Capitolo 8
Un giorno soltanto e poi avrebbe lasciato la Stella di Giada. Non sapeva se essere sollevata dalla cosa. Lasciare quel groviglio di muscoli sudati e armi pronte a tagliare carne senza alcuna pietà, la faceva sentire meglio, ma l’idea di ritornare a terra continuava ad angosciarla. Soprattutto ora che, dopo la scalata del maestro, tutti la trattavano con rispetto.
Nessun insulto o gesto volgare. Aveva dimostrato che le donne potevano essere forti e la cosa pareva averli ammutoliti. Liberi dall’aria minacciosa che avevano mantenuto fino a qualche tempo prima, i pirati apparivano per ciò che erano. Uomini legati insieme da un filo solido chiamato libertà, esposti alle intemperie e sempre in attesa di una folata di vento che li avrebbe spazzati via.
Passata la paura, aveva iniziato a chiacchierare con loro. Persino i più superstiziosi, si erano arresi. Se prima non le rivolgevano nemmeno una parola, adesso riuscivano a farle almeno un saluto, pur continuando a fare i soliti gesti scaramantici per cacciare via il malocchio.
La Stella navigava tranquilla, in una giornata con il cielo terso e un buon vento, e la maggior dei pirati si stava godendo un po’ di ozio. Li sentiva ridere, cantare. Persino Shiver si era dato alla sua attività preferita, il violino.
A lei non era rimasto altro che girovagare in coperta, con Chris che sembrava volerle restare a distanza. Il motivo era piuttosto semplice e ben spiegato dalle occhiate che le lanciava.
Sorrise tra sé. La loro unione sulla spiaggia non era stato un capriccio tanto passeggero, dopotutto.
«Sai giocare a dadi?» Scrub alzò una mano, erano seduti in cerchio su delle casse intorno a una botte. «Ti va una partita?»
Si guardò intorno con circospezione. Potevano anche aver abbassato le armi nei suoi confronti, ma era sempre meglio rimanere vigili, tuttavia decise di accettare l’invito di Scrub.
Sedette accanto ai pirati. «Vince chi fa il numero più alto?» chiese, con la voce appena tremula, memore delle paure instillate da quegli avambracci di ferro.
«Sì.»
«E la posta?» chiese, notando lʼassenza di monete.
«A bordo non si scommette o ci sarebbe una rissa dietro lʼaltra. Ed essendo poco paziente finirei per ammazzarli tutti.» Shiver era comparso all’improvviso e la guardava con un’espressione divertita, le labbra tirate di lato a esporre la cicatrice. Sedette con Christopher e la partita ricominciò.
Quando arrivò il suo turno, Scarlett iniziò a scuotere la tazza, i dadi all’interno produssero un rumore strascicato poi scivolarono sulla botte, mostrando un misero cinque.
«Perdio!» sputò lʼimprecazione tra i denti, allungando una mano verso il boccale che Scrub le aveva passato. Gli uomini che la circondavano scoppiarono a ridere, e lei li seguì. Poteva capirli. La scalata del maestro e il suo linguaggio sboccato li stava mettendo di fronte a uno strano esemplare di donna che non avevano mai incontrato.
Chris le lanciò un sorriso. «Orgell mi aveva avvertito che eri un uomo in gonnella.»
Tutti risero. Lei si strinse nelle spalle. «Solo perché non sono mai stata troppo brava a obbedire.»
«Non è solo quello, Scarlett.» Il capitano rovesciò la tazza con i dadi. «Credo che tu tenda un po’ alla pazzia. Rimanere a bordo di una nave pirata, la mia, per giunta, senza battere ciglio e scalando il maestro è da folli, devi ammetterlo.»
