Capitolo 20
Il sole del pomeriggio entrava nella camera, illuminando i preziosi tendaggi, il mobilio, i decori d’oro dello specchio. Lo sfarzo, la ricchezza di cui era andata tanto orgogliosa, le apparivano ora ricoperte di fango, sporche, come la sua anima.
Rachel teneva le mani avvolte contro i fianchi, quasi a proteggersi, ma erano scudi troppo esili, le lame erano conficcate nel profondo. Non riusciva a togliersi la sensazione di essere ricoperta da una melma viscida e maleodorante, che si trascinava dietro fin dal giorno in cui, appena diciassettenne, aveva deciso di concedersi a quell’uomo di sette anni più grande.
Il senso di appagamento e rinascita si era confuso con il peccato più nero, la consapevolezza di aver infranto ogni regola di decenza e buona civiltà.
Era nato tutto da lì, dall’ombra scura che si era insinuata tra due corpi ancora caldi di desiderio.
Slacciò i lacci del corpetto e tolse i vestiti. Entrò nella tinozza e iniziò a strofinare la pelle, per cancellare i baci e i graffi, l’odore di tabacco e sale, la carezza intima che ancora le era rimasta addosso, tormentandola, senza darle tregua. Voleva tornare pulita, innocente.
Ma il sapone non avrebbe mai cancellato il tradimento. Non era Otis, non era David che aveva tradito ogni volta che cedeva all’amore e alla passione del primo, e al prestigio e alla ricchezza dell’altro.
Era sé stessa.
Tradiva di continuo ciò che desiderava, l’istinto, la sua stessa felicità. Era sempre stata troppo debole e insicura per rimanere fedele alla sua anima.
***
Christopher non aveva avuto molta scelta. Michael era intenzionato a fargli ottenere il perdono. Così era sbarcato e lo seguiva come un cane zoppo, nascosto da un largo cappello. Arrancava con la coscia devastata dai punti, la carne viva che minacciava di aprirsi a ogni passo. Le strade di Kingston erano piene di gente, galvanizzata per la notizia, in attesa dell’impiccagione.
Era Redblade. Avrebbe potuto mettere fuori gioco Michael, liberarsi, fuggire, tentare di salvarlo. Quanto meno sarebbe morto nel tentativo con la spada in pugno. Ma la gamba non
lo avrebbe mai retto, e lo aspettava una morte tra la febbre, circondato dai nemici che aveva giurato di uccidere, costretto ad assistere all’esecuzione del suo migliore amico.
«Chi mi assicura che Rogers non mi spedirà subito alla forca?» bisbigliò a Michael.
«Il governatore non è vendicativo come Jacobson» rispose il giovane, da sotto al cappello.
Sorrise. «Qualcosa mi suggerisce che alla fine non è solo il rimorso di coscienza che ti ha spinto a salvarmi. Ho l’impressione che dovrò dare qualcosa in cambio a Rogers.»
«Può darsi.» Michael lo prese per un braccio e lo spinse verso il muro, dei soldati stavano passando accanto a loro. «Ma per quanto mi riguarda, sarei un folle a lasciarti libero. Faresti un colpo di testa e moriresti ammazzato, e avrei fatto tanta fatica per niente.»
Ripresero a camminare. Christopher sentiva il cuore battere di agitazione. Era assurdo, non gli importava della vita ma temeva di essere scoperto. Se Jacobson veniva a sapere della sua presenza, lo avrebbe appeso accanto a Johnny. Un’eventualità che lo confortava e lo uccideva allo stesso tempo.
«Sì, se fossi libero di agire, mi farei ammazzare» confermò. «Ma io continuo a non capire perché tu non mi abbia lasciato agli squali.»
Michael voltò la testa e lo guardò dritto negli occhi. «Hai mai fatto qualcosa di irragionevole?»
«Mi prendi in giro?» accennò una risata, mentre si faceva da parte per far passare una donna ingombra di ceste. «Sono un pirata.» Abbassò la voce a un sibilo. «La parola stessa esclude la ragione.»
L’ufficiale scosse appena il capo. «Intendo qualcosa dettato da un istinto indefinibile. Qualcosa che ti spinge verso un atto del tutto privo di senso, ma che non puoi fare a meno di compiere.»
Christopher ebbe la sensazione di essere tornato nella biblioteca di casa Jacobson. La ragione gli aveva suggerito di fuggire, ma si era mosso, obbedendo a qualcosa di astratto e irresistibile. «Sì, mi è capitato» ammise con un sospiro.
«Ti ho salvato perché ho sentito l’impulso di farlo, questo mi ha permesso di pareggiare i conti con la mia coscienza, ma forse c’è un altro motivo. E magari finirai per ringraziarmi.»
***
Le Carenage era la versione più piccola e francese di Devil’s Bay. Un porto di contrabbandieri e pirati che offriva buoni affari e ottime taverne. Scarlett camminava accanto ad
Alvaro, tesa. Una strana sensazione si agitava nella sua anima. Qualcosa di molto simile alla speranza. Gli sguardi dei passanti si appiccicavano su di lei, ma non le interessava.
«L’equipaggio dell’Artiglio non sarà felice di sapere cosa stiamo per fare.» Alvaro le diede un colpo con il gomito. «Soprattutto ora che hanno saputo della Stella.»
