27

«La sa l’ultima?» domandò Juvara appena Soneri entrò in ufficio.

Il commissario gli rivolse un cenno interrogativo.

«Capuozzo s’è preso il covid.»

«Vedi che faccio bene a girargli alla larga.»

«Il fatto è che alla conferenza stampa erano almeno in trenta. I giornalisti per primi sono stati messi in quarantena.»

«Un attentato alla libertà di stampa» sorrise Soneri. «Adesso a chi spiffereranno Magliaro e Calabritti?»

«Anche mezza questura è in isolamento. Negli uffici stamattina non si trovava nessuno.»

«C’è da capirlo, Capuozzo: era il suo momento di gloria e riscatto. Poteva mancarlo? Una foto in prima pagina e un’intervista tossicchiante valgono bene un covid.»

«È a casa anche Pasquariello.»

«Comunque staremo in pace» concluse il commissario pensando alle giornate sgombre che si profilavano. Questa previsione lo allettava e l’angosciava al tempo stesso. Lasciare correre i pensieri come in un adolescenziale ozio estivo lo attraeva, ma il vuoto del disimpegno induceva l’idea dell’inutilità riproponendo lo spettro dello scivolare degli anni simile a un dormiveglia.

«Domani c’è l’interrogatorio di Zerbini» gli rammentò l’ispettore.

Se n’era completamente dimenticato.

«Ha chiamato la Falchieri per ricordarglielo» aggiunse Juvara.

Soneri registrò l’informazione e rimase in silenzio. Firmò alcune carte rimaste ad aspettare dal mattino, poi prese il cappotto e uscì. Faceva già buio. Gli piaceva quell’ora della sera in cui la città brulicava di gente che usciva dal lavoro ed entrava nei negozi ancora aperti per comprarsi la cena o si fermava nei bar per l’aperitivo. Aleggiava un sollievo di vacanza prima dell’assopimento delle notti feriali, dove l’assenza lasciava parlare il silenzio delle pietre, il loro trasudare bellezza.

Angela lo abbracciò prima ancora di chiudere la porta di casa.

«Non avrai il covid anche tu come Capuozzo?»

«Tampone negativo. Domani torno in tribunale e sventolo il risultato in faccia ai miei colleghi.»

«La tua voce ancora nasale li farà girare al largo. Vorrei che fosse sempre così» auspicò Soneri.

All’improvviso, Angela girò alle sue spalle e gli posò entrambe le mani sulla schiena spingendolo in camera. Una volta dentro, gli balzò davanti ponendosi tra lui e il letto. Quindi, con una mossa fulminea, gli si attaccò al collo abbracciandolo in una presa di lotta e col peso del suo corpo se lo tirò addosso sul materasso.

Fecero l’amore con un impeto quasi rabbioso.

«L’astinenza ti fa bene» si complimentò lei alla fine.

«A questa età c’è il rischio che ti faccia appassire.»

«Basta usare spesso gli strumenti» ridacchiò Angela. «Vanno tenuti sempre ben unti.»

In tavola, il commissario trovò lasagne vegetali con ripieno di carote, cicoria ed erbette.

«Sarà, ma i piatti dove non c’è qualcosa di maiale e almeno una sverniciata di burro sanno sempre di ospedale» stabilì.

Si consolò con la Bonarda che aveva il colore del sanguinaccio. L’assaporava godendone il sapore lievemente fruttato. Gli ricordò il corpo solido, caldo e accogliente della compagna, prolungando la sensazione di piacere che aveva provato.

«Sei stato da Ferrari?» chiese improvvisamente Angela.

La domanda troncò quel piacere.

«Nel primo pomeriggio. Ti ha avvertita?»

«No» replicò lei vaga.

«Artenice è una tipa strana, sfuggente.»

«Ho idea che sia innamorata del fratello.»

«Mi chiama da fuori casa, si sentono rumori di strada… Dov’è che se ne va nei pomeriggi?»

Angela alzò le spalle per dire che non lo sapeva, ma risultò evasiva. Soneri la guardò per qualche istante di troppo, al punto da suscitare la sua reazione: «Che c’è?».

