CHRISTOPHER aprì gli occhi.
Era ancora nella casa sull’albero. Vedeva il suo corpo disteso accanto ad Ambrose e allo sceriffo, persi, in preda a contrazioni. Ma c’era qualcosa di diverso; qualcosa era cambiato. Andò verso la porta. Vi accostò l’orecchio, per cogliere un qualunque segno di presenza dell’uomo gentile. Ma udì soltanto dei sussurri. Voci mai sentite prima. Che sibilavano il suo nome.
«Chrissstopher.»
«Sssappiamo che puoi sssentirci.»
Si girò verso le finestre per capire chi fosse, ma erano così appannate che non riusciva a vedere fuori. Le nuvole erano tutt’intorno a loro. Coprivano entrambe le parti del mondo come una benda.
«Chrissstopher… stai per rimanere senz’aria.»
Avevano ragione. L’aria lì dentro era diventata calda e spessa, come il respiro sotto una coperta. I sussurri grattavano la casa.
«Questo è quello che succede alle persone chiuse nelle bare.»
«Esauriscono l’aria.»
«Sono vive, sottoterra.»
«E si dimenano.»
«Se non vieni fuori, morirai come loro.»
Non aveva scelta. Allungò la mano verso il pomello. Aprì quanto bastava per lasciar entrare aria fresca. La brezza fuori era dolce zucchero filato cotto sul fuoco. Con un occhio sbirciò attraverso la fessura. Quello che vide lo terrorizzò.
Il mondo immaginario era bello.
L’erba era verde. Il cielo era azzurro. E nero. Pieno di stelle. E sereno. Tutto insieme. Il sole splendeva come la luna che gli stava accanto. Un venticello gradevole muoveva con un fruscio le foglie dell’albero, verdi e mature come frutti. La temperatura era una perfetta combinazione di caldo e freddo. L’aria era balsamica e asciutta. Una splendida giornata di primavera unita a una frizzante serata d’autunno. La migliore delle stagioni. Il periodo migliore. Non era proprio giorno. Non era proprio notte. Il meglio di entrambi. Il peggio non era contemplato.
Il bosco di Mission Street era un luogo paradisiaco.
Christopher abbassò lo sguardo su quel mondo meraviglioso, e vide…
… centinaia di cervi.
Nella radura.
Lo fissavano.
Voci nascoste nel vento.
«Ciao, Christopher.»
«Ciao, amico.»
«Vieni giù. Non ti mangeremo. Non questa volta.»
Christopher sentì i sussurri sul collo. Si girò di scatto e vide un ramo che scendeva come un serpente della chioma di Medusa. Gli porse la mano e lo aiutò a scendere la scala. Leggero come una piuma.
«Da questa parte», disse la voce amichevole.
La voce era ovunque e da nessuna parte. Alzò lo sguardo verso la luna blu che con il sole arancione accendeva le nuvole sopra la radura quasi fossero lanterne. Le stelle scintillavano come lucine di Natale.
Christopher si resse alla scala, che era bagnata e scivolosa. Bianca e lucida. Le assicelle erano diventate dentini da latte. E cominciò a scendere.
Dall’albero gigantesco.
Ogni singolo passo gli procurava dolore da qualche parte. Si sentiva debole, dopo aver guarito sua madre. L’unica cosa che gli era rimasta era la sua mente. Sapeva che lo sceriffo era perso da qualche parte, lì dentro. E come lui Ambrose. Stavano esaurendo il tempo. Guardò giù, nella radura, e vide i cervi. Si sforzavano di nascondere le costole che sporgevano attraverso la pelle, per la fame. Si leccavano il naso con la lingua lunga e ruvida.
«Bene, Christopher. Fa’ attenzione, adesso», disse la voce.
Christopher continuò a camminare. Per sua madre. Per gli amici. Per la città. Arrivò a terra e fissò gli animali che si avvicinavano. Si inchinavano. Mordicchiavano il terreno attorno ai suoi piedi. Strofinavano il naso contro i palmi delle sue mani.
Era troppo fiacco per batterli in velocità. Per levarsi in volo. Ma si costrinse a camminare. Lo circondarono come guardie. Per tenerlo al sicuro. Perché proseguisse. Guardò davanti a sé, verso il bosco. I rami degli alberi sorridevano, adesso, strisciavano sinuosi come code di gatti. Con espressione severa.
La brezza tentava di coprire i suoni, ma sentiva ancora le urla in lontananza. I «Fallo smettere!» della parte immaginaria si mescolavano agli «Arriviamo!» di quella reale. I mondi si stavano fondendo. Le rane cominciavano ad avvertire il prurito.
La signorina Lasko ha appena aperto una bottiglia di whisky. L’ha portata al naso. Ha sentito il profumo delizioso. L’ha abbassata verso la bocca. Ma le labbra erano cucite.
