31.
Una strage ha fatto. Ha ammazzato Beniteddu, la moglie di Beniteddu e la figlia, che poi era sua moglie. Sempre detto io che in famiglia succedono le peggiori cose, non capisco cosa ci trovi un povero coglione a prendersi una donna per sempre, viverci assieme, vederla in pigiama, sentirla scorreggiare, sopportarne l’alito cattivo, ascoltarla quando racconta dei problemi al lavoro, accompagnarla a comprare un paio di pantaloni che le valorizzino il girovita… Che poi, sia chiaro, il discorso vale anche per le signore: che bisogno hanno di averci un manico fisso? Non le garba di cambiarlo? E allora sopportate le partite su Sky, il piscio sulla tavoletta, le passeggiate in montagna, l’autolavaggio, gli sguardi lanciati alle altre fingendo di osservare le vetrine. Che vita di merda.
Sono cose che non fanno per me, voglio dire, e a quanto pare non facevano nemmeno per quello sfigato. Io lo so perché ci sono passato, non è che parlo senza sapere un cazzo di come va il mondo, ma da quando ho divorziato sono rinato, ecco, e vivo alla giornata cercando ogni volta di infilarlo in un buco diverso. Basta che sia di femmina, a me va bene tutto.
Me la sono messa una volta, una femmina in casa, e non succederà mai più: poco ci mancava che scopassi meno quando ero sposato – tolte le necessarie scappatelle per sentirmi vivo – di quando stavo in cella. Adesso, il dottor Boglio, ogni volta che passa a trovarmi, non fa altro che ripetermi che dovrei trovarmi una donna, aspirare alla costruzione di una famiglia.
“È ancora giovane, Maurizio, perché non ci pensa?”
“In effetti, – gli dico io – perché no?”
“Potrebbe essere al contempo un obiettivo e un punto di partenza.”
“Senza dubbio.”
Dice un mucchio di cazzate, ’sto stronzo, ma mi vuole bene e io non voglio di certo deluderlo. Gli dico sempre “sì, sì, sì” e lui è tronfio, cretino e felice. Sono il suo biglietto da visita, la dimostrazione pratica che i metodi correttivi e di reinserimento che ha intrapreso con i suoi progetti funzionano. Addirittura, la settimana scorsa è venuta pure a intervistarmi una tipina per un’associazione che si occupa di diritti umani.
“Abbiamo la pagina Facebook e il profilo Twitter, ovviamente. E stiamo pensando di sbarcare anche su Instagram.”
Sì, pensavo, e mettici due foto tue tutta nuda, su Instagram, che a fare sfoggio di intelligenza e cultura sono buone tutte, oramai, ma quel che conta, almeno dal mio punto di vista, è vedere quanto su stanno le chiappe. Parecchio, avrei detto: aveva un culo che quando se n’è andata stavo pensando di giocarmi la libertà pur di infilarci una mano in mezzo.
Mi ha intervistato per un’ora, poi avrebbero intervistato anche il dottor Boglio, e io ho fatto un po’ il fenomeno e un po’ sono rimasto umile. Sapete, da noi galeotti, seppure in semilibertà, si aspettano che facciamo atto di contrizione, ci diciamo dispiaciuti e battiamo le mani felici quando un’anima pia si preoccupa di noi e della nostra vita.
“È davvero importante questa attività, – dicevo alla signorina – grazie al dottor Boglio e al signor Ruben Perra, il mio tutore, sto piano piano acquisendo nuovamente la mia dimensione di cittadino. Una dimensione che purtroppo avevo smarrito...”
Deve ancora nascere lo scemo che mi frega a buttare giù frasi a caso che fanno tanto effetto su chi ascolta. La signorina era tutto uno sbavo di buoni sentimenti, stavo titillando il suo punto G dei diritti umani.
