Capitolo 23
Il silenzio era così profondo da poter sentire la cera sciogliersi, sfrigolando, sotto la fiamma delle numerose candele accese. Molte di esse si erano ormai consumate e il loro fumo aveva reso l’aria pesante.
I primi raggi di sole illuminarono la figura di Cristo sulla croce che la guardava, carico di pietà. Si drappeggiò meglio il cappuccio del mantello, e strinse di più le mani giunte, immobili in una preghiera muta.
Pregava, ma non sapeva più nemmeno per cosa. Rachel sapeva di avere il cuore troppo arido per chiedere un miracolo. Non aveva la forza di affrontare ciò che stava per succedere e la mente ricordava così bene quel giorno di tanti anni prima.
C’era il sole. Un bel cielo limpido, la primavera che splendeva, rigogliosa. La gonna bianca e azzurra che frusciava sui gradini, e i raggi luminosi irrompevano nel salone.
Decine di persone, eppure i suoi occhi avevano deciso di posarsi su di lui. Strinse le mani che si bagnarono di lacrime. Era ancora lì di fronte a lei, elegante, con quel viso pulito e fiero e quegli occhi, in cui l’oceano e il mare danzavano insieme.
***
Aprì gli occhi. Nel corridoio rimbombò il rumore delle porte di ferro che venivano sbattute. I passi si avvicinavano. Shiver guardò il raggio di sole che trafiggeva la cella.
I soldati marciarono verso di lui. Cercò di mostrarsi coraggioso, ma la spavalderia era un concetto troppo vago, quando sapevi che solo una camminata ti separava dal boia.
Spalancarono la porta. Staccarono i ceppi dal muro.
Le gambe erano rigide, incapaci di sostenerlo, ma alla fine trovò il coraggio e fece il primo passo fuori dalla cella. I capelli spettinati gli ricaddero sugli occhi.
Oltre la penombra del corridoio vide una gonna ricamata d’azzurro e orecchini di cristallo. Il sole sul volto giovane di Rachel.
Fuori dal forte venne investito dall’aria del mare e voltò gli occhi verso la distesa d’acqua. Si fermò.
Era come la prima volta. Come quando era rimasto abbagliato, folgorato da quella visione, dove l’immensità prendeva un senso. Aveva giurato di vivere sul mare, e lo aveva fatto.
Sull’oceano aveva odiato e amato, ucciso e comandato e ci era rimasto fino all’ultimo. Avrebbe voluto morire accolto dalle onde. Libero. Ma non era arrabbiato, aveva barattato la sua morte d’orgoglio con la vita di Scarlett. Il mare forse l’avrebbe perdonato.
Lo spinsero in avanti, le onde sotto il forte si fecero imperiose, assordanti.
Un saluto a cui decise di aggrapparsi per continuare a camminare.
***
Sedeva sul bompresso dell’Artiglio di Tigre e scrutava l’orizzonte. L’alba incombeva su di lei. Teneva in grembo il cappello di suo padre, rovinato e bucato, ma le piume ancora si muovevano nell’aria come la prima volta che lo aveva visto. Incominciò ad accarezzarle.
L’ennesima notte se ne andava dal mondo, ma nel suo cuore sarebbe rimasto il nero oscuro, dove ogni speranza era destinata a perire. Dal suo cielo era scomparsa la luce di suo padre, quel frammento fulgido che per un attimo aveva dato un senso a ogni cosa. Il calore di Christopher non l’avrebbe mai più rassicurata. Accarezzò il palmo della mano, e guardò le vele. Il vento era sparito, li faceva avanzare con troppa lentezza. E lei si sentiva come il veliero su cui poggiava i piedi. Stanca, troppo per affrontare il mare. La vita e l’amore non c’erano più a spingerla verso il futuro.
C’era solo la tempesta fatta di odio e vendetta a trascinarla avanti, e non sapeva cosa le sarebbe rimasto, una volta esaurito quell’incendio devastante. Forse l’aspettava un deserto arido e brullo, incapace di provare sentimenti. Le lacrime continuavano a premerle contro gli occhi, desiderose di uscire e darle conforto, ma ritornarono indietro e la lasciarono sola a guardare l’orizzonte.
***
Dei passi risuonarono nella piccola chiesa, Rachel non ebbe la forza di voltarsi. Qualche istante dopo qualcuno scivolò nel banco accanto a lei, e s’inginocchiò.
«Non andate?» le bisbigliò Arabelle.
«Non ne ho il coraggio» ammise. «Non posso guardarlo in faccia mentre muore.»
