Capitolo 26
Leila bagnò lo straccio nel catino, gli passò una mano sotto al mento, invitandolo ad alzare il viso. Con perizia e delicatezza, iniziò a tamponare il naso livido e in fiamme.
Lewis rimase in silenzio a godere del tocco fresco dell’acqua e delle mani della moglie. Si era cambiata, il vestito logoro e sporco era stato sostituito con un abito arabo. Pantaloni di un giallo acceso e una tunica dello stesso colore. Sul capo, un velo decorato ricopriva i capelli corvini.
Leila era ritornata nelle vesti di principessa. Era meravigliosa, esotica, sicura. E si rese conto di tutte le cose che la moglie aveva perso a causa di Evry. Tornò la paura di vederla partire. Il richiamo di Mulay era forte, risuonava in ogni angolo di quel veliero.
«Mi spiace che Abbass ti abbia colpito.» Gli disse, mentre passava ancora una volta la pezza sul naso.
«Lo capisco, a parti inverse avrei fatto lo stesso.» Le prese la mano e la tenne stretta tra la sua. L’anello nuziale emergeva, maestoso, tra le nocche. «Se tu desideri…» Non riuscì a finire il discorso.
Leila sorrise. «No, Lewis. Rimarrò qui. Con te.»
«Dovrò indossare quelli?» Indicò l’abito sistemato sulla sedia, simile a quello di Ahmed.
«Sì, questa sera mio fratello cenerà con il principe.»
Lewis sfregò i denti. «Prima Skyrm mi ha detto che domani ci sarà l’ultima udienza. Sono stati svelti. È assurdo come i ruoli possano ribaltarsi in fretta.» Tornò a stringerle le mani. «Non so cos’accadrà stanotte. Il mio è un tentativo disperato, potrei finire con il farmi ammazzare. Ma non ho scelta, devo parlare ad Augusto se voglio ottenere l’aiuto per arrestare i giacobiti.»
Leila gli baciò la mano. «Andrà tutto bene.»
Le finestre illuminate gettavano un riverbero d’ocra sulla fontana. Le statue sembravano staccarsi dal fondo scuro della notte, demoni infernali che sembravano scrutarla con malignità.
Nora sentiva freddo. Addosso solo la camicia da notte, i capelli sciolti sulle spalle, il cuore che l’assordava. Non riusciva a capire perché il principe avesse deciso di farla soggiornare proprio lì, a casa Jacobson. In mezzo ai lupi. Nella testa un sospetto crudele si faceva largo
con prepotenza, ma lo scacciò, insieme all’ennesimo brivido che le increspò la pelle. Attendeva. In silenzio. Le mani giunte.
Francis Jacobson, infine, fece il suo ingresso. Aveva gli stessi lineamenti dolci del figlio, qualcosa che lo rendeva quasi piacevole. Ma negli occhi piccoli e penetranti, c’era l’intero inferno. La malvagità era racchiusa in quelle iridi profonde, vacue. Il male assoluto, che ardeva per il puro piacere di farlo.
Deglutì.
Francis le sorrise, compiaciuto, riempì due bicchieri di brandy e gliene porse uno con estrema galanteria. «Fatemi compagnia, ve ne prego.»
Decise di dargli ascolto. Le mani erano madide di sudore, il ventre stretto in una morsa di puro sgomento. Bagnò le labbra nel liquore che le bruciò gola e stomaco, prima di infonderle un po’ di forza, risalendo con una vampata di calore verso il viso.
«è
stato gentile, da parte vostra, accettare la mia richiesta.» Parlò con un tremolio evidente. E si maledisse.
Francis posò il bicchiere. Era sprofondato nella poltrona di fronte al baldacchino. Le gambe accavallate, le braccia larghe sui braccioli. L’espressione di una belva che contemplava la preda. «Sarei uno stupido, se non lo avessi fatto.» Allargò il sorriso malizioso. «Avete una vaga idea del perché Augusto vi abbia fatto venire qui?»
«Forse.» Il soffio della sua voce si perse nel bicchiere. Aveva bisogno di bere un altro sorso di liquore.
«Nessuno sa dove vostro fratello si sia nascosto, ma credo che, appena saprà che state condividendo il tetto con me, salterà fuori.»
Nora arrotolò le dita intorno al calice. Il suo sospetto era stato confermato. «Sono un’esca.»
«Sì, Nora. Siete una deliziosa, indifesa
, esca» e lo sguardo che le riservò riuscì a toglierle ogni briciola di speranza dal cuore.
«Come mai lo odiate tanto?»
«Lewis?» Francis lasciò la poltrona e la raggiunse. Le si sedette accanto. Il cuore impazzito tradì la sua mano. Il bicchiere cadde, ma Jacobson ignorò la cosa.
