30.

Il passo successivo alle nozze avrebbe dovuto essere un figlio. Io ero ben felice di diventare papà, solo che il bambino non arrivava: lei non riusciva a restare incinta. Il sesso, da disinibito e spregiudicato che era, iniziò a diventare noioso, pieno di aspettative, abitudinario, imposto. Prima di sposarci scopavamo con gioia oppure con rabbia, ma sempre con il gusto di farlo e provando l’ebbrezza del rischio: c’era il pericolo di venire scoperti oppure quello di saltare fuori all’ultimo istante, schizzando dove capitava, auspicabilmente non dentro. Dopo è diventata routine, con i giorni buoni segnati sul calendario della raccolta differenziata. Lei è diventata sempre più grassa e a me ha cominciato a non venire più duro.

“Sei un frocio di merda” mi diceva.

Era stufa, stressata, probabilmente depressa, e se la prendeva con me. Non restava incinta ed era un dramma. Fosse stata solo lei da sopportare, forse ce l’avrei anche fatta: se non avesse messo in mezzo anche i genitori, chissà, le cose non sarebbero finite come sono finite. Scendevamo a cena dai suoi e i discorsi erano sempre gli stessi.

“Allora, è il periodo giusto?” chiedeva la madre.

“Sì, li ho segnati, sono proprio questi i giorni giusti” rispondeva la figlia.

“Datti da fare” diceva il padre rivolgendosi a me. Mi faceva l’occhiolino.

“E non mangiare il fritto” continuava la madre.

“Altrimenti è un casino, – rincarava la figlia – bisogna aspettare la prossima volta”.

Io stavo zitto, cos’altro potevo fare? Volevo un figlio anche io, ma quell’insistenza me lo stava facendo diventare antipatico, povero bambino. Meno male che non è nato. Sarebbe cambiato qualcosa se avessimo avuto un figlio? Forse sì, non mi ci vedo ad ammazzare un bambino, anche se fino a che non li ho ammazzati non mi ci vedevo nemmeno ad ammazzare gli adulti.

Però con un figlio, chissà… Magari la madre avrebbe badato di più alla propria forma fisica, non si sarebbe inacidita così tanto, i suoceri sarebbero stati gentili e io, io sarei andato con lui alla Pineta in bicicletta, lo avrei accompagnato a giocare a pallone e, se ci fossero stati problemi a casa, be’, li avremmo risolti perché non sarebbe stato certo il caso di rovinare la vita a un ragazzino. Oppure lui avrebbe preso lo stesso carattere del nonno e della madre e invece di due aguzzini me ne sarei trovati tre e avrei ammazzato tutti molto prima.

Dopo l’esperienza del viaggio di nozze, ne tentammo un’altra, stavolta a fini procreativi. Mia moglie era cattolica, anche se non andava a messa, tranne Pasqua e Natale, e non faceva vita comunitaria. Pregava sempre, però, e non mancava mai di ricordare quanto fosse devota di santa Barbara e della Madonna di Medjugorje. Io ho ricevuto un’educazione formalmente cattolica – battesimo, comunione, cresima – ma mi sono sposato in chiesa solo per farla contenta. Dall’adolescenza ho smesso di credere in Dio, non mi importa nulla della Chiesa e nemmeno di questo prete che viene in carcere e chiacchiera con me sperando che mi penta. Insomma, fosse toccato a me decidere, avrei cercato una meta più affascinante di quella trovata da lei per il nostro secondo viaggio. La mia signora invece sentiva un fremito religioso – così pareva – e pregava almeno tanto quanto scopavamo, sperando di rimanere incinta, grazie alla mia dieta e supportata dall’intercessione divina. Andammo persino in parrocchia accompagnati dai suoi genitori, a chiedere lumi al parroco sulla nostra vita sessuale.

“Perché non andiamo a San Giovanni Rotondo?”

“Dove?”

“A San Giovanni Rotondo.”

“A fare cosa a San Giovanni Rotondo?”

