Settembre 1813
I raggi del sole autunnale inondavano il salottino di Westram Cottage. Lady Petra guadava fuori dalla finestra. Sotto il cielo azzurro una brezza leggera accarezzava le foglie di una quercia nelle vicinanze e faceva annuire i boccioli delle rose rosse lungo il sentiero che conduceva alla porta d'ingresso. Pomeriggio perfetto per una cavalcata, ammesso che si possedesse un cavallo.
Sospirò e tornò alla sua poltrona. Raccolse il ricamo a cui aveva lavorato fino a poco prima, un fazzoletto per suo fratello Red, il Conte di Westram. Che noia! Lo lasciò cadere e si alzò per raddrizzare il ritratto della madre, sulla parete di fronte.
«Petra» disse sua sorella maggiore, Lady Marguerite Saxby. «Per favore, smettila di gironzolare. Mi dai le vertigini.»
Contrita, Petra si voltò. «Mi dispiace, non volevo disturbarti.»
I capelli ramati e gli occhi verdi, Marguerite sedeva alla scrivania, intenta a sbrigare la corrispondenza. Come sempre, le sue trecce abbondanti erano fissate in modo severo sotto la cuffia da vedova. Restituì il sorriso a Petra, ma i suoi occhi rimasero tristi. Marguerite era sempre triste, da quando era rimasta vedova.
Petra aveva il medesimo aspetto? Si avvicinò allo specchio sopra il caminetto e sbirciò il suo riflesso. A differenza dei suoi fratelli, lei somigliava alla madre, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Anche lei aveva un'espressione triste?
Chiuse gli occhi di fronte al suo riflesso, rifiutandosi di riconoscere la mestizia. A ogni modo, forse avrebbe potuto ammettere il rammarico; dopotutto era parzialmente colpa sua se lei e Harry avevano litigato in modo tanto feroce.
I primi mesi di matrimonio erano stati molto felici per Petra. Era stato un colpo doloroso scoprire che Harry, già annoiato dalla nuova moglie, cercava intrattenimento altrove. Se lei fosse stata come gran parte delle mogli del ton e avesse ignorato le sue infedeltà, considerandole qualcosa che ogni marito alla moda si concedeva, le cose sarebbero andate in modo assai diverso. Ma per lei era stato tanto doloroso, che non aveva potuto tacere. E più si era lamentata, peggio si era comportato Harry finché, durante l'ultima lite, lei lo aveva accusato di non amarla più. Lui le aveva gridato che non l'aveva mai amata e l'aveva sposata soltanto su insistenza del padre.
L'aveva accusata di essere una ragazzina stupida che gli aveva rovinato la vita.
Il dolore l'aveva lasciata senza parole.
Un attimo dopo lui si era precipitato a combattere i francesi. La cosa peggiore era che aveva portato con sé il fratello e il cognato di Petra. Harry le aveva spezzato il cuore e la sua stupida ingenuità era costata alla sua famiglia un prezzo molto alto.
Voltò le spalle allo specchio.
«Non hai niente da rammendare?» le chiese Marguerite.
«Finito.»
«Il giardino non ha bisogno di cure?»
Petra scosse la testa. «Ogni volta che prendo una pala o strappo un'erbaccia, Jeb interviene. Sembra che Red sia stato molto chiaro riguardo a cosa una nobildonna dovrebbe o non dovrebbe fare. Mi manca quando creavamo cappellini.»
«Creane uno per te» suggerì Marguerite.
«Non è lo stesso. E comunque ho già più cappellini di quanti me ne servano. Mi sento così inutile.» Guadagnare grazie alla piccola modisteria che avevano avviato era stato emozionante, finché Red non le aveva costrette e smettere. Il conte era rimasto sgomento quando aveva scoperto che le sue sorelle si erano lanciate nel commercio.
Guadagnavano ancora qualcosa grazie ai cappellini che Marguerite disegnava, ma la manifattura era stata ceduta al nuovo proprietario quando avevano venduto l'attività. Le dame aristocratiche non si dedicavano al commercio.
Marguerite scorse la lettera successiva. «Carrie ci saluta e dice che il cane che Avery le ha comprato alla fine di novembre avrà una cucciolata. Chiede se ce ne interessa uno.»
«Adorabile! Dille di sì.»
Marguerite annuì. «Ti farebbe bene avere un po' di compagnia durante le tue passeggiate. Un cane mi sembra proprio quel che ci vuole.»
Petra la raggiunse alla scrivania per leggere da dietro la sua spalla. «Non dice di che razza sono? Spero non siano troppo grossi.»
«Glielo chiederò quando le rispondo. Hai ragione, non vogliamo un cane troppo grosso.» Posò la lettera e prese la successiva.
Petra si avvicinò al divano e si guardò le dita, strofinando i calli che i loro sforzi come modiste le avevano procurato. Stavano già svanendo.
Negli ultimi mesi erano cambiate molte cose. Carrie, la loro cognata rimasta vedova, si era risposata felicemente, mentre Petra e Marguerite continuavano a opporsi ai desideri del fratello e mantenevano la loro indipendenza. Nessuna delle due desiderava risposarsi. Di certo per Petra una volta era stata più che sufficiente. Nella sua esperienza gli uomini erano pronti a promettere la luna pur di ottenere ciò che desideravano, poi facevano quel che volevano loro. Quando aveva sposato Harry era poco più di una bambina con la testa piena di sogni. L'aveva ferita immensamente scoprire che lui l'aveva chiesta in moglie soltanto perché il padre aveva voluto imparentarsi con la nobiltà. Di certo non avrebbe commesso il medesimo errore una seconda volta.
Marguerite boccheggiò. «I Thrumby hanno venduto l'attività.»
«Cosa?» Petra si affrettò a tornare a leggere da sopra la spalla della sorella.
«Avery ha incluso un biglietto nella lettera di Carrie. Tieni, leggilo da te.»
Petra scorse il biglietto scritto con grafia maschile. I Thrumby avevano ricevuto un'offerta per la loro attività da parte di una concorrente di Bond Street e avevano accettato di vendere. La nuova proprietaria creava da sola i modelli dei suoi cappellini, pertanto quelli di Marguerite non sarebbero più serviti.