Contraccambiò lo strano sguardo d’ammirazione di Shiver. «Mia madre me lo diceva sempre che ero un po’ matta, che avrei fatto meglio a comportarmi da ragazza invece che andare in giro a combinare guai con i miei fratelli.» Le venne l’istinto di toccare l’anello al collo, ma lo lasciò dov’era. Ben custodito nell’incavo dei seni sotto la camicia, non voleva sguardi e domande indiscrete sul suo portafortuna. «Mio padre non amava per nulla questo mio carattere, e mi ha ripudiato non appena ho deciso di sposare Rayan. Diceva che non era l’uomo per me, non aveva torto, dopotutto.»
Scrub sfilò la bottiglia dalle grosse mani di Round Robin e gliela passò. «Se fossi stata maschio, scommetto che adesso saresti uno dei nostri.»
«Credo di sì.» Bevve. «Ma sono solo una stupida donnicciola che si è arrampicata sul maestro. Non ho possibilità di scelta perché ho una fessura al posto di due palle.»
Qualcuno accennò una risata alla battuta ma uno strano imbarazzo si dipinse sul volto dei pirati.
Joyce lanciò i dadi e le sfilò il fiasco di mano. «Beh, Calico Jack una donna a bordo ce l’ha.» I compagni lo guardarono storto.
«E chi sarebbe?» chiese, incuriosita.
«Un pirata che si è portato a bordo l’amante» spiegò Shiver, asciutto.
«Dicono che combatta come un uomo» aggiunse Danny.
«Non metterle strane idea in testa.» Chris fece una smorfia di disappunto. «Non credo che Scarlett stia parlando sul serio.»
Gli riservò uno sguardo carico di astio. Non lo sapeva nemmeno lei se stava davvero per prendere in considerazione quell’assurda possibilità, ma non le piaceva il modo in cui Christopher aveva parlato. In ogni caso non era il momento per pensarci, voleva solo godersi la partita. Gli prese la tazza dalle mani in malo modo e tornò a scuoterla per mescolare i dadi. Stavolta piazzò il numero più alto della mano.
Sbatté il palmo contro al tavolo. «Diavolo satanasso! Così sì che ci capiamo, fottuti dadi!»
La partita continuò tra risate, canti e imprecazioni. Le chiacchiere furono incessanti e ascoltò vecchie storie appartenenti al passato dei compagni di gioco. Cʼera chi era stato falegname, chi arruolato nella marina, chi pescatore. Si era abituata alla morbida e strana cadenza degli africani. Non ne aveva più timore ormai.
Cʼera qualcuno con uno spiccato accento francese, un paio erano spagnoli. Più di una volta erano volati appellativi canzonatori sulle rispettive nazionalità, ma regnava unʼaria di uguaglianza che non aveva mai assaporato in vita sua.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato, prima che dalla coffa arrivò l’annuncio di vele in vista.
Il clima a bordo della Stella virò di colpo.
Shiver lanciò due ordini secchi e in un attimo sparirono i dadi e vennero fatte rotolare via le botti e le casse sulle quali erano seduti. In molti erano saliti sulle griselle, altri erano impegnati a smistare moschetti e a spostare munizioni. Il capitano si era sistemato accanto al timone e Christopher sbraitava come un ossesso. Era una bolgia infernale di ripetizioni e bestemmie, con il veliero che aveva preso maggiore velocità.
Si sporse dalla murata, il vento le spruzzò contro la spuma del mare, mentre osservava la sagoma lontana di un albero che cavalcava le onde.
«Sarebbe meglio che tu ti chiudessi in cabina» le suggerì Deruan.
«Potrei dare una mano.»
«Non mi sembra una buona idea. Forse ci sarà uno scontro.»
Decise di ascoltare ciò che le veniva detto, tornò nella cabina ufficiali e si lasciò cadere sullʼamaca, ma i rumori dello scontro imminente mantenevano viva lʼaltra indomabile caratteristica capace di causarle un guaio in fila allʼaltro: la curiosità.
È troppo pericoloso, non tʼazzardare , si disse. Doveva starsene lì. Ferma e buona.
«È Gaville!» L’urlo all’esterno fece vibrare le assi di legno.
«Bastardo di un francese, dovevo aspettarmelo!» Il capitano era furioso.
