Capitolo 18

Emily

«Chiedo scusa?» Aggrotto le sopracciglia, strappando via la mano dalla sua presa. «Che cosa ha detto?»

Mi sorride malizioso. «Stavo semplicemente constatando che sei bellissima. Non ti innervosire.»

«Beh, lei allora non lo faccia», sbotto.

L’uomo sorseggia il suo drink con un’espressione compiaciuta, chiaramente divertito dalla mia reazione. «Ma chi sei?»

«Qualcuno la cui intelligenza si sente insultata dalla sua audacia. A mai più, signor Ferrara. Se ne vada.» Gli do le spalle e prendo posto al bar.

Lui mi avvicina le labbra all’orecchio da dietro. «È stato splendido conoscerti, Emily. Ci incontreremo di nuovo. Farò in modo che succeda.» Il suo respiro mi solletica il collo, e dei brividi traditori mi scivolano lungo le braccia.

«Non si prenda il disturbo», lo schernisco, irritata dalla mia reazione fisica nei suoi confronti.

Mi batte forte il cuore. Non c’è da meravigliarsi se il povero Jameson sia tanto stressato. Deve affrontare delle vere e proprie vipere. Santo Cielo, sono assolutamente scossa.

Prendo il mio drink e torno a parlare con Lauren, ma ho la mente ovunque tranne che sulla nostra conversazione. Quel maledetto bastardo di Gabriel sta sabotando l’azienda di Jameson e ci prova apertamente con le sue donne.

Con la sua donna.

Sono indignata, una parte di me vorrebbe marciare fino al tavolo per dire a Jameson cosa è appena successo, ma l’altra parte non vuole stressarlo. Anche se forse è esattamente questo che vuole Gabriel… una guerra aperta.

Merda… che disastro.

Dalla mia posizione accanto al bar, guardo una processione di persone che sfila fino al tavolo dei Miles per salutare la famiglia, come per farsi notare da loro. Tristan è tutto sorrisi e allegria, Jameson e suo padre sono solo educati. È palese che non si facciano affatto incantare dai falsi saluti e dagli auguri.

Dopo la conversazione più lunga della storia, torno da Jameson. Mi siedo accanto a lui, che mi prende una mano nella propria per appoggiarsela su una coscia.

«Ti piacciono davvero tutte queste persone?» bisbiglio.

Incrocia il mio sguardo. «Solo quelle sedute a questo tavolo.»

Mi guardo attorno con un certo nervosismo.

«Che succede?» mi chiede, intuendo che c’è qualcosa che non va.

«Niente», sussurro, avvicinandomi a lui per baciarlo con dolcezza sulle labbra. «È solo che qui non mi convince nessuno.»

«Neanche a me, ma finché ti piaccio io non ci sono problemi», mormora.

Sorrido al mio bellissimo uomo e mi sporgo per sussurrargli all’orecchio: «Mi piaci eccome».

Mi stringe la mano nella sua. «Due ore, e poi possiamo andare.»

«Bene.»

* * *

La cena è stata servita, siamo ormai al dessert, e la cerimonia di premiazione sta per avere inizio. Sono state abbassate le luci, e il palco è illuminato da un unico faretto mentre i presentatori elencano le varie categorie. Prima devono consegnare i premi minori.

Jameson è seduto con lo sguardo fisso sul palco, mentre tiene una delle mie mani sulla sua grossa coscia muscolosa. È del tutto impassibile, non ho idea di cosa stia pensando. È bravissimo a tenere le sue emozioni completamente sotto controllo.

Tristan sta ridendo e chiacchierando delle categorie premiate insieme agli altri manager presenti al tavolo. È del tutto rilassato e sta trascorrendo una bella serata. Come fanno a essere così diversi questi due fratelli? Tristan è aperto e gioviale, e Jameson è chiuso e rigido… almeno con il mondo esterno.

Tuttavia, sapendo che il ruolo di Tristan nella compagnia è occuparsi di acquisizioni, anche lui deve essere uno tosto, a modo suo. Forse anche più di tutti gli altri, perché rileva aziende e le dissolve. Ci rifletto per un momento mentre lo fisso. No, è impossibile, nessuno potrebbe essere più rigido di Jameson. Sposto lo sguardo sul loro padre, che sta fissando il palco con la stessa espressione di ghiaccio… forse George lo è.

