18

«Stasera non mi va di giocare» comunicò Angela al telefono. «Ho freddo e forse sto covando un raffreddore.»

Poco prima, quasi non l’aveva riconosciuto.

«Ti parlo con la mascherina» avvertì il commissario. «Ci hanno imposto la museruola.»

«La tua indole anarchica salta sempre fuori. E pensare che sei un poliziotto!»

«Ci limitano la libertà e ci mettono il bavaglio: non è necessario essere anarchici per trovare tutto ciò insopportabile.»

«È a fin di bene. E poi chi ti dice che non mi sia presa anch’io il covid?»

«In quel caso direi che è da un mese che non ci vediamo.»

«Saresti uno stronzo.»

«Mi ci vedi due settimane in casa isolato? Preferirei che mi sparassero un colpo subito.»

«Non fare il tragico. Che intenzioni hai stasera?»

«Zero idee eccetto andare a zonzo. Ma senza di te non ci sarà gusto.»

«Palle! Starai benissimo. Perché non passi da Ferrari? Ha sempre cose da dirti.»

«Te lo ha chiesto lui?»

«No, è un suggerimento, visto che magari ti annoi.»

«Dovrei crederci? Come puoi sapere se ha cose da dirmi?»

«Intuito femminile. Ma fai tu.»

Si salutarono e il commissario si avviò alzandosi il bavero per ripararsi dalla brezza che produceva strane danze della nebbia, figure che comparivano e si dissolvevano come pensieri notturni. Camminò dentro quella pantomima di spettri fino a che intravvide Barriera Bixio, nient’altro che una fotografia sgranata in bianco e nero. Suonò e salì da Ferrari. Artenice gli aprì avvolgendolo nel suo silenzio, mentre il fratello sembrava l’aspettasse. Era seduto in salotto su una poltrona coi braccioli lisi e anneriti che aveva un drappo all’uncinetto sul bordo dello schienale.

«Le strade sono deserte, vero?» domandò l’uomo con rammarico. «La città dev’essere bellissima senza un’anima in giro.»

«La paura trattiene molti in casa» convenne Soneri.

«Mi dispiace per la situazione in cui si trova» proseguì Ferrari.

«La sua è molto peggio» replicò il commissario ancora una volta stupito della serenità con cui l’uomo ignorava i suoi guai.

«Rispetto a lei ho il vantaggio di essere credente e di considerare tutto relativo, in questo mondo.»

«È un bel vantaggio» convenne Soneri. «In effetti è stato salvato dalla Provvidenza, tempo fa.»

Ferrari ci pensò su per qualche istante.

«Allude alla mia malattia?»

«Al trapianto.»

«Quindi avete fatto un’indagine anche sul passato» constatò l’uomo. Che poi cambiò discorso: «Dovrebbe credere più nel prossimo e nella bontà che vive in questo mondo. Non c’è solo la parte cattiva».

«Da omicida lei ne fa parte» osservò crudamente Soneri.

«Già» constatò malinconicamente Ferrari. «Il male e il bene vivono abbracciati dentro di noi. Nessuno è completamente buono né completamente cattivo. Compresi i Santi e i Diavoli.»

«Quando ha subito il trapianto?»

«Dodici anni fa: ero spacciato, una leucemia mi stava divorando.»

«Chi è il donatore?»

«Non lo so. C’è una banca del midollo per questo. Come mai le interessa tanto sapere dei miei trascorsi di salute?»

«Mi hanno sempre affascinato le storie di salvazione.»

«Ci si trova tanta bontà. Persone che spendono un po’ di se stesse per gli altri.»

«Qualcuno le ha restituito la vita, ma lei l’ha tolta a un altro» sottolineò il commissario.

«Una reazione istintiva di fronte alla malvagità. Siamo così vulnerabili che basta un attimo. Ma proprio la mia reazione dimostra che la malvagità non ci appartiene davvero. È una frustrazione che la scatena. Lei crede il contrario?»

«Non lo so, ma è utile pensarlo. Così si prendono precauzioni e si sta più sicuri.»

Come fosse una pièce teatrale, Artenice irruppe a un certo punto con il solito cabaret ossidato e sopra un paio di bicchieri. Contenevano un liquore scuro che poteva sembrare Marsala. Tutto in quella casa osservava un rituale tale e quale una messa.

«Ci si mette al riparo dalle delusioni, è vero» riprese Ferrari. «Ma si perde ogni incanto. È come sopprimere il desiderio per non soffrire della disillusione. Invece io dico che è necessario vivere la meraviglia di un dono. Fosse anche uno solo.»

«Chissà che desiderio inseguiva James» buttò lì di proposito Soneri.

«Nessuno. Quello non ne aveva. Sta proprio in questo la sua abiezione.»

«Ne è sicuro? O vuole solo giustificare il suo gesto?»

«Se non hai idealità o anche uno straccio di obbiettivo, rincorri tutto come fanno i bambini coi giocattoli. Lui è rimasto un bambino e gli altri son diventati giocattoli per lui.»

«Lo conosceva così bene?»

Ferrari fece un gesto per dire che ne sapeva anche troppo.

«Le ho detto a cosa servivano i soldi che mi ha rubato, no?»

Il commissario assentì, ma l’uomo proseguì ugualmente.

«Per una scuola e un piccolo ospedale ad Adua» ripeté. «A quei bambini che muoiono per strada basterebbe una pillola da pochi centesimi, capisce? Lui ha sperperato quei soldi per comprarsi qualche puttana, cene lussuose e la cocaina. Avremmo potuto salvare centinaia di vite che sono state sacrificate per futilità» alzò la voce Ferrari.