Scarlett scese dall’amaca. Mise la mano sulla maniglia e la scostò, sbirciando sul ponte. Cʼera una strana concentrazione nell’aria. Aveva lʼimpressione che, nonostante i numerosi scontri, ognuno di quegli uomini stesse valutando il pensiero di saggiare per lʼultima volta lʼebbrezza di un arrembaggio.
Un rimbombo. Un sibilo. Il tonfo di qualcosa che cadeva in acqua. Ritirò la testa nella cabina, nel tentativo di calmare la nuova ondata di agitazione che le pervadeva il corpo.
Passarono dei lunghi istanti, sentiva il veliero spostarsi, Chris che lanciava ordini. Ancora un attimo, e udì il tipico rumore di legno graffiato, il lamento del sartiame, dei pennoni che cozzavano lʼuno contro lʼaltro nellʼinutile tentativo di evitare un abbraccio inopportuno, la cui spinta la fece rotolare contro la parete opposta.
Il veliero avversario li aveva raggiunti. Tornò alla porta e Wraith gliela spalancò quasi in faccia. Aveva il volto eccitato e una pistola che prese a puntarle al petto.
«Cosa vuoi?» balbettò, il cuore che le ostruiva la gola.
«Puttana, bastarda! Se ti rompevi l’osso del collo sul maestro ti avrei maledetto per l’eternità!» Sputò avvicinandosi. «E avrei perso la ricompensa offerta da Rogers.»
La strattonò fino a piegarle un braccio, decise di non opporre resistenza o rischiava di spezzarselo.
Rimase senza fiato in gola. Woodes Rogers. Cosa poteva volere da lei il governatore delle Bahamas? Poi le venne in mente che Rayan era stato lì per mesi dopo essere stato allontanato da Rachel Jacobson.
Per un breve istante, la rabbia ebbe la meglio sulla paura. «Non tornerò da quel bastardo di mio marito!»
«Sta’ zitta, stupida baldracca.» Le diede una spinta, violenta, e la sua testa andò a cozzare contro il legno. Un colpo secco che le rimbombò tra le cervella, emise un gemito.
Wraith le legò i polsi dietro la schiena strattonandole i muscoli, ancora tesi per lo sforzo dei giorni precedenti, bruciavano fino a strapparle le lacrime.
Era stanca, troppo per tentare una resistenza. Wraith la lasciò in ginocchio sul pavimento e, spada in pugno, si preparò a uscire. «Guadagnerò un bel po’, e mi prenderò la soddisfazione di uccidere Shiver!»
Non cʼera paura negli occhi di quel pirata, solo determinazione. Il capitano teneva a bada gli uomini, riusciva a farlo anche solo con un gesto, ma lʼautorità posseduta a bordo non era paragonabile a ciò che trasmetteva alle vittime abbordate. I pirati osservavano ogni giorno ciò che lei aveva visto nel poco tempo passato con lui. Non cʼera fumo, né zolfo, nessuna maledizione. Solo carne e sangue di un essere umano più capace di molti altri e che, come tutti, poteva morire.
Wraith spalancò la porta e il rumore della battaglia fece irruzione con più prepotenza. Spade che sbattevano una contro lʼaltra, colpi di pistola, imprecazioni e urla.
Il traditore, però, non fece alcun passo allʼesterno, tornò indietro sotto la minaccia di due spade puntate contro al petto.
«Bastardo, figlio di una cagna!» Chris entrò nella cabina, aveva metà viso imbrattato di sangue, così come la camicia, teneva una sciabola per mano, e gli occhi erano allargati sotto la furia dello scontro.
Redblade. Lama rossa . Scarlett pensò che si trattava di un soprannome azzeccato, vedendo la scia vermiglia colare lungo le armi del quartiermastro.
Wraith gettò la pistola. «È tanto che voglio sfidarti: ti ridurrò in ginocchio, ti umilierò e mi godrò la tua impiccagione: vali molto di più da vivo, bastardo!»