«Immagino che vogliate un motivo. Un torto. Uno sgarbo. Un duello andato male, ma…» alzò i palmi verso il soffitto. «In realtà non c’è niente. Lo odio. E basta. Tormentare Lewis è diventato un passatempo come aprire le gambe delle sguattere o fottermi le prostitute di Wapping. Sfidarlo mi dà piacere. Tutto qui.»
Nora sentiva la gola secca, fece un tentativo per allontanarsi da Francis. Una mano le avvolse il polso.
«Ora che vi ho rivelato la verità, avete ancora più paura, non è così? È confortante sapere che qualcuno fa del male per un motivo. Che è stato tradito, umiliato. Ma quando uno lo fa per puro divertimento…beh, allora ci si ritrova spiazzati. Non c’è modo di comprendere, di tentare di vedere la luce nell’oscurità.» Le avvicinò il viso, aspirò l’aroma dei suoi capelli. «Volete che salvi vostro padre dal patibolo?»
«Sì.» Nora si spostò ancora, ma Francis strinse con decisione il polso fino a farle male. «E vi ho fatto venire per sapere che cosa volete in cambio.» Ebbe la forza di voltarsi e guardarlo negli occhi. Fu come essere inghiottita dall’abisso.
«La vostra richiesta, per essere soddisfatta, richiede un prezzo elevato.» La lingua di Francis le sfiorò l’orecchio, provocandole la nausea.
«Sono disposta a tutto pur di salvare la mia famiglia.»
«Anche a questo?»
Con uno strattone le strappò di dosso l’esile camicia da notte. Si morse forte il labbro e portò le mani a coprirsi i seni. Il freddo la faceva fremere e il respiro di Francis s’infiltrava fin dentro alle ossa. Fino a farle conoscere i lati più oscuri della paura.
«A tutto.» Rimarcò, decisa.
Jacobson si alzò per andarle di fronte. «Non è bene, durante una trattativa, coprire quel che si offre.»
Ma Nora tenne le braccia strette intorno al petto e lo fissò. Il cuore batteva furioso contro le sue mani, ma ancora una volta trovò la forza di sfidare l’uomo di fronte a lei. «Potrete fare di me ciò che vorrete solo quando avrò la conferma che farete liberare mio padre.»
«Vedete, Nora.» Francis tornò vicino a lei e allungò una mano a sfiorarle le ginocchia strette, come tutto il resto del corpo, in una strenua difesa contro l’assalto che si rifletteva nelle iridi torbide di Jacobson. «Voi avete molto di più del vostro corpo da offrirmi.» I polpastrelli saggiarono lenti la pelle delle gambe, in una lieve carezza che le dava il voltastomaco. «I segreti della vostra famiglia, in questo momento, sono molto più allettanti di voi.» Risalì lungo le mani serrate intorno ai seni, fino alla bocca. Giù verso la gola.
«Quali segreti?» mormorò, mentre un dito le scivola tra le labbra.
«Davvero non sapete che cosa nascondono i vostri genitori?»
«No.» Il polpastrello stava saggiando la sua gola, attraversata da un respiro sempre più
agitato.
«Siete poco collaborativa, per una che vuole sul serio stringere un accordo.» Le dita di Francis si strinsero intorno al collo.
Ogni traccia di sangue le sparì dal volto. Sgranò gli occhi. «Sono solo una donna, non conosco i segreti di mio padre.» Parlò a fatica, il fiato sempre più corto. «Ve lo giuro.»
Ed era vero. Si rese conto di non aver nulla da offrire a Francis, se non il suo corpo.
Si alzò in piedi, le braccia lunghi i fianchi. «Possedermi è il massimo sfregio che potete fare a Lewis» mormorò.
Francis fece un sorriso. E tornò ad avvicinarsi.
Non aveva più scampo. Le dita le saggiarono il capezzolo. «Abbiamo un accordo.» Le afferrò i capelli con forza, strappandole un gemito. La trascinò sul letto, con una forte spinta alla schiena la costrinse a sdraiarsi prona sul letto.
Trattenne le lacrime. Qualcosa di viscido e caldo strusciò contro le natiche.
«Libererò vostro padre, se voi diverrete la mia amante.»
Nora mosse la testa, in un disperato gesto di assenso. Chiuse gli occhi, in attesa dell’inevitabile, quando la porta della stanza si aprì. Mosse il capo, quel tanto che bastava per incrociare gli occhi con Henry.
Li fissava, impietrito. Gli occhi così spalancati che parevano sul punto di uscire fuori dalle orbite. Una mano alzata, a indicare l’orribile scena che gli veniva mostrata.
