Tamburello con il piede sul pavimento dell’auto e allungo il collo per guardare attraverso il traffico fermo davanti a noi. Merda. Premo il pulsante per parlare con la parte anteriore della limousine.
«Arriveremo tardi?» chiedo ad Alan.
«No, signore. Siamo in anticipo di un’ora. Abbiamo tutto il tempo necessario.»
«Non voglio perdermi il suo arrivo. Fai la strada da dietro.»
«Non succederà. Si rilassi.»
Mi appoggio contro lo schienale e cerco di tenere l’agitazione sotto controllo. Emily non mi ha contattato per tutto il weekend, e sono abbastanza certo che stia tornando a casa per lasciarmi. Sono andato a correre di continuo. Solo dopo aver percorso tutti i marciapiedi di New York, sono riuscito a trovare una parvenza di pace.
Non riesco ad accettare la possibilità di non essere nella sua vita, e che lei non sia nella mia… il solo pensiero mi dà la nausea.
Come ho potuto essere così stupido, cazzo?
Ho cercato di trovare nella mia testa un’argomentazione logica con cui replicare, se dovesse chiudere la nostra storia… ma finora non mi è venuto in mente niente.
La limousine si ferma all’aeroporto, e io esco in fretta e furia. «Ci aspetterai qui?» chiedo ad Alan.
«No, faccio un giro qui intorno. Mi faccia sapere quando la troverà, e io tornerò indietro. Ha ancora cinquanta minuti prima che il suo aereo atterri.»
«Sì, sì, lo so.» Mi tasto le tasche, guardandomi nervosamente attorno. «Ho tutto?» Sono agitato e confuso.
«Sì, signore.»
Raddrizzo le spalle ed emetto un lungo sospiro. «Augurami buona fortuna.»
Alan mi rivolge un ampio sorriso e, con un cenno gioviale, mi dice: «Buona fortuna, signore».
Mi addentro nell’aeroporto fino al gate di arrivo del suo aereo. Ho ancora quaranta minuti. Getto uno sguardo al bar, che chiama il mio nome con voce suadente. Uno scotch sarebbe perfetto adesso… mi libererebbe da questa tensione.
No.
Devo piantarla con quella merda. Non mi sono concesso nemmeno un drink per tutto il weekend. Emily si merita ben più di un ubriacone.
Nervoso e teso come una corda di violino, attraverso tutto l’aeroporto fino in fondo e poi torno indietro, verso la sala d’aspetto. Do un’occhiata all’orologio. Mancano trentacinque minuti. Lo faccio ancora e ancora.
Non riesco a stare seduto.
Non so cosa stia per succedere e non sono mai stato tanto in ansia per qualcosa.
Emily
Entro nella sala d’attesa con il resto della folla. Il mio volo è appena atterrato, e il cuore mi batte all’impazzata nel petto. Questo weekend ho scavato fino in fondo alla mia anima alla ricerca di risposte. Per cercare di capire cosa fare della mia vita e con chi farlo.
Una cosa è chiara. L’unico dettaglio di cui sono certa… è di chi sono innamorata. Non posso negarlo.
Jameson Miles è inciso nel mio cuore, e, per quanto io sia terrorizzata all’idea che mi ferisca di nuovo, continuo a pensare alle sue parole: “Amare significa essere coraggiosi”.
Manderò giù il mio orgoglio e sarò coraggiosa. Mi lascerò andare… sperando con tutto il cuore che sia la cosa giusta, perché non potrei farlo di nuovo.
Jameson appare nel mio campo visivo e, non appena incrocia il mio sguardo, mi sorride. Sono colta dall’eccitazione e, dopo aver fatto un balzo in avanti, inizio a correre per gettarmi tra le sue braccia spalancate. Ci stringiamo a vicenda in un abbraccio a dir poco stritolante. Non parliamo, non ci baciamo, ci limitiamo a rimanere l’una tra le braccia dell’altro. Ci aggrappiamo disperatamente alla speranza di riuscire a superare tutto questo.
Per un po’, le mie incertezze e le mie paure vengono spazzate via.
«Mi sei mancata», mi sussurra tra i capelli.
«Anche tu.»