Ripenso all’infanzia di Jameson, al fatto che sia andato in collegio in Europa con i suoi fratelli. Come si può imparare a essere teneri e amorevoli in un freddo ambiente scolastico? Mi chiedo se sia per questo che è così “o tutto o niente” con me.

Deve darsi il permesso di provare qualcosa prima di poterlo fare fisicamente? Avrebbe senso. Voglio dire, da quando mi ha detto che mi vuole, la nostra relazione ha fatto dei passi da gigante. Sento che mi lascia entrare un po’ di più dopo ogni tocco. È perché adesso può finalmente esprimersi?

Faccio un lungo sospiro mentre applaudo per un premio. La mia mente è ben distante da qui. Sono concentrata sull’uomo complicato di cui mi sono innamorata, sto cercando di sbrogliare i suoi demoni interiori.

Forse Jay ha bisogno di parlare della compagnia. Forse gli serve qualcuno con cui non debba fingere di avere tutto sotto controllo. È l’amministratore delegato della Miles Media. La famiglia si rivolge a lui perché la guidi. Si aspetta che risolva la situazione. Ovvio che sia stressato.

La giornalista che è in me vorrebbe affrontare la questione, trovare la talpa e riportare la società al vertice con le unghie e con i denti. L’innamorata che è in me vorrebbe trascinare via il mio Jay per portarlo su un’isola delle Bahamas dove potrebbe condurre uno stile di vita pacifico e sereno… nel quale dovrebbe preoccuparsi solo di spingere i suoi figli su un’altalena.

I suoi figli.

Mi sento stringere il petto a quella visione del mio futuro con Jameson.

I suoi figli subiranno la stessa quantità di stress? Riusciranno a percepire l’ansia del padre nel suo tocco? Sicuramente sì, so che per me è così.

Dio, devo aiutarlo a calmarsi perché possa gestire tutto questo caos. Come posso fare? Ci penso per un attimo e applaudo al momento giusto, quando viene assegnato un altro premio.

Deve lasciare New York. Sì, è così. Un weekend lontano da qui, in un posto del tutto diverso. Sorrido mentre l’idea prende forma nella mia mente.

«E ora il premio principale di questa serata», annuncia il presentatore. «Il Diamond Award per l’eccellente copertura mediatica va a…» Rullo di tamburi. Apre la busta e sorride, scuotendo la testa. «Bene, bene… sembra abbiamo un cambio di guardia.» La folla ammutolisce. «La Ferrara Media si aggiudica il premio.»

La folla applaude, e il tavolo dei Ferrara esplode in fischi e applausi, festeggiando la vittoria. Jameson serra la mascella e poi beve un sorso del suo drink.

«Cazzo», borbotta Tristan sottovoce.

Il nostro tavolo rimane in silenzio mentre guardiamo Gabriel Ferrara salire sul palco per accettare il premio. Lo solleva in aria, tra le grida e gli applausi del pubblico, poi prende il microfono.

«Grazie.» Si guarda intorno nella sala. «Questo significa molto per me. Mi dispiace davvero per la Miles Media, che, negli ultimi sedici anni, ha sempre vinto questo premio.» Lancia un bacio a Jameson con aria sfacciata e ci fa un cenno di saluto.

Jameson lo guarda di traverso. Si passa la lingua sui denti, trasudando disprezzo da tutti i pori.

«Credo si possa dire», Gabriel sorride sarcastico, «che nell’ultimo anno abbiamo dominato il mercato con la nostra presentazione all’avanguardia delle notizie.» Solleva un dito. «E ora siamo l’impero mediatico numero uno al mondo.»

La folla applaude e grida, in visibilio.

Lui alza di nuovo il trofeo.

Il tavolo dei Ferrara impazzisce.

«Vorrai scherzare», sbuffo, non riuscendo a trattenermi.

La famiglia Miles lancia diverse occhiatacce all’uomo sul palco… e io riesco a percepire la loro rabbia perché la provo a mia volta. La sento crescere dentro di me come una malattia. Una cosa sarebbe perdere la corona, ma farsela sottrarre da un ladro che sta rubando tutto il tuo duro lavoro è ben altra cosa. Gabriel bacia il trofeo davanti agli obbiettivi dei fotografi. Questa vittoria sarà sulla prima pagina di tutti i giornali del Paese.