Chris spostò la bocca di lato, in un ghigno arrogante. «Jacobson si è fatto qualche amichetto, vedo.» Gli sputò sui piedi. «Crepa!»
Non durò più di un istante, il quartiermastro parò il fendente di Wraith con una sciabola, con lʼaltra gli infilzò il cuore, facendolo stramazzare al suolo.
L’abbracciò stretta. «Stai bene?»
Scarlett riprese fiato tra le braccia calde che l’avvolgevano, e si scostò passando una mano sulla fronte, le dita divennero rosse di sangue e si rese conto che il legno le aveva provocato un taglio sopra la tempia. «Sì, sì… sto bene.»
Un grido di giubilo arrivò dall’esterno. Shiver aveva vinto.
«Che cosa voleva Wraith da te?»
Lanciò uno sguardo al pirata morto poco distante. Rogers, Paul. Due nomi che abbinati insieme le provocavano una fitta di paura così forte da farle vibrare le ossa. Come avesse fatto il marito a coinvolgere il governatore delle Bahamas, era una domanda che le sbatteva in testa, ma decise di ignorarla. La ingoiò, insieme a un groppo di amara inquietudine e giurò di tacere. Persino a Christopher. Non voleva diventare più il bottino di nessuno.
«Prova a indovinare» rispose, arrabbiata. «Quello che vogliono tutti.»
«Non ti preoccupare. Non ti darà più noia, adesso.»
Uscirono sul ponte. Decine di cadaveri lo ricoprivano, alcuni pirati punzecchiavano i feriti con le lame, li schernivano. Cʼera un puzzo insopportabile di sangue e di polvere da sparo.
Shiver teneva la punta della spada sullʼocchio di un uomo accucciato ai suoi piedi e tenuto fermo da Round Robin.
François Gaville mormorò una preghiera. Le mani ferree dell’uomo per metà bruciato lo inchiodavano al suolo. Alzò appena la testa verso Johnny Shiver e fu inghiottito dal suo sguardo tinto di cielo, e si rese conto che le leggende non descrivevano affatto con minuzia quelle iridi.
La lama contro l’occhio aveva perso importanza. Ciò che stava scavando nell’anima era quello sguardo tagliente, inanimato. Non apparteneva a un essere umano. Non era possibile che qualcuno con un cuore in petto fosse in grado di far impazzire di paura solo con un’unica, misera occhiata.
«Non intascherai mai la taglia.» Shiver parlò in tono caldo.
Sentì il cuore contrarsi. Il quartiermastro raggiunse il capitano.
«Wraith si è venduto!»
Gli occhi di Shiver divennero ancora più infernali. «Ti sei comprato i miei uomini?»
«Sì.» Che altro doveva fare, se non rispondere?
«Per conto di chi? Di quel bastardo di Jacobson?»
Un briciolo di lucidità gli permise di mentire. «Sì, è stato l’ammiraglio.»
Forse, così facendo Rogers sarebbe riuscito a sconfiggerlo. Il governatore delle Bahamas era stato bravo a mettere in piedi quell’alleanza tra Spagna, Francia e Inghilterra per prendersi Devil’s Bay e meritava un po’ di speranza.
«Dimmi i nomi dei miei che si sono venduti.»
«Solo Wraith. È stato l’unico, voleva cambiare equipaggio.»
«Spero sia la verità.» Shiver sembrava del tutto indifferente. «In ogni caso se c’è qualcun altro che si è venduto il culo» alzò la voce, rivolgendosi alla ciurma. «Dopo ciò che ti farò, ci penserà parecchio prima di colpirmi alle spalle.»
Gaville ebbe solo il tempo di accennare una preghiera. Shiver gli infilò una mano in bocca con violenza. Un taglio netto, il sangue che colava a fiotti sul mento e qualcosa che gli veniva infilato a forza fin dentro la gola.
La sua stessa lingua lo soffocò. Perse i sensi in un rantolo, sbattendo con violenza la testa sulla tolda.