Si china su di me e la sua bocca cattura la mia mentre ci dimentichiamo persino di chi siamo. La sua lingua mi accarezza lentamente tra le labbra socchiuse. Jameson mi prende il viso tra le mani ed entrambi ci perdiamo nel momento. Il suo bacio è dolce e, cosa più importante, familiare.
Con lui mi sento come a casa.
Un’ora più tardi, entriamo nel mio appartamento mano nella mano.
Quasi non abbiamo parlato lungo la strada di casa. Sono stata seduta sul suo grembo, al sicuro tra le sue forti braccia, e mi sono goduta la sua vicinanza. Jameson mi ha sfiorato una tempia con le labbra, stringendomi forte, come se fosse incredulo che mi trovassi lì con lui.
Mi era mancata quell’intimità. La nostra intimità.
Non si tratta più nemmeno di sesso, ormai. Voglio dire, all’inizio lo era. Ma il mio cuore ha eclissato qualsiasi bisogno fisico del mio corpo… e so che per lui è lo stesso.
Mi fa voltare verso di sé e mi guarda negli occhi. «Em…» Si interrompe, come per cercare di trovare le parole giuste nella sua mente. «Ti giuro, da questo momento in avanti… tu sarai il mio tutto. La nostra nuova vita insieme inizia ora.»
Gli sorrido e i miei occhi si riempiono ancora di lacrime. «Ti amo.»
«Anche io ti amo.» Ci baciamo e, invece della tenerezza che abbiamo condiviso nell’ultima ora, veniamo colti da una nuova disperazione.
All’improvviso lo desidero… desidero tutto di lui. «Portami a letto.»
Mi solleva tra le braccia e mi porta in camera come una sposa, per poi rimettermi a terra di fronte a sé. Abbassa le labbra sul mio collo, e io sorrido verso il soffitto, sentendo la pelle d’oca lungo tutto il corpo. Mi mordicchia con una passione che ricordo molto bene.
Oh, quanto mi è mancato…
Gli sollevo la maglia sopra la testa e la getto di lato, e lui fa lo stesso con la mia. Diventiamo animali, strappandoci di dosso i vestiti con una foga che conosciamo bene. Ora non resta niente tra di noi. Solo pelle… e amore. Le sue labbra catturano le mie mentre mi spinge sul letto, poi si spostano sul mio collo e iniziano a scendere. Io mi stringo a lui.
«No, ti voglio quassù con me.»
Ci fissiamo a vicenda, in una specie di esperienza ultraterrena. Questa volta è speciale. Vorrei poter fissare nel tempo questo momento.
«Ora, Jim», sussurro. «Ora ho bisogno di te.»
Chiude gli occhi in un’espressione di puro piacere, stendendosi sopra di me. Le nostre labbra sono incollate le une alle altre, mentre le mie gambe sono aperte, pronte ad accogliere il suo grosso corpo che si preme contro il mio, alla ricerca dell’orgasmo. Con una profonda spinta ben mirata scivola dentro di me, ed entrambi gemiamo per l’estasi.
«Cazzo, Em», bisbiglia contro il mio collo.
Mi stringo a lui, cavalcando l’onda di piacere. «Lo so, piccolo, lo so.»
Jay indietreggia, spingendosi di nuovo dentro di me, e io inarco i fianchi per andargli incontro. Il desiderio di qualcosa in più ci travolge, mentre io inizio a inarcarmi sotto di lui.
«Scopami», lo supplico. «Dio, dammi tutto di te.»
Si tira fuori e poi affonda in me, lasciandomi senza fiato. Si appoggia le mie gambe sulle spalle e, guardandomi con gli occhi annebbiati dal desiderio, mentre io lotto per tenerlo dentro di me, inizia a montarmi. Spinte intense e possessive. Il letto inizia a sbattere contro il muro e io non posso fare altro che ammirare questo perfetto esemplare di uomo in tutta la sua gloria.
Jameson Miles è l’essere più sexy ed eccitante che abbia mai conosciuto.
Tutto in lui grida “scopami”.
Guardarlo in preda alla passione, mentre cerca di mantenere il controllo, è la fantasia definitiva di ogni donna, è come una bomba sessuale a orologeria pronta a esplodere. Il sudore gli imperla la pelle, i suoi capelli scuri gli ricadono sulla fronte e il suo respiro inizia a farsi tremante, nel tentativo di trattenere l’orgasmo.
