Capitolo 19
Patrick Dalaney si avvicinò. Scarlett fissava il mare con un’espressione assente e tuttavia carica di sfumature, troppe, forse, per individuare i suoi reali sentimenti. Ma l’ambra pulsava, viva, come un fuoco nascosto, a discapito del guscio freddo dentro cui si era rinchiusa.
Era bella. I ricci castani sferzavano il vento, una poesia di libertà che stonava con il silenzio impossibile da spezzare.
«Tenete.» Le porse un boccale pieno di vino. «È buono e leggero. Vi aiuterà a rimettervi in sesto.»
Scarlett accettò l’offerta, tenne il bicchiere in mano per qualche tempo, poi lo vuotò con un gesto secco. Si pulì le labbra con la camicia.
Gli occhi non si scostarono dal mare.
Rimase a guardarla per un po’, si rese conto di soffrire ogni volta che puntava lo sguardo su quel volto in pena. Era deciso a fare di tutto, pur di ridarle la vita.
Lo spagnolo comparve accanto a lei. Rimase a osservare il modo in cui le carezzò la mano, bisbigliandole sottovoce. Si chiese se l’amore tra quei due fosse sufficiente a salvarla.
Li lasciò alla loro intimità. Gli stivali che strusciavano contro la tolda dell’Artiglio di Tigre, e una gran voglia di scendere a Kingston per lasciarsi alle spalle quell’equipaggio di buoni a nulla. Non li aveva mai voluti con lui, ma gli erano stati imposti: non c’era modo di ribellarsi, quando si doveva per forza lavorare per sciacquarsi di dosso la vergogna di aver perso un carico.
Il mastro d’ascia lo fissava con gli occhi piccoli e pesti di alcol. C’era qualcosa in quegli uomini che lo inquietava. Richiuse la porta della cabina. Controllò pistola e il pugnale, e si avviò verso l’amaca.
***
Christopher riprese conoscenza. La febbre avviluppava ancora il suo corpo, lo capiva dai sudori freddi che, come serpi indelicate, scendevano lungo tutto il corpo. Provò a muovere un braccio e gli rispose un lungo tintinnio di catene. La gamba pulsava di dolore e con molta calma, tentò di far scivolare le dita verso l’arto, con il terrore di trovare solo il vuoto, ma i polpastrelli toccarono i muscoli della coscia. Fece un sospiro di sollievo.
«Il chirurgo dice che forse riuscirai a cavartela.»
Girò la testa verso Orgell. Il giovane ufficiale era vestito con l’alta uniforme dei capitani, un grado che gli donava.
Gli occhi presero contatto con la cabina. Le labbra si seccarono nel tentativo di rispondere. Gli venne offerta dell’acqua che bevve con avidità.
«Grazie» sussurrò.
Orgell gli mise qualcosa sul palmo. «Credo che questo ti appartenga.»
Guardò l’anello d’oro brillare sul palmo e precipitò di nuovo nell’incubo. «Mi porterete a Kingston, non è così?» chiese con tono calmo, quasi indifferente.
Non conosceva il destino di nessuno dei suoi compagni, tantomeno quello di Scarlett. La prospettiva di un’impiccagione non lo spaventava più come un tempo.
«Non ho ancora rivelato a nessuno chi sei.» Orgell gli fece quella confessione posando la tazza con l’acqua.
«Perché?»
«La verità?» Il giovane scosse la testa. «Non ne ho idea.» Tornò a sedersi accanto a lui. «Mi hai ingannato, ti sei preso gioco di me, di Arabelle. L’hai catturata.» Chiuse gli occhi e abbozzò un sorriso triste. «E l’hai resa vedova.»
Sulla bocca comparve una risata a mezze labbra per l’assurdità di quella conversazione. Orgell lo stava ringraziando per aver reso libera la donna che amava. Il ventre si contrasse, mentre pensava ai baci di Scarlett e si aggrappava alla flebile speranza che fosse sopravvissuta.
Il capitano continuò. «Hai perso tutto. La ciurma a cui appartenevi, il veliero, il tuo capitano. Non so davvero che cosa fare, con te. Portarti ai piedi di Jacobson, vorrebbe dire solo fargli un altro regalo.»
Chris ricordò la conversazione avvenuta nella taverna di Kingston. «Allora è come pensavo, non ti piace l’ammiraglio.»
«No, per questo ripongo tutta la mia fiducia in Rogers.»
