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BIIP.

Kate era talmente concentrata sul diario che non sentì subito il rumore delle apparecchiature mediche a cui era collegato Christopher.

BiIp.

Lesse di nuovo l’ultima annotazione. Doveva esserci qualcosa che si erano lasciati sfuggire. Qualche indizio su come aiutare Christopher. David era andato nella sua casa sull’albero, quella notte. Era andato nel bosco. E nessuno l’aveva più rivisto. Che cosa gli era successo, là? Com’era morto?

biIp. biIp.

«Che cos’è quel rumore?» volle sapere Ambrose.

Kate lo guardò. Anche con le bende che gli coprivano gli occhi, poteva leggere la paura sul suo volto. Un peso tremendo le opprimeva il petto. Sentiva i battiti del suo cuore attutiti, quasi fosse sdraiata in una vasca da bagno. Il mondo era sott’acqua.

biIp. biIp. biIp.

Il terzo suono fu inconfondibile. Era cambiato qualcosa. Kate si voltò verso la macchina che controllava i valori del bambino, cercando con lo sguardo il motivo di quel segnale. Fu allora che se ne accorse: la temperatura di Christopher… si era alzata. Era rimasta costantemente sui trentasette gradi. Fino a quel momento.

Adesso era salita a 38,9.

Si raddrizzò sulla sedia. Prese la mano di suo figlio. Era bollente.

«Ti tirerò fuori di lì. Ti do la mia parola. Ma tu devi combattere per me. Combatti!» esclamò.

39,4.

Grazie a Internet e al panico dei primi periodi della maternità, sapeva che la temperatura al di sopra dei quaranta gradi è pericolosa. A 42 il cervello comincia a cuocere.

biIp. biIp. biIp. biIp.

40.

La porta si aprì. Medico e infermiera presero a muoversi rapidamente nella stanza.

«Signora Reese, abbiamo bisogno che ci lasci soli. Subito.»

«No», fece lei. «Posso dare una mano.»

«Sicurezza!» chiamò il dottore a gran voce.

Un istante dopo, le guardie erano lì. Kate pensò che fossero rimaste fuori ad aspettare quel momento. Ambrose le mise una mano sulla spalla, per calmarla.

«Non sarà necessario, dottore», disse. «Stavamo uscendo.»

«Col cazzo!» urlò Kate.

Ambrose le strinse la spalla e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

«Non può aiutarlo con una camicia di forza.»

Kate guardò gli addetti alla sicurezza. Due ragazzoni con due pance ancora più grandi. Che si grattavano ossessivamente il viso, madido di sudore a causa dell’influenza. Uno era armato di spray al pepe. L’altro aveva un manganello.

«Il dottore vi ha chiesto di uscire…» ribadì il più grosso, inghiottendo quel «troia» che aveva sulla punta della lingua, e spingendo l’appellativo sostitutivo attraverso la bile che gli era salita in gola «… signora.»

Non c’era una cellula del suo corpo che non avesse voglia di opporsi, ma sapeva che avrebbero finito per rinchiuderla.

Dacci solo un motivo… signora troia.

«Certamente», disse con finta cortesia. «Chiedo scusa.»

E poi, con calma, uscì spingendo Ambrose sulla sua carrozzina. Nel farlo, lanciò un’ultima occhiata alla macchina che misurava i parametri vitali, su cui la febbre continuava inesorabilmente a salire.

40,5.

biIp. biIp. biIp. biIp. biIp.

41,1.