Capitolo 25
Michael illuminò il prossimo tunnel da imboccare. La luce rischiarava la pietra umida, le ragnatele. Christopher lo seguiva come poteva e più s’inoltravano nel buio, più i tamburi aumentavano.
Era come percorrere l’inferno, ma per lui rappresentavano una strana, assurda speranza. Aveva rivisto il piano con Shiver all’infinto, e quel ritmo cadenzato che si snodava nelle viscere di Kingston ne faceva parte.
«Che diavolo sta succedendo?» Michael era pallido, il volto appena lambito dalle fiaccole.
«Forse il diavolo è venuto davvero a riprenderselo.» Sorrise.
«Se sai qualcosa dovresti dirmelo, non ti ho salvato per far morire gente innocente.»
Non gli rispose, i tamburi aumentavano. Lo superò e arrancò nella via sotterranea cercando di orientarsi e sperando che la sua speranza potesse essere esaudita.
***
Alvaro illuminò l’uscita del tunnel. Lì sotto, i tamburi riecheggiavano in ogni dove, insieme allo scalpiccio degli stivali, alle grida, alle risate dei pirati che li avevano seguiti in quella folle impresa.
Spostò gli occhi su Roberts e Scarlett, intenti a parlottare, poco più in là se ne stavano dei barilotti di polvere da sparo.
«Allora sei decisa?» gli chiese il capitano.
Scarlett strinse le labbra e sistemò il cappello. «Meno inseguitori ci saranno, meglio sarà per tutti» sentenziò.
«Rogers è ancora qui.» Alvaro parlò con calma, raggiungendola. «E lui è pericoloso, potrebbe non bastare.»
«Comunque saranno impegnati nello spegnere l’incendio.» Gli occhi della donna brillavano di risolutezza.
Ne aveva avuta tanta negli ultimi giorni. Nascosti sotto le mentite spoglie di un mercantile, erano stati costretti a contare i cadaveri, riconoscendo quello appeso più in alto. Il cannocchiale aveva mostrato loro un corpo reso irriconoscibile dalla pece e un cartello che lo
derideva come diavolo decaduto.
Scarlett si era di nuovo trincerata nel silenzio. Nessuna parola. Nessuna lacrima.
Aveva sospirato e si era comportata come un capitano, anche se nessuno l’aveva nominata in maniera ufficiale. Una sola frase era uscita dalle sue labbra. Un ordine. Andare avanti. Così erano penetrati nei sotterranei, usando la mappa segreta che lui aveva ridisegnato, e stavano mettendo in piedi il piano ideato da Shiver, qualcosa di teatrale, che metteva in scena la superstizione e le paure per confondere.
Erano pronti per uscire allo scoperto. La polvere da sparo avrebbe fatto saltare per aria la caserma, e un’orda di demoni si sarebbe impossessata della città. Per vendicarsi.
Osservò il viso di Scarlett, in apparenza indifferente all’idea di mandare degli uomini a far esplodere la caserma della marina. Da lì l’incendio poteva attecchire alle case e distruggere l’intera Kingston, ma aveva ragione lei, era un buon modo per gettare scompiglio, mettere in fuga gli eventuali uomini della marina.
«Roberts manda i tuoi uomini al mio segnale.» La voce di Scarlett risultò fredda, come le pareti pregne di umidità.
Senza aggiungere altro, Alvaro si ritrovò affiancato dalla ragazza. Diede una pacca di incoraggiamento a Swenny, chiamò a sé altri pirati e s’inoltrarono verso l’uscita.
Man mano che proseguivano in quella direzione, i tamburi si affievolivano e uno strano senso di calma li inghiottiva. Una fitta trama di ragnatele penzolava sulle loro teste e l’odore di stantio era forte, quasi soffocante.
«Ci siamo, il punto dovrebbe essere questo.» Alvaro spostò gli occhi verso il soffitto.
«Allora è il momento.» Scarlett fece un cenno a un pirata. «Vai da Roberts.» Ci fu solo un breve istante di esitazione, un lampo d’incertezza passò negli occhi ambrati. «Si comincia.»