Le sue spinte diventano violente come colpi di pistone, e il fuoco della passione mi travolge, spingendomi nell’abisso. Grido, fatta a brandelli da un orgasmo potente, poi mi contraggo con forza attorno a lui.
«Cazzo, cazzo, cazzo», geme, affondando ripetutamente dentro di me. Il rumore del letto che colpisce il muro riecheggia nell’appartamento.
Getta la testa all’indietro, si spinge fino in fondo e geme ad alta voce, venendo con violenza nel mio corpo. Poi ci baciamo, e tutto il mondo ritorna bello, ritrasformandosi nel luogo che mi era mancato così tanto. L’emozione tra di noi è così intensa da farmi venire le lacrime agli occhi.
«Bentornata a casa, coniglietta», bisbiglia contro le mie labbra. «Bentornata.»
Una settimana dopo
«Dobbiamo realizzare un seguito, un articolo del tipo Dove sono adesso», sta dicendo Athena, al mio fianco davanti alla stampante.
«Sì, lo so. Darò un’occhiata agli appunti questo pomeriggio, non appena ne avrò modo.»
Oggi l’ufficio è in fermento, perché questa notte si è diffusa una grossa notizia. Un senatore sposato è stato sorpreso insieme alla sua segretaria, uno scandalo vero e proprio, e i nostri telefoni stanno impazzendo. Tutti sono all’opera per cercare di distinguere la verità dalle voci che si stanno spargendo a macchia d’olio.
E, se devo essere sincera, io sto facendo fatica a concentrarmi. Sono ancora al settimo cielo per via di Jameson. Credo si potrebbe persino dire che mi sono unita al Miles High Club, da quanto sto volando in alto. L’ultima settimana è stata… magica. Sono assolutamente e completamente innamorata di quell’uomo. Durante il weekend, mi sono trasferita nel suo appartamento. Qualsiasi apprensione provassi è finalmente sparita.
Sento un rumore insolito provenire dall’ufficio, e io e Athena alziamo gli occhi, sotto lo sguardo di tutto lo staff. È The Piña Colada Song, e io aggrotto le sopracciglia non appena Jameson appare tra le scrivanie.
Tristan è con lui, e tiene tra le mani uno stereo vecchio stile. La familiare canzone risuona per tutto il piano.
If you like piña coladas,
And getting caught in the rain.
«Ma che accidenti…» Mi acciglio.
Non appena mi raggiunge, Jameson mi sorride speranzoso. Mi guarda negli occhi.
L’ufficio tace e tutti continuano a fissarci.
«Emily Foster», dice lui.
«Sì?»
Si abbassa su un ginocchio, e i miei colleghi sussultano all’unisono, mentre io mi porto una mano alla bocca.
«Vuoi sposarmi?» Apre una scatola nera e mi porge un anello con un diamante.
Lo guardo per un momento, con il cervello in pappa. Sta succedendo davvero? Lancio un’occhiata a Tristan. Sono in stato di shock.
«Io sono il DJ.» Lui mi sorride, tamburellando le dita sullo stereo come se fosse molto orgoglioso di sé.
«Sei pazzo», bisbiglio io.
«E questa ne è la dimostrazione», borbotta Jameson con tono secco, alzando lo sguardo su di me da dove si è inginocchiato.
Sgrano gli occhi, sconvolta fin nel profondo.
«Rispondi alla domanda», mi esorta lui.
Annuisco tra le risate, mentre The Piña Colada Song riecheggia nell’ufficio. «Sì.»
Jameson mi infila l’anello al dito. È un diamante ovale su una sottile banda d’oro, e io lo fisso, ancora incredula che tutto questo stia succedendo davvero. Poi mi chino verso di lui e ci baciamo, mentre i miei colleghi esplodono in risate e applausi. Ridiamo senza interrompere il bacio, sotto a una pioggia di applausi.
Non posso credere che stia succedendo davvero.
Jameson si alza e mi prende tra le braccia. «Abbastanza sdolcinato per te?» Mi sorride.
Lo stringo forte, facendo una risatina. «Sdolcinato da morire… e perfetto. Ti amo, signor Miles.»
La canzone finisce, Tristan preme Play e la fa ripartire. Tutti gli impiegati esultano.
Jameson ride imbarazzato e si china per baciarmi. «Cosa non farei per te, Emily Foster, cosa non farei…»