Capitolo 9
Qualcuno stava gridando.
Un avvertimento, qualcosa in una lingua strascicata che faticò a individuare nella nebbia che gli avviluppava la testa. Mosse il braccio strofinando sul capezzolo della donna stesa contro di lui. Il sole gli feriva gli occhi entrando con troppa arroganza dalle fessure del tetto di foglie. Mugolò, irritato.
La voce continuò, e stavolta l’inglese sporcato di indigeno riuscì a infilarsi nelle orecchie. «Vele in vista
!»
Alvaro Redenso Maquilles lasciò la donna, e si scrollò con forza i capelli neri. Agguantò il crocifisso e lo infilò al collo. Aveva il vizio di toglierlo ogni volta che fornicava, e ogni volta che tornava a indossarlo si chiedeva perché diavolo lo facesse.
Scrollò il capo e uscì senza aver voglia di vestirsi, nella mano destra la colazione: il rum fatto con la melassa unica e indimenticabile che si produceva solo su quell’isola.
Uscì. La spiaggia di Saba era così bianca da abbagliare, e la barriera corallina che la circondava era di un azzurro appena accennato, così trasparente da contrastare con il profondo blu scuro dell’oceano verso l’orizzonte. Camminò sulla sabbia calda e raggiunse la postazione di vedetta. Le chiacchiere delle mulatte e delle altre donne che abitavano il posto gli sbatacchiarono nella testa, producendo un assurdo rumore come quello delle vele spiegate.
Ma sorrise. Amava quel posto. Un piccolo rifugio per quelli che non gradivano l’affollamento di Devil’s Bay. Il bordello privato della ciurma della Stella, protetto da barriere e secche in grado di incagliare qualsiasi nave, se non si sapeva come manovrare nel labirinto di coralli.
Allungò una mano verso Babunda, l’omaccione dalla pelle d’ebano che stava scrutando con massima attenzione l’orizzonte. Prese il cannocchiale e individuò un veliero di medie dimensioni. Sul parrocchetto una bandiera nera. Dopo qualche istante, il drappo rivelò l’identità della nave su cui sventolava. Uno scheletro che passava una clessidra a un uomo. Roberts era arrivato.
Non ci volle molto prima di individuare una seconda imbarcazione, più piccola della precedente. Teschio e sciabole incrociate. John Rackham, detto Calico Jack, veleggiava verso Saba.
«Puntali come sempre» osservò, ironico. Erano giorni che aspettava quei due.
Finalmente soddisfatto, tornò nella capanna per vestirsi.
***
Richard Lesley percorse la strada che portava a villa Jacobson, la preoccupazione gravava sul suo petto come un macigno. Gli stivali strascicavano riluttanti, gli occhi non vedevano altro se non senso di colpa e tradimento. Avrebbe dovuto fuggire lontano non appena Rogers lo aveva messo alle strette, ma qualcosa, nel profondo del suo animo, lo aveva agganciato alle Indie Occidentali come un’ancora calata in un punto troppo saldo per poterla tirare su.
Conosceva la risposta. Sapeva il motivo per cui era rimasto. Un’assurda, antica illusione.
Una volta introdotto in casa, seguì l’anonima domestica fino al salone principale, e la vide.
I capelli biondi a risplendere sul capo, il vestito verde e oro a esaltare la scollatura su cui pendeva un rubino vermiglio che giocava con il sole.
Gli occhi verdi lo divorarono. Denti aguzzi che trangugiarono affamati ogni briciolo di buon senso rimasto in lui.
«Rachel!» Il nome gli uscì di getto, improvviso.
Lei non mutò espressione. Scavò ancora più a fondo. Conosceva il motivo per cui Jacobson lo aveva convocato, un’allettante proposta di matrimonio che gli avrebbe permesso di frequentare quella casa senza problemi, con la vaga speranza di ottenere, dopo tutti quegli anni, ciò che aveva sempre desiderato.
Gli occhi di Rachel però erano duri, troppo. «Hai parlato?» Fu secca. Il rumore di un ramo che si spezzava sotto un passo deciso e violento.
Arrancò fino alla sedia, per reggersi. «Che cosa intendi, Rachel?»
«Al diavolo! Rogers tiene in scacco David. Guarda caso diventa più arrogante dopo che tu sei tornato qui.»
