Capitolo 12
Scarlett si sentiva spossata, le membra sembravano troppo fragili per sostenerla. La pelle era fredda, senza più la febbre a divorarla. Teneva il braccio sinistro legato al collo, per evitare di fare movimenti bruschi e riaprire la ferita. Una fasciatura gli ricopriva tutto il seno per tenere al riparo la bruciatura, così come era stato fatto con il ginocchio. I polsi erano lividi per i ceppi e pareva dolerle ogni parte del corpo.
Era rimasta seduta per un lungo periodo di tempo, sul letto dalle lenzuola pulite, la mano poggiata sulla veste da notte, candida e bordata di pizzo. La testa continuava a pulsare e aveva l’impressione di essere reduce da una lunga peregrinazione nella valle più desolata degli incubi.
Fissò i lembi della tenda arancione mossa dalla brezza, oltre la quale si muoveva Devil’s Bay. Fece qualche passo, i piedi nudi strusciarono sul pavimento di legno, e diede un’occhiata al golfo. Non c’era nessuna traccia della Stella di Giada.
Con un sospiro, indossò l’abito posato sullo schienale, una gonna scura, un corpetto dignitoso ma senza fronzoli. I vestiti indossati a bordo erano spariti.
Raggiunse il mobile su cui riluceva la sua collana. La strinse forte nel palmo, rendendosi conto in quel momento di quanto fosse arrabbiata, afflitta, spaventata e indebolita. I pensieri erano un vortice profondo di dubbi e incertezze. Sentiva la mancanza di Christopher e allo stesso tempo si domandava se non fosse meglio rimanere su quellʼisola e troncare con la vita da pirata.
Un capogiro la costrinse a ritornare a letto. Contro le palpebre iniziò a muoversi il ricordo di qualche incubo, ricomparvero i frammenti della strana visione che le era apparsa quando lʼavevano ricucita. Un’immagine che era tornata a ripetersi, ossessiva. La neve, il cappuccio, e tutto il resto. Già in passato quel sogno aveva bussato nella mente, ma ora si era fatto pressante, come se volesse a tutti costi la sua attenzione.
Aprì gli occhi e fissò l’anello sul palmo, accarezzò la rosa dei venti incisa sopra.
Era un gioiello strano, quello. Le era sempre appartenuto, ma non aveva mai capito da dove fosse spuntato. La sua famiglia non poteva permettersi un tale sfoggio di ricchezza. Si era inventata la faccenda della nonna giusto per giustificare la presenza di oro attaccato al collo di una semplice domestica come lei.
Tutti i giorni lʼanello ondeggiava sul suo petto, a ricordarle il mistero che condividevano. I
genitori non le avevano risposto, si erano limitati a farfugliare una scusa su un vecchio dono di un parente. I fratelli non si erano mai permessi di sfiorarlo, e lei era rimasta giorni interi a contemplarlo in ogni particolare.
Compresa lʼincisione che stava all’interno. Ricordava ancora il modo in cui aveva insistito affinché il prete di Portland le insegnasse a leggere, per scoprirne il significato.
Sospirò, pensando al mistero racchiuso in quelle quattro lettere vergate nell’oro e lo strinse forte, prima di infilare la testa nella catenina. Poi si fece coraggio e iniziò a vestirsi.
Tentò di aprire la porta ma una mano inanellata la spinse verso la stanza. Apparteneva a un uomo dal volto brunito e le labbra carnose, con i capelli corvini arricciati e sciolti sul collo. Le iridi nere si conficcarono nelle sue. Erano percorse da qualcosa di strano. Una fiamma dʼinquietudine, di allerta.
«Non t’azzardare a scendere di sotto.» C’era evidente astio nel tono caldo, sporcato dall’accento spagnolo.
Rimase dov’era, nonostante la mano premesse sul suo petto per farla spostare. «E tu che diavolo vuoi? Chi sei per darmi ordini?»
L’uomo la scostò ancora con arroganza, si mise una presa di tabacco in bocca e richiuse la porta. Lanciò occhiate guardinghe oltre la finestra.