«Lo so, ma per ora sono distratti dai piaceri che questo porto può offrire, magari con il rum in corpo sarà facile convincerli» rispose, sistemando meglio il cappello sulla testa. «E poi ti temono. Ora che sanno chi sei, provano ancora un senso di terrore per ciò che tutti noi siamo stati. Potremmo fare leva su questo.»
«O forse, nel mentre, sceglieranno finalmente un capitano e ci taglieranno fuori.»
«Intanto cerchiamo di stringere l’alleanza con Roberts, dopo ci occuperemo del resto.»
Con un sospiro carico di aspettative, entrò nella taverna di Le Carenage e fremette.
Si rese conto di tremare più del dovuto quando mise piede sullo scalino per raggiungere il soppalco. Il legno scricchiolava sotto la suola. In testa si era messa il cappello di suo padre. Le stava largo e le ricadeva di sbieco, desiderava che le infondesse coraggio e arroganza, ma si rese conto di sentirsi più che mai esposta, nuda. Sola, in una battaglia che non poteva finire bene.
Erano in cima alla scala. Sul tavolo in fondo due candele ardevano deboli, quasi del tutto consumate. La cera si ammassava in piccole gocce intorno al fuoco, grosse lacrime che sfrigolavano senza tregua.
«Un saluto a voi, capitano» esordì Alvaro.
Scarlett era rimasta ferma in cima alla scala. D’improvviso raggelata dalla possibilità che il loro intento sfociasse in un nulla di fatto.
L’uomo seduto sulla sedia alzò con un dito il cappello e li scrutò con i penetranti occhi grigi. Rimase folgorata da quell’occhiata. Era fredda, tagliente come quella di Shiver, ma più quieta, meno infernale.
«Alvaro, avrei preferito rincontrarti in una situazione migliore» esordì Roberts, girando il tè. «Non amavo molto Devil’s Bay, troppo affollata. Primo o poi era inevitabile una simile disfatta.» Bevve un sorso. «Ho sempre stimato molto il vostro capitano.»
Alvaro sorrise. «Lo so. Per questo siamo qui a chiederti aiuto.»
Roberts mosse le labbra di lato, attento. «Volete salvarli. Sottrarli al cappio.»
«Sì.» Scarlett s’intromise, decisa. «Vogliamo tentare. So che avevate già discusso dei tesori di Kingston.»
Il capitano gli rivolse una lunga occhiata. «E tu saresti?
«Scarlett.»
Ma il suo solo nome non bastava più. C’era dell’altro nel suo sangue. L’unica cosa per cui valesse la pena combattere. «Scarlett Lyam.» Fece un grosso respiro. «Ho un veliero, una ciurma da offrirvi e la gloria di un’impresa immortale.»
Il viso di Roberts rimase impassibile. Finì il tè e si rivolse ad Alvaro. «Ti avevo detto all’epoca che non mi interessava.» Posò la tazza. «Perché sei tornato da me?»
«Non possiamo lasciare che tutto finisca così.»
«Ho già spiegato una volta che non sono incline a portare avanti ideali di una banda di tagliagole» tornò a guardare la tazza. «La mappa che avete sui sotterranei di Kingston è allettante, ma la Stella è stata incendiata, e voi siete rimasti per giorni in mare. Chi mi assicura che quella cartina non sia andata perduta?»
Alvaro sorrise. «Quella che ho mostrato a te e Calico, a Saba, era una copia che ho bruciato nel falò.»
Roberts aggrondò le sopracciglia. «La conosci a memoria?»
«Sì, e so riprodurla all’occorrenza. Dopotutto sono cresciuto in un monastero e ho imparato l’arte degli amanuensi.»
«Una mappa che esiste solo nella tua testa e nessuna garanzia. Lo sai bene che mi serve qualcosa di più concreto su cui puntare.» Roberts strinse le spalle.
«Lo Smeraldo di Venere.» Scarlett lo fissò, decisa.
Roberts alzò un sopracciglio, attento. «Ne siete certi?»
«Sì. Conosco il punto esatto in cui è custodito.» Decise di alzare la posta. «Inoltre vengo da Kingston. Conosco tutte le ricchezze possedute da Jacobson.»
«Sei una donna decisa» commentò.
Si rese conto che era uno dei pochi uomini a non aver mostrato stupore per i vestiti e il ruolo assurdo che indossava.
«Non ho più nulla da rischiare» commentò Scarlett.
«Tanto da fidarvi di un altro pirata?» Roberts giocherellò con la pipa. «Alvaro mi aveva proposto un affare ad armi pari. Ora siete qui, reduci da una sconfitta, con una ciurma di pochi uomini senza capitano. Potrei decidere di vendervi al miglior offerente.»
«La fiducia è un gioco d’azzardo a cui bisogna pur giocare, qualche volta.» Alvaro fece un
grosso sorriso. «E tu hai tutto da guadagnare.»
«Dunque giochiamo.» Roberts mosse un braccio e un attimo dopo Scarlett e Alvaro si ritrovarono circondati da diversi pirati e dalle canne dei moschetti.
Il capitano lasciò lo scrittoio. «Dovrete impegnarvi molto, in questa partita, se volete uscirne vivi.»