Rachel aveva confessato la verità a sua figlia. Dopo il processo si era decisa a lasciarsi alle spalle le menzogne, e così aveva preso coraggio e raccontato ogni cosa ad Arabelle, che nonostante le emozioni provocate da quelle rivelazioni, aveva deciso di darle conforto. Di assisterla in un giorno così difficile.
«Ma così non gli dirai addio.»
Era in assoluto la prima volta che Arabelle si rivolgeva a lei in tono tanto confidenziale. La voce era accorata.
Rachel alzò gli occhi verso il crocifisso. Il sole si faceva sempre più insistente.
Arabelle continuò. «L’addio che il vostro amore si merita, nonostante tutti i tuoi sbagli.»
Vide due mani stringersi tra le note di un antico minuetto, avvertì di nuovo le guance imporporarsi di ingenuo imbarazzo come allora. Prese i lembi del mantello e iniziò a correre lungo la navata. Fuori dalla chiesa un fiume di gente si riversava verso Gallows Point. I tamburi ammorbavano l’aria.
Alzò gli occhi verso l’alto alla ricerca di una forza che non aveva. Nuvole nere e cariche di pioggia avanzavano, pronte a inghiottire la parte di cielo limpido e azzurro, appena rischiarato d’alba.
***
Christopher era di nuovo preda della febbre. Il dolore alla gamba lo divorava. Michael era andato alla ricerca dei segreti nelle viscere di Kingston. Una caccia che, nonostante la mappa, non portava risultati. Lui, ancora preda di febbre e dolore, era stato rinchiuso in una stanza, mentre i tamburi gli assordavano il cervello.
Spostò un piede sul pavimento e tentò di alzarsi. Urlò di dolore, mentre la lenta marcia si faceva più vicina, raggiunse la finestra. Vide il fiume di gente che scorreva poco più avanti. Johnny era a poca distanza da lui e non poteva raggiungerlo, salutarlo.
Dovette aggrapparsi alla parete, la gamba non lo reggeva. Scivolò contro il muro e coprì il volto con le mani. Sul tavolo di fronte a lui se ne stava una scacchiera impolverata. Si aggrappò alla sedia e vi salì.
Le pedine erano sparse sul tavolo. Iniziò a sistemarle. Voleva cancellare i tamburi e ricordarlo così, mentre giocava con lui, con la pipa in bocca e la risata facile.
***
Alvaro uscì dalla cabina e si affacciò alla murata. Era rimasto da solo. Solo come a sette anni, quando era stato abbandonato in un convento, agnello sacrificale per un Dio che non aveva mai capito.
Cercò il crocifisso appeso al collo. Guardò la figura stretta nel suo palmo, appariva così fragile, sofferente.
Pensò a tutti i discorsi fatti con quell’inerme pezzo di legno. Forse non si erano mai piaciuti.
Il crocifisso ondeggiò sul mare gonfio.
***
David attendeva sulla forca. La folla si accalcava e spingeva per guadagnarsi un posto in prima fila e lui non riusciva a sorridere. Non provava la gioia del trionfo. Sentiva solo la nausea risalirgli su per la gola e lo stomaco violentato dai colpi incessanti dei tamburi che si avvicinavano.
Rogers sorrideva. Si rese conto di provare invidia per il governatore delle Bahamas. Un sentimento che non l’abbandonava, colpevole di averli trascinati lì, su quella forca.
Era pavido. Così vigliacco da non riuscire a guardare il cappio senza provare senso di colpa. Anni fa aveva chiuso su Otis una porta di ferro e poi era scappato, facendo finta che non fosse mai esistito. Quel giorno non poteva farlo, non c’era modo di fuggire. Ma avrebbe voluto essere lontano, con Rachel. Alla fine il suo cuore gli aveva impedito di sottoporla a una tale tortura e lei non c’era, vigliacca quanto lui, stava per chiudere gli occhi davanti all’epilogo della storia che avevano iniziato.
L’ennesimo colpo di tamburo. Una folata di vento e la pioggia iniziò a scendere. Lacrime inespresse che si appiccicarono al volto.
***
Camminava. Un passo in fila all’altro. Il gesto più naturale del mondo. Quello che ti portava dovunque. Sputi e insulti lo ricoprivano come un sudario di vergogna e Otis non provava rabbia. Non poteva togliersi la maschera del diavolo e gridare a tutti che era un essere umano come loro. Uno di quelli spezzati all’improvviso che non riuscivano più a guarire.