«Mi hanno affidato la tua sicurezza. Sei ferita e di sotto c’è gente. Stai qui buona e tranquilla.»
Scarlett lo squadrò meglio. «Non prendo ordini da sconosciuti. Faresti meglio a farmi passare. Dov’è Swenny?» chiese. «Jeffry?»
«Impegnati.»
Gli agguantò il polso, lui la guardò carico d’indignazione. «Spiegami che cosa succede.»
«Diavolo, hai una lingua impertinente. Mi avevano avvertito.» Le diede una strana occhiata che la percorse tutta, le pupille dello spagnolo si fissarono sulla scollatura. «Devi cavartela bene quando apri le cosce, se hanno fatto finta di tenerti in gran conto.» La sfidò con aperta diffidenza.
Strinse le labbra, mosse il braccio libero e gli rovesciò addosso l’intero contenuto della brocca poggiata sul tavolo. Il rum grondò sul viso, scivolò lungo il crocifisso. Nell’aria risuonò un’incomprensibile sequela di imprecazioni in spagnolo.
«Sei Alvaro, non è così?» Non era stato difficile mettere insieme gli indizi.
«Sì.» Un sibilo di rabbia.
«Mi ero fatta decisamente un’idea migliore.»
Il nostromo la strattonò. «Mettiamo le cose in chiaro, Scarlett.» Sibilò. «Johnny e Chris tendono a divertirsi. Quando non sanno cosa fare si lasciano travolgere dai loro capricci momentanei.» Continuava a stringerle il braccio con una presa di ferro. «Io, al contrario, rimango sempre con i piedi per terra.»
Le pupille erano ferme in un’espressione che la fece vacillare. Non erano crudeli come quelle di Shiver o arroganti come il verde di Chris. Ma lame aguzze che scavavano, rimestavano nel cuore e nell’anima, diffidenti.
«Questo non è affatto il momento di giocare al pirata. Di sotto ho questioni urgenti con John Rackham e Devil’s Bay ha un’aria che non mi piace.»
«Rackham?» tamburellò le dita sulle labbra, ignorando tutto ciò che le aveva detto. «Calico Jack?» sorrise. «Quello di Anne Bonny? È di sotto?» Era eccitata all’idea di conoscere un’altra donna come lei.
«Al diavolo!» Alvaro tornò alla porta e gliela richiuse sul naso.
Girò nella toppa. «Dimenticavo di dirti una cosa» le disse attraverso il legno. «Hanno specificato che non ti rivogliono a bordo.»
Scarlett diede un pugno alla porta, furiosa.
La vita da pirata è dura, non la meriti.
Le parole di Shiver esplosero nella testa. Sapevano di condanna.
Uno strano nodo le avvolse la gola, opprimendola. Cercò di trattenerlo, di ingoiarlo, mentre una serie di improperi le rimbalzavano nella bocca. Insulti irripetibili verso Chris e Shiver. Alla fine lʼavevano relegata al compito che pensavano giusto per lei. Una graziosa donna che accudiva la loro casa, annoiata e florida, agghindata con sottane e grembiuli, pronta ad aprire le gambe appena il suo pirata toccava terra. Trattenne la nausea.
Agguantò ciò che rimaneva della brocca e lo scagliò contro il muro.
Non poteva tornare in gabbia dopo aver assaporato la libertà.
***
Christopher spalancò la porta della cabina e la richiuse con un calcio, interrompendo la musica del violino, nostalgica e avvolgente.
Il capitano rimase per un momento con il braccio a mezz’aria, poi posò l’asta e lo strumento, alzando le iridi azzurre verso di lui. Erano oscure, tormentate molto più del solito.
«Per quanto ancora andremo in giro senza sapere cosa stiamo cercando?» esordì, sedendosi di fronte a lui. «Abbiamo fatto annusare già da un po’ a Roberts e Rackham il profumo dell’oro, e la nostra, di ciurma inizia a infastidirsi, perché stai ignorando ogni dannata preda che avvistiamo al largo.»