«Quantomeno continueranno a impiegare le signore del villaggio per realizzare i cappellini» disse Marguerite, la voce carica di rassegnazione. «La qualità del loro lavoro è eccezionale.» Rivolse a Petra un sorriso spento. «Tutto merito tuo, mia cara. Hai insegnato loro molto bene.»
«Accidenti. Non è giusto. Quel denaro ci serviva.» Si morse il labbro appena scorse l'espressione addolorata del viso di Marguerite. «Che cosa faremo ora? Suppongo che dovremo chiedere aiuto a Red.»
Marguerite scosse la testa. «No. Penseremo a qualcosa e, nel frattempo, saremo frugali.»
Erano già attente a ogni penny. «Vorrei poter aiutare di più.»
Marguerite arricciò le labbra. «Dovremo ridurre la carne. È troppo costosa.»
«Be', meglio che Red non venga a saperlo, oppure gli fornirà la scusa che cerca per rimetterci sul mercato dei matrimoni.»
Marguerite sbiancò. «Prima o poi verrà a saperlo di certo. Devo trovare un altro modo per rimpinguare il nostro reddito. A volte gli editori hanno bisogno di illustratori per i loro libri. Manderò loro qualche esempio dei miei disegni. Forse potrei usare un nom de plume.»
Petra annuì. «Buona idea.» Le venne in mente qualcosa che aveva visto dirigendosi al villaggio. «Che ne diresti se andassi a vedere se riesco a raccogliere un po' di more per fare la marmellata? Lo zucchero in dispensa non manca.»
Marguerite le sorrise, grata. «Idea eccellente. Una buona scorta di conserve ci aiuterà ad affrontare l'inverno.»
Non sarebbe stato sufficiente, Petra però aveva già un'altra idea. La campagna era piena di cibo a disposizione di chiunque, bastava sapere dove cercare. Le more erano soltanto l'inizio.
Pochi minuti dopo si era munita di un vecchio cappello di paglia, un grosso cesto di vimini e aveva coperto la sua mussolina primaverile più vecchia con un grembiule che aveva visto giorni migliori.
All'esterno una brezza fresca attenuava il calore del sole e Petra passeggiò lasciando oscillare il cestino finché raggiunse un cespuglio di more accanto alla strada. L'ultima volta che li aveva osservati, i rovi erano coperti di fiorellini bianchi, in quel momento i rami pungenti erano carichi di grappoli di frutti neri.
Sfortunatamente si trovavano dalla parte opposta di un fosso e crescevano sopra una siepe folta e troppo alta per lei.
Che scocciatura. Non le erano parsi tanto in alto quando era passata con il calesse.
L'altro lato del cespuglio cresceva in un campo appartenente alla tenuta dei Longhurst. Da quella parte le more erano facilmente raggiungibili anche per una persona della sua statura. Uno scavalcasiepe di legno a pochi piedi da lei offriva l'accesso ideale a campo e more.
A chi avrebbe potuto importare? Nessuno viveva a Longhurst da quando lei e le sue sorelle erano arrivate a Westram più di un anno prima. Stando ai locali, il nuovo conte era lontano, intento a combattere nella penisola iberica e non gli interessava un fico secco della tenuta. Di conseguenza, a nessuno sarebbe importato se si fosse introdotta nella proprietà. Inoltre, non era stato il conte a piantare i rovi di more, erano un dono della natura.
Dopo una rapida occhiata lungo la strada per assicurarsi che nessuno la vedesse, si sollevò le gonne del vecchio vestito blu e si arrampicò dall'altra parte.
Consapevole dei rovi che avrebbero potuto ridurle i vestiti a brandelli, si addentrò nel cespuglio usando il cestino come scudo. Ben presto quel cestino fu pieno di more lucide e divenne sempre più pesante. Una goccia di sudore le colò in un occhio e se la asciugò con un angolo del grembiule.
Raccolse una mora e se la mise in bocca. Mmh... deliziosa! E perfetta per la marmellata. Ne assaggiò un'altra, solo per essere sicura.
Il tintinnio dei finimenti di un cavallo e il respiro pesante dell'animale la fecero girare di scatto.
Un uomo alto con i capelli chiari e un'espressione divertita sul volto affascinante la guardava dal dorso di un enorme cavallo marrone. Si chinò in avanti e la squadrò dalla testa ai piedi. Il suo sguardo si soffermò sui piedi.
Petra abbassò lo sguardo. Avvampò appena scorse le calze scoperte e la giarrettiera intorno al ginocchio, dal momento che le sue gonne erano rimaste impigliate nei rovi quando si era voltata. Le liberò.
Quando tornò ad alzare lo sguardo, gli occhi azzurri dell'uomo brillavano e mostrava un sorriso fanciullesco incantevole. Il genere di sorriso che un uomo sfoderava nella certezza di essere perdonato da qualsiasi donna.
Il suo stomaco sfarfallò e Petra cercò di ignorare quella reazione. Harry le aveva rivolto il medesimo sorriso quando aveva cercato il suo perdono ogni volta che l'aveva tradita. Da nubile aveva adorato quel sorriso; come moglie aveva imparato a temerlo. Aveva imparato che significava che Harry aveva fatto l'ennesima conquista e cercava di convincerla che non significasse niente.
No, impossibile fidarsi dei sorrisi e delle promesse di un gentiluomo, per quanto affascinanti o sinceri sembrassero. Assunse un'espressione di fredda cortesia e fece una veloce riverenza. «Buon pomeriggio, signore.»
«Buongiorno a voi, ragazza.» La sua voce era profonda e ricca. «Posso chiedervi cosa state facendo?»
Ragazza? Il fastidio le irrigidì le spalle. «Cosa sembra che stia facendo? Raccolgo le more.» Accidenti, non avrebbe dovuto rispondere in modo tanto brusco.
«Le mie more» ribatté lui con un altro sorriso.
Oh. Petra trasalì. «In tal caso voi dovete essere Lord Longhurst.»
«Infatti.» Lui inclinò appena la testa.
Sembrava che il viaggiatore fosse tornato. «Ebbene, milord, questi frutti possono anche trovarsi sulla vostra proprietà, ma dal momento che sono cresciuti senza l'aiuto di un uomo né di una donna, si potrebbe argomentare che non abbiano alcun proprietario.»
