Austria, 1939

IL mattino in cui Elena scomparve, Kristoff non riuscì a scaldarsi. Tremò per ore, continuando a battere i denti anche dopo aver acceso il fuoco, avere indossato abiti più caldi ed essersi avvolto nelle coperte.

Aveva trovato una lettera nella neve ai margini del bosco, poco prima della radura, e dopo ore la stringeva ancora in mano… era l’ultima cosa che Elena aveva toccato. La tenne stretta finché il sudore non impregnò la busta, riducendo a brandelli la carta. Ormai non la si poteva più spedire. Aveva sprecato un francobollo prezioso. Ma non gli importava. Non gli importava né dell’Austria, né dei nazisti né dei loro francobolli. E nemmeno della destinataria di quella lettera, per la quale avevano fabbricato nuovi documenti. Non gli importava d’altro che di Elena. Alla fine gettò la busta nel fuoco e la bruciò, francobollo e tutto.

Uscì alla ricerca di Elena più e più volte, perlustrando il bosco per ore, fino a non sentire più le dita dei piedi. Al rientro sperava sempre di essersi sbagliato e di trovarla in cucina a impastare il pane e a ridergli in faccia dicendo: Sciocco che non sei altro, Kristoff, non mi sono mai mossa da qui! Invece trovava la casa vuota. Elena non c’era più.

Raggiunse la fattoria dei Bauer per avere aiuto da Josef, ma la trovò abbandonata. Malgrado le luci accese e la porta d’ingresso aperta, dentro non c’era nessuno. Era sparito anche lui. Kristoff temette che come lei fosse stato catturato dai nazisti. Sapeva che era solo questione di tempo perché i tedeschi scoprissero quello che aveva fatto e venissero a cercare anche lui. Ma non gli importava. Senza Elena, non provava quasi più niente, ormai.

Trascorse due giorni e due notti da solo a sognare di lei. Si svegliava con la sensazione di averla accanto. Come se fosse ancora lì, da qualche parte. Cominciò a credere che fosse ancora viva. Una come Elena, si diceva. Così forte. Se i tedeschi l’avevano portata in un campo di lavoro, magari sarebbe riuscita a fuggire e a trovare il modo di tornare da lui. Perciò non si sarebbe mosso da lì. Sarebbe rimasto ad aspettarla.

Poi, però, a notte fonda udì dei colpi alla porta e la voce aspra e rabbiosa di Herr Bergmann che gli gridava di aprire. E capì di dover fuggire subito, altrimenti sarebbe morto anche lui. Ripensò alla raccomandazione di Josef di non fare stupidaggini. E decise che non voleva morire.

Uscì di corsa dalla porta sul retro ed entrò nel laboratorio, scostò le assi del pavimento e vi si nascose sotto. Qualche minuto dopo sentì venire da sopra dei rumori attutiti. Elena doveva aver avuto una paura matta tutte le volte che si era nascosta là sotto, anche se non glielo aveva mai confessato. Si sarebbe messo a urlare al pensiero di lei, terrorizzata e sola… ma non poteva fare il minimo rumore. Udì i passi di Herr Bergmann, la sua voce che lo chiamava. Poi qualcun altro che diceva: «Er ist weg». Se n’è andato. Si rannicchiò sotto il pavimento, senza osare muoversi né respirare. Scese il silenzio e pensò che avessero rinunciato a cercarlo e se ne fossero andati. Ma non si azzardò a scostare le assi finché non sentì odore di fumo. Quando si alzò, vide le fiamme levarsi dal tetto della casa.

Allora afferrò solo i francobolli, i documenti falsi e la busta contenente i Reichsmark e fuggì verso il bosco, senza arrischiarsi a rientrare in casa per prendere un cambio d’abiti, una fetta di pane o il suo blocco da disegno dalla mansarda.

Aveva promesso a Elena che sarebbe andato in America a cercare Frederick anche senza di lei. Si sarebbero incontrati là. Ne era convinto. E avanzava ripetendoselo di continuo, le parole che gli riecheggiavano dentro come un coro.

Non avendo Schwann ad accompagnarlo, camminò senza sosta. Alla fine ottenne un passaggio da un contadino per una parte del tragitto e poi salì su un treno. Anche se non era ebreo e nessuno sapeva che aveva complottato contro i nazisti, impiegò comunque due settimane per raggiungere Brema. Una volta là, spese quasi tutto il denaro che aveva per acquistare un biglietto per la nave che di lì a due settimane sarebbe salpata per l’America, e con il resto dei soldi si pagò una stanza vicino al porto.

Trascorse notti inquiete a sognare ancora di Elena. Sognava di averla al fianco, e ogni volta si svegliava disperato avvedendosi di essere irrimediabilmente solo.

Decise di scriverle una lettera da spedire con il loro francobollo prima della partenza. Se mai Elena fosse tornata per scoprire che la casa era in cenere e lui era sparito, avrebbe trovato quella busta ad attenderla all’ufficio postale.

Amore mio,

ti scrivo questa lettera da Brema dove, rispettando il tuo desiderio, salperò per l’America la prossima settimana. Una volta là, troverò Gideon Leser e tuo padre, e spero che anche tu riesca presto a fare altrettanto. Confido di rivederti in America, così potremo stare insieme come ci siamo ripromessi e vivere in una casetta sul mare. Voglio trascorrere con te il resto dei miei giorni… anzi, tutte le ore e i minuti della mia vita. È stata una tortura non vederti in queste ultime settimane; resisto solo chiudendo gli occhi e immaginando di averti ancora accanto. Tu sarai sempre con me.

Spero che tu sia sana e salva e che presto leggerai questa lettera. Detesto l’idea di andarmene da solo, ma non potevo restare. I tedeschi ci hanno scoperti. Sono venuti a cercarmi e hanno distrutto la casa. Quel posto era troppo pericoloso. Avremmo dovuto lasciarlo settimane fa. Mi sembra di tradirti a partire senza di te, ma proprio non so che altro fare. Del resto è questo che desideravi per me.

Vorrei tanto che mi avessi svegliato prima di andartene, quella mattina. Almeno avrei potuto dirti addio. Baciarti un’ultima volta. Ma so che gli addii non ti piacciono.

E io non ti dirò mai addio. Soltanto arrivederci a presto. Perché so che ti rivedrò.

Con tutto il mio amore,

Kristoff

Kristoff andò all’ufficio postale per spedire la busta prima di salpare per l’America, ma giunto lì non trovò il coraggio di entrare.

Immaginò che la lettera sarebbe stata letta dai tedeschi e poi distrutta. Aveva il sospetto che, se Elena era in mano loro, se era ancora viva, quello scritto potesse peggiorare la sua situazione.

Così infilò la busta nella tasca della giacca e si ripromise di spedirla una volta arrivato in America, a guerra finita.