«Il caro governatore delle Bahamas si è rivelato il nemico mortale che tutti noi ci aspettavamo.» Il gusto amaro della sconfitta gli risalì le viscere e lo costrinse a posare il capo sul cuscino. «Jacobson è sempre stato un bastardo, ma io non sono un uomo per cui valga la pena mostrare pietà.»
«Questo è vero.» Orgell gli poggiò una pezza bagnata sulla fronte bollente. «Ma c’è
qualcosa che mi ferma la mano con te.»
«Ti faccio così pena?» Fece una smorfia carica di sarcasmo. L’ultima briciola di orgoglio si spezzò sotto lo sguardo carico di misericordia di Orgell. «O vuoi qualcosa in cambio? Se pensi che Shiver si sia tenuto da parte qualche tesoro, sbagli. Abbiamo speso sempre tutto e subito.»
«No, non voglio nulla.» Gli sorrise. «Lo so che in questo mondo dove tutto ha un prezzo, non è più concepibile che un essere umano provi pena per un altro.» Il giovane tornò ad armeggiare con l’acqua. «Ho solo deciso di concederti un po’ di speranza. Abbiamo seguito entrambi le regole della violenza. Poco tempo fa ho sterminato, per volere di Jacobson, un’intera ciurma di pirati. Senza processo. Ho sparato in testa a un ragazzino per tentare di entrare nelle grazie dell’ammiraglio e sposare Arabelle.»
«Hai eseguito un ordine.» Chris bevve un altro sorso d’acqua e vide nelle iridi di Orgell tutta la sofferenza per essere stato costretto a scoprire quanto fosse deviata la morale di uomini per bene come Jacobson. Come Mark Gray.
«Forse, ma le mie mani sono sporche tanto quanto le tue. Questo non mi rende diverso da te, e di certo non mi da il diritto di giudicarti.»
«Michael» lo chiamò con il proprio nome e percepì uno strano nodo alla gola. «Vuoi convincermi a firmare il perdono di Rogers, vero?»
«Se gli squali non ti hanno divorato, se l’oceano non ti ha inghiottito, forse è perché meriti un’altra possibilità.»
«Dimentichi la febbre.» Digrignò i denti. «Quella potrebbe ancora uccidermi e la tua buona azione non ti salverà la coscienza.» Fremeva di rabbia, solo l’idea di diventare un cane perdonato dalla corona, lo straziava. Come poteva rinnegare tutto ciò che era stato fino a un giorno prima? E per quale vita, poi? A cosa sarebbe servito vivere ancora?
«Non mi importa se morirò per la febbre o se mi trascinerai al patibolo, e la tua anima non è affar mio.» Si girò dall’altra parte, fin dove glielo permisero le catene, per non fissare ancora il volto di fronte al suo.
Il viso di qualcuno che aveva conservato ancora un briciolo di umanità in un mondo tinto di rosso sangue.
***
Alvaro afferrò Scarlett e la portò sottocoperta, nella zona dove erano state allestite le loro amache. Non sapeva ancora bene perché, ma percepiva una strana aria a bordo, qualcosa che gli faceva formicolare la base del collo.
«Se rimaniamo così con le mani in mano, non avremo modo di cavarcela.» Joyce era agitato.
«Una volta giunti a Kingston, chi ha detto che ci debbano per forza riconoscere?» Puntualizzò Scrub.
«Forse hai ragione, potremmo risparmiare il nostro collo.» Alvaro ondeggiò sull’amaca. «Ma chi di noi riuscirà a rimanere buono quando li vedremo tutti appesi ricoperti di pece?»
Swenny singhiozzò. Scarlett ebbe un fremito. Un piccolo, impercettibile, fremito.
«Ma siamo sicuri che siano stati catturati?» bisbigliò Deruan.
«Sì.» Joyce divenne pallido. «Sono stato l’ultimo a gettarmi. Ho visto il capitano che veniva trascinato verso la nave del re, insieme a molti altri dei nostri.»
Si guardarono in faccia, scambiando i loro pensieri cupi.
«Non so voi, ma preferirei non vedere.» Alvaro decise di stendersi oppresso dal mal di testa, dal dolore e dalla rabbia. «Scendere lontano da quel porto maledetto.»
«Prendiamoci la nave.»
La voce era roca, traballante. Volitiva.
Alvaro si tirò in piedi e guardò Scarlett, incredulo, come il resto dei compagni.