Scarlett sbuffò tutta l’aria in un colpo, trattenendo a stento un conato di vomito. Tossì, con il cuore inorridito.
Osservò Shiver, indifferente, implacabile. Forse persino divertito.
In quei giorni aveva creduto di vedere un aspetto del capitano sconosciuto a molti. Uno Shiver umano, avvolto da uno strano velo di malinconia. Ora, però, si rendeva conto di quanto fossero vere le leggende.
Era il diavolo.
Un fazzoletto le oscillò davanti al viso, le mani inanellate del capitano a sostenerlo. Ancora tremante, accettò quel gesto e si asciugò il sangue dal viso.
«Manca poco a Devil’s Bay. Sarebbe stato meglio che tu non vedessi questa macelleria. Ma non ti preoccupare, tra poco sarà tutto finito» le disse, un sorriso sincero gli illuminò il volto.
Un contrasto netto, inquietante con ciò che le aveva dimostrato un attimo prima.
«No.» La sua voce filtrò ovattata attraverso il fazzoletto.
«Come scusa?» Shiver aveva inarcato le sopracciglia.
«Non ho intenzione di sbarcare.»
No, non voleva.
A dispetto del terrore, del sangue, del fuoco che le incendiava la tempia, lei da quella nave non voleva scendere.
La paura folle che le aveva fermato il cuore quando Wraith aveva promesso di portarla da suo marito, era stata in grado di illuminare ciò che non voleva: la vita di prima. Sbarcare, significava tornare prigioniera, piccola, con la visione assaporata in cima allʼalbero maestro a tormentarla, fino ad annegarla nel rimorso. Il punto era che sì, aveva ragione Scrub: se fosse stata un maschio si sarebbe unita subito alla ciurma. Una scelta che lei, in quanto donna, non poteva fare.
Ma testarda, era decisa a sovvertire il corso del mondo.
Sulla Stella di Giada aveva iniziato a sentirsi libera. In fondo agli arrembaggi cʼera un senso di libertà, una giustizia crudele che ridava a tutti loro, bistrattati dal mondo per bene, la possibilità di trionfare. Era ciò che aveva letto negli occhi di Shiver e di Christopher. Quel che desiderava per se stessa.
Non poteva essere sicura che a bordo non avrebbe incontrato altri come Wraith, ma una cosa era certa, a terra per lei cʼera solo desolazione. A bordo della Stella, invece, poteva contare sulla protezione di Chris e del capitano, e forse poteva imparare a difendersi, a lottare contro il mondo da cui era scappata e che si rese conto di odiare con tutto il cuore.
«No, non voglio sbarcare, capitano.» Diede uno sguardo alla ciurma riunita intorno a lei, forse curiosa di capire cosa le era successo.
Prese coraggio. «Vorrei entrare a far parte della ciurma!» gridò, decisa.
Un attimo dopo, sulla Stella di Giada calò un silenzio di tomba.
***
Bestemmiava a mezze labbra. Sbuffò e scosse il capo. Shiver continuava a fissare Scarlett, insanguinata, gli occhi ambrati che rilucevano entusiasti.
La ciurma era esplosa: discutevano tutti con animo. Una baraonda in cui era impossibile capirci qualcosa. Doveva intervenire, sapeva che la questione sarebbe stata messa ai voti, ma in quel momento voleva solo caricarsi in spalla quella donna testarda e portarla il più lontano possibile da lui, dalla sua nave e dalla ciurma.
«Non è poi così assurdo. Calico Jack si è portato a bordo Anne Bonny!»
Il commento appena uscito dalla bocca di Danny trovò molti dʼaccordo. Shiver roteò appena gli occhi verso Chris, preoccupato quanto lui. Scarlett, in pochi giorni, aveva dimostrato doti tipiche di un buon pirata. Sopportazione, coraggio, tenacia.
Qualcuno aveva appena addotto la scusa della superstizione, ma la risposta fu ovvia.
«Ma ti senti? Porco di un mondo! Se Alvaro fosse qui ti caverebbe quei due occhi da cane bastonato per farci le gallette, credimi!»