***
Jacobson non aveva esitato nemmeno per un momento. Aveva ignorato ogni ordine di Rogers ed era tornato indietro verso casa sua. I tamburi e le urla lo avvolgevano serrandogli la gola.
Continuava a correre, e la voce di Otis rimbombava senza pietà nella sua testa. Non ti libererai mai di me.
Una promessa, una maledizione. Non aveva idea di chi fosse a capo dell’attacco, ma la sua unica volontà era di fuggire con Rachel e Arabelle, per lasciarsi alle spalle quella maledetta
isola.
Raggiunse la villa, trovò Rachel in piedi, con i capelli scarmigliati e la figlia per mano.
«Dobbiamo andarcene, ora!» La prese per un braccio e la spinse verso l’imboccatura del passaggio per i sotterranei.
Moglie e figlia lo seguirono pallide in volto. L’aria era ebbra di uno strano, mistico terrore. Imboccarono le cucine, per uscire nel cortile e poi ancora verso un capanno.
«Raggiungeremo la riva e fuggiremo da lì, c’è sempre una barca ad aspettarmi.» Aprì la porta. «C’è un lungo cunicolo sotterraneo che ci porterà in salvo. Ma dobbiamo fare in fretta, loro sono sotto di noi, ma presto usciranno allo scoperto e noi dobbiamo approfittarne.»
«Chi sono?» chiese Rachel.
Notò la strana speranza negli occhi della moglie, e la ignorò. «Non lo so, lui aveva la dote innata di suscitare orgoglio in tutti, sarà riuscito a farlo anche con le bestie che lo hanno reso pirata.» C’era sprezzo nella voce. «Dobbiamo provare fuggire.»
Rachel aprì la bocca ma nessuna parola le uscì dalle labbra. Non aveva mai confessato a David di aver rivelato a Otis il nascondiglio dello Smeraldo. Forse, prima della battaglia quell’informazione era stata riferita ad altri pirati che di certo sarebbero venuti a prenderselo. Un pericolo imminente e reale, che tuttavia decise di tacere. Era l’unico modo per scoprire se Scarlett fosse stata in mezzo agli assalitori, quella piccola speranza la avrebbe tenuta in vita.
L’aria divenne d’improvviso incandescente e un fragore li assordò tutti. Il cielo diventò di fuoco e la notte si riempì di grida. David le spinse nell’imboccatura e furono inghiottite dal buio dei sotterranei.
***
Christopher sentì le pareti tremare, il rombo dell’esplosione si propagò sotto la terra e pareva il ringhio lontano di qualche bestia.
«Siamo sotto attacco.» Michael era sempre più agitato.
«Non so che cosa stia succedendo, davvero.» Pensò a Roberts, a Calico Jack, che in qualche modo fossero venuti a conoscenza della mappa?
Sopra di loro sentirono grida e colpi di moschetto ma i sotterranei tornarono silenziosi. Gli occhi di Michael rilucevano sotto il fuoco e parlavano di una preoccupazione che condivideva. Per il giovane capitano, la voglia di uscire allo scoperto e raggiungere Arabelle era pari alla sua di scoprire chi ci fosse a capo di quell’attacco e ritrovare un miracolo insperato.
«Però ormai siamo qui, sarebbe stupido non tentare» disse, serio. Non era sicuro di poter rincontrare Scarlett, e doveva pur vendicarsi in qualche modo.
Michael soppesò le sue parole. «Va bene, cerchiamo questo dannato smeraldo» disse iniziando a saggiare con i palmi la parete in cerca di un varco segreto.
Lo imitò e poco dopo un mattone si mosse sotto ai polpastrelli, lo tolsero e dall’altra parte videro una stanza ingombra di casse.
«Ci siamo!» Smossero ancora una pietra e questo cigolò azionando il meccanismo della porta nascosta. La fiaccola illuminò casse e tesori.