Gli occhi ambrati erano ancora lontani, ma le labbra erano piegate verso qualcosa che rassomigliava a un sorriso di determinazione.
«Scarlett!» Le afferrò un braccio. «Per tutti i santi del paradiso, come stai?»
«Possiamo diventare padroni di questa nave» ripeté.
«Forse ha perso il senno» commentò Deruan, sottovoce.
Le iridi ambrate si puntarono su di lui, torve. «No. Non l’ho perso» stavolta il sorriso fu più delineato, e identico a quello del padre. «E ho ascoltato abbastanza da sapere che è la nostra unica possibilità.»
«Come pensi di riuscirci?» le chiese.
«Il Round Robin.»
«Non si può convincere in così poco tempo l’equipaggio a firmare il patto per un ammutinamento.» Alvaro alzò un sopracciglio, forse era davvero diventata pazza.
«Non ci serve tempo. Esiste già. Ho sentito alcuni uomini parlarne.»
Si morsicò un labbro. «Questo Dalaney mi sembra un capitano a posto. Non gli ho visto
fare nulla di esagerato.»
«No, è vero. Ma i marinai di questo veliero mi sembrano desiderosi di cambiare vita.» Parlava con freddezza, con una lucidità che gli provocava uno strano brivido sotto la pelle. «Bisogna agire in fretta. Il mastro d’ascia. Fattelo amico» gli disse, con tono deciso. «Troviamo un modo per dare fuoco alle polveri.»
Joyce scosse il capo. «Ma che cosa faremo dopo che ci saremo impossessati di questa nave? Non possiamo trovare un modo per scappare e basta?»
«No.» Stavolta un guizzo di rabbia passò negli occhi di Scarlett. «Credo che il capitano abbia diritto a una vendetta.»
«Sei pazza!» s’intromise Alan. «Avresti fatto meglio ad affogare! Perdio, per colpa tua abbiamo fatto quell’assurdo scambio e ora vuoi portarci per l’ennesima volta la sventura addosso?»
Rimase calma. «Quindi è tutto qui il vostro orgoglio? Vi affondano la nave e vi privano del capitano e tutto si smonta?»
«Non accetteremo la predica da te, dannata puttana!» Joyce si alzò in piedi di scatto. Alvaro gli agguantò un braccio, pronto a difenderla, ma il mulatto era una maschera di rabbia, un furore che si rifletteva negli occhi degli altri compagni.
«Ha ragione!» Alan diede manforte all’amico. «Da quando sei salita a bordo hai portato solo sciagura. È tutta colpa tua.»
«Sì, perché dovremmo fidarci di te?» Danny era pronto a scattare.
«Abbassate la voce e pulitevi la lingua, idioti!» Alvaro cercò di usare un po’ della sua vecchia autorità per riportare la calma, ma l’angoscia e il dolore per tutto quel che avevano subito stava per esplodere, e non era sicuro di poterlo arginare.
«Che cosa vuoi, eh? Prenderti il bottino? Guadagnare alle spalle del capitano, di Chris che è annegato in mezzo all’oceano? Non ti è importato mai nulla di loro!» Alan calò quelle parole come una mannaia affilata.
Scarlett lo raggiunse e gli agguantò il collo della camicia. «Non mi importa nulla?» Le parole erano un sibilo di veleno tra le labbra strette. «Sì, dannato bastardo, è colpa mia.» Lo spinse verso il muro della cabina, Alan, preso alla sprovvista da quegli occhi rossi di sofferenza e iniettati di rabbia, non oppose resistenza. «Mi hanno usato come esca. Ve lo confesso. Sono io che ho decretato la sconfitta.» Lo scosse ancora. «Volete sapere perché?»
I pugni che tenevano stretti i lembi della camicia, si chiusero ancora di più. I capelli le caddero sul viso, pallido e spigoloso. «Perché Johnny Shiver è mio padre.»
Lo lasciò andare e alzò una mano per bloccare i commenti che stavano per uscire dalle labbra sconvolte degli altri.
Alvaro tirò il fiato tutto d’un colpo e lanciò un lungo sguardo al corridoio di coperta, per loro fortuna era deserto.
«Nessuno di noi due lo sapeva quando sono salita a bordo per la prima volta. Jacobson ha sfruttato il nostro legame per catturarlo. Quindi, come vedete, non ho alcun diritto di chiedere vendetta» concluse con un’ironia così tagliente, che Alvaro sentì il cuore divorato da una fitta gelida.