Dannazione a lui che aveva pestato ogni regola a riguardo. Medici che dissotterravano morti, ex frati spagnoli. La sua ciurma era davvero un maledetto carrozzone sputato dagli inferi. Un baccanale dove ogni cosa era lecita. Una reputazione che gli era servita a guadagnare il rispetto incondizionato di ogni altra ciurma pirata, ma che ora lo metteva in seria difficoltà.
Aveva già intravisto alcuni sguardi dei suoi uomini. Avrebbero accettato Scarlett anche per un altro motivo. Per fargli un favore. Erano convinti che la tenesse a bordo per portarsela a letto. Ne era certo.
Imprecò ancora.
La discussione continuò, cʼera chi la riteneva inutile, troppo debole, incapace di sopportare ruoli di fatica, ma altri sostenevano invece che poteva occuparsi delle faccende minori.
Dovette intervenire. «Zitti tutti, bastardi! Alzate le vostre inutili mani e decidete!»
Scarlett fu accolta dalla ciurma con un tripudio di urla. In fondo, la scalata del maestro le aveva fatto guadagnare un rispetto che in pochi riuscivano a intascare così in fretta. E come dar loro torto, dopotutto?
Solo i più superstiziosi non avevano alzato la mano. Lui stesso non l’aveva fatto e nemmeno Christopher, ma la ragazza non sembrava averlo notato. Rideva, gioiosa. Ingenua. Non sapeva ancora cosa comportasse quella decisione. Per lei era solo un modo per sfuggire a una vita che non voleva.
Lanciò un’occhiata a Chris che se ne stava in disparte, torvo e a denti stretti.
Si capirono. In un modo o nell’altro, presto o tardi, l’avrebbero convinta a sbarcare.
***
Scarlett infilò il filo nella cruna dell’ago, sistemò meglio il lato della vela sulle ginocchia e iniziò a cucire. In quei giorni si era discusso a lungo sui lavori adatti a lei. Era quindi finita a rammendare qualsiasi cosa che si fosse strappata sul veliero, compresi calzoni e camicie. Un compito che non le dispiaceva, così come non le dava noia aiutare in cucina. Lavori che l’accompagnavano da quando era una bambina, ma lì avevano tutto un altro significato. Erano gesti di una nuova vita, diversa, pericolosa, ma sua. Solo sua. Era stata lei a deciderlo e lei, da quel giorno in poi, avrebbe combattuto per se stessa.
Si sentiva parte di qualcosa mentre faceva passare l’ago nella stoffa grezza e spessa delle vele.
Passò la manica della camicia sulla fronte accaldata, sistemò meglio i capelli sotto il grande fazzoletto che teneva legato in testa, aveva sete così si alzò per andare a prendere un mestolo dalla botte, ma non vide che Scrub e altri pirati stavano tirando una cima e inciampò.
«Attenta!» Il capitano l’afferrò per le spalle e la salvò da una caduta rovinosa.
«Grazie.» Ne incrociò lo sguardo allegro, quel sorriso storto sulle labbra che lo faceva somigliare quasi a un uomo normale.
«Fa’ attenzione a dove metti i piedi, Scarlett. Deruan non è bravo come te con ago e filo.»
La teneva ancora per le spalle. Una presa salda e calorosa, si divincolò da quello strano abbraccio e incassò la pacca sulla scapola che Shiver le diede, in tono bonario.
Prese il mestolo e bevve, seguì la figura del capitano che risaliva sul ponte di poppa e avvertì un guizzo al ventre. Si chiese cosa fosse quel sentimento, un’emozione che non riusciva a decifrare. Non attrazione fisica, ma un senso di appartenenza, di affetto verso quell’uomo dal fascino oscuro.
Si rinfrescò il viso poi tornò verso la vela da cucire. Voltò appena il capo e intercettò lo sguardo di Chris. Serio, accigliato, come sempre da quando era stata accolta a bordo. Aveva capito in fretta che la svolta del suo destino aveva un prezzo.