Shiver mosse appena l’angolo della bocca, stappò la bottiglia di rum e incrociò i piedi sul tavolo. «Mi sembrava di essere stato chiaro quando ho detto che cercavamo conferme.»
«Sì, ma quali!» fece un sospiro, esasperato. I segreti del capitano iniziavano a diventare ingombranti anche per lui.
«A English Harbour ho trovato anche questo.» Gli allungò un diario. «Il registro di navigazione della Royal Navy.»
«E?»
Un dito inanellato indicò un nome sulla carta ingiallita. «Qui possiamo trovare la certezza che ci serve.»
«Attaccando la Lyonesse? Un veliero da guerra con quaranta cannoni, e quanto... un centinaio di uomini di equipaggio?»
Il capitano richiuse il registro. «Lo abbiamo già fatto, mi pare. Nessuno si è lamentato quando abbiamo abbordato la Wind of Pride.»
Chris picchiò una mano sul tavolo. «Cristo santo, Johnny! In quel caso c’erano cinque casse d’oro e Arabelle Jacobson come premio. Qui che cosa ci aspetta?» Alzò le mani, esasperato. «Ti ho seguito in ogni tua fottuta impresa, ma ora mi devi dire che cosa diavolo sta succedendo.» Assottigliò gli occhi. «Perché non è lo smeraldo il problema, è di nuovo Jacobson, non è così?» Tentò di calmarsi. «La capisco la vendetta, oh, ti giuro che il mio cuore gioisce al pensiero di come ho strozzato quel figlio di puttana, ma tu da quanto tempo stai dando la caccia all’ammiraglio?»
Shiver si portò la pipa alla bocca, masticando con foga il cannello. «Tredici anni» rispose, con un sospiro appena percettibile. «Di cui otto passati in una cella a Newgate. Altri cinque a spaccarmi la schiena in una piantagione in Carolina del Nord.» Tolse la pipa e lo fissò con occhi liquidi, persi in un passato di sofferenza. «Questo è un conto che non si salda solo con la morte, Christopher.»
Tamburellò le dita sul tavolo. «Lo capisco, ma vale la pena rischiare un ammutinamento?»
Il capitano lo fissò dritto negli occhi. Uno sguardo che percorse l’intera anima, raggelandola. Parlava di una determinazione capace di inghiottirsi qualsiasi buon sentimento.
«Io vorrei dirti che cosa è successo, Chris. Davvero» mormorò a mezze labbra. «Ma sotto le tue lame tinte di rosso, esiste ancora un cuore, quello di un amico che finirebbe con il farmi prendere una giusta decisione. E non posso lasciartelo fare.» Stavolta sfregò l’acciarino e diede fuoco al tabacco. «Vivo in un antro scuro, fatto di odio. E non voglio mostrartelo. Ho fatto il mio dovere di capitano, ho sempre tenuto un equilibrio tra l’interesse della ciurma e la mia vendetta. Cosa che sto facendo anche adesso. Richard Lesley è un vecchio amico di David, potrebbe avere delle risposte sullo Smeraldo. La ciurma non ha bisogno di sapere altro, perché le loro tasche si riempiranno presto. E visto che stanno per diventare ricchi, io ho tutto il diritto di tenermi i miei segreti.» Fece una boccata di fumo. «Sono stato chiaro?»
Chris scosse il capo. «Sì, ma perdio, stai attento. Posso pararti il culo, ma non salvarti da te stesso.» Agguantò con dispetto il fiasco di rum e bevve, cercando di placare le sue ansie.
Shiver tornò a suonare il violino, lo sguardo perso nel vuoto e, oltre l’azzurro, le ombre di una tempesta. Il tormento di un uomo con uno stiletto piantato nel cuore.
Una ferita sempre viva che sanguinava odio puro.
***
La notte era scesa placida e le onde risalivano la spiaggia per bagnarle i piedi scalzi. L’orizzonte era null’altro che una linea scura di fronte a lei, insondabile, come ciò che l’aspettava.
