DURANTE le due settimane successive, Christopher e SpecialEd furono inseparabili. Pranzavano insieme in mensa (ti do la mia salsiccia affumicata). Frequentavano entrambi il corso di recupero di lettura dall’anziana e dolce signora Henderson, la bibliotecaria, con il suo burattino Dewey il Delfino. Sbagliavano insieme i compiti di matematica. Addirittura, frequentavano lo stesso gruppo di catechismo due sere alla settimana.
SpecialEd diceva che i bambini cattolici dovevano andarci per una ragione… per prepararsi a quello che sarebbe stato l’inferno. Marc Pierce, che era ebreo, gli chiese cosa fosse il catechismo.
«Un vero schifo», gli rispose SpecialEd divertito.
Christopher aveva imparato tanto tempo prima a non lamentarsi del fatto di doverci andare. Una volta, quando vivevano ancora nel Michigan, si era nascosto tra i cespugli per evitare il catechismo. Sua madre lo aveva chiamato più volte, e lui era rimasto in silenzio. Poi, alla fine, si era davvero arrabbiata.
«Christopher Michael Reese, vieni qui SUBITO!» aveva detto.
Aveva usato tutti e tre i suoi nomi: quando succedeva, Christopher non aveva scelta. Doveva obbedire. Fine dei giochi. Game over. Con la faccia di pietra, sua madre gli aveva detto che suo padre era cattolico e che gli aveva promesso di allevare il loro bambino secondo la fede cattolica, così che il legame tra loro non si limitasse a quell’unica fotografia di Natale.
E lui avrebbe voluto morire.
Tornando a casa, quella sera, aveva pensato a suo padre che leggeva la Bibbia. Lui probabilmente non mescolava le lettere come faceva suo figlio. Doveva essere stato molto più intelligente, perché i papà erano così. Molto più svegli. Quindi, aveva dato la sua parola: avrebbe imparato a leggere, e avrebbe capito che cosa significavano quelle parole, così avrebbe avuto un altro modo per sentirsi vicino al suo papà, al di là del ricordo della sua camicia che odorava di tabacco.
Per la scelta della chiesa, sua madre seguiva da sempre la strategia della Guerra Fredda del presidente preferito di sua nonna, Ronald Reagan: fidati, ma verifica. Così aveva scovato quella di St. Joseph, a Mill Grove. Il sacerdote, padre Tom, era fresco di seminario. Niente scandali alle spalle. E quella era la sua prima parrocchia. Aveva passato l’esame. Era una brava persona. E Christopher aveva bisogno di uomini per bene nella sua vita.
Per la sua fede, tuttavia, un prete valeva l’altro. E non le importava se la messa era bella o meno. O la musica. La sua fede era morta in quella vasca da bagno, accanto a suo marito. Certo, quando guardava il suo ragazzo poteva comprendere perché la gente credesse nell’esistenza di Dio. Ma quando era seduta in chiesa, non sentiva la Sua parola. Alle sue orecchie giungevano soltanto i mormorii e i pettegolezzi delle brave donne cattoliche che vedevano in lei una mamma della classe lavoratrice (ossia «un rifiuto umano»).
In particolare la signora Collins.
Tutto, in Elizabeth Collins, era perfetto. Dai capelli castani lisci al tailleur elegante, fino all’educato disprezzo nei confronti di «quella gente» che in verità Gesù avrebbe amato. I Collins sedevano sempre al banco davanti. Erano sempre i primi a mettersi in fila per ricevere la comunione. E, se il signor Collins aveva un ciuffo di capelli fuori posto, lei allungava all’istante un dito per rimetterlo a posto, un artiglio da corvo che sfoggiava una manicure elegante.
Quanto al figlio Brady, la mela – come si suol dire – non era caduta lontana dall’albero.
Se la madre di Christopher avesse avuto a che fare con la signora Collins soltanto la domenica, sarebbe anche riuscita a tollerarlo. Ma il marito di lei era un impresario edile che possedeva mezza Mill Grove, inclusa la casa di riposo in cui lavorava e di cui la signora era direttrice. A sentir lei, aveva accettato quella posizione per «ripagare la comunità» offrendo i propri servizi. In realtà, quel ruolo le consentiva di urlare dietro al personale e ai volontari, per essere sicura che l’anziana madre, malata di Alzheimer, godesse delle migliori attenzioni possibili. La stanza migliore. Il cibo migliore. Il meglio di tutto. La madre di Christopher aveva viaggiato abbastanza da sapere che Mill Grove era solo un piccolissimo stagno. Ma per la famiglia Collins equivaleva all’Oceano Pacifico.
«Mamma, a cosa stai pensando?» le chiese Christopher, sottovoce.
«A niente, tesoro. Stai attento.»
Appena prima di trasformare il vino in sangue, con poche parole scelte accuratamente, padre Tom disse al gregge di fedeli che Gesù amava tutti, a partire da Adamo ed Eva. E quella frase incitò SpecialEd a intonare il jingle della pubblicità dei ristoranti Chili’s.
L’assemblea rispose con una sonora risata, in particolare i genitori di Ed.
«Bella questa, Eddie. Mio figlio è così intelligente!» commentò la madre, facendo ballonzolare la ciccia delle braccia.
Padre Tom e la catechista, la signora Radcliffe, si lasciarono andare a un sospiro, quasi si rendessero conto che toccava a loro impartire un po’ di disciplina al bambino.
«La Prima Comunione dev’essere una figata», osservò SpecialEd nel parcheggio, dopo la messa. «Ci regalano soldi. E ci permettono addirittura di bere vino.»
«Sul serio?» chiese Christopher. «Davvero, mamma?»
«Fa parte del sacramento. Ma sarà succo d’uva.»
«Va bene. Il vino posso berlo a casa. Arrivederci, signora Reese», salutò SpecialEd, prima di spostarsi al banco della vendita delle torte con i suoi.
In macchina, tornando in motel, Christopher pensò alla messa. A Gesù, che ama tutti. Anche le persone cattive. Come Jenny Hertzog e Brady Collins. E Jerry. La trovava una cosa straordinaria, perché lui non avrebbe mai potuto voler bene a uno come Jerry. Ma ci avrebbe provato, perché è quello che ci si aspettava da ognuno.
Quando arrivarono tenne la porta aperta a sua madre, che sorrise e gli disse che era un vero gentiluomo. E, quando alzò gli occhi prima di entrare, la vide. Si muoveva. Una stella cadente sembrò un bagliore nei suoi occhi.
Faccia di nuvola.
Normalmente non vi avrebbe badato più di tanto. Le nuvole c’erano, era una cosa normale. Ma tutti i giorni, quando sua madre lo portava a scuola, quando passavano davanti al bosco di Mission Street, e al tramonto, quando andavano al catechismo, faccia di nuvola era lì.
Ed era sempre uguale.
A volte era più grande, a volte più piccola. Una volta si era anche nascosta dietro ad altre forme. Un martello, un cane, una macchia di inchiostro, come quelle che quel tizio gli aveva mostrato dopo che suo padre era accidentalmente annegato nella vasca da bagno. Era sempre lì. Non era un uomo. E nemmeno una donna. Solo un bel viso fatto di nuvole.
E Christopher avrebbe potuto giurare che lo stava tenendo d’occhio.
Lo avrebbe detto a sua madre, ma aveva già abbastanza preoccupazioni. Poteva sopportare che lo credesse un po’ stupido. Ma non era disposto a correre il rischio che lo credesse anche pazzo.
Come papà.