Doveva percorrere quel sentiero di umiliazione consapevole di avere sulle spalle la vita di decine di innocenti. Non poteva chiedere la loro pietà, proprio come gli aveva detto David, nemmeno lui riusciva ad averne per se stesso.
Alla fine del suo viaggio c’era solo una scia di morte, una figlia conosciuta per miracolo e perduta chissà dove, un amore spezzato e l’eco di leggende che lo avrebbero dipinto come un assassino per l’eternità.
Strattoni e sputi continuarono. Qualcuno lo colpì con un sasso alla tempia, un rivolo di sangue scese lungo lo zigomo, sulla cicatrice. La gente si apriva al suo passaggio e alzò gli occhi verso la forca. Il cappio ondeggiava sotto il vento e la pioggia iniziò a cadere con più
forza. Il boia era in piedi, vestito di nero e incappucciato.
Rogers, David, il prete, il governatore della Giamaica erano tutti in fila pronti ad accoglierlo, ma non c’era Rachel. Un primo istante di sollievo si sostituì a un senso di perdita che gli fece tremare le gambe. L’acqua iniziò a colargli sotto la camicia.
***
Rachel correva. Davanti a lei c’era un muro di schiene, la forca di fronte, la pioggia che scendeva sulla stoffa del cappuccio. Un tuono rimbombò nel cielo. La fece sussultare, iniziò a spingere le persone, gridava, chiedendo di farla passare e non le importava degli insulti, voleva solo raggiungere il fondo di quello spiazzo.
***
Mise piede sul primo scalino. Le pupille del boia emergevano liquide e inespressive dalle feritoie del cappuccio.
Il cuore era una cosa sola con i tamburi. Gli ultimi battiti della sua vita.
I gradini scricchiolarono sotto ai piedi e un lampo lo abbagliò, stagliandosi contro le nuvole grigie.
Distolse la testa. Ricordi sparsi davanti agli occhi. Il lago con i cigni nella casa dei genitori. Prati verdi. Il primo bacio con Rachel che sapeva d’estate e di grano.
La sua intera vita si mostrava davanti a lui e non poteva afferrarla. Gli tolsero i ceppi e gli legarono i polsi stretti con della corda.
***
Continuò a spintonare le persone, gridava, fradicia di pioggia. Doveva raggiungerlo, Rachel doveva farlo. Il cuore sbatteva nel petto e mandava avanti i ricordi. Il giorno in cui gli aveva detto di essere incinta, la felicità quando gli aveva messo in braccio Scarlett.
E quel dannato ballo nel sole di primavera.
***
I tamburi si erano quietati. Chris strinse una pedina e la mosse sulla scacchiera. Non voleva immaginare cosa stava accadendo poco lontano da lui.
***
Aveva smesso da tempo di accarezzare le piume, Scarlett si rese conto che le stava stritolando e tutte le lacrime che aveva trattenuto a stento dopo la battaglia, iniziarono a opprimerle il petto.
Una folata di vento, e le sembrò di sentire il bacio del padre sulla fronte.
***
Alvaro sporse di più il braccio. Forse avrebbe fatto bene a lasciare andare il crocifisso. Tutte le sue preghiere si erano incenerite insieme alla Stella di Giada.
***
Il governatore della Giamaica prese la parola. «Per volontà di Sua Maestà re Giorgio e per decisione di questo tribunale, il qui presente Otis Lyam, riconosciuto colpevole di pirateria e responsabile di innumerevoli delitti contro la corona, è condannato a essere appeso per il collo finché morte non sopraggiunga. Che Dio abbia pietà della sua anima.»
Ovazioni si levarono dalla piazza.
***
Rachel si fermò un momento e lo fissò. I capelli rossi erano appiccati al volto, la camicia aderiva umida al torace. Era fiero, con quegli occhi limpidi, senza più alcuna traccia di crudeltà.
I demoni si erano quietati. Erano spariti.
«No!» solo un bisbiglio.
Il minuetto continuava nella sua testa.
Gli misero il cappio al collo. Era ruvido. Il prete gli diede l’assoluzione.
«No!» la voce di Rachel si fece più forte.
Spinse via l’ennesimo spettatore.
David incrociò gli occhi di Otis. E chiuse i suoi, incapace di guardarlo.
«No!» Il grido era disperato.
Rachel salì veloce i gradini della forca e osservò la piazza, la folla. Con il cuore ormai impazzito e gli occhi di Otis che la guardavano, carichi di un sollievo che la spezzò del tutto.
Tolse il mantello e cadde in ginocchio. «No!» gridò ancora. «Non potete ucciderlo!»