C’era stata una lunga ed estenuante discussione tra Jeffry Deruan e Alvaro per permetterle di uscire a prendere un po’ d’aria. Alla fine il medico l’aveva spuntata. Sosteneva che la brezza fresca della notte le avrebbe giovato.
Non riusciva a capire perché Alvaro la tenesse così a distanza, ma in fondo erano Chris e Shiver ad aver avuto un atteggiamento diverso rispetto al resto del mondo. Il nostromo si comportava esattamente come avevano fatto suo padre e tutti gli uomini che aveva incontrato.
Anne Bonny la raggiunse. Entrambe colpevoli di possedere un animo bizzarro e ribelle, erano finite per fare amicizia in fretta.
«Cosa ti preoccupa?»
Le sedette accanto e Scarlett si voltò a guardarla. I lunghi capelli dorati a svolazzare intorno al viso ancora troppo simile a quello di una bambina. A prima vista, l’unica cosa che si scorgeva era un tratto d’innocenza, qualcosa di puro, ma gli occhi erano carichi di malizia e determinazione. Anne appariva fragile, con le caviglie esili lambite dalla sabbia, la vita stretta, le forme sode sotto al corpetto. Una ragazza come tante, in cerca di protezione. Ma oltre la
facciata si nascondeva un animo duro come l’acciaio.
«Alvaro e Jeffry sono agitati, e non penso sia per via delle mie ferite.» Sospirò. «Sta succedendo qualcosa, non è così?»
Anne le avvicinò la bocca all’orecchio. «Il tuo capitano vuole assaltare Kingston e prendersi lo Smeraldo di Venere.»
Il tono suadente di Anne s’insinuò nell’anima, facendole battere il petto in maniera folle. Pensò a Chris, ai pericoli, alla frustrazione di non essere stata coinvolta in alcun modo nella cosa.
«Alvaro sta provando a convincere noi e Roberts a unirsi a loro, ma nessuno è intenzionato, anche se forse le cose ora cambieranno. Siamo capitati qui di passaggio, ma abbiamo incontrato Shiver quando è tornato per sbarcare te.» Anne continuava a parlarle a un soffio dal viso, il suo respiro era caldo, la voce una dolce carezza. «Ci ha detto che ora ha la conferma dell’esistenza dello Smeraldo.»
Scarlett cercò di ritornare padrona dei suoi sentimenti, oltre la rabbia e lo sconcerto per quelle notizie, trovò la forza di fare l’unica domanda che le sbatteva in petto. «Dove è adesso la Stella?»
«A cercar certezze.» Le scoccò un sorriso. «E sarà meglio che le trovino in fretta. Ho imparato una cosa, stando tra i pirati.» Mosse i piedi tra la sabbia bianca per allontanarsi. «Si annoiano in fretta. Jack non aspetterà Shiver in eterno, nemmeno se c’è in ballo un tesoro.»
Scarlett strinse i pugni, guardò l’orizzonte scuro di fronte a lei. «È
una pazzia» mormorò a mezze labbra. «Ho vissuto in quella città, il golfo è protetto da Fort Charles e da altre tre postazioni di difesa.» Scosse il capo. «Non può essere attaccata.»
Anne le sorrise. «Ogni fortezza ha un punto debole, basta sapere quale.»
Le prese la mano. «Ma ora non parliamo di questo, dimmi piuttosto, cosa ti sta intristendo. Pensi a Christopher, non è così?»
«Quando tornerà sarà meglio per lui che mi riprenda a bordo.»
«Lo farà di certo. Gli uomini sono più facili da ammansire di quanto sembri.» Aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Hai fatto così con Jack? Qualche moina e ti ha assecondato?»