Decise di sedersi. «Giuro che ti ho protetta in tutti questi anni. L’ho fatto perché sai quanto bene ti ho voluto.»
«E poi hai deciso di tradirmi?»
«David lo sa?»
«Hai paura di lui?» Rachel fece una smorfia, agitò una mano nell’aria prima di sbatterla contro il tavolo. «Dovresti averne di me» sibilò.
Ignorò quelle parole che gli graffiarono l’anima. «Ma lo sa?»
«Non ne ho idea, tu lo hai detto a Rogers?»
«Sì.»
«Perché?» Rachel gridò, facendolo sobbalzare sulla sedia.
«Ha detto che avrebbe tolto di mezzo David e forse ho sperato di…»
«Dopo tutto questo tempo ancora sogni di potermi sposare?»
Abbassò il capo. Qualcosa nel tono acido di lei lo fece fremere di rabbia. «Non prenderti gioco dei miei sentimenti, li hai sfruttati quando ti sono serviti.»
Parve calmarsi, le iridi torve. «Se Rogers lo sa, lo avrà di sicuro scoperto anche David, ecco perché se n’è andato. Ed è per questo che ti vuole far sposare Arabelle. Rogers, dopo aver fatto gli affari suoi, userà ciò che gli hai confessato per una commissione reale che ci taglierà fuori dai giochi.» Lo fissò, con quell’aria volitiva che la rendeva irresistibile. «Ma tu rimedierai, Richard.»
«Come?»
«Mi porterai a Nassau. Devo convincere Rogers. Devo farlo.» C’era urgenza negli occhi verdi, il tormento vivido di un’anima in pena.
Si maledisse per aver ceduto a Rogers con troppa facilità, di averle riaperto una ferita tanto profonda.
Mandò al diavolo le conseguenze. «Preparerò subito il viaggio.»
***
Chris si muoveva veloce. Apriva la cartuccia con i denti, rovesciava la polvere nello scodellino, infilava la palla di piombo giù per la canna, premeva con il calcatoio, tirava indietro il cane e sparava. Movimenti fluidi, fatti con maestria e familiarità.
Scarlett agitò la mano nell’aria e scacciò la nuvoletta di fumo provocata dallo sparo e afferrò per l’ennesima volta la pistola.
«Devi abituarti al peso, credo sia quella la parte più difficile.» Il quartiermastro era un maestro severo.
Tutti si stavano impegnando per allenarla al mestiere difficile che si era scelta. Salire sul pennone era una passeggiata, se paragonato all’idea di caricare, sparare, afferrare sciabole e scatenarsi sulle vittime. Deglutì, non aveva alcuna intenzione di mostrarsi debole, aveva fatto una scelta, doveva accettarne tutte le conseguenze.
Avvolse il calcio della pistola e subito il braccio cedette sotto al peso di quello strumento di
morte. I muscoli tesi tremavano per lo sforzo.
«Se è troppo pesante, prova a tenerla con tutte e due le mani.» Shiver le alzò il gomito sinistro e seguì il consiglio. Con il sostegno di entrambe le braccia, la questione cambiava.
«Certo, non puoi pensare di sparare in questo modo durante un arrembaggio.» Chris la osservava, vagamente critico. «Ma può esserti utile nelle retrovie. Concentrati sul bersaglio, ecco così brava. Tira indietro il cane… spara!»
Il rinculo la fece ondeggiare in maniera evidente, dalle dita la forza del colpo si propagò lungo gli avambracci, giù fino alle spalle. Una sensazione che le mozzò il respiro e tuttavia la galvanizzò, quando vide il fantoccio di paglia appeso alle sartie oscillare per via del buco provocato dal suo sparo. Sorrise, ma l’entusiasmo morì poco dopo, rendendosi conto del danno che una ferita come quella poteva provocare a un uomo in carne ossa. Cosa si provava a togliere la vita a un essere umano? Ci sarebbe riuscita davvero? Ma cacciò per l’ennesima volta quel pensiero. Aveva già visto che cosa succedeva in un arrembaggio, non poteva avere incertezze. Non più.
«Molto bene.» Chris le tolse l’arma di mano per posarla sulla botte. «Grosso modo hai capito come funzionano moschetti, cannoni e pistole.» Sfilò dalla fusciacca le due spade. «Ora però devi imparare la parte più importante.» Mosse le lame che sibilarono nell’aria. «Il combattimento corpo a corpo.»