Lui aggrottò la fronte. «Siete una dei miei fittavoli?»
Pensava che fosse la moglie di uno dei contadini che lavoravano le sue terre. Dannazione, doveva indossare la sua veste migliore per uscire a raccogliere le more? Per un momento fu tentata di stare al gioco, ma non conosceva quell'uomo né il suo carattere. A prima vista sembrava gradevole e affascinante, tuttavia Petra sapeva che era meglio non giudicare qualcuno in base alle apparenze o, quantomeno, ormai l'aveva imparato. Inoltre, sarebbe stato imbarazzante, quando lui avesse scoperto che gli aveva mentito. «No, sir, non sono una dei vostri fittavoli. Sono Lady Petra Davenport. Risiedo a Westram Cottage. Sono lieta di fare la vostra conoscenza, Lord Longhurst.» Fece una piccola riverenza. Sarebbe dovuta bastare come presentazione ufficiale.
Lui si tolse il cappello e le rivolse un altro sorriso accattivante. «Dunque siamo vicini. Vi prego, cogliete pure tutte le more che desiderate.»
Non gli aveva appena spiegato che non erano sue da offrire? Gli fece un sorriso dolce. «Come potete vedere, ho già preso tutte quelle che mi servono.» Si rabbuiò. «Inoltre, invece di andarvene a galoppare per la campagna e preoccuparvi per qualche dozzina di more, mi aspetterei che preferiste trascorrere il vostro tempo sistemando la vostra tenuta.» Indicò con un gesto gli acri di terra che le si estendevano di fronte.
L'espressione divertita svanì dal volto di lui. Oh, cielo. Perché non aveva tenuto a freno la lingua, pur sapendo di essere in torto? Se avesse saputo che Lord Longhurst aveva preso residenza nella tenuta, non si sarebbe mai introdotta nella sua proprietà. Aprì la bocca per scusarsi, ma lui la precedette con un sorriso e un inchino cortesi.
«Come dite voi, madam. In effetti c'è una quantità di lavoro che richiede la mia attenzione. Vi auguro una buona giornata.»
Incitò il suo cavallo a muoversi e l'animale, obbediente, partì al trotto. Cavallo e cavaliere si allontanarono con portamento magnifico e il suono degli zoccoli svanì in lontananza.
Da cavallerizza mediocre qual era, Petra non poté fare a meno di ammirare la sua abilità. A cavallo, inoltre, era molto bello. Prestante. Oh, no! Non intendeva pensare a lui in quei termini, si intimò. Era soltanto un nuovo vicino con il quale aveva appena fatto conoscenza.
Si allontanò a grandi passi dal cespuglio e sentì il suono inconfondibile del tessuto che si lacerava. Accidenti, il grembiule era rimasto impigliato tra i rovi e le sarebbe toccato rammendarlo. Se non altro avrebbe avuto qualcosa da fare, quando avesse finito di preparare la marmellata.
Si augurò che sarebbe stata tanto impegnata da dimenticare il suo volto e quel sorriso adorabile. Sorrisi come quello non causavano che guai, eppure sembrava che lei non avesse ancora imparato la lezione.
Santo cielo, avrebbe perfino potuto essere sposato. Un uomo non smetteva di essere affascinante con le donne solo perché era sposato. Petra lo sapeva fin troppo bene.
L'aveva chiamata ragazza! Un calore mortificato ardeva sulla nuca di Ethan. Come avrebbe potuto capire che era una nobildonna? Non un nastro o una balza, da nessuna parte. Aggrovigliata in un cespuglio di more, le gambe scoperte in modo tale che chiunque avrebbe potuto vederle, le labbra piene macchiate di succo rosso scuro, gli era sembrata una contadinotta disponibile pronta a rotolarsi nel prato.
Per fortuna non aveva ceduto all'impulso di baciare quelle labbra allettanti. Non che fosse qualcosa che era solito fare o pensare, ma nel caso di lei, per ragioni che gli sfuggivano, era stato molto tentato. Fortunatamente le repliche pungenti della nobildonna gli avevano ricordato che, per quanto attraente potesse apparire una fanciulla in disordine, Ethan era un ufficiale, un gentiluomo e un conte con doveri e responsabilità nei confronti del re, del suo Paese e del nome della sua famiglia.
A ogni modo, c'era davvero qualcosa di deliziosamente grazioso e attraente in lei. Trasalì. Si era meritato i suoi commenti taglienti quando lo aveva sorpreso a guardare le gambe snelle scoperte. In quel momento Ethan non aveva bisogno di aggiungere alla sua vita la complicazione di una giovane, nobile o plebea che fosse.
Tuttavia, che genere di nobildonna se ne andava a zonzo per la campagna a raccogliere more, senza nemmeno portare con sé una domestica?
Dannazione, in circostanze normali non gli sarebbe mai venuto in mente di baciarla. Il servizio militare lo aveva tenuto troppo occupato per pensare alle donne, eccetto qualche avventura occasionale durante i permessi, fino al momento in cui Sarah aveva cominciato a riservargli attenzioni speciali. Suo marito era rimasto ucciso, ma lei era rimasta nella penisola per tenere compagnia alla sorella, moglie di uno dei compagni ufficiali di Ethan. Sarah aveva risvegliato in lui sentimenti che credeva di aver sepolto dopo un'infanzia colma di drammi. L'impressione che, forse, anche lui meritasse l'affetto di qualcuno. I suoi genitori erano stati di un altro parere, troppo concentrati su loro stessi per preoccuparsi del loro unico figlio.
Quando Sarah era entrata nella sua vita quasi un anno prima, era stata piena di attenzioni e, sì, amorevole, ammesso che Ethan potesse capire il significato della parola. Inutile negarlo, ne era rimasto affascinato. Avrebbe dovuto sapere che nessuna donna avrebbe potuto tenere a lui come aveva creduto facesse Sarah.
Per sua fortuna, un amico ufficiale l'aveva sentita dire alla sorella che la vita come moglie di un conte avrebbe fatto per lei, che le piaceva l'idea di essere chiamata Lady Longhurst e si sarebbe goduta i privilegi legati al titolo, anche se sarebbe stato necessario sposarlo. Il suo amico aveva riso di quanto Ethan fosse diventato popolare tra le signore, da quando era diventato un conte.