«è
quello che dicono tutti di me, che ho aperto le gambe e ho rimbambito il capitano, ma non è andata proprio così» si strinse nelle spalle. «Mi sono innamorata, e ho colto l’opportunità di abbracciare una vita che bramavo da sempre.» Gli occhi della donna scintillarono
nell’oscurità. «La libertà, l’infinita libertà di scegliermi il destino.» Mosse il piede nella sabbia e rovesciò la testa indietro, verso il cielo. «Sono la figlia di un ricco possidente, lo sai? Tutta ricamo e merletti ma quella vita mi stava così stretta da soffocarmi. Così ho sposato il caro Bonny, in cerca di avventura ma si è rivelato un assurdo vigliacco, e a Nassau ho preferito scappare con Jack.» Le sorrise, spostando il collo per fissarla con occhi orgogliosi.
«Ho sentito dire che Jack ha rinunciato al perdono di Rogers, per te. Che è scappato per non farti finire nei guai come adultera.»
«Pressappoco è così che sono andate le cose.» Anne si sdraiò sulla sabbia. «Ma immagino che anche tu abbia qualche interessante storia da raccontare. Non è da tutte capitare tra le grinfie della Stella di Giada e uscirne da pirata.»
Scarlett rise e iniziò a raccontarle tutta la storia. Quando ebbe finito Bonny era estasiata. «Quindi anche tu fuggi da un marito arrabbiato?»
Rimase un attimo in silenzio, poi la forza di quell’appunto la investì come un’onda gonfia e carica di paure.
Rayan.
Nel trambusto degli ultimi giorni si era completamente dimenticata di lui, della proposta di vendita, della taglia che Wraith voleva riscuotere. Il cuore iniziò a batterle più forte.
Il vociare di Devil’s Bay, le numerose imbarcazioni ancorate, tutto parlava di gente, una confusione indistinta di facce tra cui si poteva nascondere quella da cui sfuggiva ogni notte.
«Qualcosa non va?»
Scarlett sussultò alla domanda, e si alzò in piedi. «La ferita. Forse è meglio rientrare.»
Lo fece alla svelta, richiudendosi la porta della camera alle spalle. Chiuse a chiave e d’improvviso le raccomandazioni di Alvaro non erano più così fastidiose.
Mormorò a denti stretti qualche altro insulto a Christopher. Come aveva potuto lasciarla lì dopo quel che aveva fatto Rayan? Ma poi si mise nei loro panni, in fondo non aveva raccontato a nessuno ciò che le aveva detto Wraith: Rogers in persona aveva messo una taglia su di lei.
Un particolare taciuto che poteva costarle caro.
***
«Si può sapere che cos’hai intenzione di fare?» Jeffry mormorò la frase da sotto al cappello. «Sei sempre così sospettoso!»
«Se fossi cresciuto, come me, in un monastero di gesuiti lo saresti stato anche tu.» Continuò a guardare l’andirivieni che si alternava all’entrata della taverna principale. «Tendo a fiutare l’inganno quando lo vedo. D’altronde sono il primo a tesserli.»
«Che cosa stiamo cercando, di preciso?»
Alvaro entrò nella taverna. «Devo parlare con Tonega.»
«E io a che diavolo ti servo?»
«Lo sai quanto soffre per il suo perenne mal di pancia, potresti dargli una mano.» Mosse qualche passo nella bolgia infernale di corpi davanti a loro.
«Perché qualcosa mi dice che non dovrò usare le mie qualità per aiutarlo?»
Alvaro scoccò un sorriso complice al dottore, mentre continuava l’osservazione di ciò che gli stava di fronte. Violini scatenati, donne mezze nude. Una se ne stava sul tavolo circondata da diversi uomini che la toccavano.
Jeffry si attardò a fissare la scena, interessato. «Sembra che la Baia del Diavolo stasera voglia dare il meglio di sé» commentò, entusiasta.
«Già.» Vide l’oste stillare altre botti. «Sono tutti fin troppo allegri.»
«Ma non è sempre così in questo posto dimenticato da Dio?»
«Forse, ma qualcosa non mi piace.»