Il capitano le mise in mano una corta spada ricurva. «La cutlass fa di sicuro al caso tuo. Maneggevole e letale.»
Avvolse l’elsa contro il palmo, meno pesante della pistola non era comunque leggera. Tentò di imitare il quartiermastro che incrociò subito la lama con lei.
«Prima di tutto, impara le posizioni di difesa.» Shiver le avvolse il polso e glielo piegò appena verso l’interno, in direzione del torace. Le sistemò la lama in obliquo. «Quando ricevi una stoccata, devi imprimere forza nel colpo» le suggerì il capitano. Chris mosse la sua arma e Shiver le guidò il polso con un movimento fluido verso l’esterno e la sciabola spinse via la spada del quartiermastro. «Bisogna respingere ogni affondo. Brava.» Le poggiò un dito sulla tempia. «Ma ricordati sempre di ragionare.»
Passò due ore intere a prendere lezioni di scherma, era sudata, con il braccio in fiamme, ma non si arrese. Alla fine Christopher le concesse una tregua.
Sedettero su una botte e si asciugò la fronte con una pezza, mentre il suono di un violino iniziò a diffondersi dalla cabina del capitano. La solita musica allegra che si era abituata a sentire.
Il violino, in mano al diavolo, riusciva a strappare il cuore.
«È
bravo!» commentò, mentre il quartiermastro le passava una bottiglia di rum.
«Sì, se è di buon umore può passare ore intere a suonare.» Chris abbozzò un sorriso.
«Come lo hai conosciuto?» Fece un sorso di rum, il cuore accelerato sotto la paura di aver fatto una domanda inopportuna. Aveva scoperto il passato di molti della ciurma, ma non sapeva nulla sui due uomini che la comandavano.
Gli occhi di Chris si erano voltati verso l’oceano, cupi. «Mi ha salvato dal mare, stavo affogando.» Lasciò la botte e l’espressione dura che gli colorò il viso, le fece intuire che non aveva voglia di parlarne.
Scarlett si passò di nuovo la pezza sulla fronte. «Prima o poi dovrò pur conoscervi.» Gli lanciò una lunga occhiata di sfida.
«Meglio di no, Scarlett. Te lo assicuro.» Chris posò la bottiglia, allontanandosi.
Rimase da sola ad ascoltare il violino. Ne era certa: sotto quelle note si nascondeva un mondo di passioni, di illusioni infrante.
Bevve dell’altro rum, e si chiese se mai un giorno quei due le avrebbero concesso di oltrepassare le porte del loro inferno.
***
Le donne servirono la carne, gli uomini aprirono le botti di rum. A Saba la nottata si preannunciava carica di bagordi. Alvaro affondò i piedi nella sabbia e raggiunse uno dei falò, sedendo accanto ai due capitani pirata.
John Rackham vestiva i consueti abiti sgargianti grazie ai quali aveva guadagnato il soprannome di Calico Jack. Era in compagnia di Anne Bonny, la giovane amante che si era trascinato a bordo, violando qualsiasi regola di buon senso. Se ne stava con i capelli biondi sciolti sulle spalle, l’aria languida di chi conosceva il potere del corpo sinuoso avvolto dal vestito, la cui ampia gonna si apriva intorno a lei come un’aureola di voluttà. Poco distante dalla strana coppia, se ne stava Mark Read, uno degli amici più fidati di Rackham. Il naso appuntito e gli occhi di un caldo castano lo rendevano simile a un rapace sempre allerta.
«Benvenuti a Saba, amici miei.» Esordì, l’attenzione rivolta a John Roberts che rispose con uno sguardo diretto. Forgiato nel ferro più duro. Il pirata dagli occhi grigi e i capelli corvini, lo fissava con una strana espressione che ancora non era riuscito a decifrare. Alto e dinoccolato, quel capitano sembrava lanciato verso un’ascesa di gloria che poteva essere paragonata solo
a quella percorsa dallo stesso Shiver.
«Vogliamo iniziare?» La domanda di Anne Bonny lo indispettì. Quello non era affatto il posto per una femmina.
Chinò appena il capo verso Rackham. «Tu credi che sia una buona cosa trascinarsi dietro una donna?» gli sussurrò
John Rackham fece un sorriso sornione. «Non ti sei mai innamorato, vero?»
