Capitolo 15

Emily

Mi alzo dal letto ed entro in bagno come una furia. Lo trovo sotto la doccia.

«Per la cronaca, Jameson», sbotto, «volevo solo dirti che dovresti svegliarmi così tutti i giorni.» Lui socchiude gli occhi, lanciandomi uno sguardo rabbioso. «Secondo me, l’unico che sta pensando all’amore qui sei tu.» Alza gli occhi al cielo mentre si insapona l’inguine, e la sua espressione supponente mi fa infuriare. «Quindi non rigirare la frittata e non allontanarmi solo perché ti stai innamorando di me!»

Non so cos’altro dire, quindi mi precipito fuori. Prendo la mia borsa e mi dirigo verso uno degli altri bagni per lavarmi. Non ho intenzione di farmi la doccia insieme a lui.

Stupido idiota.

Mezz’ora più tardi, vado in cucina e vi trovo l’amministratore delegato Miles, con tanto di completo grigio, camicia bianca e atteggiamento nervoso e controllato di nuovo al loro posto.

«Sei pronta?»

«Sì.» Mi guardo attorno. «Vado solo a prendere le mie cose.» Torno in camera e getto uno sguardo al mio riflesso nello specchio. Oggi indosso i suoi vestiti preferiti, e lui non lo ha nemmeno notato.

Beh… affari suoi.

Questo maledetto maniaco del controllo mi sta facendo incazzare.

Esco di nuovo, con la mia borsa per la notte su una spalla. «Andiamo.»

Jameson corruga le sopracciglia vedendo cosa ho con me. «Che ci fai con quella? Puoi prenderla più tardi.»

«La porto al lavoro. Non c’è problema.» Lo guardo negli occhi. «Ho molto da fare questa settimana.»

Lui stringe i denti e mi guarda di traverso. «Bene.» Si gira per uscire, e io faccio un sorrisetto.

Ti ho lasciato avere il controllo per qualche giorno, signor Miles, ma non credere che la mia sottomissione implichi debolezza.

Non supplicherò nessun uomo perché mi ami, che sia un amministratore delegato miliardario dagli occhi blu o meno.

Non rovinare tutto.

Lo so che gli ho detto che voglio solo un rapporto di amicizia con benefici… ma le regole sono cambiate. Per me, almeno.

Entriamo in ascensore, e io guardo fisso davanti a me. Riesco a percepire l’astio che trasuda da lui. Una parte di me detesta farlo arrabbiare prima ancora che la giornata inizi, ma al diavolo. Non posso passare la vita ad aggirarmi in punta di piedi attorno al suo stress soltanto per non irritarlo.

Usciamo nel foyer, e la limousine è già parcheggiata e in attesa. Alan è in piedi accanto alla porta.

«Salve, Alan.» Sorrido mentre ci avviciniamo, come se non avessi un solo pensiero al mondo.

L’uomo ricambia il sorriso con un cenno di saluto, invece Jameson rimane in silenzio. Con un gesto della mano, mi invita a salire per prima. Entro in auto, scivolando sul sedile, e lui mi segue.

Proprio accanto a me, si trova un giornale ben ripiegato, così lo prendo e inizio a leggere. Jameson mi fissa. So che è il suo giornale. Beh, peccato, sono arrivata prima io. Per dieci minuti leggo in silenzio. Oggi non c’è nessuno dei miei articoli falsi. Mmh. Mi chiedo se abbia a che fare con il fatto che ieri non l’ho consegnato a Hayden prima delle quattro. Rifletto per un momento. Oggi testerò questa teoria. Gli farò avere un articolo per le tre e vedrò cosa succederà.

«Che cosa fai stasera?» mi chiede.

«Esco con Ava», mento, passandogli il giornale.

«Ti ho detto che non voglio che tu vada per locali insieme a lei.»

Gli sorrido. Che faccia tosta, questo maniaco del controllo. «Quello che faccio quando non sono con te non ti riguarda, Jameson.»

«Quindi ora vuoi fare la melodrammatica?»

Roteo gli occhi. «La vuoi smettere?»

«Smettere di fare cosa?»

Sostengo il suo sguardo. «Non sono innamorata di te. Quindi… puoi smetterla di preoccuparti che lo sia. Mi piace la tua compagnia, ma è ovvio che tu hai qualche problema con le persone che vogliono prendersi cura di te, tanto da credere che si tratti di amore.» Gli rivolgo un’espressione esasperata. «A essere sincera, trovo tutto troppo difficile.»

Lui serra la mascella, e capisco che dentro di sé è furibondo. «Che cosa significa?»

«Cosa?» gli chiedo.

«Che è troppo difficile.»