Beniteddu l’ho conosciuto per via del vino. Stavo parlando con Lazzaro Mulas, il pastore che mi porta latte, ricotta e formaggio, e gli ho chiesto se conosceva qualcuno che potesse portarmi vino a buon prezzo. Frega un cazzo, a me, del vino genuino e di quelle altre troiate che fanno eccitare i miei clienti, basta che paghiamo poco e per me è fantastico. Sapete quante volte ho mandato all’ultimo momento Alessia a comprare vino in cartone al discount: ne travaso metà in un fiasco un po’ sporco, ungo il bordo per dargli un’aria vissuta e dovete sentirli, gli stronzi.
“Questo sì che è genuino!”
“Mi ricorda quello che faceva mio zio, il fratello di mio nonno.”
Che sfigati di merda. Una volta ho fregato pure il dottor Boglio: avevo finito il miele che mi portano, quello fatto dalle api di queste zone, ed ero nella merda perché il mio benefattore non si alza da tavola se non ha mangiato una sebada che galleggia nel miele. Ho fatto correre Alessia fino a Flumini, al market di quei ladri che fanno pagare tutto il triplo, e ne ha trovato solo uno pieno di zuccheri. Cazzo, ero preoccupato, se si accorgeva che lo stavo fregando, capace che mi rompeva le palle sul serio, ma per fortuna aveva esagerato con il vino di Beniteddu e non si è reso conto di un cazzo, anzi.
“Che sapore, che sapore, caro Maurizio.”
“Eh, può dirlo forte!”
A me mi sta sul cazzo, ovviamente, perché io non voglio dipendere da nessuno, ma però è grazie a lui e a Ruben se sono uscito dal carcere. Per cui, una bella slinguata alle chiappe e un inchino alla magnificenza d’animo non gliele leva nessuno. Mi ha fatto riprendere a studiare e soprattutto mi ha assegnato a Ruben e a questo ristorante: non mi sembra nemmeno vero di avere avuto una fortuna simile. Oh, se il sequestro che avevo progettato fosse andato a buon fine, non è detto che le cose mi sarebbero andate bene come mi stanno andando adesso.
In pratica gestisco ’sto posto qua – il Vecchio Convento si chiama – che di giorno permette di gustare i sapori di una volta – a furia di ripeterle quasi ci credo a queste stronzate – e di notte si trasforma in un bordello in piena regola, con ragazze di ogni razza, alcol e droga. Inutile dire che di questa trasformazione il dottor Boglio non sa niente, povero imbecille, lui che tanto si adopera perché io torni a essere un cittadino come gli altri. Ma poi, dico io, quando mai lo sono stato un cittadino come gli altri? A me mi fanno schifo, gli altri.
“Ti mando Beniteddu, con il vino” mi aveva detto Lazzaro Mulas.
Io con i miei fornitori ho un rapporto particolare. Lazzaro Mulas, ad esempio, ci consegna la merce e poi ottiene uno sconto per quando passa di sera a soddisfare le sue depravazioni.
’Sto Beniteddu qua era arrivato con una Panda 4x4 degli anni Novanta, come quella che usavano i carabinieri. È sceso dalla macchina e si guardava intorno con una faccia schifata.
“Cerco il signor Maurizio Artizzu.”
“In persona, per servirla.”
Quanto si gasano gli imbecilli quando li tratto con un po’ di suadente affabilità.
“Ho portato il vino, mi manda Lazzaro Mulas.”
“La ringrazio, venga, si accomodi. Lasci stare il vino, mando il ragazzo a prenderlo, ci penserà lui a portarlo dentro.”
Gli ho fatto fare il giro del Vecchio Convento e nel frattempo magnificavo le doti del ristorante, riempendogli la testa di parole complicate. La prima volta pago in contanti, subito, arrotondando per eccesso, intanto cerco di capire con chi ho a che fare. Beniteddu non riuscivo ad afferrarlo. Mi guardava diffidente. Sicuramente sapeva del mio passato e stava guardingo, come se io fossi stato così scemo da giocarmi la libertà per fargli del male. E poi ci ha pensato il genero a sistemarlo, ecco perché dico che le cose peggiori succedono in famiglia, non sono mica gli ex galeotti ad avvelenare la società.