Tra la baraonda di balli e amplessi sfrenati, si nascondevano facce silenti e concentrate. Uomini fin troppo sobri per un luogo dove l’aria era fatta di rum. Si aggiravano al piano superiore, tra le stanze, parlottavano con i pirati e le prostitute.
«Muoviamoci, Jeffry.» Tirò la manica del medico che lasciò a malincuore il tavolo. La donna aveva appena accolto in sé uno dei clienti, mentre un altro sembrava intenzionato a profanarle la bocca.
Uno spettacolo che attirava attenzione. Fumo negli occhi.
Aggrondò le sopracciglia e strinse l’elsa del coltellaccio, prima di salire al piano superiore.
Tonega se ne stava nella sua stanza preferita in compagnia di tre ragazze, fin troppo giovani per fare quel mestiere. Alvaro le scacciò con un gesto secco. Lo riconobbero all’istante e sparirono dalla porta con le facce pallide. In due anni e mezzo si era fatto una fama piuttosto nera.
«Che diavolo vuoi, spagnolo?» Tonega pareva indispettito per l’interruzione.
Più bravo come taverniere che come capitano, l’uomo che Alvaro si trovava davanti era il
ricettacolo di tutte le notizie dell’isola.
«Ti ho portato mastro Jeffry.» Sorrise, gentile. «Ho saputo che hai avuto altri problemi con la tua pancia.»
In risposta il ventre prominente di Tonega gorgogliò e qualcosa gli uscì dal didietro, provocando una smorfia di orrore sul volto di Deruan.
«Gentile da parte tua. Ma in cambio vuoi qualche pettegolezzo, giusto?»
Fece un gesto al medico. Tonega si stese sul letto e tolse la camicia.
Alvaro strappò un pezzo di pane e se lo portò alla bocca. «Di sotto si stanno divertendo. Qualche occasione particolare?» Lanciò la domanda mentre masticava con indifferenza.
«A noi gentiluomini serve qualche scusa?» Tonega parlò con la voce strozzata. Deruan gli stava tastando il ventre.
«No.» Afferrò il fiasco, tolse il tappo e odorò il contenuto. «Madeira.» Ne versò un po’ nel bicchiere. Il colore ambrato del vino si accese sotto la luce soffusa delle lanterne. Lo assaggiò. «Ottimo. Costoso. Ne bevevamo parecchio a Cartagena.»
Tonega si voltò verso di lui, gli occhi d’improvviso vigili. «È passato un contrabbandiere portoghese, abbiamo fatto buoni affari.»
«Uno poco furbo se ha venduto a te questa delizia. Qui si piazzano gli scarti, un Madeira così dolce e stagionato si vende in porti frequentati da gente migliore, come Nassau.» Ne prese un altro sorso. «O Kingston.»
Un lieve cenno a Deruan che fece più pressione.
Tonega strinse le labbra. «Mi stai accusando di qualcosa, spagnolo?»
Strinse le spalle. «Puttane con ottimi vestiti, tavernieri che stappano le riserve migliori di rum, tu che bevi Madeira eccellente. Tutto questo in fila sembra essere una specie di ricompensa.»
Il pirata impallidì. «Shiver non ha alcun diritto di mettere becco negli affari dell’isola.»
«No, a meno che non riguardino anche lui. Ho visto facce oneste di sotto.» Lasciò il bicchiere e raggiunse Tonega. Lo fissò dall’alto. «Dimmi che diavolo sta succedendo.»
«Non sono pazzo.» Scosse il capo, avvilito. «Non hai idea dei guai in cui siamo finiti tutti quanti. Ho solo agito per sopravvivenza.»
Deruan capì all’istante. Staccò un piccolo coltello affilato dalla cintola e lo infilò tra il costato di Tonega. Premette, senza affondare la lama. Il pirata sussultò.
«Sai, Jeffry è così bravo nell’arte medica perché a Londra smembrava cadaveri. Conosce i
segreti sotto la pelle e sa come farti male senza ucciderti.» Deruan spinse più forte. «Ti conviene parlare, Tonega. Alla svelta.»