Ogni volta che incontrava gli occhi di Christopher, sentiva un pugnale premerle contro il costato, allʼaltezza del cuore. Il quartiermastro non le rivolgeva la parola, e in fondo al suo sguardo Scarlett leggeva una rabbia che non riusciva a capire.
Decise che non poteva più sopportare oltre lʼindifferenza e così lo seguì sottocoperta, fino alla stiva. La pancia più nascosta del veliero, impregnata dalla puzza di catrame e di umido, assordata dalle onde oltre le pareti e male illuminata dalla lampada schermata che Christopher si era portato dietro.
«Cristo, Scarlett! Che diavolo ci fai qui?» le abbaiò contro, quando si accorse della sua presenza.
Incrociò le braccia sul petto, irritata. «Voglio parlarti.»
«Hai dei compiti in coperta. Torna di sopra.»
«Per quanto tempo hai intenzione di farlo?» Si avvicinò.
Lui voltò appena il capo. «Cosa?»
«Ignorarmi.»
«Più o meno fino a quando non deciderai di scendere da qui.» Girò del tutto la testa. «E andartene per la tua strada.»
Le iridi di Christopher tremolavano sotto la luce della lampada. Colate dʼoro scivolavano sul profilo del volto, lungo la camicia, fino allʼavambraccio intento a reggere la lanterna. La bocca era chiusa in un’ostinata linea sottile, che donava allo sguardo una nota oscura di minaccia, di furia.
Scarlett accusò il colpo, indietreggiò di qualche passo, il cuore lʼassordava, la uccideva, scandendo un dolore che si ostinava a non voler capire.
«Perché? Sono parte della ciurma!»
«Sangue di Giuda!» Il quartiermastro poggiò la lampada su una botte, poi veloce le afferrò entrambe le braccia e la spinse contro il muro.
Mugolò spaventata quando le spalle cozzarono contro il legno e fu inghiottita dal fuoco che bruciava negli occhi di fronte a lei.
«Fai parte della ciurma, sì. Brava! Brava davvero: sei riuscita a conquistare pirati incalliti e malvagi. Ma è facile per te! Due tette e un bel culo sono doti che mancano su di una nave, e che sono piacevoli da guardare, diavolo di un satanasso! Vuoi giocare a fare lʼuomo, è così? Vuoi sfogare i soprusi di una vita facendo finta di combattere? E questo che vuoi, no?»
«Sei geloso?» Sibilò.
«No! Sono furioso, Scarlett! Questa non è la vita per una donna!»
«Ho dimostrato il contrario in questi giorni!» Protestò nel tentativo di divincolarsi.
La stringeva con forza, premendole il petto contro il seno. Trattenne il respiro. Lì sotto lʼumidità era irrespirabile, ma non era il caldo a mozzarle lʼaria in gola. Il desiderio strisciava lungo la schiena, la rendeva molle e cedevole. Arrabbiata.
Christopher aumentò la forza, una presa dʼacciaio che non le lasciò scampo. «Sei solo una dannata ingenua!»
«Non farmi la paternale, non ne ho bisogno!» Tentò ancora una volta di sfuggire, ma era impossibile. «Ne ho avuto abbastanza di uomini che mi dicono cosa devo fare.»
La lasciò per un momento libera e alzò un lembo della camicia, le afferrò la mano, poggiandola su una cicatrice frastagliata sul fianco. «Un pugnale. Bastava che andasse più a fondo e ora non sarei qui.»
Sentiva il calore della pelle sotto il palmo, seguiva il respiro di Christopher che premeva contro la mano. Il caldo si fece più pressante.
«Ho sopportato calci e pugni, so resistere al dolore!» Continuò a fronteggiarlo, imperterrita.
«Ah, sì? Sai anche cosa si prova quando ti chiudono una ferita con un ferro arroventato?» L’allontanò ancora, e di nuovo le bloccò le braccia sopra la testa. «Non è uno stupido gioco, questo!»