Soneri si trovò improvvisamente di fronte a un’esplosione di rabbia che lo sorprese. Poteva essere lo stesso sbocco d’ira che l’aveva indotto a sferrare le coltellate a Malvisi. Forse era un caso di bipolarità.

Subito dopo, attratta dal tono di voce, comparve la sorella sulla soglia del salotto. Dava l’idea di un’infermiera che accorre al capezzale di un malato allarmata da un lamento.

«Era il mio desiderio. Ridare la vita a qualcuno come atto di riconoscenza verso chi l’aveva ridata a me. Quello…» Ferrari si interruppe prima di qualificare Malvisi, ma subito dopo riprese saltando l’aggettivo.

«Quello ha ucciso centinaia di bambini. Io ho ucciso lui, ma solo perché ha commesso un delitto molto più grande. Con una bottiglia del suo vino o un tiro del suo naso, avrei salvato dalla morte una classe intera di bimbi di una scuola che non s’è potuta costruire» ribadì Ferrari alzando di nuovo la voce.

Artenice gli si piazzò di fianco e gli pose una mano sulla spalla. Lui sollevò lo sguardo su di lei e solo in quel momento il commissario si rese conto delle lacrime.

«Capisco» disse Soneri, «ma nessuno può diventare giudice e condannare a morte un altro. Nessuno più di un credente deve sapere queste cose. E ancora prima che glielo imponga un codice.»

«Vuole che non lo sappia? So di avere commesso un peccato gravissimo, più grave del reato.»

«Adesso è pentito?»

Ferrari lo fissò con uno sguardo limpido che pareva scaturire da una convinzione definitiva.

«Dovrei esserlo, ma non ci riesco. E il pentimento uno non può imporselo.»

«Non le passa la rabbia…»

«Prego, cerco di redimerla, ma poi riesplode come un fuoco subdolo. Dentro di me c’è una rissa tra ciò che vorrei essere e ciò che sono.»

«Forse ha messo in gabbia per troppo tempo se stesso. Le idealità sono tirannie di fronte alle quali ci si sente sempre inadeguati. Finiscono per far deflagrare gli istinti.»

Ferrari sembrò meditare. Poi riprese a parlare di scatto.

«Malvisi gli istinti non li frenava di certo.»

«Chi nasce ricco è portato a pensare che la sua sia una condizione immutabile.»

«A volte sono sul punto di pentirmi quando penso che in fondo, benché nato ricco, era un povero Cristo fragile e insicuro. Ma poi mi ricordo la sua arroganza e tutte le mie buone intenzioni sfumano» confessò l’uomo.

«Fragile?» si stupì il commissario.

«Ma sì» disse Ferrari annuendo. «Gli è morta la madre a tre anni, lo sapeva?»

«Sì, sapevo che Venanzio era vedovo. È strano che non si sia risposato. Uno col suo patrimonio avrà avuto la fila.»

«In un certo senso si è risposato.»

«Mi è sfuggito qualcosa? Con chi?»

«La sua segretaria, la Mariani.»

Soneri fu dapprima stupito e subito dopo aggredito dalla rabbia. Gli pareva di essere costantemente anticipato e sopraffatto dagli accadimenti. Annaspava ignaro sentendosi trascinare dagli accadimenti come fosse al guinzaglio, quando avrebbe dovuto essere lui a condurre le danze. Cominciava a dubitare di se stesso e a sentirsi fragile, stretto tra un caso che si era risolto già al momento in cui si era rivelato e la beffa di un truffatore seriale.

«Gli è stata fedele per quarant’anni e credo fosse innamorata da subito di lui. Quando la moglie è morta lei ha provato a prendere il suo posto» lo informò Ferrari.

«Però non l’ha mai sposata. Avrebbe potuto.»

«Venanzio aveva mille remore. Non ultima l’appartenenza sociale. Frequentava nobili e industriali, sposare la segretaria era come celebrare un matrimonio morganatico.»

Il commissario ebbe un moto di disapprovazione.

«Così andavano a letto di nascosto? Pensavano che in una città come Parma nessuno lo sapesse?»

«Cosa facessero realmente non lo so. Il loro rapporto era ambiguo e si prestava a tante interpretazioni. Ma mi pareva un po’ puerile tentare di salvare l’immagine dandosi del lei in pubblico. Tutti sapevano che James è stato allevato dalla Mariani e per Venanzio ha rappresentato un gran sollievo visto che il suo unico interesse erano gli affari. Da solo non avrebbe mai potuto sfangarsela con un figlio piccolo.»

«Credo che quella donna non ci sia più tanto con la testa» avvertì Soneri.

«Ci ha parlato?»

«No. Per ora credo che mi sia più utile osservare i suoi comportamenti. Sono piuttosto bizzarri. Di sera sale su un autobus e gira tutta notte.»

Questa volta fu Ferrari a mostrarsi stupito.

«Povera donna, ha trascorso una vita da gregaria al servizio di un uomo che forse non sapeva che farsene del suo affetto.»

Soneri guardò l’ora e nello stesso istante provò il desiderio di ritornare dentro il guscio di nebbia che l’aspettava oltre il portone. Si alzò approfittando di una delle pause meditative di Ferrari, salutò e si avviò in corridoio. Artenice gli fu immediatamente a fianco sbucando dalla cucina con misteriosa sincronia. Lo accompagnò alla porta, stando un passo dietro, e quando fu per uscire parlò ancora: «Mio fratello si è sempre sacrificato per gli altri». Poi chiuse precipitosamente, quasi temesse una replica.