«Significa che puoi andare a cercarti qualcun altro che non si innamori di te.» Scrollo le spalle. «Per me va bene.»

«Per te andrebbe bene», bisbiglia lui, furioso. «Quindi, se stasera facessi sesso con un’altra, tu non avresti problemi?»

Lo guardo accigliata. Ma che diavolo ha nella testa? Mi passo una mano sul viso. «Jameson, per l’amor del cielo. Che cosa vuoi da me?»

«Non lo so», sbotta.

«Va bene.» Emetto un sospiro profondo. «Allora finiamola qui.»

«Che cosa vuoi dire?»

«Mio Dio», esplodo, esasperata. «Per essere un uomo intelligente, ti stai comportando davvero da stupido. Non posso aiutarti a capire che cosa vuoi da me, Jameson.» Lui mi fissa. «Un minuto prima mi dici di non rovinare tutto innamorandomi di te, e quello dopo che non vuoi che esca senza di te.» Si appoggia all’indietro contro lo schienale, offeso. «Io voglio un buon amico con cui fare sesso. Ne abbiamo già parlato. Mi sembra che l’unica persona che stia infrangendo le regole qui sia tu. Perché mai stai pensando all’amore?»

«Non rigirare la frittata, Emily», bisbiglia lui furioso.

«Come vuoi, allora», sbotto. «Riesci a guardarmi negli occhi e a dirmi che non provi niente per me?» Lui fa un’espressione disgustata. «Ci riesci?»

«Certo che sì.»

Lo fisso dritto in viso. «Allora fallo.»

«Cosa?»

«Dimmi che non provi niente per me. Dimmi che, durante l’ultimo anno, non hai pensato a me nemmeno una volta e che non hai conservato la mia sciarpa.» Jameson socchiude gli occhi e mi getta uno sguardo furente. «Come pensavo», sbuffo, voltandomi verso il finestrino.

«Mi chiedevo quanto tempo ci sarebbe voluto perché la stronza bisbetica tornasse a mostrare il suo brutto muso», borbotta sottovoce.

«Beh», esclamo, «almeno questa stronza sa cosa vuole.»

«Che sarebbe?» mi deride Jameson.

«Un uomo, ecco cosa vuole. Uno che non ha paura dei suoi sentimenti.»

«Vai all’inferno», mormora lui. «Piantala di parlare. Mi stai stressando da morire con tutte queste cazzate. Se avessi voluto una psichiatra, ne avrei frequentata una.»

Faccio un sorrisetto, continuando a guardare fuori dall’auto. «Noi non ci stiamo frequentando, Jameson. Stiamo scopando. Non fraintendere.»

«Se stasera esci con Ava per andare a caccia di uomini, non faremo più nemmeno quello.»

«Chiedo scusa?» esclamo, mentre la rabbia inizia a montare in me. «Non puoi dirmi cosa fare.»

Mi fissa negli occhi. «Posso. E l’ho appena fatto.»

«Jameson.» Mi interrompo, cercando di pensare a una risposta calma e intelligente da dargli. «Non andrei mai a letto con qualcun altro a tua insaputa. Questo lo sai. Ma non puoi dirmi dove ho il permesso di andare. Anche se tu mi amassi, e non è così, non ti permetterei di impormi cosa posso fare.»

«Dico sul serio.»

«Vai all’inferno.» La limousine si ferma all’angolo dove devo scendere, e apro subito la portiera.

«Ci vediamo stasera», mi dice lui con tono secco mentre esco.

Mi sporgo verso di lui. «Certo, aspettami pure. Sarò da te non appena gli asini avranno imparato a volare.» Sbatto di colpo lo sportello.

La limousine parte e si avvia lentamente lungo la strada che porta al palazzo della Miles Media, e io inspiro per cercare di calmare i battiti furiosi del mio cuore.

Stupido coglione.

* * *

«Mi chiedo di cosa si tratti.» Molly si acciglia, leggendo le storie sul suo computer.

«Di cosa parli?» rispondo io mentre batto sulla tastiera.

«Qui dice che oggi, alla Miles Media, ci sarà una riunione di emergenza con gli azionisti, e che sono in programma altri incontri a Londra la settimana prossima.»

Mi sprofonda il cuore, è là che Jameson andrà tra pochi giorni. «Cosa?»

La mia collega gira lo schermo verso di me, e io leggo l’articolo di rassegna finanziaria sul crollo dei prezzi delle azioni della Miles Media. Appoggio il mento al palmo della mano mentre continuo a leggere.

Dio… che incubo.