«Lo so, perdio! Lo so!» urlò, arrabbiata per il modo in cui la trattava. «Non sono una bambina!»
«Mangerai gallette con i vermi, il sole ti bucherà la pelle, la fame ti ucciderà e lo stomaco verrà bruciato dal rum.» Le premette le braccia con più forza.
«Non m’importa. Ho deciso.»
«Potresti perdere una mano o una gamba. Morire per un colpo di cannone, finire fuori bordo per la tempesta.»
La fissò negli occhi. Le loro labbra erano distanti il tempo di un respiro. «E infine potresti finire impiccata. A crepare con il tuo stesso piscio che ti cola dalle gambe. Bella vita che ti sei scelta, Scarlett.»
«Lo so. Lo so che non è facile quel che mi aspetta.» Rimase un istante in silenzio. Il cuore era così agitato che sovrastava il rumore del mare. Non erano le parole appena udite a sconvolgerla tanto, ma la passione che riluceva negli occhi verdi, la preoccupazione, la sofferenza. Ogni tentativo di lottare e difendersi si spense nellʼennesimo respiro caldo infranto contro la sua guancia.
«Ma fare la donna a terra, costretta sempre a chiedere la protezione di qualcun altro è anche peggio. Continuare a subire, senza possibilità di scampo ti uccide l’anima.» Chiuse gli occhi, sapeva quale impervia rotta si era scelta per andare incontro alla libertà. «Questa vita ha un prezzo salato, Chris! Ne sono consapevole! Ma ho deciso e non tornerò indietro. Al diavolo! Se fossi stata un maschio a quest’ora non ci sarebbero stati problemi, ma io voglio essere libera di vivere come mi pare. Combatterò e morirò se così dovrà essere, ma rimarrò qui.»
Christopher si lasciò scappare un sospiro, mentre quella vicinanza nata dalla rabbia si trasformava in desiderio. Per giorni aveva tentato di resisterle ma ora la passione si accendeva più intensa che mai davanti a quegli occhi ambrati, caldi sotto le sfumature della lampada.
Era indomita, ribelle. Una donna troppo testarda perché potesse ascoltare consigli. Non aveva possibilità di salvarla dalla vita assurda che si era appena scelta, ma forse poteva guidarla, proteggerla.
Fremeva ancora per lʼassurdità di una decisione in grado di portarla alla morte in un battito di ciglia, ma una parte di lui sentiva di essere attirato dal coraggio insolito di quella donna. Desiderio e preoccupazione si fusero insieme: si prese le labbra calde di fronte a lui, e lo fece con forza, nel tentativo di sfogare i sentimenti contrastanti che provava.
Le passò una mano dietro al collo, le afferrò i capelli mentre la lingua già seguiva la sua, in una danza che li lasciò stravolti, frementi. Un attimo dopo le toglieva la camicia, la liberava della fascia che proteggeva i seni e si fermò ad ammirarla.
I capezzoli turgidi, lambiti dalla luce ambrata, il ventre agitato sotto i brividi di una lussuria ormai incontenibile per entrambi. Le strinse un seno, la baciò ancora mentre si offriva, cedevole, rabbiosa quanto lui. Le mani di Scarlett scivolarono lungo il suo torace prima di aggrapparsi al collo. Le loro pelli strusciarono in una carezza di fuoco. Le gambe si aprirono senza altri preamboli e la sollevò, sostenendo i glutei sodi, impazzendo per il calore che quel corpo emanava.
La fece sedere su una larga cassa e lei si stese, le mani lunghe oltre la testa, le cosce intorno ai suoi fianchi, la luce morente della lampada, ormai quasi consumata, a esaltare ogni forma.
Sprofondò in lei, e ogni sentimento si delineò con crudele lucentezza. La passione che gli faceva muovere il bacino, la rabbia di saperla al suo fianco in una vita tanto pericolosa, la preoccupazione e la libertà. Lʼappagamento di un amplesso unico, che trascendeva la carne.
E che gli toccava lʼanima.