Capitolo 2
La cicatrice biancastra era intervallata dai segni dell’ago e del filo. Una diagonale quasi perfetta che attraversava l’intero torace. Aileen Campbell lasciò scorrere i polpastrelli sulla pelle raggrinzita e in rilievo.
Aveva sempre adorato quel fisico asciutto che i meno accorti reputavano magro. Era l’idea sbagliata che si faceva chi cercava di intuirne la sostanza attraverso i vestiti. In realtà i muscoli erano ben disegnati e torniti da anni di allenamento.
Nervoso, forse questo era l’aggettivo più appropriato per definire il fisico adagiato sul suo baldacchino, coperto per metà dalle lenzuola color avorio.
Un fascio di nervi, dalla mente acuta e intelligente, nascosto sotto la fragile innocenza di un volto da eterno ragazzo.
Aileen passò una mano tra i capelli castani di Lewis.
«Lo so bene che non stai dormendo» gli sussurrò.
Lui alzò la testa e la puntellò sul gomito «È già mattino?» mormorò, la voce impastata dal sonno.
Aileen tirò la sottana di mussola e incastrò, delicata e sensuale, i fianchi di Lewis tra le sue ginocchia. Lui stiracchiò le braccia, pigro, e le incrociò sotto la testa, per poi fissarla con gli occhi castani appena socchiusi.
«Cosa c’è, Aileen?» le chiese, arricciando le labbra in quel sorriso impudente che tanto la faceva impazzire.
«Beh, sai… pensavo a Leila» si mordicchiò un labbro.
Le sopracciglia castane si corrugarono. «Cosa c’entra mia moglie, adesso?»
Lei alzò le spalle. «Mi piace, sai?»
Gli occhi di Lewis le sfuggirono un attimo, poi ritornarono a prestarle attenzione. «E vuoi sapere se piace anche a me?»
«Mi sembra naturale che lo voglia sapere, non ti pare?» gli rispose e fece ondeggiare i capelli. I lunghi ricci andarono a sfiorargli il torace mentre lasciava scivolare il dito sul profilo dei pettorali.
«Per quale motivo?» Lewis alzò il sopracciglio. «Non starai mica diventando gelosa?»
Strinse le spalle, indifferente, e lasciò che la luce bianca del mattino giocasse con le trasparenze della mussola.
«Gelosia?» Un sospiro le sfuggì dalle labbra. La voce piccante e provocatoria. «Tra di noi? Siamo solo amici… Un po’ particolari.»
Lewis si tirò a sedere, le fece scivolare le mani lungo la schiena. La bocca, avida e arrogante, le accarezzò la pelle sopra al seno.
«La tua amicizia mi ha salvato.»
«Lo so, Lewis, lo so.»
La sua voce fu travolta da un tremito. Le mani di lui erano scese sulle cosce. La tirò verso di sé.
Spudorato, incontenibile, era entrato in lei senza troppo preavviso. Le strappò un gemito, la mano che saliva dietro al collo s’insinuò sotto i capelli.
Aileen lo avvolse. Le bocche vicine che strusciavano, si punzecchiavano.
Fu quasi selvaggio il modo in cui lui prese a muoversi.
Le dita le stringevano piccole ciocche di capelli e lei afferrò la testa di Lewis, mentre veniva sopraffatta da quell’impeto di piacere, vorace e improvviso.
Gemette. Il ventre le doleva, ma il piacere stava arrivando con la violenza di una tempesta estiva.
Lewis aumentò la presa sui capelli e lei spalancò la bocca, per far fluire il culmine dell’eccitazione in piccoli ansiti, sempre più forti.
L’altra mano di Lewis era finita sul seno. Stringeva e accarezzava. Giù, lungo la pancia e poi di nuovo su, verso le labbra, s’infilarono nella bocca. Aileen le mordicchiò e rovesciò la testa indietro, mentre gli occhi di Lewis, quasi freddi, nonostante la furia con cui la stava prendendo, la fissavano, attenti. Pronti a godersi il momento in cui gli avrebbe ceduto senza riserve.