Alzo lo sguardo e vedo Jake impegnato a ridere con una delle ragazze nel suo cubicolo, come se non avesse un solo pensiero al mondo. Che cosa sta facendo quello stupido idiota? Sta indagando sul caso? Oh, credo davvero che sia l’uomo sbagliato per questo lavoro. Sembra che non stia portando a termine nessuna indagine, mentre sono certa che abbia memorizzato il numero di telefono di ogni singola ragazza del piano. Dovrei parlargli dei miei dubbi su Hayden? No, è solo una sensazione ancora priva di fondamento. Oggi metterò alla prova la mia teoria.

Al diavolo. Dovrò scoprire da sola chi è il responsabile. È palese che Jake non ne abbia la più pallida idea.

Con la coda dell’occhio, mi accorgo che i miei colleghi stanno correndo alle loro scrivanie, e alzo lo sguardo per vedere Jameson e Tristan intenti ad attraversare il piano. Mentre cammina, Tristan sorride e chiacchiera con i dipendenti. Jameson, invece, è solenne in tutto il suo irritabile splendore. Ha la schiena dritta come un fuso e il suo viso è così baciabile da far male.

Sei arrabbiata con lui… te lo ricordi, stupida? Distogli lo sguardo, distogli lo sguardo.

Torno al mio computer, ma poi mi accorgo di avere il familiare completo grigio accanto. Alzo la testa e trovo Jameson in piedi vicino alla scrivania.

«Salve, signor Miles.» Fingo un sorriso.

Lui incontra il mio sguardo. «Salve.»

«Posso aiutarla, signore?»

«Dov’è Jake?» mi domanda a denti stretti.

«Sarà da qualche parte a flirtare», rispondo. «Cerchi una bella donna e lo troverà lì.» Indico con la penna la direzione in cui, poco fa, ho visto l’investigatore.

Jameson inspira in modo brusco, lanciando un’occhiataccia a Jake, che sta chiacchierando con una bionda, totalmente inconsapevole di essere osservato. Poi l’amministratore delegato guarda verso Tristan, ed entrambi scuotono la testa in maniera a malapena percettibile.

«Tristan, mi stavo chiedendo se, questo pomeriggio, potessi vederla per qualche minuto», gli chiedo.

«Sì, certo. Vieni su tra mezz’ora.»

Jameson tiene gli occhi puntati su di me per un istante più a lungo del necessario, come se stesse aspettando che io gli dica qualcosa. Gli faccio un sorriso caloroso, nascondendo la mia ira. Forse ha ragione, sono davvero una stronza.

«Arrivederci.»

«Arrivederci», mi dice, voltandosi e puntando dritto su Jake.

Quando l’investigatore lo vede arrivare e balza in piedi di scatto, non riesco a non ridacchiare. Jameson gli dice qualcosa, e poi Jake viene scortato all’ascensore sotto il mio sguardo.

Spero che lo licenzino. Di certo non è affatto interessato all’importanza di questo caso.

* * *

Quaranta minuti più tardi, busso alla porta di Tristan.

«Avanti», mi dice.

«Salve», gli sorrido.

«Salve, Emily.» Indica la sua scrivania. «Vieni, accomodati.»

Mi siedo. «Volevo solo aggiornarti su una cosa che è successa ieri e che mi è sembrata strana.»

«Fantastico, sì.» Tiene la penna tra le mani. «Di cosa si tratta?»

«Hayden è venuto a chiedermi gli articoli in anticipo di un’ora.» Mi ascolta con la fronte aggrottata. «Ho trovato strano che gli servissero tanto prima. Quindi… ho mentito e ho detto che non erano ancora pronti.»

«E?»

«E oggi non è stato pubblicato alcun articolo falso.» Lui restringe gli occhi a due fessure. «Non so se sto vedendo collegamenti che non ci sono, ma ho la sensazione che le mie storie vengano vendute alla concorrenza solo se sono pronte per la stampa entro una certa ora.»

«Interessante. Un lavoro eccellente.» Riflette per un istante. «Oggi consegna l’articolo il più tardi possibile per mettere alla prova questa teoria, e intanto io inizio a cercare delle informazioni su Hayden. Ben fatto.» Mi alzo. «Va tutto bene?» mi chiede poi.

«Sì, perché?»

Incrocia il mio sguardo per un momento, e io capisco che Jameson gli ha detto qualcosa sul nostro litigio di stamattina. «Giusto per sapere.»

«Va tutto benissimo.»

«Ottimo, allora.»

«Ci vediamo.» Esco dal suo ufficio con il passo leggero, come se non avessi un solo pensiero al mondo.