Furia e silenzio calano sul nostro tavolo. Nessuno dice una parola.

Io fisso l’individuo dall’altra parte della sala e mi dico che vorrei cancellare quel sorriso viscido dal suo bel viso.

È quello che farò.

Preparati, signor Gabriel Ferrara. Ti distruggerò.

* * *

Annaspo per riprendere fiato mentre guardo Jameson correre attorno a me a Central Park. Sono le sei del mattino e il sole sta sorgendo. Oggi corre particolarmente in fretta… e io glielo lascio fare. Adesso lo capisco, le sue responsabilità non sono un peso che può far solo sparire alla fine della giornata. Ora lo percepisco anche io. Ma la notte scorsa, nonostante sia stata irritante, mi ha insegnato una lezione preziosa sui suoi avversari. Non hanno morale né paura, e ciò li rende dei nemici davvero pericolosi.

Jameson si gira e torna verso di me. Sta sempre attento a tenermi d’occhio.

La notte scorsa, quando siamo tornati a casa, era silenzioso, assorto nei suoi pensieri. Ci siamo infilati sotto la doccia e abbiamo fatto l’amore, e finalmente si è calmato un po’. Ho preparato qualcosa da mangiare per tutti e due, e ci siamo stesi sul divano, l’una tra le braccia dell’altro, a guardare un film. Siamo andati a letto tardi, ma avevamo bisogno di quel tempo insieme per rilassarci. Nessuno dei due ha accennato alla cerimonia di premiazione. Non ne abbiamo parlato affatto, non c’era niente da dire.

È andata così. Niente al mondo può cancellare il fatto che la Ferrara Media sia stata premiata per aver imbrogliato. Questa consapevolezza mi dilania, e posso solo immaginare cosa stia facendo a Jameson.

Si ferma di fronte a me, ansimando. «Sei particolarmente lenta questa mattina», mi stuzzica.

«Sei particolarmente veloce, oggi. Devi essere irritato.»

Lui ridacchia, chinandosi per baciarmi. «Da morire.» Ci giriamo e cominciamo una lenta corsetta fino a casa. «Chiedo ad Alan di venire a prendere le tue cose nel weekend?» mi chiede, avanzando.

«A questo proposito…»

«Sì?» ansima, ancora esausto per lo scatto di prima.

«Ho una proposta per te.»

Si ferma. «Che sarebbe?»

Mi volto e lo prendo per mano. «Verrò a vivere con te a una condizione.»

«Quale?» Mi fissa come se il mio mercanteggiare lo stesse già irritando.

«Mi trasferirò da te se possiamo andarcene via da New York durante i weekend.»

«Cosa?»

«Beh, non durante tutti i weekend.» Scrollo le spalle. «Ma abbastanza da poterci rilassare.»

«New York è casa mia. Io sono rilassato. Di che cosa stai parlando, donna?»

Sorrido e riprendo a correre, lui mi raggiunge.

«Che c’è?»

«È impossibile rilassarsi qui, Jay. Questa città è frenetica. L’energia di questo posto si vede persino dallo spazio. Ci sono sirene che suonano tutta la notte, auto, traffico e milioni di persone che si aggirano per le strade facendo i mille all’ora.» Mi ascolta, tenendo gli occhi su di me. «Non è necessario che andiamo lontano. Ho già prenotato un viaggio a sorpresa per noi per questo weekend.»

«E quando lo avresti fatto?»

«Ieri.» Sto mentendo spudoratamente, ma va bene lo stesso. «Pensaci. Viviamo nel tuo appartamento per tutta la settimana e lavoriamo sodo. Poi, nei weekend, ci stacchiamo del tutto. Niente telefoni e niente internet. Solo noi.»

«Cosa?» Si acciglia. «È impossibile. Devo essere sempre raggiungibile, Emily.»

«No», sbuffo io mentre corriamo. «Quello che devi fare è ricaricarti per poter essere il miglior amministratore delegato possibile. Una versione stanca e stressata di te non sarà mai altrettanto efficiente.»

Avanziamo fino alla strada, e guardiamo in entrambe le direzioni aspettando di attraversare.

«E oltretutto», ansimo, «così io avrei il meglio di entrambi i mondi.»

«Che cosa vuoi dire?»