***
Si svegliò nel cuore della notte, di soprassalto.
Sudata, la spalla che doleva, un’assurda sensazione di pericolo che le strisciava lungo la schiena. Devil’s Bay era ancora sveglia, si udivano le risate e le musiche provenire dalle taverne.
Prese l’acciarino e diede fuoco alla stoppa. In una mano stinse il becco con la candela, nell’altra il coltello e iniziò a incamminarsi verso il piano di sotto. La fiammella fluttuava agitata e proiettava la sua ombra sui muri, ingigantendola. Giunta dabbasso, un refolo umido la spense, girò le iridi di scatto, verso la finestra aperta.
Qualcosa riecheggiò nello strano silenzio. Colpi di pistola.
Continuò la perlustrazione. I piedi cozzarono contro qualcosa steso sul pavimento. Trattenne un urlo quando riconobbe Swenny, si chinò e con sollievo avvertì il respiro sul suo palmo.
Un fruscio. L’intero corpo si irrigidì.
Freddo contro la gola, caldo sulla bocca. La mano premette di più costringendola a stendersi contro il torace alle sue spalle.
Le lacrime le inondarono gli occhi mentre l’odore si insinuava nelle narici.
Il profumo della paura e del sangue. Della disperazione.
Un velo di barba le graffiò la guancia. «Sei mia moglie. Il tuo posto è con me.» Le premette la bocca con più forza. «Ora ce ne andremo di qui e tu non urlerai, sono stato chiaro?»
Un altro uomo comparve nella stanza, una pistola puntata contro la testa di Swenny.
«Se urlerai o tenterai di scappare, il ragazzino morirà.»
Annuì, attonita, incapace di formulare un pensiero logico che non fosse odio puro.
«Molto bene, moglie
. Sono davvero, davvero felice di averti ritrovato.»
***
Devil’s Bay era perduta. Andata per sempre. Poteva solo sperare di fuggire con Rackham prima che Rogers arrivasse con la sua dannata flotta.
Si erano venduti. Puttane, contrabbandieri, spagnoli, pirati. Nessuno aveva recriminato quando gli uomini delle Bahamas avevano riempito di oro le tasche nell’ombra, per comprare il loro silenzio e permettere a Rogers di infilarsi a Devil’s Bay, per poi conquistarla.
Erano da soli.
La Stella di Giada non avrebbe mai più potuto fare porto in quell’isola e lui avrebbe fatto meglio a sparire. Era sicuro che ci fosse una bella ricompensa per la sua testa.
Tornò verso la casa del capitano, le armi strette in pugno con Deruan che gli camminava accanto. Avevano ucciso Tonega soffocandolo con il prezioso Madeira e si chiese quanto tempo ci avrebbero messo a capire che non era stata una disattenzione dovuta alla troppa euforia.
Entrò in casa.
Anne e Mark Read lo accolsero con la faccia torva.
Rackham era pallido, arrabbiato. «Dobbiamo andarcene, non so che cosa sia successo, ma ci hanno distratto. Eravamo di sotto e qualcuno ha detto che ci stavano sabotando il veliero. C’era una rissa con alcuni dei mie qui fuori, siamo usciti…»
Alvaro spostò gli occhi sul letto, dove se ne stava sdraiato Swenny.
Lo raggiunse e gli ripulì la fronte pallida, sorridendo per rassicurarlo. Gli occhi castani del ragazzo erano spaesati, lucidi di dolore, rivoli di sudore gli scendevano lungo la fronte e Alvaro imprecò a mezze labbra.
Aveva giurato di proteggere quel bambino quando se l’era portato con sé nella fuga dal convento. Si era ripromesso di tenerlo lontano dai guai, dagli uomini che gli avevano tolto l’innocenza.
Testardo, curioso, Swenny insieme a lui aveva ripreso a vivere e non c’era stato nulla da fare quando, qualche mese prima, aveva insistito per salire a bordo come mozzo. Una decisione che lo aveva tenuto sveglio più di una notte, con la preoccupazione di ritrovarlo così, ferito e sofferente. Ma come spesso accadeva, gli incubi avevano preso forma in luogo che reputava sicuro.
