi e si sistema il tovagliolo in grembo come se stesse riflettendo. «Non ti sto chiedendo di essere il mio fidanzato, Jameson», bisbiglio. «Non è di questo che si tratta. Abbiamo un’ottima intesa sessuale, e io vorrei continuare questa cosa. Sento di doverlo fare… ma non posso, non se so che vai anche con altre donne. Devo essere l’unica.»

«Va bene, non andrò a letto con nessun’altra», dichiara esasperato.

«E?» insisto.

Alza gli occhi al cielo. «E ti puoi ordinare da sola i tuoi drink.»