«Beh, sono follemente innamorata del mio Jim, l’uomo che ho incontrato sull’aereo.» Mi ascolta. «E sto imparando ad amare anche lo stressato amministratore che a volte prende il controllo del suo corpo.» Jameson fa un sorrisetto, mettendo finalmente insieme i pezzi. «In questa maniera…» sbuffo. Dio, ma perché insisto per parlare e correre allo stesso tempo? «In questa maniera, potrò passare del tempo con entrambi i miei uomini.»

Mi prende una mano e mi attira a sé. Le sue labbra catturano le mie mentre mi tiene il viso tra le mani. Mi infila la lingua in bocca, e il nostro bacio si fa intenso, passionale. Ci baciamo ancora e ancora, e io gli appoggio le mani sui fianchi. Chissà che impressione facciamo, mentre pomiciamo in un angolo della strada.

Lo fisso negli occhi. «Allora, affare fatto?» sussurro. «Mi trasferisco da te?»

Mi passa un dito lungo il viso. «Immagino che possiamo raggiungere un accordo per il weekend.» Sorrido. «Solo perché entrambi i tuoi uomini adorano scoparti.» Mi afferra i fianchi e li attira contro i propri.

Ridacchio contro le sue labbra, premendo la fronte contro la sua. «Sei un maniaco sessuale, signor Miles», bisbiglio.

Mi stringe di nuovo il sedere, e sentiamo un clacson. «Prendetevi una stanza», ci grida un uomo.

Entrambi ridiamo e iniziamo a correre lungo la strada. Mentre sfrecciamo, gli rivolgo un sorriso.

«Cosa?» mi chiede lui con un ghigno.

«Niente.» Gli do una pacca sul fondoschiena. «Arrivo prima io.» Accelero.

«Potrei batterti anche con le gambe legate.» Ride dietro di me. «In effetti, se ti batto, ho intenzione di legarti.»

«Non se ti lego prima io», grido, scattando in avanti. Mi sfugge una risatina sentendo i suoi passi alle mie spalle. Questo sì che è un incentivo a correre più in fretta.

* * *

Toc, toc. Busso alla porta di Tristan.

«Avanti», risponde la sua voce profonda.

Faccio capolino nell’ufficio. Tristan è seduto alla sua scrivania. «Entra pure, Em.» Mi sorride.

Em.

Ricambio l’espressione e mi accomodo davanti al suo tavolo. Ho deciso di tenerlo aggiornato… su tutto. Vuole bene a Jameson, e saprà decidere cosa suo fratello debba sapere oppure no.

Mi rivolge un sorriso tenero. «Ieri sera hai fatto colpo sui nostri genitori.»

Mi illumino. «Davvero?»

«Questa mattina mia madre non faceva che parlare di te.» Sembra compiaciuto. Tiene una penna in mano e si gira sulla sua sedia.

«Volevo solo aggiornarti su qualche questione.»

Si acciglia. «Okay.»

«Terrò la mia relazione con Jameson completamente separata dal lavoro. Credo che abbia bisogno di staccare.»

«Sono d’accordo. È vero.»

«Quindi ci sono un paio di cose di cui volevo parlare con te.»

«Ottimo, spara.»

«Beh, hai presente i miei sospetti su Hayden?»

«Sì.» Aggrotta la fronte.

«Ho scoperto da Molly, ma sono solo voci di corridoio, che è stato licenziato dal Gazette per uno scandalo legato a delle intercettazioni telefoniche.»

Lui si sporge in avanti sulla sedia. «Sarebbe a dire?»

«Sinceramente, non ho idea se sia vero, ma Molly mi ha riferito che, all’epoca, si diceva che stesse tenendo sotto controllo il telefono di una giornalista di nome Keeley May per rubare le sue storie.»

«Cosa?» esplode. «Mi prendi in giro?»

«No.»

Fa un ampio sorriso. «È eccellente. Questo mi fornisce un’ottima scusa.»

«Per fare cosa?»

«Per poter effettuare una ricerca sui suoi computer. Non lo abbiamo ancora controllato.»

Mi illumino, orgogliosa di me. «Speriamo che ci aiuti.»

«Bel lavoro, Em.» Si gira sulla sedia e scribacchia qualcosa su un foglio.

Lo guardo per un momento. «È successa anche un’altra cosa.» Alza lo sguardo. «Non ho detto niente a Jameson, ma la scorsa notte Gabriel Ferrara ci ha provato con me.»