* * *

È venerdì sera ed è tardi. Sto fissando il televisore con la mente in preda alla confusione. Non ho più avuto notizie di Jameson dopo il nostro litigio di mercoledì mattina. L’ho visto di sfuggita al lavoro, ma tutto qui. Forse è finita e non ci vedremo mai più.

Mercoledì, la romantica che è in me si era convinta che provasse davvero qualcosa nei miei confronti e che sarebbe tornato supplicandomi in ginocchio. Giovedì ho deciso che quell’uomo doveva avere dei profondi problemi emotivi se non riusciva a capire di essere innamorato di me. Oggi… mi chiedo se per lui io abbia mai significato qualcosa. Forse ho preso la situazione con troppo ottimismo. Per tutto il tempo Jameson mi ha lanciato dei segnali, e io, come una sciocca, li ho ignorati tutti.

Credo che lunedì parta per Londra, anche se non potrei sapere se i suoi piani fossero cambiati.

Torno con la mente al volo su cui ci siamo conosciuti, e ora che so che vita conduce… riesco a vedere tutto in modo molto più chiaro. All’epoca non mi ha chiesto il numero di telefono perché non voleva niente da me… lo ha persino ammesso. Ma io non gli ho creduto. Pensavo ci fosse un’ulteriore motivazione e che quella fosse solo la bugia che la nascondeva. Ma magari certe persone sono programmate per non desiderare niente di più del sesso. O forse Jameson non ha ancora incontrato la persona giusta.

Le possibilità sono svariate.

In quel momento, suona il campanello, e io mi alzo imbronciata per premere il pulsante. «Chi è?»

«Ehi.» La voce dall’altro lato è disturbata.

«Chi è?»

«Sono io», risponde l’uomo alla porta.

«Jameson?»

«Stavi aspettando qualcun altro?» mi domanda, ovviamente irritato.

Sorrido e gli apro, poi corro in camera da letto per sfilarmi la camicia da notte cenciosa su cui ho versato la cioccolata calda. Mi agito, in preda al panico, e afferro un asciugamano da uno scaffale. Me lo avvolgo attorno al corpo per fingere di essere appena uscita dalla doccia. È molto meglio di una camicia da notte macchiata con sopra degli orsacchiotti ballerini. Non capirò mai perché secondo mia nonna mi servissero degli orsetti.

Sento bussare alla porta e la apro di corsa. Lui è lì. Mi ritrovo davanti i suoi penetranti occhi blu. È fradicio di sudore e sta ansimando.

La mia espressione si fa sgomenta. «Hai corso fino a qui?» Jameson annuisce. Trasmette un senso di malinconia. «Stai bene?» gli domando. Scrolla le spalle, guardandomi negli occhi. «Jay», bisbiglio, e il mio cuore si scioglie. Lo prendo tra le braccia e lo stringo forte. Lui si aggrappa a me come se ne andasse della sua vita.

Rimaniamo a lungo l’una tra le braccia dell’altro, non servono parole. In questo momento, lui ha solo bisogno di me.

«L’assassino armato di ascia ti ha inseguito fino al mio appartamento?» mormoro contro la sua guancia.

Mi sorride e mi stringe più forte. «Forse.»

«Sono stata io a pagarlo perché lo facesse.»

«Strega», sogghigna.

«Andiamo, ti porto a fare una doccia.» Lo prendo per mano e lo guido in bagno, dove apro l’acqua e gli sfilo la maglia da sopra la testa.

Le sue pupille si dilatano, e io gli abbasso lentamente i pantaloni sportivi lungo le gambe.

«Ho passato dei giorni terribili», mormora.

Annuisco e gli tolgo i boxer. «Lo so, piccolo. Questo incubo al lavoro presto finirà.»

«Non ha niente a che vedere con il lavoro.»

«E con cosa ha a che vedere?»

Incrocia il mio sguardo e deglutisce il groppo che ha in gola. «Con te.»

Sorrido con dolcezza mentre il cuore mi palpita nel petto. «Ti sono mancata?»

Fa segno di sì con il capo, come se temesse di sembrare stupido.

Lo bacio, tenendo il suo viso tra le mani. «Anche tu mi sei mancato, sciocco.»

«Ma hai detto…»

«Non preoccuparti di cosa ha detto quella stronza bisbetica. È matta come un cavallo. Non darle retta.»

Lui fa un sorrisetto e abbassa le mani sul mio sedere. «Come un cavallo? Che diavolo significa, Emily?»

Ridacchio. «Quando le stronze bisbetiche danno i numeri, diventano matte come cavalli.»

Jameson ride, stringendomi forte e respirando tra i miei capelli con aria sollevata.

«Non so cosa stia succedendo tra di noi, Jay.» Esito, cercando di spiegare quello che voglio dire. «Ma puoi contare su di me. Non avere paura di noi. Perché io non ce l’ho.»