Le lacrime che le rigavano il volto, la pioggia che scendeva sempre più forte.
Decine di facce che la guardavano, stupiti.
***
Scarlett teneva in mano una delle piume del cappello, l’aveva staccata sotto l’impeto della rabbia. Era così esile, sospesa sopra l’oceano.
***
«Johnny Shiver è un mostro. Un assassino ma...» Rachel individuò David fare un passo verso di lei. «Ma Otis era un uomo buono, leale, giusto.» Fece un grosso sospiro. «Io l’ho tradito. Sono io che ho dato la vita a Shiver! Io merito di morire!» gridò, tornando in piedi.
Il vento le strattonava la gonna e i capelli. Agì in fretta e corse verso Otis.
Lo abbracciò. «Perdonami! Otis, per favore. Perdonami!»
Il cuore si calmò, di colpo. Le mani fremettero. Aveva voglia di abbracciarla. Era tornata, la sua Rachel, la ragazza impavida di cui si era innamorato, era di nuovo con lui.
E con coraggio, era venuta a dirgli addio.
Otis le sorrise. «Perdonarti, Rachel?» Chiuse gli occhi. «Hai visto tu stessa che non possiamo resistere a noi stessi. Siamo uniti da un legame che non è mai morto. Ognuno di noi, in questi anni si è rifugiato nel ricordo dell’altro.»
Rachel lo abbracciò più forte.
«Perdono.» Otis scosse appena il capo. La corda gli graffiò il collo. «Pentimento.» Un accenno di risata. «Sono solo parole. In tutti questi anni non ho mai smesso di amarti, credo che valga più di un perdono, in fondo.»
Si baciarono. Le loro lingue danzarono ancora una volta insieme, i cuori si salutarono con un battito lungo e straziante e i corpi tremarono sotto i vestiti bagnati, sotto le lacrime che si confondevano con la pioggia.
Rachel fu trascinata via con un urlo. David le immobilizzò le braccia e la staccò da Otis. Non
aveva insulti o parole per la moglie, né per l’amico di un tempo.
C’era solo la desolazione. La consapevolezza di aver fatto tutto per nulla perché si sentiva come allora, solo, incapace di provare l’incantesimo di un amore che non si riusciva a spaccare.
Rachel si dibatteva contro il suo torace e la strinse forte, costringendola a tenere la testa contro la sua spalla, in un gesto che racchiudeva l’amore disperato e non corrisposto che provava per lei.
Fece la prima cosa coraggiosa della sua intera vita. Decise di proteggerla da ciò a cui stavano per assistere.
«Boia» urlò. «Procedete!»
Rachel riuscì ad alzare la testa. «No. Io lo amo! Io ti amo Otis.» Era isterica. «Per favore David, ti prego non farlo!»
Il boia era rimasto immobile.
«Per l’amor di Dio, fatelo!» Non era un ordine, era un’implorazione. Doveva finire in fretta.
La mano dell’uomo incappucciato agguantò la leva.
Otis guardò dritto davanti a sé. Scarlett era così piccola nelle braccia di Rachel, la vide sorridere a bordo della Stella, ricordò l’abbraccio che si erano scambiati.
Forse, dopotutto, poteva morire in pace.
Un respiro. Un battito del cuore, così lento che parve avvolgere l’eternità.
Rachel tenne stretta la testa contro David ma si girò di scatto, all’unisono con il boia che allungava la mano.
L’ultima giravolta del minuetto, l’ultimo sorriso di Otis Lyam.
La leva venne tirata e cigolò, un movimento deciso e crudele come il gesto che gettò all’aria le pedine di una vecchia scacchiera e il tuffo nell’oceano di un crocifisso di legno.
La piuma sfuggì dalle dita e Scarlett la seguì danzare nell’aria e allontanarsi sull’oceano.
Leggera, libera.
Le ginocchia impattarono contro il legno della forca. Un rumore sordo. Rachel stava urlando. I tuoni e i lampi si susseguirono sopra la testa.
La pioggia era l’unica cosa viva nella piazza. Si erano ammutoliti tutti, nessun insulto, nessuna ovazione.
Il suo grido rimbombava senza tregua. Continuava a urlare come se potesse far ritornare indietro il tempo.
Non ebbe il cuore di alzare gli occhi. C’era quel dondolio sinistro della corda, la forca che scricchiolava sotto il peso morto.
L’ennesimo lampo colorò ogni cosa di un azzurro etereo.
Un altro grido e sugli occhi le calò la notte più nera.