«Perché Ferrari insiste nel volermi parlare?» chiese allora il commissario.

«Credo che voglia giustificarsi. Il delitto gli pesa, e raccontarti le ragioni che l’hanno indotto lo allevia.»

«Bazzica coi preti, si scelga un confessore.»

«Non è la stessa cosa. Tu hai condotto l’indagine. Tu sei l’accusa ed è di fronte a te che vuole giustificare il suo gesto. Fa appello alla tua sensibilità.»

«È tutto strano in questa storia…»

«Se non vuoi più ascoltarlo, declina gli inviti.»

Il commissario rifletté per qualche istante.

«Se ci vado è solo per curiosità» disse.

«Quello che ti incuriosisce è proprio ciò che lui vuole raccontarti.»

«La malvagità? No, la conosco bene.»

«E allora?»

«C’è qualcosa di rituale in questi appuntamenti. Tutto si svolge in una sorta di cerimonia dove io sembro l’accusato. Oppure il latore di un ordine che scambia vittima e carnefice. In definitiva, uno sciocco illuso.»

«Ferrari ha una fede incrollabile e come tutti i radicali pensa che gli altri stiano sbagliando» considerò Angela.

«Sono io a essere convocato in quella casa lugubre come un tribunale» proseguì Soneri, «sono io che ascolto racconti simili a istruttorie. E alla fine vengo licenziato e ricondotto alla porta da quella specie di silenzioso agente che è Artenice.»

Angela rise per quella descrizione.

«E tu non sai niente di tutto questo?» chiese il commissario di colpo sospettoso.

«So come si comportano quei due» reagì sorpresa lei non riuscendo a dissimulare un lieve fastidio.

Il commissario la scrutò e non disse niente, ma il suo sguardo perplesso non sfuggì alla compagna.

«In questo momento stai facendo il commissario con me.»

«E tu l’avvocato?»

«Senti, Franco, stiamo giocando o cosa?» domandò lei indurendo la voce.

Quando Angela lo chiamava per nome, o era per tenerezza o per rimprovero. E questa volta, di tenerezza non c’era nemmeno l’ombra.

«Non faccio il commissario, voglio solo capire» precisò Soneri.

«Abbiamo sempre rispettato i nostri ambiti, no? Dobbiamo essere grati alle nostre professioni che ci hanno fatto conoscere, ma sarebbe reciprocamente irrispettoso se ne forzassimo i confini» spiegò Angela.

«Vuol dire che c’è qualcosa che tu sai e non vuoi dirmi» dedusse il commissario.

«Ma di questo caso sai tutto! L’hai detto tu che Ferrari ti ha spiazzato, tanto che ti è sembrato conducesse lui l’indagine: assassino e inquirente al tempo stesso.»

«Stiamo parlando del lato umano extragiudiziario. O mi sbaglio?»

Angela restò in silenzio troppo a lungo per non parere in imbarazzo.

«Questo caso ci ha portati troppo vicini in tribunale. Avrei dovuto declinare l’incarico. Se ho continuato è perché il mio ruolo era puramente formale. E tu mi hai chiesto di restare.»

«Vicini? Invece ci sta allontanando» constatò Soneri.

«Stai esagerando. Stimeresti un avvocato che venisse meno ai suoi doveri?»

«No, e per questo stimo te tra i tanti colleghi corrotti e marci che hai. Ma questa stima ha il prezzo di renderci parzialmente estranei.»

«Solo in ambito professionale» sussurrò Angela con dolcezza.

«Forse non solo» meditò il commissario. «Rimane sempre un lato imperscrutabile anche nelle persone che si amano.»

«È quello che le rende più attraenti» cercò di convincerlo lei.

Soneri non replicò. Restò insabbiato in un silenzio dubbioso e il resto della serata si trascinò tra discussioni neutre, talvolta superficiali, sulla pandemia e su Capuozzo nei panni dell’untore capace di azzoppare la questura e la stampa cittadina. Prima di mezzanotte, il commissario si alzò da tavola con un gesto che equivaleva a un commiato. Angela si alzò a sua volta senza provare a trattenerlo. Una piccola commedia che manifestava la freddezza tra loro. O forse un lieve rancore.