«Dovresti», ribatte.

«Perché dovrei avere paura di qualcuno che mi fa provare le sensazioni che mi regali tu?»

La sua espressione si addolcisce, e lui mi sfiora il labbro inferiore con il pollice. «Sono stati dei giorni duri senza di te.»

Gli sorrido con tenerezza. Lo amo quando è così. «Fatti una doccia, lavati via di dosso la settimana passata e rimani con me.»

Il nostro bacio diventa più intenso, sento la sua erezione premermi contro la pancia. Mi tira via l’asciugamano e mi attira con sé sotto la doccia per spingermi contro il muro. Ci baciamo come se fossimo affamati l’uno dell’altra. Il mio uomo, Jim, è tornato… e io mi sento come se avessimo superato un ostacolo invisibile in mezzo a noi.

Non so esattamente cosa stiamo facendo, ma sento che, se riesco a tenere Jim con me abbastanza a lungo perché le cose tra di noi diventino reali, forse potrò aiutare Jameson a trovare un equilibrio tra vita e lavoro.

Lunedì mattina

Mentre ci salutiamo, Jay mi stringe forte tra le braccia. Oggi parte per Londra, dove rimarrà una settimana, e ogni giorno sarà impegnato con delle riunioni. Abbiamo trascorso un weekend straordinario. Siamo stati nel mio appartamento per tutto il tempo. Ho cucinato per noi, abbiamo fatto l’amore e abbiamo guardato dei film, siamo persino andati a correre. L’amministratore delegato non si è mai visto. Ieri sera siamo andati a casa sua perché preparasse le valigie, e poi siamo tornati a dormire qui da me. Ho l’impressione che, quando è nel mio appartamento, riesca ad allontanarsi dall’amministratore Jameson Miles per essere un uomo normale… il mio uomo. Per un po’, può dimenticarsi chi è e cosa ci si aspetta da lui.

Le dinamiche tra di noi sono cambiate. Non so come impedirmelo, ma mi sto innamorando di lui. Mi sento sprofondare in un oceano, il suo oceano… è questo il potere che ha su di me.

«Niente scali, okay?» bisbiglio. Mi sorride mentre ci baciamo. «Non si parla con le ragazze che vengono spostate in prima classe.»

Jameson mi stringe una natica. «Smettila di parlare, donna.»

Lo abbraccio con più forza. «Oh. Detesto il pensiero di una settimana senza di te.» Mi bacia di nuovo, ma non dice niente. «Vuoi dirmi qualcosa?» mormoro. «Di’ qualcosa di dolce per liberarmi da questo tormento.»

Incrocia il mio sguardo, prendendomi il viso tra le mani. «Ho messo la tua sciarpa nella mia valigia.» Sorrido. «Non è una novità. La porto con me in ogni viaggio che faccio… da quando ci siamo conosciuti.»

Sono travolta da un’ondata di emozioni, e mi si riempiono gli occhi di lacrime. Batto le ciglia per scacciarle, nella speranza che lui non le veda.

«Davvero?» sussurro.

Annuisce e mi bacia, carezzandomi il viso, ed è tenero e perfetto e, Dio, vorrei solo confessargli che forse adesso sono davvero innamorata di lui. Ma non lo farò, perché so che rovinerei quello che c’è tra di noi. Di qualsiasi cosa si tratti.

* * *

Sono stesa a letto e sto scorrendo distrattamente i post di Instagram. Non sono per niente concentrata sul mio feed. Penso solo a Jameson. Questa settimana mi è mancato, e so che anche io sono mancata a lui. Nonostante tutte le sue riunioni e lo stress, si è tenuto in costante contatto con me. Con un po’ di fortuna, al suo ritorno potremo cercare di capire che cosa stia davvero succedendo tra noi. Il mio telefono squilla, e la lettera J illumina lo schermo.

«Pronto.» Sorrido.

«Ehi», mormora la sua voce profonda e vellutata.

«Come sta il mio uomo?»

«Bene, impegnato. Come stai tu?»

«Mi sento sola.»

Abbiamo parlato ogni giorno da quando se ne è andato… due volte al giorno, in realtà.

Ridacchia. «Non sembravi tanto sola durante la sessione di Skype di ieri sera.»

Mi sento arrossire. Ci siamo mandati messaggi sconci quasi ogni notte, ed è possibile che ieri gli abbia mostrato uno spettacolino con il mio vibratore. L’espressione sul suo viso era di puro piacere. Il mio sesso si contrae al solo pensiero del modo in cui si è accarezzato guardandomi.

Dio… siamo due depravati.