«Non c’entra l’amore, ma il buon senso.» Scosse il capo. «Le donne portano distrazioni.»
Rackham lisciò i pantaloni di calicò. «Non metterti a farmi la paternale, mi sono bastate quelle di Mark, negli ultimi tempi.» Le pupille si mossero verso il pirata impegnato a fumare e a scrutarli. Fece loro uno strano sorriso.
«Fa bene la ciurma a tenerti con i piedi per terra.» Sentenziò Alvaro, nello sguardo dell’altro passò uno strano guizzo, qualcosa che denotava preoccupazione.
«A ogni modo non abbiamo tempo per occuparci dei tuoi problemi di cuore.» Serrò gli occhi indispettito e sistemò la catenina del crocifisso.
Roberts accese il tabacco della pipa. «Sì, credo sia il caso di parlare di questioni più importanti. Avrei preferito ci fosse anche il vostro capitano, con noi.»
Lo inquietava il modo di fare di Roberts. Sottintendeva sempre qualcos’altro come se avesse già capito ogni segreto che albergava nell’animo di chi gli parlava.
«Shiver avrebbe attirato molta attenzione su questa piccola riunione tra amici» disse, pur condividendo la lamentela. Iniziava a stufarsi di essere sempre il solo a ballare sui carboni ardenti.
«O piuttosto ritiene che non sia ancora il caso di parlarne con la sua, di ciurma.» Roberts lo sondò con intensità. «Prima vuole sapere se può contare su di noi per questo affare.»
Alvaro rimase indifferente alla provocazione. «Lo stesso vale per voi, intorno a questo fuoco ci sono solo i vostri uomini più fidati, vedo.» Sorrise. «Che cosa avete detto agli altri? Fatemi indovinare… che volevate passare un po’ di giorni tra le braccia delle mulatte di Saba. E avete fatto bene. La questione è piuttosto delicata.»
Cadde un’atmosfera piena di diffidenti riflessioni.
«Come mai avete scelto di fidarvi proprio di noi due?» Rackham fu il primo a rompere il silenzio.
«Perché avete dimostrato di non essere dei vigliacchi. Tu, Jack, ti sei liberato di Vane, mettendoti in proprio e hai sfidato Rogers, rubandogli uno sloop da sotto al naso.» Alvaro alzò
la mano armata di boccale verso Roberts. «E tu ti sei infilato in una flotta portoghese del tesoro, uscendone vivo per poi seminare il panico in ogni porto dove hai posato gli occhi.» Bevve alla loro salute. «Siete spregiudicati al punto giusto.»
Rackham distese le gambe. «Gli ultimi che stanno dando filo da torcere alla corona.»
«Sì.»
«Spero che il tuo capitano non voglia proporci una lega per la libertà dei pirati, perché unire i bastardi che ci trasciniamo dietro sotto un qualche tipo di ideale, è impossibile.» Roberts parlò fissandolo dritto negli occhi.
«No, nessuno ideale.» Alvaro fece per riempirgli il boccale, ma si accorse che quello del capitano di fronte a lui era ancora intonso. Un dettaglio da non sottovalutare. Non era certo il rum la leva da usare per convincerlo.
Decise che era arrivato il momento di scoprire le carte. Sfilò dalla tasca il prezioso bottino che Taylor Ferd aveva venduto al suo falso nipote interpretato da Chris.
Lo stese per bene sulla sabbia. «Il mio capitano vi offre solo monete sonanti.»
Quando ebbe finito di spiegare, intorno al fuoco aleggiò un istante fatto di sorpresa e perplessità, rotto solo dalla risacca del mare alle loro spalle.
«La questione è più delicata di quanto immaginassi» borbottò Rackham.
«Qual è la vostra risposta?»
Gli occhi dei due capitani non promettevano nulla di buono, dopotutto li capiva. La sua reazione non era stata poi così diversa quando Shiver gli aveva illustrato le proprie intenzioni.
Roberts sfilò la pipa dalla bocca. «Perdio, voi siete matti! Quella città non ha nulla da offrire, se non complicazioni.» Si alzò. «Se ci fosse qualcosa di molto più prezioso, la cosa cambierebbe.» Fece spallucce. «Preferisco un’impresa più redditizia e meno rischiosa.»