Le volte dopo lui non è più tornato e ha sempre mandato il genero, il futuro assassino. Cazzo, se era rincoglionito. Arrivava con la stessa Panda del suocero, non parlava quasi, scaricava il vino, aspettava i soldi e se ne andava.
“Bevi qualcosa?” gli chiedevo.
“No, grazie.”
“Entra, trattieniti un attimo che ti mostro com’è il posto.”
“No, grazie.”
“Dai, ho fatto vedere tutto anche a tuo suocero.”
“Non posso, davvero, ho fretta, grazie.”
Fanculo a lui, povero sfigato. Sarà venuto qua una dozzina di volte, una roba del genere. Mai che abbia varcato la porta. Poggiava il vino sotto il portico, prendeva i soldi e se ne andava.
A seconda di chi è lo stronzo, adotto una strategia diversa. Per esempio, con Pietro Aresti sono stato diretto: il primo giorno che è venuto a consegnarci la carne ha beccato Ewa mezza nuda che raccoglieva il bucato.
“Ti piace?” gli ho chiesto.
Mica mi ha risposto, il troglodita.
“Se ti piace, ci parlo io con lei, basta che mi fai uno sconto sulla carne che mi hai portato, così siamo pari.”
Con Salvatore Arrais invece ho fatto passare Manuela, un’albanese che chissà che fine ha fatto, l’ho fatta passare con la minigonna mentre contrattavamo il prezzo della frutta e della verdura.
“Bona, eh?”
Nemmeno lui parlava, sbavava solo.
“Sai che mi ha detto che le piaci?”
Ci cascano tutti. Date un pezzetto di figa a un uomo e sarà ai vostri piedi. Quel coglione del genero di Beniteddu – ho scoperto che si chiama Daniele solo leggendo i giornali, dopo la strage – invece sembrava che non gli interessasse niente. Buonasera, vino, soldi, arrivederci. Aveva sempre fretta. Ci ho provato in tutti i modi a coinvolgerlo, mi dava fastidio pagarlo. Lanciavo l’esca, parlavo di sesso, e quello zitto, quasi scocciato. Facevo uscire le ragazze apposta, quando sapevo che doveva venire, e non le notava nemmeno. Sfigato di merda, si fosse ammazzato lui invece di fare quello che ha fatto.
Che poi, ’tana Eva, se solo si fosse lasciato andare, cazzo, se solo fosse salito su a scoparsi una delle ragazze, sono sicuro che ci sarebbero tre morti in meno, adesso. Quando sento il dottor Boglio parlare, lui e quell’altra accozzaglia di gente che gli gira intorno, riflettono di continuo, ’sti testoni qua, stanno sempre a pensare, ecco, pensano pensano pensano e non hanno capito un cazzo. Se mi chiedessero a me la ricetta per il reinserimento degli ex carcerati, non avrei dubbi a fornirgliela e, modestamente, troverei una soluzione al problema della criminalità tutta. Basterebbe che lo Stato, invece di sprecare soldi in un sacco di iniziative che non servono a niente, investisse in figa. Non esiste niente come la figa, per calmare la violenza. Un bel pussy welfare state ed ecco risolti tutti i problemi. Pensateci: chi fa le rapine vuole averci i soldi per uscire con una passera; chi si ammazza di botte allo stadio o si sfascia con le droghe, lo fa perché non ha una passera da starci in compagnia. Chiunque delinque, o lo fa per avere i soldi e arrivare alla figa oppure lo fa perché la figa non lo caga. Non si scappa, è così e basta. Dai sedici anni in poi, reddito di cittadinanza da elargire in vagina, e vedi tu se non diventiamo una società migliore.