La sua espressione si fa sgomenta. «Cosa ha fatto?» sbotta.

«Rimani calmo», gli dico, agitata.

«Che cosa ti ha detto?»

Aggrotto la fronte, ripensando alla sera prima. «Ero al bar, e lui mi ha chiesto chi fossi. Ho pensato che volesse solo essere gentile, così gli ho risposto che mi chiamo Emily.» Tristan mi ascolta, accigliato. «Poi mi ha preso una mano per baciarmela e ha detto: Mi chiamo Gabriel Ferrara e mi piace conquistare tutto ciò che è di Jameson Miles.» Lui sgrana gli occhi. «E alla fine ha aggiunto: Donne incluse

«Ma che cazzo!» esplode. «Dici sul serio?» Si alza di colpo.

«Non so se l’ho interpretato nel modo sbagliato o…» balbetto. «Non voglio farla più grande di quanto non sia, ma mi è sembrato molto strano.»

Gli occhi di Tristan fiammeggiano per la rabbia. «Che cosa gli hai risposto?»

«Che stava insultando la mia intelligenza e di andarsene via.» Arriccio le labbra per il disgusto. «Mi ha fatto accapponare la pelle.»

«Cazzo.» Sospira e si gira verso la finestra con le mani nelle tasche, assorto nei suoi pensieri.

«Non l’ho raccontato a Jameson perché credo che sia proprio ciò che Gabriel voleva che facessi.»

A Tristan guizza un muscolo della guancia per l’ira. «Vuole dare il via a una guerra.»

«È quello che mi è sembrato… non possono esserci altre spiegazioni», mormoro.

«Sta cercando di turbarlo attaccandolo sul piano personale.»

«Già.» Sospiro, con il cuore dolorante per quello che sta succedendo nella vita di Jay. «Ho pensato tutta la notte se dirtelo o meno.»

Sposta lo sguardo su di me. «Non raccontarlo a Jameson.»

«Okay.»

«Teniamo questa cosa per noi.» Espiro profondamente. «Sono preoccupato per mio fratello», spiega lui. «Sta per cedere.»

«Lo so, voglio provare a portarlo via dalla città nel weekend per farlo staccare. Sto facendo tutto il possibile per tenerlo calmo.»

«Buona idea.» Annuisce, ancora pensieroso. «Se gli avessi detto di Gabriel, ora sarebbe laggiù a strangolarlo.»

Mi stringo la base del naso. «Lo so.»

«Hai fatto la cosa giusta.» Mi sorride. «Grazie per avermelo riferito.»

Sostengo il suo sguardo. «Detesto non parlarne con Jameson, ma sento di doverlo proteggere. Gabriel sta solo cercando di innervosirlo.»

«Proprio quello che credo anche io», concorda. «Grazie, ora ci penso io. Puoi farmi un favore e cercare di scoprire tutto quello che puoi sulla vita privata di Hayden? Dove trascorre il suo tempo, i suoi partner, questo genere di cose.»

«Okay, me ne occupo subito.» Mi alzo ed esco dal suo ufficio per dirigermi verso quello di Jameson e, una volta lì, busso alla sua porta.

«Avanti», dice la sua voce calda e morbida.

Apro e trovo il mio bellissimo uomo seduto dietro la sua scrivania. Mi fa un sorriso caloroso quando mi nota e si dà una pacca sulle gambe.

Chiudo a chiave la porta, gli siedo in grembo e catturo le sue labbra con le mie. «Salve, capo.»

Jameson mi passa una mano lungo la coscia. Abbassa la bocca sul mio collo e io sorrido, ma poi lo vedo. Un bicchiere di scotch mezzo vuoto appoggiato sul tavolo. Lancio un’occhiata al mio orologio.

«Sono le undici del mattino, Jameson.»

Lui rotea gli occhi e mi spinge via. «Avevo bisogno di qualcosa che mi calmasse. Cazzo, Emily, non cominciare.»

«Okay», bisbiglio. «Stai bene?»

«Benissimo», sbotta, tornando a girarsi verso la sua scrivania.

«Tre giorni al nostro fine settimana fuori porta», dico piano.

Il suo telefono squilla, e lui dà uno sguardo allo schermo. «Non vedo l’ora che arrivi. Ora devo rispondere, ci vediamo stasera.»