Ethan era tornato bruscamente in sé appena in tempo, perché se la loro amicizia si fosse spinta oltre, l'onore l'avrebbe costretto a portare Sarah all'altare. L'aveva davvero scampata bella.
L'amarezza gli risalì in gola come bile. Com'era possibile che non avesse scorto la verità celata dietro i sorrisi di Sarah? Era stata la prima volta che una donna lo circuiva con i suoi inganni e sarebbe stata anche l'ultima. Apparentemente, tuttavia, quelle poche settimane di presunto affetto gli avevano mostrato che nella sua vita mancava qualcosa di importante e lo avevano reso vulnerabile alla prima femmina graziosa incontrata al suo ritorno in Inghilterra.
Non era già sufficientemente occupato ad abituarsi alla sua nuova carica, senza il genere di distrazione causato da un paio di labbra macchiate dal succo di mora? Non aveva mai nemmeno sospettato di essere l'erede di un titolo nobiliare, finché aveva ricevuto una lettera da parte di un legale assunto da una lontana cugina impicciona che aveva spulciato ogni ramo dell'albero genealogico di famiglia, tornando indietro fino al suo bis-bisnonno per trovarlo.
Ci era voluta qualche ricerca per scoprire che il suo bisnonno, il quinto figlio del conte, era stato convinto a prendere il cognome della moglie per ereditare le ricchezze di un'antica famiglia mineraria gallese. Avendo soltanto figlie femmine, i Trethewy avevano creduto di acquisire un nobile, invece il bisnonno Trethewy era stato un giocatore incallito buono a nulla, che aveva sperperato la fortuna della famiglia appena vi aveva messo sopra le mani. Come risultato, ambedue le famiglie avevano interrotto i contatti. Se il padre di Ethan avesse saputo di essere imparentato con un conte, avrebbe trovato un modo per sfruttare il fatto a suo vantaggio.
Anche quando era venuto a conoscenza del titolo, Ethan aveva posticipato il più possibile il proprio ritorno in Inghilterra. L'esercito era la sua vita, il suo mondo fin dalla giovinezza. Non aveva menzionato a nessuno l'eredità, ma la notizia doveva essere giunta alle orecchie di Sarah, che aveva deciso di adescarlo e convincerlo che tenesse davvero a lui. Non aveva mai menzionato il suo titolo, nemmeno una volta.
Per lui era stato un brutto colpo quando aveva capito che era l'unica cosa che le importasse.
Poco dopo la scoperta del suo inganno, la medesima lontana cugina impicciona, Lady Frances, aveva scritto a Wellington, domandandogli per quale motivo il generale si ostinasse a tenere prigioniero sul campo di battaglia l'ultimo Conte di Longhurst, quando invece avrebbe dovuto occuparsi dei suoi doveri in patria.
Wellington, accidenti a lui, aveva insistito affinché Ethan tornasse in Inghilterra e prendesse le redini della sua tenuta. Appena Ethan avesse sistemato le cose là, intendeva tornare a ciò che importava davvero. La guerra contro i francesi.
Mentre galoppava sul viale di Longhurst Park, un'enorme villa antica con un viale alberato, il suo umore si incupì ulteriormente. Il conte precedente aveva lasciato la tenuta in condizioni disastrose, come testimoniava la pila di conti da pagare che il suo curatore testamentario gli aveva presentato con l'espressione di un uomo consapevole di un disastro incombente.
Scartoffie. Ethan le detestava, ma se ne occupava quotidianamente da quel giorno, deciso a mettere un certo ordine tra gli affari della tenuta.
Alle stalle lasciò Jack a O'Cleary. L'aitante irlandese dai capelli scuri socchiuse gli occhi osservando il volto di Ethan. «Cosa vi ha mandato il sangue alla testa?»
Niente mandava il sangue alla testa di Ethan, lui non scatenava mai il suo malumore contro qualcuno. Era un uomo grande e grosso e, se avesse perso il controllo, avrebbe potuto causare danni considerevoli, ecco perché aveva deciso di diventare un soldato. Rivolse a O'Cleary un'occhiataccia che avrebbe dovuto indurlo a nascondersi nei suoi stivali, ma per tutta risposta l'altro lo guardò male a sua volta.
Ethan non sapeva quando fosse successo, però a un certo punto O'Cleary era diventato più un amico che un domestico. Avevano all'incirca la stessa età ed Ethan rispettava l'abilità dell'altro con i cavalli; inoltre la presenza di spirito e la franchezza di O'Cleary gli erano valse la sua ammirazione e, sì, anche una sorta di amicizia.
Ethan sospirò. «Ho incontrato una donna sulla via del ritorno. Pensavo fosse una lattaia o qualcosa del genere, intenta a rubare le mie more.»
«Le vostre more? Da quando v'importa dei rovi?»
Da quando aveva notato un'adorabile giovane donna con le labbra macchiate di rosso. «Aveva sconfinato nel mio terreno.»
«Ah.» O'Cleary batté una mano sul collo di Jack.
«Ah, cosa?»
«Dunque chi è?»
«Lady Petra Davenport. Vive a Westram.»
O'Cleary socchiuse gli occhi. «Vi piace, non è vero?»
Ethan gli scoccò un'altra occhiataccia. Per quanto Lady Petra potesse piacergli – a quale uomo non sarebbe piaciuta, essendo così graziosa? – non nutriva nei suoi confronti alcun interesse particolare. «Non ti permetto di parlare di una nobildonna in questo modo.»
Le sopracciglia scure di O'Cleary si sollevarono. «Siete già protettivo nei suoi confronti?»
Improbabile, Lady Petra non aveva bisogno di essere protetta da lui. «Un gentiluomo protegge qualunque donna.»
«Ah.»
O'Cleary avrebbe potuto essere più irritante? Probabilmente sì, se ne avesse avuta l'opportunità. «Intendi lasciare lì il mio cavallo tutto il giorno? Oppure vuoi occuparti di lui?»
O'Cleary sogghignò, gli occhi blu colmi d'allegria, poi lo salutò e condusse via Jack.