“Come a fare cosa a San Giovanni Rotondo? Ma allora non mi ascolti quando parlo?”

Incominciava ad arrabbiarsi, meglio non rispondere.

“A San Giovanni Rotondo, da padre Pio.”

Sempre in silenzio, io.

“Magari padre Pio ci aiuta. Serena Cuccus, con la sorella e il marito sono andati, e dopo è rimasta incinta di due gemelli, gliel’ha detto la madre di Tommy Materia a mamma.”

Io continuavo a stare in silenzio e il silenzio diventò presto assenso. Ma sarebbe stato assenso uguale anche se avessi parlato. Partimmo e il viaggio fu persino peggiore di quello di nozze. Scopavamo nella nostra stanza che altro non era che una vecchia scuola trasformata in albergo: faceva freddo, il pisello non mi veniva duro, recitavamo le preghiere prima di spogliarci, lei stava tutta nuda con solo una medaglietta di padre Pio appesa al collo e io dovevo pensare alle peggiori depravazioni per togliermi dalla mente la faccia cattiva di quell’uomo che mi guardava.

Padre Pio tuttavia non ci aiutò e mia moglie imputò a me la mancata riuscita dei progetti di fecondazione. Non ci avevo creduto abbastanza, mi diceva, pregavo senza trasporto, e sicuramente era vero: nonostante gli sforzi, non riuscivo a capire che correlazione ci fosse tra venerare un frate con le stimmate morto ormai da un sacco di tempo e avere un bambino.

Dove non poté la religione ci provò la scienza, fallendo altrettanto clamorosamente. Cioè, la scienza non fallì, ci diede solo delle risposte e siccome non erano quelle che la signora voleva sentire, allora fu la scienza a fallire. Andammo da un sacco di dottori, tutti con un’infinità di specializzazioni e i risultati erano chiari: il mio sperma era a posto. Quanto a padre Pio, invece, non ci avrebbe potuto aiutare nemmeno se l’avessimo pregato con più ardore, dal momento che mia moglie non poteva restare incinta. Sterile, era stato il responso, e non ho mai chiesto una spiegazione più dettagliata, né mia moglie si preoccupò di darmela.

Ovviamente non credeva a una sola parola di ciò che le dicevano i medici. Prese a frequentare un naturopata e mi portò con sé. Io, che non avevo nessun parere sulla naturopatia, me ne formai uno all’istante. Lei ci cascò, ben felice di farsi spennare e sentire confermate le sue teorie bislacche. La naturopatia si accompagnò alle candele, alla musica rilassante, agli incensi. Finito il periodo in cui si infilava un dildo davanti mentre mi esortava a penetrarle l’ano, ora toccava riequilibrare i chakra. Avremmo dovuto scopare e invece facevamo una sorta di messa pagana, con tanto di erbe bruciate che rilasciavano un odore dolciastro e nauseante.

Farselo venire duro in quelle condizioni era parecchio complicato, se poi ci aggiungiamo che avevo gli ultras dietro la porta, direi che persino un consumato attore porno avrebbe trovato difficoltà.

“Come è andata?” chiedeva la madre.

“Non lo so, secondo me non ha spinto” spiegava la figlia guardandomi storto.

“Non hai spinto?” mi interrogava il padre.

“Perché non hai spinto?” proseguiva la madre.

Era colpa mia: non credevo a padre Pio, né alla naturopatia, quelle candele puzzolenti mi facevano venire mal di testa e soprattutto spingevo poco. Non sopportavo la musica rilassante, mi martellava le palle, andando a colpire uno per uno quei pochi spermatozoi che ancora riuscivo a produrre. Per fare cosa, poi? Per andare a inerpicarsi all’interno di quella cicciona?

“Sei un frocio di merda, ecco cosa sei.”

Finirono così i tentativi di riproduzione. La madre non chiese più nulla, il padre nemmeno, e in qualche modo accettammo la cosa. Io almeno la accettai, anche perché altro non ho mai saputo fare nella vita.