Benigna volontade in che si liqua →
sempre l’amor che drittamente spira,
come cupidità fa ne la iniqua,
4 silenzio puose a quella dolce lira, →
e fece quïetar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
7 Come saranno a’ giusti preghi sorde →
quelle sustanze che, per darmi voglia
ch’io le pregassi, a tacer fur concorde?
10 Bene è che sanza termine si doglia
chi, per amor di cosa che non duri
etternalmente, quello amor si spoglia.
13 Quale per li seren tranquilli e puri →
discorre ad ora ad or sùbito foco,
movendo li occhi che stavan sicuri,
16 e pare stella che tramuti loco,
se non che da la parte ond’ e’ s’accende
nulla sen perde, ed esso dura poco:
19 tale dal corno che ’n destro si stende →
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;
22 né si partì la gemma dal suo nastro,
ma per la lista radîal trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.
25 Sì pïa l’ombra d’Anchise si porse, →
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s’accorse.
31 Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui;
poscia rivolsi a la mia donna il viso, →
e quinci e quindi stupefatto fui;
34 ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.
37 Indi, a udire e a veder giocondo,
giunse lo spirto al suo principio cose,
ch’io non lo ’ntesi, sì parlò profondo;
40 né per elezïon mi si nascose,
ma per necessità, ché ’l suo concetto
al segno d’i mortal si soprapuose.
43 E quando l’arco de l’ardente affetto
fu sì sfogato, che ’l parlar discese
inver’ lo segno del nostro intelletto,
46 la prima cosa che per me s’intese,
“Benedetto sia tu,” fu, “trino e uno,
che nel mio seme se’ tanto cortese!”
49 E seguì: “Grato e lontano digiuno, →
tratto leggendo del magno volume
du’ non si muta mai bianco né bruno,
52 solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch’io ti parlo, mercé di colei
ch’a l’alto volo ti vestì le piume.
55 Tu credi che a me tuo pensier mei →
da quel ch’è primo, così come raia
da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei;
58 e però ch’io mi sia e perch’ io paia
più gaudïoso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
61 Tu credi ’l vero; ché i minori e’ grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;
64 ma perché ’l sacro amore in che io veglio
con perpetüa vista e che m’asseta
di dolce disïar, s’adempia meglio,
67 la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontà, suoni ’l disio,
a che la mia risposta è già decreta!”
70 Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
pria ch’io parlassi, e arrisemi un cenno
che fece crescer l’ali al voler mio.
73 Poi cominciai così: “L’affetto e ’l senno,
come la prima equalità v’apparse,
d’un peso per ciascun di voi si fenno,
76 però che ’l sol che v’allumò e arse,
col caldo e con la luce è sì iguali,
che tutte simiglianze sono scarse.
79 Ma voglia e argomento ne’ mortali,
per la cagion ch’a voi è manifesta,
diversamente son pennuti in ali;
82 ond’ io, che son mortal, mi sento in questa
disagguaglianza, e però non ringrazio
se non col core a la paterna festa.
85 Ben supplico io a te, vivo topazio
che questa gioia prezïosa ingemmi,
perché mi facci del tuo nome sazio.”
88 “O fronda mia in che io compiacemmi →
pur aspettando, io fui la tua radice”:
cotal principio, rispondendo, femmi.
91 Poscia mi disse: “Quel da cui si dice →
tua cognazione e che cent’ anni e piùe
girato ha ’l monte in la prima cornice,
94 mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l’opere tue.
97 Fiorenza dentro da la cerchia antica, →
ond’ ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.
100 Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.
103 Non faceva, nascendo, ancor paura →
la figlia al padre, ché ’l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.
106 Non avea case di famiglia vòte;
non v’era giunto ancor Sardanapalo →
a mostrar ciò che ’n camera si puote.
109 Non era vinto ancora Montemalo →
dal vostro Uccellatoio, che, com’ è vinto
nel montar sù, così sarà nel calo.
112 Bellincion Berti vid’ io andar cinto →
di cuoio e d’osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza ’l viso dipinto;
115 e vidi quel d’i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
118 Oh fortunate! ciascuna era certa →
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.
121 L’una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l’idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;
124 l’altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia →
d’i Troiani, di Fiesole e di Roma.
127 Saria tenuta allor tal maraviglia →
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia.
130 A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida
cittadinanza, a così dolce ostello,
133 Maria mi diè, chiamata in alte grida;
e ne l’antico vostro Batisteo →
insieme fui cristiano e Cacciaguida.
136 Moronto fu mio frate ed Eliseo; →
mia donna venne a me di val di Pado, →
e quindi il sopranome tuo si feo.
139 Poi seguitai lo ’mperador Currado; →
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.
142 Dietro li andai incontro a la nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa d’i pastor, vostra giustizia.
145 Quivi fu’ io da quella gente turpa
disviluppato dal mondo fallace,
lo cui amor molt’ anime deturpa;