Ethan entrò a grandi passi in casa. Il ricordo di un paio di gambe snelle e ben fatte indusse anche lui a sorridere, finché inciampò nell'estremità di uno dei tanti tappeti arrotolati. Come il resto della casa, anche lo studio era pieno di mobili, sedie appoggiate su altre sedie, tavoli e console sistemati a casaccio. Sul pavimento c'erano perfino pile di vecchi giornali e riviste e lo spazio per camminare era ben poco. Il conte precedente era stato un avido collezionista di ogni cosa. Ridicolo.
Ethan sospirò. Detestava essere un conte. Si tolse la giacca, si arrotolò le maniche e si caricò sulla spalla il tappeto in cui aveva inciampato, dirigendosi verso il fienile.
Al diavolo le scartoffie, ecco un'incombenza della quale non gli sarebbe dispiaciuto occuparsi. Nel giro di qualche ora sarebbe riuscito a vedere il pavimento.
Mentre sedeva nella prima panca nella chiesa di St. Bartholomew, Ethan era consapevole degli sguardi incuriositi che si posavano su di lui nel corso della funzione religiosa. Essendo un ufficiale, era abituato a essere osservato dai suoi uomini, ma quello era un genere di osservazione diverso. Gli sguardi non si limitavano a valutare, erano anche speranzosi. Senza dubbio tutti si auguravano di incontrarlo nell'amichevole assembramento che avrebbe avuto luogo appena fuori la chiesa al termine della funzione. Si preparò e rispolverò il suo sorriso più affascinante, anche se avrebbe preferito tornare direttamente a casa.
Non sarebbe stato un gesto di buon vicinato e, benché non fosse intenzionato a restare più di quanto fosse necessario, nell'esercito aveva imparato a adattarsi alle usanze locali.
Aveva ricevuto una visita dal vicario il giorno successivo al suo arrivo a Longhurst. Il brav'uomo gli aveva ricordato in modo chiaro che un conte aveva il dovere di dare il buon esempio agli abitanti del villaggio recandosi in chiesa ogni domenica. Naturalmente Ethan concordava, non era stato diverso nell'esercito, gli ufficiali erano tenuti a dare il buon esempio in tutti gli ambiti.
Il vicario aveva sorriso raggiante al suo consenso e aveva aggiunto che, in qualità di conte, certo Ethan avrebbe voluto contribuire al mantenimento della panca di famiglia in prima fila, com'era stata tradizione per i Conti Longhurst per molti anni. Una richiesta che non gli era parsa irragionevole. Sfortunatamente Ethan aveva scoperto di non dover pagare soltanto per quell'anno, ma anche per i quindici precedenti, dal momento che il suo predecessore non aveva voluto avere niente a che vedere con St. Bartholomew.
Detestava il suo predecessore.
Aveva pagato con tutto il bel garbo di cui era stato capace, era la cosa giusta da fare, benché il pagamento si fosse mangiato una parte consistente del suo salario dell'esercito, rendendo così necessaria un'altra visita al suo amministratore a Sevenoaks. Sebbene non avesse la benché minima speranza di scoprire un gruzzolo nascosto tra i documenti del conte, nella tenuta c'erano ancora dei fittavoli ed Ethan aveva bisogno di capire quali affitti fossero stati pagati e quali fossero ancora da riscuotere.
I fedeli uscirono dalla chiesa e lui si accodò. Notò subito che le donne erano più degli uomini. Si accigliò, perplesso; come mai? Naturalmente aveva subito individuato una donna in particolare, Lady Petra, con un cappellino assai grazioso, un abito alla moda e un soprabito scelti senza dubbio per mettere in evidenza il blu dei suoi occhi. Stranamente la statura minuta di lei si notava tanto quanto l'altezza di lui. O forse era il fatto che lo sguardo di Ethan l'avesse cercata essendo una delle poche persone che conosceva, anche se il loro era stato un incontro alquanto fuori dalle convenzioni. Ricordava le caviglie sottili e i piedi minuscoli tanto quanto il suo viso. Lei avrebbe ammesso di conoscerlo? Probabilmente no, dal momento che non era stata molto amichevole nel corso della loro prima conversazione.
Attese il suo turno di parlare con il vicario, che salutava ognuno dei fedeli con qualche parola mentre usciva dalla chiesa, sotto il sole. L'uomo sembrava più un monaco che un ministro della Chiesa d'Inghilterra. Il suo sermone aveva minacciato la punizione del fuoco eterno per i mali dell'alcolismo.
«Ottimo sermone, vicario» commentò Ethan quando fu il suo turno di ricevere un cenno del capo e una stretta di mano.
«È un vero peccato che quanti sono più bisognosi di ascoltare la parola di Nostro Signore non aprano le orecchie.» Il reverendo Beckridge abbozzò un sorrisetto. «Ma non importa. Sono lieto di vedervi qui oggi, milord. Consentitemi di presentarvi ai vostri concittadini.»
«Mi farebbe molto piacere incontrare altri proprietari terrieri della zona» disse Ethan.
Beckridge fece una smorfia. «Sfortunatamente il padrone dell'altra proprietà più estesa, Lord Compton, frequenta la chiesa di Ightham. La sua tenuta si trova in questa parrocchia, ma quella chiesa è più vicina alla sua residenza.» Sospirò. «Non lo biasimo, ma St. Bartholomew beneficerebbe del suo sostegno.»
«Vorrei assumere dei braccianti. C'è qualche allevatore nella comunità?»
«In effetti ci sono, ma scoprirete che anche loro sono a corto di uomini. Tra la guerra e il richiamo delle fattorie a nord, che pagano meglio... Ma prima lasciate che vi presenti le due nobildonne vedove che si sono stabilite da poco a Westram. Lady Petra e Lady Marguerite, le sorelle di Lord Westram. L'anno passato hanno destato molto scalpore con la loro attività.»
Lady Petra era vedova? Così giovane?
Ethan si ritrovò guidato in modo inesorabile verso il gruppetto di donne intento a chiacchierare sul sentiero che conduceva alla strada.