«Sì, non è affatto una bella impresa, mio caro Alvaro. Ho pochi uomini e non ho intenzione di sacrificarli inutilmente.» Calico Jack fece un grosso respiro. «Perché Shiver ce l’ha tanto con Jacobson?»
Una domanda che aleggiava da molto nel suo cuore e in quello della ciurma della Stella. L’accanimento di Shiver contro ogni azione dell’ammiraglio iniziava a lanciare lunghe ombre di sospetto.
Ombre che, a giudicare dallo sguardo di chi gli stava intorno, si erano sparse in tutti i porti.
Roberts gli mise una mano sulla spalla. «Le questioni personali, in questo mestiere, portano solo grandi guai, ricordatelo al vostro capitano.»
Lo lasciarono da solo di fronte al fuoco che crepitava, a fissare il rosso pulsante di un dubbio che iniziava a inquietarlo sempre di più.
***
Rachel non aveva alcuna voglia di alzarsi quella mattina. Tanto meno di partire con un vecchio spasimante, all’oscuro di suo marito. Aveva fatto sogni angoscianti, carichi di peccato e passione.
Stralci di un passato con cui lottava da troppi anni.
Suo malgrado, decise di lasciare nel letto le proprie pene. Doveva agire. Non poteva restare ferma in disparte.
Chiamò le domestiche e quando fu pronta, scese in giardino dove trovò la figlia. Arabelle le rivolse uno sguardo spento che già sfocava verso lʼacredine. David, prima di partire, si era premurato di dire alla figlia le novità sul prossimo matrimonio.
Conosceva troppo bene quei sentimenti e un nodo alla gola le strinse il petto. «È
per il tuo bene.»
La figlia fece un lento gesto del capo. «Il mio bene? Infilarmi contro la mia volontà nel letto di un altro vecchio vorrebbe dire fare il mio bene?»
«Sì, lo è» mormorò.
La fulminò, carica dʼodio. «Io lo amo!»
«No!»
La raggiunse e la prese per le spalle.
Il profumo del giardino era dolce, accattivante, come la distesa dʼacqua che fluttuava oltre le palme. Era una visione gentile, generosa. Le Indie Occidentali promettevano sogni che sapevano di paradiso e fortuna, ma tutti trovavano solo miseria, caos. Sangue.
Arabelle tentava di divincolarsi dalla sua presa, ma la imprigionò salda, ne cercò lo sguardo. «Stai lontana dallʼamore, Arabelle, non lo dico per mantenere puro il nostro buon nome, lo dico per te.
Per la tua vita. Non siamo libere dʼamare ed è un tormento da cui tu devi stare lontana.»
La figlia riuscì a scostarsi. Fece qualche passo nel giardino. «Voi però avete amato.»
Una pugnalata che la colpì in pieno petto. Dʼistinto, portò le mani al ventre. «Di cosa stai parlando, Arabelle?»
«Di un pettegolezzo che ci ha seguito fino a qui. Pensavate di averlo lasciato a Londra?»
Rachel si bagnò le labbra secche. «Non sono cose che ti riguardano. Ascolta il mio consiglio e stai lontano da Orgell. Sono disposta a tutto pur di difenderti da un tale pericolo, sono stata chiara?» Fu dura, severa.
Ma doveva esserlo. La figlia un giorno lʼavrebbe ringraziata. Arabelle però la lasciò in silenzio, senza una parola, e lei alzò il viso verso il cielo, socchiudendo le palpebre contro il riverbero del sole.
La visione della casa in Inghilterra era vivida di fronte a lei. Il giardino, il bosco, il lago cristallino. Le sembrava di sentire lʼerba sfiorarle i piedi, il vento carico di primavera passarle tra i capelli.
Una lacrima le rotolò sulle guance, la mente a rincorrere una marsina rossa tra le foglie. Allungò una mano nel tentativo di trattenere ciò che era stata, lʼallegria che le aveva percorso il cuore. Voleva tornare a essere solo una ragazzina felice, carica di speranze.
I fiori caraibici si confusero con i campi di grano dorati dall’estate. Poteva ancora sentirlo pungerle la schiena, poteva aspirarne lʼodore. Una lacrima sostava in bilico sulle sue labbra, il gusto salato si confuse con il ricordo di un dolce bacio.
Lʼinnocenza di un soffio, il tocco malvagio del destino.