«MATT, uccideranno tuo fratello», sussurrò la voce.
Matt aprì gli occhi. Era quasi l’alba della vigilia. E il suo corpo tremava tutto. Di recente faceva incubi terribili, ma quest’ultimo era stato il peggiore. Non sapeva se avrebbe mai più voluto dormire. Cominciò a farsi prendere dal panico, pensando magari di non essersi ancora svegliato. Non voleva che quei cervi tornassero…
«Ehi?» fece, al buio. «Mike?»
Silenzio. Si tirò su a sedere. Era fradicio di sudore. Era stato così per tutto il weekend, per quanto avesse girato e rigirato il cuscino. Era stato tormentato da quella febbre orribile; ma adesso era passata, finalmente. Restavano il sudore e l’odore di aspirina per bambini. Aveva di nuovo bagnato il letto.
«Mike?» disse ancora.
Niente. Si alzò e guardò le lenzuola. Erano bagnate di urina. Si sentì tremendamente in imbarazzo: non poteva farsi vedere così dal suo fratellone. Perciò, si tolse pigiama e biancheria, freddi e appiccicaticci, e andò in bagno a lavarsi. Quando fu pulito e asciutto, percorse il corridoio fino alla stanza di Mike. Aprì la porta e, in punta di piedi, raggiunse il letto.
«Mike?» sussurrò.
Il fratellone rimase immobile, sotto le coperte.
«Mike? Ho fatto un brutto sogno. Posso dormire con te?»
Silenzio. Lentamente, Matt tirò indietro le coperte, ma sotto trovò solo un sacco a pelo arrotolato e un guantone da baseball.
Mike se n’era andato.
Matt diede un’occhiata alla stanza, per controllare se ci fosse qualcosa fuori posto. C’era un poster degli Avengers, con il preferito di Mike, Thor. L’armadio era in disordine. Il pavimento era coperto di palline di plastica. Sotto il letto non c’era niente. Niente che non andasse. Ma comunque qualcosa non tornava. Era come la strada che vedeva nel suo incubo. C’era qualcosa di strano.
Matt uscì dalla stanza e raggiunse in punta di piedi quella dove dormivano le sue mamme. Pensò che Mike avesse avuto un incubo, come lui, e avesse chiesto di dormire in mezzo a loro. Ma le vide ai lati opposti del letto, da sole. Mike non c’era.
Scese al piano di sotto. In cucina, vide il cartone del latte sul piano di lavoro. Andò a toccarlo. Era caldo. Quindi era fuori dal frigorifero da almeno un’ora. Guardò la fotografia della ragazzina scomparsa. Emily Bertovich. Per qualche ragione, avrebbe giurato che lo stesse fissando.
Uscì dalla cucina e andò nel soggiorno. Vide una scodella di cereali lasciata a metà sul tavolino. Dentro c’era ancora il cucchiaio. Il televisore era acceso, su un vecchio cartone degli Avengers. Stava parlando Thor.
«Iron Man è nei guai, Capitan America», disse.
Lasciò il soggiorno e, nell’ingresso, alzò lo sguardo verso l’appendiabiti: il giaccone di Mike non era lì. La serratura di sicurezza della porta era aperta. Non riusciva a credere che fosse uscito. Erano ancora in punizione per la rissa allo spettacolo di Natale. Se avessero scoperto che era uscito, le mamme lo avrebbero messo in castigo per sempre. No, decisamente qualcosa non andava.
Matt aprì la porta.
L’aria era immobile, silenziosa. Era caduta parecchia neve durante la notte e, a giudicare dalle nuvole sopra di lui, per Natale avrebbero avuto una bufera addirittura più violenta.
«Mike?» chiamò sottovoce. «Sei là fuori?»
Ancora niente. Solo un cervo lo fissava dal prato dall’altra parte della strada. Matt si sentì invaso da un profondo senso di inquietudine. Svelto, si infilò giaccone e scarponcini, e nel farlo notò che quelli di suo fratello erano ancora lì. Li legò insieme e se li mise in spalla. Stava per uscire, quando qualcosa gli suggerì di tornare in cucina a prendere un coltello.
Una voce, forse.
Poi si incamminò lungo la strada. Nonostante la spolverata di neve che la copriva come zucchero a velo sopra una ciambella, credette di scorgere le impronte lasciate dai piedi nudi di Mike. Normalmente non avrebbe visto molto bene, per via dell’occhio pigro. Ma da quando Christopher gli aveva toccato il braccio, l’occhio aveva cominciato a migliorare. Dopo una settimana era guarito completamente. Ma non si era fermato a 10/10. La vista diventava sempre più acuta. Vedeva a chilometri di distanza. Come la nonna, che era presbite, e quando si toglieva gli occhiali riusciva a guardare i film del drive-in, a un chilometro e mezzo dalla veranda posteriore. Non li sentiva. Ma li aveva visti tutti, tutti i più famosi. Poi avevano chiuso il cinema. E lei era morta di cancro alla vescica. Non avrebbe saputo dire perché gli fosse venuta in mente, ora. Seguì le impronte giù per il lungo pendio.
Diretto al bosco di Mission Street.
Era coperto da una leggera nebbia mattutina. Come una nuvola in cielo. Abbassò la testa e continuò a camminare. Seguendo le orme del fratello. Via via che si avvicinava, l’occhio cominciava a prudere.
Matt impugnò il coltello con forza, quando entrò nel bosco. Seguì la traccia lungo il sentiero. Oltre il ponte e il ruscello, che per qualche motivo non era più gelato. Arrivò nella radura. Sentiva i cervi che lo guardavano attraverso gli spazi tra i sempreverdi, il respiro che si levava come vapore da un tombino. Attraversò la miniera di carbone. Da cima a fondo. Superò il frigorifero abbandonato, caldo come un falò. Alla fine arrivò alle ruspe del cantiere Collins, parcheggiate all’estremità opposta del bosco.
E lì trovò Mike.
Era accovacciato nel fango, scalzo, con un coltello in mano. Matt lo osservò, mentre tagliava lo pneumatico posteriore di una ruspa. Poi si spostò a quello anteriore e svitò la valvola. Lentamente, fece uscire l’aria con la lama. Senza far rumore, Matt gli andò vicino, arrivando alle sue spalle.
«Mike», lo chiamò con un sussurro.
Il fratello tolse il coltello dallo pneumatico.
«Mike, che stai facendo?»
Non gli rispose. Per un lungo momento.
«Oggi è la vigilia di Natale», disse alla fine. «Le ruspe arriveranno alla casa sull’albero, oggi.»
«E allora?»
«Se il signor Collins la abbatte, Christopher non potrà più uscire. Quindi, dobbiamo salvarlo.»
«Chi te l’ha detto?»
«Tu.»
Matt lo fece voltare e vide che aveva gli occhi chiusi. Era sonnambulo.
Con delicatezza, gli tolse il coltello dalla mano.
«Matt, dobbiamo finire», protestò lui nel sonno.
«Non ti preoccupare. Stenditi sul mio giaccone. Ci penso io.»
Il fratello fece come gli aveva detto. Posò la testa sul suo giaccone e cominciò a russare. Matt prese le scarpe e gliele mise ai piedi, ormai congelati. Poi, armato di entrambi i coltelli, si diresse alla volta delle ruspe dell’impresa edile, ed entro pochi minuti i veicoli erano tutti inutilizzabili. Se fosse stata una qualunque altra notte, con ogni probabilità si sarebbero fatti beccare.
Per loro fortuna, la guardia era a casa per via di quell’influenza che non perdonava.