Udiva la maestra piangere attraverso i punti. Non aveva molto tempo. Camminava in quel bosco bellissimo. I rami gli accarezzavano le spalle. Gli scompigliavano i capelli. Con gentilezza, gli davano dei colpetti per farlo proseguire lungo il sentiero.
«Mamma?» urlava la signora Collins. «Mamma?! Perché non mi lasci entrare in cucina, adesso? L’avevi promesso! Ti prego! Fa così freddo!»
Andò avanti, zoppicando. Abbassò gli occhi e vide delle impronte. Erano tutte diverse. Piedi di uomini e donne, bambini e bambine. Diventavano sempre più piccole. Gli esseri umani stavano scomparendo.
«Mamma?» urlava Brady Collins. «Mamma?! Perché non mi lasci entrare in cucina, adesso? L’avevi promesso! Ti prego! Fa così freddo!»
Superò il ponticello. Sentì qualcosa finire in acqua, dalla parte reale, con un poderoso splash.
Jenny Hertzog ha spinto il suo fratellastro nel torrente per farlo annegare. Non capiva perché il letto del ruscello fosse diventato il suo letto. «Mamma! Ti prego! Fallo smettere!»
Christopher guardò il ponte. Toccava a lui, adesso. Doveva salvare Jenny. E tutti gli altri. Il rumore delle cadute in acqua diventava sempre più forte.
L’anziana che vive sull’altro lato della strada è appena andata a nuotare con il marito, ma non capisce perché lui si stanchi di continuo. «Devi nuotare, tesoro! Ti prego! Oh, Dio! Sta annegando!»
Sapeva di dover sconfiggere l’uomo gentile, altrimenti quella sarebbe stata l’eternità per il mondo. Le persone nella radura si sarebbero incolpate a vicenda. Si sarebbero rivoltate l’una contro l’altra. Lui, l’uomo gentile, le aveva radunate tutte quante perché giocassero a una guerra di conquista. Tra due schieramenti. Le tribù si potevano ricavare anche da una cosa banale come le squadre sportive. Sarebbe cominciata lì, nella radura. Un tizio avrebbe colpito un vicino. E questi avrebbe avuto un cugino che si sarebbe unito alla rissa. E così via. Finché tutti non avessero avuto una madre, un padre, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio o una figlia che avevano subito un torto da una madre, un padre, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio o una figlia di un altro. E le due fazioni avrebbero cominciato a battersi per non fermarsi più. Non sarebbero mai morte. Non avrebbero mai ascoltato. Avrebbero continuato a sanguinare e basta. L’Inferno sarebbe giunto sulla Terra.
Guardò davanti a sé, soffermandosi sui fiori che cingevano il sentiero che conduceva fuori dal bosco.
Raggiunse la strada.
Si fermò un momento, quando lo vide. Il suo quartiere. La sua casa. La casetta di legno. Il vicolo cieco dove la deliziosa nebbia della notte si mischiava alla rugiada mattutina. Tutto quanto tentava disperatamente di avere un aspetto allegro e felice, nonostante fosse arso dal fuoco. Udì grida soffocate dalle case. Erano ancora migliaia intrappolati dietro i punti dati con l’ago. E si sforzavano di sembrare allegri.
«È tornato! È qui! Ciao, Christopher!»
Vide l’uomo con la divisa da Girl Scout inclinare la visiera da softball. La coppia che emetteva dei versi deliziati mentre continuava a baciarsi, fino a quando i loro denti non finivano sull’asfalto come sassolini. Le persone-cassetta stavano l’una accanto all’altra, come passeggeri stipati nei vagoni di un treno. Senza porte. Senza seggiolini. Senza speranza. La via si allungava all’infinito e le persone-cassetta la fiancheggiavano, tenendo ciascuno al proprio posto, mentre i condannati lanciavano sempre quel grido, da dietro i loro sorrisi.
«Fallo smettere! Ti prego, Dio!»
Solo una persona non sorrideva. Era distesa sul prato, accanto alla strada. Aveva mani e piedi legati. Ed era circondata dai cervi.
La signora che sibilava.
«Non sei sulla strada», gli disse sconfitta.
Lui entrò nel vicolo cieco e i cervi cominciarono ad accerchiarlo come un serpente che si avvolge attorno al suo piccolo. Una figura coperta da un sudario andò verso di lui. Gli tese la mano. Poi, lentamente, si spogliò della sua ombra, come fanno le persone normali con i vestiti al termine di una lunga giornata.
Era l’uomo gentile.
Aveva un aspetto talmente bello. Pulito. Era un uomo affascinante in abito grigio. E il suo sorriso era così gradevole. La bocca piena di dentini da latte.
«Ciao. Mi dispiace, ma adesso devi ucciderla. è oRa.»
Christopher lo guardò. Non era armato. Aveva solo quella sua piacevole espressione. E gli rivolse un cenno paterno.
«perché dio È un assassino.»