E avvenne in fretta, in un tripudio di sospiri.
Un attimo dopo, erano distesi l’uno accanto all’altra, sul letto.
Il torace sconquassato da un respiro affannoso e appagato.
Lewis ascoltò il cuore che batteva forte. Il fiato ancora accaldato d’eccitazione e un bruciore all’altezza del petto che, in quei giorni, sembrava farsi sempre più pressante.
Ogni volta che si prendeva il piacere da Aileen, sperava di sentirsi appagato, felice, sulla
vetta del paradiso. E invece, appena il corpo ritornava in sé dopo l’amplesso, sentiva solo una desolante sensazione di vuoto.
«Forse avrei dovuto sposare te» borbottò.
«La figlia di un piccolo nobile scozzese che è sopravvissuta grazie alla benevolenza di tuo padre? Una vedova con due figli?» Aileen scosse il capo.
Il sole che filtrava dalla finestra disegnava riflessi rossastri sui capelli di un intenso biondo scuro. Lewis arrotolò una di quelle ciocche dorate intorno al dito, mentre osservava l’incarnato dell’amante ancora arrossato dalla passione. «A me non importa nulla dei titoli nobiliari che non hai…»
«Ma a tuo padre, sì. Una principessa araba è molto più importante di me. Il commercio è fondamentale per il re, di questi tempi. E poi siamo cresciuti insieme… siamo finiti a letto solo per una dolorosa esigenza.»
Lewis la guardò negli occhi. L’azzurro di Aileen era profondo e brillante, gioioso e privo di misteri. Ma vedeva, nel fondo, agitarsi un’ombra, nata dall’identico mostro che nascondeva lui stesso.
Non ne parlavano mai. Come non parlavano mai di sentimenti. Forse per paura di scoprire che erano troppo fragili per entrambi.
Aileen scivolò dal letto per dirigersi al tavolo da toletta.
Lewis andò a rivestirsi, infilò i calzoni e sedette sul letto. La schiena contro una colonna del baldacchino, la gamba sinistra su quella destra, e la spada poggiata sulle ginocchia.
Il re gli aveva fatto dono di una splendida arma per il suo matrimonio, insieme alla nomina a duca di Groundale, una mossa per renderlo più appetibile agli arabi.
«Sei pensieroso.» Constatò Aileen, impegnata a sistemarsi la lunga chioma.
Tirò appena il labbro in su, avvolse più forte le dita intorno al guardamano di argento e madreperla e fece roteare la spada. La lama fendette l’aria.
Dopo la presa di Messina, l’anno precedente, tutti lo avevano considerato un eroe, poiché era riuscito a far passare gli austriaci nella roccaforte spagnola. Una vittoria costata cara: aveva rischiato di morire. Portò le mani alla cicatrice sul petto.
Quanti mesi era rimasto confinato a Berwick, nel castello di famiglia, sull’aspro confine tra Scozia e Inghilterra?
Troppi.
Percepiva ancora addosso il peso dei suoi pensieri tetri. E il ritorno a corte non era servito
a farlo sentire meglio. Tutti, dalla morte di Mary, lo guardavano con diffidenza, persino il re e il principe del Galles.
«Dunque è ufficiale, tua sorella e Henry si fidanzeranno.»
Lewis roteò ancora la spada. «Un matrimonio tra le due famiglie potrebbe tornare utile, in fondo».
«Non volevate far sposare Nora con Arlington? »
Lewis rifoderò l’arma, sbadigliò e infilò la testa nella camicia. «Sì, ma dopotutto quello con Henry Jacobson non è cattivo matrimonio: Henry è un bravo ragazzo, il problema è suo padre Francis.»
«Nora sembra molto affezionata al futuro fidanzato.»
«Non mi metterò in mezzo, infatti. Faremo la cosa più giusta per lei.»