«Cos’hai fatto oggi, tesoro?» mi chiede.

Ogni volta che mi chiama così, il mio stomaco fa le capriole, non mi stancherà mai.

«Ho lavorato.» Cerco di non parlare del lavoro con lui. Voglio tenere la nostra relazione il più lontano possibile dalla mia carriera. «E tu cosa stai facendo?»

«Sto per andare a cena fuori con Elliot. Mi deve presentare una ragazza che ha conosciuto.»

«Davvero?» Sorrido. «Si è innamorato?»

«Dio, no. Ha una nuova fiamma ogni settimana.» Faccio una risatina. «Esci stasera?»

Roteo gli occhi. «No, Jay, rilassati, dai.»

Cielo, è rimasto davvero traumatizzato dalla sera in cui ho ballato con quel bell’uomo biondo.

«È difficile rilassarsi quando so che sei bella, tutta sola e dall’altra parte del mondo.»

«Beh, tra quattro giorni sarai di ritorno.» Getto uno sguardo al mio orologio. «Devo andare, oppure perderò l’autobus.»

«Okay, ti lascio andare. Passa una bella giornata, piccola.» Sospira.

«Anche tu», mormoro.

Jameson rimane in linea. Persino ora che si trova dall’altro capo del mondo, ha un certo effetto su di me. Sta aspettando che gli dica che sento la sua mancanza… lui lo fa sempre.

«Mi manchi», gli dico sorridendo.

«Anche tu.»

«Ci sentiamo stasera.»

«Okay. Ciao.»

* * *

Molly ed io siamo state fuori a cena, e ora lei mi sta riaccompagnando a casa. Il suo cellulare squilla attraverso il Bluetooth dell’auto a cui è collegato. Il nome Michael illumina lo schermo.

«Pronto», risponde.

«Oh mio Dio, Molly. Mi serve il tuo aiuto.»

«Che c’è che non va?» farfuglia lei, rallentando.

Michael è il suo ex marito. Io ascolto con gli occhi sgranati.

«Ho preso qualcosa e mi sono messo alla guida. Sono appena svenuto e ho colpito il guardrail con la macchina.»

«Cosa?» strilla la mia amica, fermandosi sul ciglio della strada.

«Mi gira tanto la testa.»

«Porca miseria, dimmi dove sei!»

«Sono in autostrada, vicino alla stazione di servizio dove spesso facciamo rifornimento.»

«Okay, sto arrivando.» Fa un’inversione a U e sfreccia nella direzione opposta.

Guida come una matta, e io mi tengo con tutte le mie forze. «Sai fare la respirazione bocca a bocca?» le chiedo.

«No.» Scrolla le spalle. «Forse un pochino. Puoi cercare su Google cosa può significare uno svenimento?»

Le obbedisco. «Non dovremmo chiamare un’ambulanza?»

«Forse.» Mi guarda e poi torna a concentrarsi sulla strada, richiamando l’ex marito.

«Pronto», risponde lui con voce debole.

«Stai bene?»

«Sì.»

«Devo chiamare un’ambulanza?»

«No», replica Michael con tono secco. «Vieni qui e basta.»

* * *

Cinque minuti più tardi, ci fermiamo dietro la macchina di Michael e lo vediamo accasciato sul sedile davanti. Entrambe usciamo per accorrere verso di lui.

«Grazie a Dio sei qui», farfuglia l’uomo, vedendo la mia collega. Poi mi nota e la sua espressione si fa sgomenta.

«Va tutto bene. Lei è Emily», mi presenta Molly. «Che cosa è successo?»

Michael punta un dito contro di noi. «Giurate di non dirlo a nessuno.»

«Cosa?»

Esce dalla macchina, e tutte e due abbassiamo lo sguardo: ha un’erezione gigantesca.

«Ma che cazzo!» esclama Molly.

«Stasera avevo un appuntamento con una tizia conosciuta su Tinder, quindi ho preso un Viagra, ma sembrava che non funzionasse e allora ne ho presi altri due.»

Inorridita, mi porto una mano alla bocca, mentre Molly sgrana gli occhi. «Hai preso tre Viagra?»

Lui annuisce, con un’eccitazione tale che rischia di spaccargli i pantaloni.

«Cazzo, sei l’uomo più stupido che abbia mai conosciuto.»

«Senza dubbio.» Michael sussulta. Fa per muoversi, ma ha un capogiro e deve reggersi all’auto per rimanere in piedi.

«Sali in macchina», gli ordina la mia amica. «Ti porto al pronto soccorso.»

«Cosa?» balbetta lui. «No.»

«Non ti rimane più sangue in tutto il corpo, stupido coglione!» esclama Molly.