Al centro del gruppo, il sorriso di Lady Petra le illuminava il viso come se il sole si fosse degnato di mandare un raggio di luce soltanto per lei, ma si affievolì con l'avvicinarsi di Ethan, come se lei si stesse preparando per il loro incontro inevitabile.
Il vicario presentò ciascuna delle signore presenti, inclusa sua moglie, una donna con il viso rotondo e gli occhi attenti, che lo osservò con curiosità.
«Lord Longhurst e io abbiamo già fatto conoscenza» disse Lady Petra con espressione di sfida. «Ci siamo incontrati grazie a un cesto di more.»
Invece dei consueti riempitivi colloquiali, il tempo e le ultime novità, Ethan si accorse di avere la mente del tutto vuota, mentre osservava la bocca allettante di lei. Si costrinse a parlare. «Infatti.» Parve poco amichevole.
Il sorriso di lei si attenuò.
Lady Marguerite, una gentildonna assai più alta, con capelli ramati, occhi verdi e abbigliamento molto semplice, assunse un'espressione perplessa. «Vi siete incontrati... Petra, non mi hai detto di aver conosciuto Lord Longhurst quando sei andata a raccogliere le more.»
Lady Petra rispose con un sorriso dolce, troppo dolce, come se temesse che lui potesse rivelare le circostanze imbarazzanti del loro incontro. «Devo averlo dimenticato.»
Lui trasalì. Se aveva voluto dimenticarlo, perché allora l'aveva appena menzionato? Le donne. Non c'era modo di capirle.
«Siete la benvenuta, ogniqualvolta desideriate venire a raccogliere le mie more, Lady Petra.»
Lady Petra sollevò le sopracciglia, ricordandogli che non riteneva gli appartenessero e dunque non poteva nemmeno offrirle. «Molto gentile da parte vostra, milord.» Fece una riverenza. «Se volete scusarci, Lord Longhurst, vicario, non vogliamo fare tardi per pranzo.»
Benché sembrasse sorpresa, la sorella seguì Lady Petra e ambedue le signore salirono su un calesse trainato da un pony. Ethan le osservò allontanarsi, una bionda, minuta e graziosa, vestita di balze e nastri, l'altra un'elegante rossa con abiti più dimessi. Ambedue attraenti in modo assai diverso.
«Un peccato» commentò la moglie del vicario. «Restare vedove così giovani.»
«Questa guerra ha portato via troppi giovani uomini» disse il vicario.
«Mi dispiace molto.» Cosa altro avrebbe potuto dire Ethan?
«Delle nobildonne tanto graziose non resteranno sole a lungo» soggiunse Mrs. Beckridge, fissando Ethan.
Lui le rivolse un sorriso cortese, ignorando il suo commento. Sarah era stata un'altra vedova lasciata in difficoltà dalla morte del marito e in cerca di un sostituto. Non era rimasta intrappolata in un cespuglio di more per conoscerlo; si era storta una caviglia mentre lasciava lo spazio riservato alle danze e gli era caduta addosso.
Ethan non era tanto sciocco da lasciarsi accalappiare due volte da una caviglia graziosa. Intendeva scegliersi da solo la propria sposa e Lady Petra sembrava dotata di una lingua troppo tagliente per essere la moglie ideale per un uomo. Inoltre, quando si fosse sposato, perché avrebbe dovuto farlo, avrebbe scelto una donna solida e affidabile, che non avesse bisogno che lui dedicasse tutta la propria attenzione ai suoi desideri e capricci. Qualcuno a cui avrebbe potuto affidare la gestione della tenuta in Inghilterra, quando fosse tornato alla sua carriera nell'esercito. La sua vera vita.
«Pensi davvero che dovrei portare a Lord Longhurst un po' di questa marmellata?» Petra guardò i barattoli ben chiusi che lei e Marguerite avevano riempito qualche giorno prima.
«Assolutamente sì.» Marguerite si accigliò. «Dopotutto erano le sue more. È buona educazione. Non sarebbe saggio rischiare di offendere senza un motivo il nostro nuovo vicino.»
Marguerite non era stata contenta quando Petra le aveva raccontato i dettagli del suo incontro con Lord Longhurst.
Petra non voleva rivederlo; benché il suo sorriso sembrasse amichevole, aveva l'impressione che nascondesse i suoi veri sentimenti. Le sembrava che volesse tenerla a distanza, invece di essere davvero accogliente. Per non parlare del fatto che il conte era troppo affascinante per la tranquillità mentale di qualunque nobildonna. «Stai ingigantendo la cosa inutilmente, Marguerite. Le more sono frutti selvatici. Non avrebbe potuto dire niente, se le avessi raccolte restando sul sentiero.»
Gli occhi di sua sorella si spalancarono, probabilmente perché Petra aveva parlato con fervore. «Ma tu non le hai raccolte restando sul sentiero. Hai sconfinato nella sua proprietà per raccoglierle.»
Petra sbuffò. «Molto bene. Gli porterò un vasetto.»
«Meglio due.»
«Due? Dopo che siamo state noi a fare tutto il lavoro?»
Marguerite sospirò. «Fa' come vuoi. Tanto farai comunque di testa tua.»
Petra rimase impietrita, ferita da quell'accusa. I suoi fratelli spesso la prendevano in giro dicendole che era la più piccola e la più viziata della famiglia, ma lei non credeva che dicessero sul serio. «Cosa vuoi dire?»
Marguerite scosse la testa. «Niente. Mi dispiace. Non mi sento molto bene.»
Petra osservò meglio la sorella, Marguerite sembrava pallida e stanca. Si pentì subito per quella discussione. «Ti fa male la testa, cara?»
Marguerite si strofinò un dito sulla tempia e le rivolse un sorriso debole. «Penso stia arrivando un temporale.»
Petra guardò fuori dalla finestra della cucina, dove Jeb stava zappando con buona lena tra le file di cavoli. Il cielo era limpido, ma Marguerite aveva sempre sofferto di emicrania prima dell'arrivo di un temporale, quindi forse il tempo stava per cambiare. «Va' a coricarti. Ti porterò un impacco freddo.» Abbozzò un sorrisetto. «E dopo porterò a Lord Longhurst due barattoli della nostra squisita marmellata. Ti prometto che sarò incantevole.»
«Invitalo a prendere un tè.»