Iniziarono a svuotarle, a cercare. C’era una ricchezza infinita custodita davanti ai loro occhi. Oro, perle, argento e collane, sembrava un covo di un pirata. Erano preziosi sporchi di sangue innocente, Christopher ne era sicuro. Guadagnati con il ricatto e la menzogna, nascosti come i peccati oscuri dell’anima di Jacobson. Una scatola anonima nascosta in una nicchia, attirò la sua attenzione. L’’aprì. Lo smeraldo era adagiato sul velluto rosso, ancora grezzo, grosso come il palmo di una mano, mandava timidi bagliori verdi.
Michael allungò le dita e gli sfilò la scatola. Non ebbe nulla da ridire, se c’era qualcuno che poteva mandare in disgrazia Jacobson, quello era Rogers. Orgell infilò la pietra in tasca e lui aguzzò le orecchie. Delle voci riecheggiavano tra le mura.
Cercò di rimanere calmo, la gamba iniziava a cedere, si concentrò sulle voci che ancora rimbombavano tra la pietra.
«Jacobson è qui» bisbigliò a Michael. Mise un palmo contro il muro. «Oltre questa parete.»
Attese, le voci divennero sempre più vicine. Spense la fiaccola e piombarono nel buio, un attimo dopo dei mattoni caddero smossi e la luce di una nuova lanterna illuminò la stanza segreta.
***
Scarlett riemerse dal sottosuolo con la spada in pugno. Un drappello di soldati era spiegato di fronte a loro, l’ultima strenua difesa di Kingston comandata da Rogers. Nella baia, l’Artiglio e la Royal Fortune vomitavano palle di cannone contro il forte che rispondeva senza sosta.
L’incendio si levava alto dalla caserma, lambendo il cielo scuro e le grida erano assordanti. Non c’era nessuna traccia di Jacobson.
Urlò, e non ebbe alcun dubbio. Le sue gambe iniziarono a trascinarla verso Villa Jacobson.
«Dove vai?» Alvaro la raggiunse, mettendosi contro la sua schiena.
«A prendere il bastardo.» gridò, mentre calava la testa per evitare un colpo di spada.
«Potrebbe essere al forte!» Le suggerì il nostromo, intento a scaricare la pistola contro un soldato.
«No!» Tirò un fendente. «Non lascerà il suo tesoro. Devo trovare la porta di cui mi ha parlato mio padre!» Ricordò i mesi passati come domestica, lo strano uscio dietro cui spesso Jacobson spariva e oltre il quale a nessuno era permesso di entrare. «Ne sono sicura Alvaro, dobbiamo andare verso la casa.» Continuò a menare colpi di sciabola e scaricare la pistola.
Sembrava in preda alla febbre, il viso rosso, gli occhi lucidi, le labbra serrate in un ghigno. La mano destra si alzava e infilzava soldati e uomini coraggiosi che tentavano di arrestare la marcia di quei demoni senza controllo che la seguivano.
Una volta ucciso, Scarlett estraeva la spada, in un gesto quasi meccanico, pronta a trovare un altro corpo in cui affondare la sua furia. Era insensibile alle urla di dolore che si sentivano da ogni angolo della città. Da qualche parte avvertiva una fitta di colpa per tutta la morte che stava seminando, ma non era altro che giustizia vestita con un abito più nero.
Solo quando i pirati buttarono giù il cancello della villa, le sue labbra si schiusero in un sorriso perfido.
Rimase a guardare il salone dove tante volte aveva servito la cena, la scala percorsa con i vassoi, le tende che svolazzavano nell’aria pregna di fumo e violenza. I pirati si avventarono su ogni cosa, staccavano le decorazioni in oro, prendevano candelabri, ribaltavano mobili, rompevano quadri. Era come assistere alla distruzione di una vecchia vita e non provava vittoria o soddisfazione, quasi malinconia.
Raggiunse la porta che ricordava, seguita da Alvaro, per farlo passò accanto alla biblioteca, e percepì Christopher accanto a lei, che le offriva la mano. Chiuse gli occhi e sfondò lo stipite aiutata dal nostromo. Una ventata di aria umida e vecchia li investì.
«Hai avuto ragione anche questa volta!» Alvaro prese una lanterna e iniziarono a scendere.