Lo bacio con dolcezza, e lui risponde alla chiamata. Subito la sua voce assume il tono autoritario che usa con tutti gli altri. Mi fermo sulla soglia a osservarlo, mentre lui ascolta la persona dall’altro capo della linea. Distrattamente prende lo scotch e beve un sorso prima di parlare.

Molti amministratori delegati stressati sono caduti nell’alcolismo.

Ti prego, non il mio…

* * *

Mi guardo intorno con aria colpevole e poi torno al mio computer, scrivendo “fine settimana fuori economico” nella barra di ricerca.

«Dio», sospiro. «Dove posso portarlo?»

«Stai ancora parlando di quella storia?» mi chiede Aaron.

Molly scivola con la sedia verso di me per sbirciare da sopra una mia spalla.

«Voglio portarlo in un posto che non si possa comprare con il denaro.» Rifletto, stringendo le labbra. «Deve essere davvero speciale.»

Aaron ridacchia. «Il tuo speciale e lo speciale di Jameson Miles potrebbero essere un po’ diversi.»

«Il fatto è che, quando si trova nel mio appartamento, si dimentica di chi è. Voglio che si renda conto che non dobbiamo vivere per forza in una casa lussuosa per essere felici.»

«Sei fuori di testa.» Molly sospira. «Che cosa non darei per vivere nel suo appartamento elegante. Chiunque lì sarebbe felice come un maiale nel fango. Quando pensi di invitarci, stronzetta?»

«Vero?» ride Aaron.

«Mmh.» Socchiudo gli occhi, riflettendo.

«Che ne dici del campeggio?» propone la mia collega.

Le lancio un’occhiata. «Oh, ma non abbiamo una tenda né altro, e non avrei il tempo per comprare l’attrezzatura.»

«Ho tutto io. Puoi prendere in prestito la mia. Michael e i ragazzi vanno sempre in campeggio.»

La fisso per un momento. «Credi che ci sia mai stato?»

«Mmh… direi proprio di no.» Aaron sgrana gli occhi per sottolineare il concetto. «Nessuno va in campeggio di propria spontanea volontà.»

L’eccitazione mi pervade. «Davvero? E possiamo prendere in prestito la tua attrezzatura? Non ti dispiacerebbe?»

«Niente affatto. Prendi tutto. Questo venerdì, Michael e i ragazzi vanno a Dallas per una settimana a vedere i suoi genitori. Non gli servirà.»

«Potrei farlo.» L’idea prende forma nella mia mente e io sorrido. «Ma la macchina…» dico, pensando ad alta voce.

«Puoi usare Bessie, il pick-up di Michael. Fagli vedere come vive la gente di palude

«Sul serio?» Sogghigno, immaginando Jameson in un pick-up.

«Sì, è un catorcio, ma è affidabile.»

Aaron scuote la testa per il disgusto. «Stai cercando di spaventarlo di proposito?»

«No, voglio riportarlo con i piedi per terra.» Mi illumino, entusiasta.

«Atterrerà con un tonfo, questo è certo.» Mi fa un sorrisetto.

Rido e inizio a cercare dei campeggi su Google. «Sarà così divertente…»

* * *

Venerdì pomeriggio entro nel parcheggio sotterraneo del palazzo di Jameson con un enorme sorriso sul volto. Ho riso per tutta la strada fin dalla casa di Molly. Ho chiamato Jay e gli ho detto di aspettare il mio arrivo vicino al portone.

Giro l’angolo e lo vedo aspettarmi con le nostre borse insieme ad Alan. Lui mi vede, e l’entusiasmo svanisce dal suo viso.

Suono il clacson, sbracciandomi dal sedile, e parcheggio il pick-up di nome Bessie accanto a lui.

Con un’espressione orripilata mi raggiunge, e io abbasso il finestrino. «Vai da qualche parte?» gli chiedo.

«Ma che cazzo è questo?» sibila.

«È Bessie.» Sorrido orgogliosa.

Alan si preme una mano sulla bocca per impedirsi di scoppiare a ridere.

«Cosa?» Jameson si acciglia, guardando l’enorme e malconcio veicolo color azzurro chiaro. Poi riporta lo sguardo su di me.

«Sali, Miles.» Sposto in su e in giù le sopracciglia, divertita. «Ti porto in campeggio.»