Improbabile, dal momento che il conte era tanto scostante, benché forse fosse colpa sua. Era stata piuttosto tagliente con lui. E un po' distaccata in chiesa. Era un uomo attraente, e allora? Per lei non significava nulla. Quantomeno poteva essere gentile con lui. Accidenti, avrebbe dovuto cercare di ricucire i rapporti con l'illustre vicino, anche solo per stipulare una tregua. Non dovevano piacersi per forza, ma potevano almeno comportarsi con cortesia amichevole.
«Va' di sopra» disse, mentre spingeva la sorella fuori dalla cucina. «Ti porterò una tisana prima di andare.»
Marguerite le rivolse un sorriso grato. «Sei tanto cara.»
Il sollievo la pervase, detestava essere in disaccordo con la sorella, in particolar modo dal momento che si sentiva parzialmente responsabile per la sua infelicità. Se non avesse detto quelle cose a Harry, inducendolo ad andarsene... Forse la sua famiglia aveva ragione nel dire che era troppo abituata a fare di testa sua. Era riuscita a sposare l'uomo che voleva e si era rivelato un errore terribile. Sarebbe stata ben attenta a cosa desiderare in futuro. Portò la tisana a Marguerite e si incamminò verso Longhurst Park, assicurandosi di avere con sé l'ombrello.
Il cancello di ferro battuto con l'emblema dei Longhurst era aperto, non tanto per invitare a entrare, quanto per l'incuria. Rovi ed erbacce erano tanto alti, che al giardiniere ci sarebbe voluta una giornata intera di lavoro per liberare il cancello dalla sua prigionia e farlo funzionare di nuovo.
Il viale curvo, fiancheggiato da tigli, non era in condizioni migliori. Dalla ghiaia spuntavano ciuffi d'erba e il prato sembrava più un campo di fieno. Giunta in fondo alla curva, tuttavia, rimase incantata dalla vista della casa. I mattoni rossi conferivano all'edificio un aspetto caldo e accogliente. A mano a mano che si avvicinava, tuttavia, le dispiacque osservare che alcune delle finestre erano state chiuse con delle assi e alcune tegole del tetto mancavano.
Perché Longhurst aveva lasciato che negli ultimi due anni la casa andasse in rovina? Forse non gl'importava perché aveva terreni altrove, come suo fratello, che possedeva più di una proprietà.
Guardò verso il cielo e fece una smorfia. Sembrava che Marguerite avesse ragione; le nuvole, che quando era uscita di casa erano bianche e rade, erano più dense e cominciavano a ingrigire.
Quando al suo arrivo nessuno aprì la porta, batté il battente contro la porta intagliata e arretrò di un passo. Il portico avrebbe avuto bisogno di una mano di vernice.
La porta si spalancò.
Petra batté le palpebre sorpresa, alla vista di un giovane con i capelli scuri dal volto cupo, in maniche di camicia e stivali da cavallerizzo. Sembrava più uno stalliere che un cameriere.
«Buongiorno» disse veloce. «Lady Petra Davenport. Vorrei vedere Lord Longhurst.»
Le sopracciglia dell'uomo si alzarono, poi lui spalancò la porta. «Da questa parte, madam.» L'accento irlandese coloriva la sua voce.
La accompagnò in un ingresso buio con colonne di marmo e una grande scalinata che conduceva al primo piano. Lungo le pareti c'era una quantità di sedie, come se ci dovesse essere una decina di domestici pronti ad aprire la porta. Tavoli, casse e credenze erano impilati gli uni sopra gli altri in uno degli angoli. Molto strano, il conte evidentemente stava spostando il mobilio.
Invece di invitarla ad aspettare mentre si informava se il conte fosse a casa, il domestico la accompagnò lungo un corridoio fino a una stanza che lei arguì fosse un'anticamera dove i visitatori potevano attendere.
Solo che...
«Lady Petra Davenport chiede di vedervi, milord.»
Lei rimase a bocca aperta. Dietro una scrivania sedeva Lord Longhurst, anch'egli in maniche di camicia, i capelli biondi scarmigliati come se ci avesse passato attraverso le dita svariate volte.
Il domestico se ne andò, richiudendosi la porta alle spalle; i suoi passi echeggiarono sul pavimento e Petra lo sentì fischiettare allontanandosi. Davvero molto peculiare.
Dopo un momento di esitazione, Lord Longhurst balzò in piedi e afferrò la giacca appesa allo schienale della sedia. Se la infilò. «Lady Petra Davenport? Lady Petra?»
Si abbottonò in fretta la giacca. Non c'era niente che potesse fare per la camicia aperta intorno alla gola. Petra cercò di tenere lo sguardo fisso sul suo volto e non lasciarlo scendere lungo il collo o sull'intrigante peluria dorata che faceva capolino sotto il lino bianco.
«Come posso esservi utile?» le chiese.
Utile? L'immagine di un ampio petto nudo balenò nella mente di lei. Numi, davvero aveva pensato a quel modo in cui un uomo poteva essere utile a una donna? Era per quello che, di tanto in tanto, Harry le mancava, non per se stesso, bensì per le delizie del talamo coniugale? Possibile che fosse tanto impudica? Inoltre, non doveva essere molto versata nel divertimento tra le lenzuola, come l'aveva definito Harry, altrimenti lui non avrebbe cercato altrove. Noiosa, così l'aveva descritta. Troppo innocente, qualunque cosa significasse.
La tristezza la invase, non avrebbe mai dovuto affrontarlo, non avrebbe dovuto pretendere la fedeltà dal marito, l'aveva capito troppo tardi.
Alzò il mento. «Vi ho portato della marmellata.»
Lui batté le palpebre, come se le sue parole non avessero senso. Era bellissimo, quasi vulnerabile mentre se ne stava là con l'aria perplessa, le dita lunghe e forti macchiate d'inchiostro. Poi sorrise e una fossetta apparve nella guancia che già mostrava una traccia di ricrescita della barba. Il cuore le si strinse.
Non fu una sorpresa. La prima volta che si erano incontrati le era parso magnifico sul suo cavallo, un soldato bellissimo la domenica in chiesa, ma in quel momento sembrava il sogno di ogni donna, un uomo bisognoso di attenzioni femminili.