Michael affonda il viso tra le mani, e io vorrei davvero scoppiare a ridere. Mordo il labbro per impedirmelo, spostando lo sguardo tra i due.

«Che cosa possono fare al pronto soccorso?» grida lui.

«A parte ridere dell’uomo di mezza età con un’erezione da Tinder, niente. Sali su quella dannata auto.»

Il suo ex marito cerca di incamminarsi, ma finisce per cadere a terra, ed entrambe accorriamo per farlo alzare e metterlo a sedere sul sedile del passeggero di Molly. Io salgo dietro.

La mia amica gli lancia un’occhiataccia mentre lui si stende sul sedile, in preda al dolore. Rimango in silenzio, non sapendo cosa dire. Al pronto soccorso prenderò un taxi per tornare a casa. Non voglio restare loro tra i piedi.

Mentre guida, Molly non smette di scuotere la testa. «Quindi… fammi capire bene, Michael. Stasera saresti dovuto uscire con Madame Puttanone e ti sei ridotto così per soddisfare a letto questa sconosciuta?»

Michael le lancia un’occhiataccia e serra la mascella, come se sapesse cosa sta per succedere.

«Non ti disturbavi nemmeno più a fare sesso con me, Michael!» esplode lei. «Come diavolo pensi che mi faccia sentire questo?»

«Perché a te non piaceva, cazzo», sbotta a sua volta lui.

«Perché mi davi solo due bottarelle.»

Spalanco gli occhi. Oh, cacchio. In questo momento, non vorrei proprio essere qui. Sprofondo nel sedile per nascondermi.

«Perché credi che debba prendere quella roba? Eh?» grida Michael. «Perché ho sempre saputo di essere una gran delusione per te.»

Molly strabuzza gli occhi, furiosa. «Non sei mai stato una delusione. Eri pigro e non te ne fregava nulla.»

«Sì che mi importava!» esclama lui. «Averti persa è il mio più grande rimpianto.»

Mi prendo la testa tra le mani, imbarazzatissima. Mi domando se si accorgerebbero se mi gettassi fuori dall’auto in corsa.

La mia amica gli rivolge uno sguardo torvo, e la macchina si avvicina pericolosamente al guardrail. «Occhi sulla strada, Moll», bisbiglio. Lei raddrizza il volante.

«E perché stasera non hai chiamato quella per farti venire a prendere, eh?»

«Perché non voglio dirle niente di me», sospira lui, prendendosi il volto tra le mani, chiaramente turbato.

«Perché no?» grida Molly.

«Perché lei non è te!»

Nell’auto cala il silenzio, e i miei occhi si riempiono di lacrime. È ancora innamorato di Molly. Oh… è così triste…

Qualche momento più tardi, arriviamo in ospedale. Lo aiutiamo a uscire dall’auto e a entrare nella sala d’attesa, dove Molly si dirige subito al bancone.

«Mio marito deve vedere qualcuno, per favore.»

«Qual è il problema?» chiede l’infermiera.

Lei raddrizza le spalle, preparandosi a dichiararlo ad alta voce. «Per sbaglio gli ho dato troppo Viagra.»

Michael le prende una mano in un ringraziamento silenzioso, e io sorrido dolcemente. Lo sta coprendo per evitargli l’imbarazzo.

«Oh.» L’infermiera rimane sgomenta e va a prendere una sedia a rotelle. Con Molly accanto, lui viene portato via lungo il corridoio.

Mi accomodo e faccio un profondo respiro, ritrovando la mia fede nella razza umana. Stasera ho imparato una lezione: l’amore può assumere tante forme e dimensioni diverse.

Jameson

A mano a mano che elenco gli argomenti della nostra riunione, tamburello le dita sulla lavagna bianca di fronte a me. «Questa proiezione è basata sulla situazione attuale. Tuttavia, qualcosa potrebbe cambiare alla fine delle elezioni.»

Una vibrazione. Il mio cellulare scivola sul ripiano, e io getto uno sguardo verso gli uomini seduti attorno al tavolo delle conferenze. Dannazione, lo lascerò suonare. Nello stesso istante, Elliot dà un’occhiata al mio telefono, vedendo il nome di chi mi sta chiamando: FB.

Voglio sentire la sua voce, e non sarà un problema se mi prendo due minuti di pausa. «Devo rispondere a questa telefonata. Elliot, nel frattempo potresti spiegare la strategia pubblicitaria per il prossimo mese, per favore?»

«Certo.» Mio fratello si alza e subentra al mio posto, mentre io rispondo alla chiamata uscendo dalla sala e dirigendomi nell’ufficio di Christopher lì accanto.