Mark Read lo raggiunse, gli occhi castani lo scrutavano con decisione. «Un paio di uomini se ne sono andati di qui trascinando una donna. Ma nessuno ha fatto domande. D’altronde in questo posto è normale trattare le femmine come bestie da monta.» Il pirata aveva parlato con un sibilo carico di sarcasmo e accusa.
Lasciò il capezzale di Swenny. «E se è fuggita? Magari Swenny ha tentato di trattenerla o
ha sentito cose che non doveva.» Si avvicinò a Mark, abbassando il tono della voce. «Devil’s Bay si è venduta a Rogers, magari lo ha fatto anche Scarlett.»
«Cosa?» John Rackham strinse le pupille che non lasciavano un istante la strada oltre la finestra aperta. «Quel bastardo di Rogers si è comprato l’isola?»
«Sì e sta per arrivare con una flotta di quattro velieri» precisò.
«Merda.»
«Pensi che quella donna c’entri qualcosa?» Mark era contrariato. «Non credo proprio.»
«Come fai a saperlo?»
«Mi pare solo una ragazza in cerca della sua libertà, e credimi, non mi sbaglio mai» sentenziò il pirata con una strana luce negli occhi.
«Scappava dal marito. Un capitano di marina.» Anne s’intromise nel discorso. «Da come me ne ha parlato, ieri sera, credo che preferisse morire, piuttosto che ritornare alla vecchia e cara civiltà.» Lo raggiunse. «Giù al porto mi hanno detto di un veliero di pescatori giamaicani. Qualcuno dell’equipaggio ha fatto domande su una giovane donna di nome Scarlett, rapita da Shiver.»
Alvaro diede un’altra occhiata a Swenny, sistemò meglio il crocifisso sul collo. «Ma chi ci dice che non sia meglio lasciarla al suo destino?»
Mark lo agguantò e lo spinse contro il muro. «Se fosse un tuo compare maschio saresti già con la spada in mano» gli sibilò sul viso.
«Ma cos’ha quella donna di così speciale da farvi rincretinire tutti?»
Rackham gli passò la bottiglia di rum, dopo aver scostato con bonarietà Mark. Gli scoccò un sorriso furbo. Si guardò intorno con attenzione. «Non la spunteremo Alvaro, non contro loro due.» Avvicinò le labbra alle sue orecchie. «Le donne sanno essere testarde.»
Ci mise del tempo a realizzare, tornò a guardare gli occhi di Read, nulla la tradiva, non s’intravedeva alcuna forma oltre gli abiti maschili, le movenze, persino il tono della voce, non c’era modo di scoprire il segreto del pirata di fronte a lui.
«Oh, buon dio.» Scosse il capo. «Jack tu sei pazzo.» Poi fece un grosso sospiro. «Però non possiamo fare da soli. Se sta arrivando una flotta finiremo tutti impiccati. È questo che volete?»
Read e Bonny abbassarono gli occhi. «No, certo che no.» Era stata Anne a parlare.
«Quindi l’abbandoniamo?» Mark strinse le mascelle.
«Shiver ha detto che sarebbe tornato presto qui. Aspettiamo al largo, lontano dalla rotta di
Rogers. Forse lui saprà cosa fare.»
«Ti accompagnerò dal tuo capitano.» Rackham fissò le sue donne. «Ma poi taglierò la corda.» Read fece per protestare, la zittì. «Ho una ciurma di quindici uomini appena, e se Rogers ha deciso di riprendersi l’isola lo farà. Non posso essere di aiuto a Shiver e non voglio crepare da stupido.» Il pirata lisciò i suoi vestiti di calicò. «Non mi giudicate come un vigliacco, ma non posso mettere in pericolo gli uomini. Ho delle responsabilità.» Guardò oltre la finestra. «Scarlett dovrà cavarsela da sola.»