Osservò i suoi compagni aprire e chiudere la bocca. D’improvviso pallidi.
Scarlett proseguì il racconto, la calma le aveva immobilizzato di nuovo il viso in un’espressione tetra. «Per questo non ho alcuna intenzione di andarmene a piangere da qualche parte con le mani in mano. Se lo farò, sarà solo dopo aver dato fuoco al mondo intero.» Li fissò, con un ardore in grado di divorarli tutti. «Voglio vendetta. La merita mio padre, quelli che sono stati catturati con lui, la meritano Chris e i compagni che sono stati uccisi in battaglia e dilaniati dall’incendio. Lo meritate voi. Lo meritiamo per l’arroganza con cui ci hanno tolto tutto.»
Alvaro percepì il cuore accartocciarsi su se stesso. Per un attimo, ebbe l’impressione che davanti a lui ci fosse Shiver. Vide quel riflesso negli occhi degli altri e un istante dopo il fuoco della battaglia si riaccese. Vivido. In tutti loro.
«Va bene» le disse. «Facciamo un piano e bruciamo il mondo.»
In fondo, quel che restava era solo morte. Una lenta scivolata negli anni della vecchiaia, con il dolore per gli amici persi che non si sarebbe mai sanato.
Tanto valeva farlo con la spada in mano. E mandare tutti al diavolo.
***
Il mastro d’ascia, un certo Andrews, era un uomo robusto, dalla pelle stropicciata dal sole e dal mare. Due occhi grandi e chiari, una tonalità mista tra il verde e l’azzurro. Muscoli forti e tanta, tanta rabbia.
Alvaro gli passò il suo fiasco di rum. Stesi sull’amaca, nel turno di riposo del marinaio, lasciavano che l’alcol li rendesse amici per una sera.
«Il capitano non è poi così cattivo.» Andrews mandò giù un sorso. Le guance rosse. «Ma sant’iddio, la paga è schifosa.» L’uomo si avvicinò verso di lui. «Detto tra noi è pure un vigliacco.»
«Cosa vuoi dire?» Alvaro allargò gli occhi, curioso.
«È già stato assalito dai pirati e non ha mai opposto resistenza.»
«Diamine, non è mica facile affrontarli.» Alvaro si concesse un accenno di sorriso.
«Non tutte le ciurme sono Shiver. Poi, quello lì se la fa sotto anche con gli armatori, che ti credi.» Andrews agitò una mano nell’aria. «E noi non guadagniamo niente. Diavolo.»
Alvaro stappò un’altra bottiglia.
«Dove hai preso tutti questi fiaschi?» Il mastro d’ascia gli diede un’occhiata perplessa. «Il capitano non vuole che beviamo.»
Si strinse nelle spalle. «Ma noi siamo ospiti.»
«Ah, allora tante grazie!» Le labbra screpolate avvolsero il collo della bottiglia e il pomo d’Adamo fluttuò su e giù per un bel po’. «Vogliamo farlo.»
Trattenne il sorriso. «Fare cosa?»
«Metterci in proprio. Pirati, contrabbandieri. Non lo sappiamo ancora, ma qualcosa dobbiamo fare. Nessuno sopporta Dalaney. Gli manca carattere, perdio. Si ricorda di averlo solo se si arrabbia e allora giù di frusta. Buon per lui che non lo fa sempre.»
«Quand’è che diventa tanto severo?»
«Non sopporta gli uomini ubriachi.»
Tornò a passargli la bottiglia. «Questo è un bel problema quando si va per mare.»
«Puoi dirlo forte, spagnolo.» Il tono di Andrews era incrinato dall’alcol. «Puoi dirlo forte» bofonchiò prima di lasciar cadere la bottiglia.
***
Scarlett aspettava, con le mani poggiate alla murata e gli occhi rivolti all’oceano che spumeggiava allegro. I pensieri avevano ripreso vita e, insieme alla voglia di combattere, le sbatteva in testa la certezza di essere rimasta sola.
I raggi del sole le accarezzavano il viso, erano caldi, ma non riuscivano a rompere lo scudo di ghiaccio dietro cui si riparava. La neve le si posava sul cuore e ricordò per un istante quel frammento d’infanzia. Guardò in alto, verso il cielo, dove risiedeva il dio che gli uomini cercavano ogni giorno, e gli chiese perché l’aveva lasciata viva, mentre Christopher era morto e il padre veniva trascinato verso una fine ignobile.