L’inaspettato innamoramento di quei due si era dimostrato una buona occasione per fare un’alleanza con i Jacobson, una famiglia così pericolosa che, per assurdo, conveniva avere come alleata.
«Tanto lo so che sei ancora arrabbiato per quel pettegolezzo, ma la gente sparla da sempre, non dovresti dargli peso» Aileen sorrise. «Tu sai cos’è successo. Non lasciarti seppellire da queste stupide dicerie.»
Infilò la spada a tracolla con un gesto brusco. Iniziava a innervosirsi, come sempre accadeva quando saltava fuori quel maledetto argomento. Così allargò il sorriso, strinse le spalle, allacciò le mani dietro alla schiena e si avvicinò ad Aileen.
«Mia cara» esclamò con tono spensierato. «Prima o poi taglierò la lingua biforcuta che mi ha insozzato. è
una certezza.»
Lorenzo Colonna aspettava nell’anticamera di Carolina di Brandeburgo, principessa del Galles. Adagiò la schiena sulla grande poltrona imbottita di rosso e lasciò vagare lo sguardo oltre l’alta finestra decorata da tende verdi.
Intrecciò le mani e socchiuse gli occhi, pensando alla delicata missione che gli era stata affidata.
La porta a doppio battente, alta, massiccia, con i cassettoni decorati in oro, si aprì sotto una spinta delicata.
Lorenzo scattò in piedi e sorrise, incantato, come sempre. Accolse la dama di compagnia della principessa, sfiorando appena la mano lunga e affusolata che gli stava davanti. «Lady
Nora Hawk, è come sempre un piacere vedervi.» Lambì appena il palmo della giovane. «Siete bellissima
.» Si complimentò, in italiano, conoscendo il vivo interesse della ragazza per la sua lingua madre.
Un lieve, fugace rossore, le passò sulle guance, senza, tuttavia, turbare il sorriso sicuro che increspava le sottili labbra vermiglie. Gli occhi castani, altrettanto seri, erano illuminati dalla luce vivace che Nora nascondeva dietro allo scudo di algido orgoglio.
Quella giovane ragazza lo aveva ammaliato fin dal primo giorno in cui l’aveva incontrata.
«Buongiorno, Lorenzo
.» Gli rispose lei, in un italiano che assunse le più alte sfumature del ridicolo sotto l’accento inglese, ma Nora era in grado di rendere elegante anche i più banali errori di pronuncia.
«La principessa è impegnata a corte, questa mattina.» Nora lasciò frusciare lo strascico del vestito rosato lungo il pavimento di legno, per raggiungere una delle poltrone.
Si accomodò e fece un cenno a Lorenzo, che occupò l’altra seduta. Cercando di non dare nell’occhio osservò con attenzione il volto dell’italiano, i folti capelli neri racchiusi in un codino, gli occhi scuri, la carnagione brunita dal sole.
Il musicista che tanto era piaciuto a Carolina e al principe esercitava su di lei una sorta d’incantesimo. Gli piaceva come parlava, gesticolava, suonava… un uomo dal fascino pericoloso.
Rimase qualche istante in silenzio.
Infilò le dita nel corpetto ed estrasse il messaggio. «Le vostre parole sono molto cortesi» mormorò. «E gentili.»
Un guizzo d’attesa passò negli occhi scuri. «Pensavo di essermi spinto troppo oltre, con il mio invito.»
Le guance divennero più rosse mentre osservava il sorriso accattivante di Lorenzo. «Lo siete stato, infatti» replicò, in tono cordiale. «Tra qualche mese sarò fidanzata.»
«Questo non è un ostacolo a una semplice passeggiata per parlare di musica, milady.
»
Trattenne il respiro e chiuse gli occhi. L’attrazione verso quell’uomo cresceva di giorno in giorno, e metteva a dura prova la sua resistenza da ragazza a modo.
«Vi darò presto una risposta, Lorenzo» rispose, con un sorriso beffardo.
Che venga messa alla prova anche la sua, di resistenza, pensò, prima di lasciarlo.