«Pronto.»

«Ciao.» La voce allegra di Emily risuona dall’altro capo del telefono.

«Ehi.» Mi ritrovo a sorridere come uno sciocco, di fronte a una finestra che dà su Londra.

«Ho interrotto qualcosa?» mi chiede.

Faccio un sorrisetto. Solo una riunione con dodici dirigenti. «No, niente affatto.»

«Ti ho chiamato per dirti che ho comprato un nuovo paio di scarpe da ginnastica.»

Sorrido. «Davvero?»

«Già, hanno le rotelle, quindi, da adesso in avanti, quando andremo a correre nel parco, ti farò mangiare la polvere. Ho solo pensato di avvertirti.»

Dio… è così piacevolmente normale. Quando è mai successo che una donna mi chiamasse per dirmi che aveva comprato un paio di scarpe da ginnastica nuove?

«Ne dubito fortemente.»

«Oh, accidenti, non crederai a cosa è successo ieri notte», continua lei. «L’ex marito di Molly ha preso due Viagra, forse tre, ed è svenuto mentre stava guidando perché non aveva più sangue in corpo, visto che era tutto affluito al suo pisello, quindi abbiamo dovuto portarlo al pronto soccorso.»

Scoppio a ridere. «Ma che diavolo? Può succedere davvero una cosa del genere?»

«A quanto pare, sì. E chi lo sapeva?»

Sgrano gli occhi. Gesù. «Dovrò smettere di prenderlo, allora», scherzo.

Emily fa una risata. «No, fai pure. Ora so perfettamente cosa fare. Vale la pena di svenire. Continua pure a prendere le tue pillole, dobbiamo solo legarti stretto l’uccello. Ho tutto sotto controllo.»

Entrambi ridiamo e poi rimaniamo in silenzio.

«Tre giorni», mormoro.

«Tre giorni», ripete lei.

Dio, non sono mai stato tanto ansioso di tornare a casa in tutta la mia vita.

«Che stai facendo adesso?» le domando.

«Sto per farmi una maschera al viso e infilarmi nella vasca da bagno con delle fette di cetriolo sugli occhi. Ti stai perdendo un vero spettacolo.»

«Senza dubbio.» Sorrido. Possiede una bellezza naturale, per nulla artefatta. Non cerca di essere qualcosa che non è. Amo questo lato di lei. Amo molti lati di lei… «Quindi ora hai aggiunto i cetrioli alla tua beauty routine?» le chiedo.

«Già, a quanto pare servono a ridurre il gonfiore del contorno occhi.»

Faccio un ampio sorriso. «I cetrioli sono utili per molte cose. Forse dovremmo aggiungerli anche alla nostra routine sessuale.»

Emily scoppia a ridere. «Sei un pervertito, signor Miles.»

«Me lo dici sempre.»

«Adesso ti lascio andare.»

Faccio un sorrisetto, guardando fuori dalla finestra. «Ci sentiamo, Emily.»

«Ci sentiamo, Jay», bisbiglia lei. Chiude la chiamata, e io torno in sala riunioni per riprendere il mio posto.

In questo momento, è Christopher a parlare, e io mi accomodo accanto a Elliot. Lui si sporge verso di me e mormora: «Ora hai Zuckerberg tra le chiamate rapide?»

«Eh?» Aggrotto la fronte.

«FB… sta per Facebook, giusto?»

Mi acciglio e poi mi rendo conto che sta parlando della telefonata di Emily.

FB sta per Fuck Bunny, la coniglietta del sesso, non per Facebook. Ghigno e mi stringo la base del naso mentre mi sfugge una risatina.

«Che c’è di tanto buffo?» sussurra Elliot.

«Zuckerberg ha comprato un paio di scarpe da ginnastica con le rotelle.»

Mio fratello rotea gli occhi. «Non mi sorprende. Quel tizio è fuori di testa.»

* * *

Salgo in taxi con un migliaio di pensieri che si affollano nella mia mente. Ne abbiamo passate così tante, noi due… Sto andando a trovare la mia ex, la donna che sarebbe dovuta essere l’amore della mia vita.

Da quando ho visto Claudia, è passato ormai molto tempo. L’ultima volta in cui sono venuto a Londra, lei era in America. Il fatto che siamo entrambi maniaci del lavoro è sempre stato contro di noi, il tempo insieme era prezioso.

Busso alla porta ed espiro; ho i nervi a fior di pelle. Lei apre di colpo e il suo bellissimo viso appare nel mio campo visivo. Mi fa un ampio sorriso e mi getta le braccia attorno al collo.

«Grazie a Dio sei qui», sussurra contro la mia pelle. «Mi sei mancato.»