Gli domandò a cosa servisse respirare ancora e seminare violenza, ma forse era un
quesito che doveva porre a qualcun altro. Accarezzò il polso e pensò al tatuaggio del padre. Con ogni probabilità era il diavolo a far crescere in lei l’insano desiderio di bruciare il mondo, o più semplicemente, la pazzia fioriva nel suo cuore. Non sapeva a chi dare il merito dell’ardore che l’aveva lanciata in quell’impresa, ma era un conforto che le permetteva di non accasciarsi e andare in mille pezzi.
«Bastardo! Esci fuori e dammi la nave, è mia!»
La voce era quella del mastro d’ascia. Ubriaca e violenta. Scarlett strinse le mascelle e agguantò il braccio di Alvaro. Fece un accenno ai suoi.
Dalaney uscì dalla cabina con la pistola in pugno.
Andrews lo fronteggiò. «Bastardo di un cap… itano. Que… sta nave è mia… la voglio. Figlio... di buon... a donna…»
Il capitano tese le labbra e puntò la canna contro il mastro d’ascia. «Signor Andrews! Tacete! Non sono più disposto a tollerare oltre la vostra assoluta mancanza di disciplina.»
Scarlett trattenne il respiro. Il momento era arrivato. Stava giocando a dadi, seguì i movimenti di Dalaney che si stava rivolgendo al primo ufficiale, e vuotò la tazza sul tavolo. Non era più padrone degli eventi.
«Legatelo all’albero maestro, ora! Ho sopportato fin troppo!»
Scarlett incrociò le braccia, soddisfatta del lavoro di Alvaro. Il mastro d’ascia era la miccia e il gatto a nove code, comparso nelle mani del capitano, la scintilla.
Andrews fu legato all’albero con le braccia tese oltre la testa, e la schiena esposta, imperlata di sudore. Continuava a sbraitare insulti. Il capitano agitò il braccio e gli diede la prima sferzata. Un sibilo e un dolore che quasi tutti conoscevano a bordo di un veliero.
Un pessimo ricordo che aveva ingrossato le fila dei pirati. Percepiva la rabbia e il risentimento strusciare sul volto dei suoi compagni e sull’equipaggio.
Una rabbia che rumoreggiava silente, come il rimbombo lontano di una tempesta e che esplose alla settima frustata.
Iniziarono a pestare i piedi sulla tolda. Un incitamento di morte. Qualcuno spinse il capitano a terra, altri staccarono Andrews dall’albero.
Scarlett impugnò la pistola e la puntò contro Dalaney.
«Che diavolo significa?» Il capitano la guardava, inorridito.
«Che se volete vivere dovete arrendervi» rispose, con un tono calmo, che non ammetteva repliche.
«Ma perdio! Siete sfuggita ai pirati cosa c’entrate con queste bestie impazzite?» Era sconvolto.
«Non ve lo ripeterò una seconda volta, capitano. Non ho alcuna intenzione di uccidervi.»
Dalaney si mosse in fretta e le puntò la pistola contro. Era stata una dannata ingenua. Aveva agito senza riflettere, e gli aveva lasciato l’arma, imprecò.
«Non voglio arrendermi così! Pretendo di sapere che cosa sta succedendo.»
Scarlett vide Alvaro avvicinarsi dietro di lei, ma il capitano era determinato.
«Sparatemi, spagnolo e la uccido» sibilò, deciso.
«Capitano, per l’ennesima volta. Fatevi da parte.» Gli parlò con più rabbia, quasi un’implorazione.
«No!» Urlò, furioso. «Non tornerò indietro con un altro fallimento. Non posso!»
«Non è colpa vostra se avete salvato dei pirati e non delle persone oneste.» La voce era più dolce. Qualcosa di simile alla pietà batté un colpo nel centro del suo petto.
«Dunque è questo che siete? Pirati?» Scosse il capo. «E vi siete approfittati della vigliaccheria del mio equipaggio per prendermi la nave.»
«Sì, quindi posate quella dannata pistola.»
«No. Non mi arrenderò così.»
«Diavolo, perché volete costringermi a sparare?» Stava vacillando, e non poteva permetterselo.
«Per orgoglio. Lo so che uno dei vostri amici alle mie spalle, potrebbe spararmi alla schiena e farla finita. Ma se non lo avete ancora fatto è perché, in fondo, mi considerate una brava persona.» La guardò negli occhi, erano lucidi e vivi.
«Sì, è così. Arrendetevi.»