Immaginò di passare le dita tra quelle ciocche ondulate per dare loro una parvenza d'ordine. Come sarebbero state? Seriche o ispide? Le avrebbe consentito di aiutarlo a legarsi al collo la cravatta che aveva lasciato in un angolo della scrivania? O, meglio ancora, le avrebbe permesso di aiutarlo a sfilarsi la camicia e scoprire in tutta la sua gloria quel petto ampio, coperto in modo tanto allettante dal lino leggero?
La mente d'un tratto vuota, Petra trasse un respiro profondo.
Lo sguardo di lui si abbassò sul suo petto. La camera parve riscaldarsi, nell'aria crepitò qualcosa che le increspò la pelle. Per un secondo le sembrò di avere la testa troppo leggera per le spalle, come se potesse galleggiare via.
Anche lui l'avrebbe trovata noiosa? Il pensiero la riportò a terra in modo brusco.
La fronte di Longhurst si aggrottò, come se avesse finalmente compreso le sue parole, ma non il loro significato.
«Fatta con le more che ho raccolto.» Santo cielo, la sua voce suonò tanto debole che Petra la riconobbe appena. Raddrizzò le spalle. «Abbiamo preparato della marmellata con le more.»
Si addentrò nella stanza, consapevole dello sguardo di lui che seguiva ogni suo movimento mentre passava accanto a una coppia di poltrone.
«Mio Dio, avete una quantità di mobili» disse con tono allibito.
Lui fece una smorfia. «Non avete idea. Ho portato via gran parte di quel che c'era qui dentro. Se non altro adesso riesco a vedere il pavimento. La casa è piena zeppa di mobili e cianfrusaglie.»
Ecco perché l'ingresso era così ingombro. Petra infilò la mano nel cestino e, come un prestigiatore che estraesse un coniglio da un cappello, tirò fuori tre barattoli di marmellata, che posò sulla scrivania uno dopo l'altro. «More e mele. Le mele le ho raccolte dal nostro albero» puntualizzò con tono significativo.
Lui fissò i barattoli come se non avesse mai visto della marmellata in vita sua. «Capisco.»
Il cuore di lei accelerò. Troppo.
«Per scusarmi per essermi appropriata indebitamente delle vostre more» soggiunse. Parole del tutto superflue, ma colmarono il silenzio.
Lui riportò lo sguardo sul suo viso. «Non c'è bisogno...» Indicò la marmellata.
Perché non ringraziava e la faceva finita? «Se voi non mangiate marmellata, datela pure al vostro domestico.»
Gli occhi azzurri di lui si spalancarono e poi le sorrise. Lo stomaco di Petra fece una capriola. «Vi chiedo scusa, Lady Petra. Vi ringrazio davvero per il dono.»
Quel sorriso avrebbe potuto rovinarla, se mai si fosse dimenticata di non lasciarsi incantare. Fece una riverenza. «In tal caso, vi auguro una buona giornata.»
«No. Aspettate. Voglio dire... gradite...»
Si guardarono in silenzio per alcuni secondi. Lei notò che faticava a inspirare. «Gradisco...?»
«Posso offrirvi una tazza di tè prima che ve ne andiate?» disse infine Longhurst. «Sono certo che O'Cleary si sta prendendo cura dei vostri cavalli e del cocchiere al momento.»
«Oh, non ci sono cavalli né cocchiere. Ho camminato.»
Lui assunse un'espressione allibita. «Avete camminato fin qui da Westram? Deve distare più di due miglia.»
«Direi di sì.»
Lui si incupì.
Disapprovava che una nobildonna uscisse a fare una passeggiata? «Sono cresciuta in campagna, milord. Sono abituata a usare le gambe per muovermi.»
Lo sguardo di lui si abbassò di colpo, poi tornò sul suo viso e Petra si ricordò di quanto avesse visto delle sue gambe la prima volta che si erano incontrati. Un calore intenso le pervase le guance e gli occhi di lui tradirono la sua consapevolezza. Accidenti, non si sarebbero mai lasciati alle spalle il loro primo incontro. Mortificata, si preparò a voltarsi.
«Ma accetterete un piccolo rinfresco prima di rimettervi sulla strada di casa.»
Non fu formulata come una richiesta, ma piuttosto come un ordine e Petra inizialmente ne fu infastidita. D'altra parte, in effetti, la lunga passeggiata le aveva fatto venire sete. E aveva promesso a Marguerite che sarebbe stata incantevole. «Una tazza di tè sarebbe assai gradita, milord. Vi ringrazio.»
Stranamente, lui parve sollevato. «Eccellente.» Si diresse alla porta e si voltò appena l'ebbe raggiunta. Indicò con un gesto una sedia accanto alla scrivania. «Vi prego, accomodatevi, Lady Petra. Ci vorrà soltanto un momento.»
Poi se ne andò.
Altri ordini. La pila di documenti sulla scrivania sembrava imponente e importante. Petra fece un giro nella stanza, era davvero stracolma di oggetti strani, da vasi accatastati a ornamenti di vetro soffiato.
Avendo deciso che non avrebbe obbedito all'istante all'ordine di un uomo, spolverò con il suo fazzoletto una poltrona vicino alla finestra e si sedette sul bordo.
Forse era tanto tirannico perché era un soldato abituato a dare ordini ai suoi uomini sul campo di battaglia. Sospirò. Non le piaceva pensare a guerre e campi di battaglia, li detestava. Povero Harry. L'aveva spinto davvero ad arruolarsi? Non riusciva ancora a credere che non avrebbe più sentito la sua risata e non sarebbe più stata infastidita dai suoi modi noncuranti. Non aveva scelto suo marito nel modo più assennato, ma ciò non significava che lui non le mancasse. Dopotutto lo aveva conosciuto per gran parte della sua vita. Il suo errore era stato non assicurarsi che lui l'amasse quanto lei lo amava prima che si sposassero. Scoprire che per lui si trattava soltanto di un matrimonio di convenienza era stato devastante. Harry l'aveva definita una sciocca romantica, come se fosse un difetto.
Ebbene sì, era romantica e non se ne vergognava. Non avrebbe potuto essere più felice per Carrie e Avery, che erano pazzamente innamorati.