«Voi non capite.» Dalaney abbassò gli occhi verso la tolda. «Vi ritenete liberi di predare e uccidere, convinti che i capitani vi abbiano defraudato di tutto. Che sia lecito per voi seminare morte dopo che vi siete spaccati la schiena per poche monete.»
«Zitto, non siamo qui per sentire una predica!» lo redarguì.
«Dovete ascoltarmi perché non capite il male che fate. Oltre le morti, lasciate uomini come me liberi di tornare dagli armatori a dire che il carico è perso. E ci tolgono la licenza. Ci umiliano. Loro sul mare non ci sono, ci siamo noi a subire l’arroganza di voi altri e l’indifferenza di chi ci paga. Le famiglie si affamano. Nessuno ti ingaggia più. Il mondo ti crolla addosso e io
non ho intenzione di subire questo ennesimo smacco.»
«Unitevi a noi» gli propose.
«No. Non potrei mai. Quindi almeno datemi l’onore di morire in duello.»
«Perdereste.»
«Voglio solo capire chi di noi due alle motivazioni più forti per vivere.»
La pistola nella mano iniziava a pesare. Scarlett sudava, aveva caldo. Non lo voleva quel dannato duello. Ma non poteva sottrarsi, negli occhi di Dalaney leggeva una determinazione che conosceva. Era fatta di ferro. Difficile, impossibile da spezzare.
«Non vi conviene scoprire le mie, capitano.» Deglutì. «In questo momento la mia vita è l’unica cosa che mi rimane. L’unica possibilità per rendere giustizia. Non voglio perderla. La mia vita è diventata una battaglia che non posso perdere per nessun motivo al mondo.»
«Allora lottate!»
Scarlett pensò di ferirlo a una gamba o a una spalla. Non voleva in alcun modo ucciderlo. Li aveva salvati dal mare, e se poteva anche solo pensare di assaltare Kingston lo doveva a lui.
Rinsaldò la presa sul calcio della pistola. Dalaney fece altrettanto. Intorno a lei l’equipaggio gridava.
Lo spillo si conficcò più a fondo nel suo petto. Se voleva vincere, portare a termine il proposito di vendetta, doveva dare a quegli uomini un segno di freddezza. Far capire loro che oltre il corpo di donna, si celava un animo identico a quello di Shiver. Qualcuno da seguire in un’impresa folle.
«Fatemi morire con onore, Scarlett. Ve ne prego.»
Si misero in posizione. Trascorsero dei lunghi istanti di silenzio. Gli unici rumori erano le vele, il vento. Il mare.
Sparò per prima. A una spalla. Incapace di ucciderlo.
Dalaney si portò una mano sulla ferita e la guardò con disprezzo. «Non c’è onore tra i pirati. Non volete prendervi le vostre responsabilità?» Continuava a stringersi la spalla, il sangue iniziò a filtrare dalle dita. «Volete la mia nave, comandare questi bastardi che componevano il mio equipaggio? Vi do un consiglio, se mi hanno messo da parte è perché mi hanno sempre accusato di essere un vigliacco, e i vigliacchi cercano la via d’uscita più comoda per rifuggire dalle loro colpe.» La fissò, deciso. «Ricaricate, e ricordatevi che questo è un duello all’ultimo sangue.»
Come poteva uccidere quell’uomo? Attese ancora un attimo, cercò un’altra via di uscita, ma non ce n’erano. Non aveva scelta e non poteva arrendersi. Non ora.
Oltre la vendetta percepiva l’assurda possibilità di salvarli e per poterlo fare le serviva quella nave.
Dalaney mise il dito sul grilletto, ma non fece in tempo a sparare. Lo colpì al petto e le venne da vomitare. Aveva ucciso l’uomo che le aveva salvato la vita.
Gettò la pistola, vide negli occhi dell’equipaggio la stessa espressione che aveva visto dopo essere scesa dal maestro. Rispetto. Anche se non sapeva che farsene del rispetto per aver tolto una vita innocente, ma le serviva. Come l’acqua. Forte di ciò che aveva fatto, si sentì in dovere di dare lei una rotta.
«Verso Le Caranage, Devils’ Bay è in mano a Rogers.»
Per la prima volta vide con estrema chiarezza la voragine nera dentro cui era finito suo padre. Con le lacrime strette negli occhi, fece un sospiro e iniziò a scendere gli scalini.
Erano forgiati da sangue innocente e conducevano giù, nel cuore più velenoso dell’odio.