«Figliolo, non vi aspettavo. Volete unirvi a noi?»
Henry sembrò rinvenire dal torpore. Investì il padre, spingendolo contro il muro. Nora lasciò il letto e afferrò la camicia da notte abbandonata in terra. Arrotolò la stoffa intorno al corpo nudo, mentre Henry, accecato dal dolore e dalla gelosia, colpiva il padre al volto.
Per un attimo lo lasciò fare e si godette i pugni del fidanzato devastare la faccia della serpe, ma poi capì che andava fermato o l’avrebbe ucciso.
E non le servivano altre tragedie.
«Fermatevi, Henry!» gridò forte, decisa.
Il giovane lasciò Francis che s’accasciò sul pavimento, il volto livido. Eppure rideva, isterico. Pazzo.
Henry la fissò per un lungo istante, gli occhi vacui. «Vi ha costretto, Nora?»
Una domanda diretta che le fece tremare il labbro. Oh, sì! Avrebbe voluto gridare, quel
gran bastardo di vostro padre voleva stuprarmi. Ma incrociò gli occhi di Francis, che non rideva più.
La scrutavano seri, freddi, carichi di una minaccia in grado di travolgere ciò per cui si era sacrificata. Abbassò gli occhi, per non mostrare a Henry le sue lacrime. «Mi dispiace» mormorò solamente.
«Potevate donarvi a tutti, ma perché proprio a questo verme? Proprio voi che siete la sorella di Lewis?»
Francis rise più forte. «Ma si è già donata, figliolo. Non avete visto quanto è intima con il musicista italiano? Scommetto che non mi sarei preso nulla di nuovo.»
Nora avvampò e distolse gli occhi, incapace di fissare Henry.
«è
la verità?» Le gridò contro.
«Sì.» Non ebbe il cuore di negare né la forza di aggiungere altro. Rimase sospesa nel silenzio gravido di gelosia e odio dietro cui si era trincerato Henry. La raggiunse, la prese per le spalle, la scosse, costringendola ad alzare il capo.
«Perché vi siete umiliata in questo modo?» le urlò in faccia tutto il disgusto che stava provando.
Nora lasciò che le lacrime le rigassero il volto.
«Mi odiate a tal punto da gettarmi tutta questa vergogna addosso? Prima andate a letto con Lorenzo come una sgualdrina e ora mi umiliate concedendovi a mio padre?»
Continuava a scuoterla, preda di un dolore così forte da lasciarlo senza fiato. Nora piangeva, fragile, indifesa.
Nuda.
Le scapole spuntavano fuori dalla stoffa che mal riusciva a tenerla coperta. I capelli le nascondevano il volto. Morbidi e setosi, con quel profumo di lavanda che tanto lo faceva impazzire.
Il fuoco gli avviluppava lo stomaco, il petto, le mani. Gelosia pura che, ne era sicuro, era in grado di fargli compiere atti di cui non sospettava d’essere capace.
Il petto veniva scosso dai tamburi dei sensi di colpa. Conosceva suo padre, gli intrighi in cui aveva trascinato gli Hawk. E sapeva di non aver fatto nulla per tenere fuori Nora, per proteggerla da Francis.
Si credeva migliore della sua famiglia, in realtà era come loro. Un sordido manovratore in cerca di potere. Si rese conto che, per tutto quel tempo, Nora aveva rappresentato il suo
premio per la complicità nei giochi di padre e nonno. Mai, per un volta, si era fermato a pensare alle ferite profonde che stava infliggendo alla donna che amava.
Un odio profondo e nero verso se stesso lo travolse, lasciandolo senza fiato.
Per un breve, furioso istante, fu sul punto di cedere al lato più oscuro del suo cuore e prendersi ciò che gli era stato promesso, perché, in fondo, la tanto blasonata e delicata rosa degli Hawk, non era altro che una misera sgualdrina pronta a umiliarlo.
La mano afferrò un lembo della camicia da notte. Tirò, mentre le dita delicate di Nora tentavano di trattenere lo scudo di fortuna. La stoffa ricadde ai piedi, per mostrargli il corpo di pura porcellana, snello e tornito. Le dita della ragazza corsero a coprire le nudità, il volto rosso di vergogna che tentava di rimanere nascosto dai lunghi ricci.
Un lungo tremito carico di dolore gli attraversò il cuore pensando a tutto ciò che aveva appena perso, a quel corpo che amava da troppo tempo e che era stato donato a un altro uomo.
Le lacrime si erano raggruppate sotto al mento di Nora, tremavano e cadevano veloci, come pioggia estiva, verso il pavimento.
Alzò una mano oltre la sua testa e poi l’abbatté contro quel viso d’angelo. Lo schiaffo la colpì in piena guancia.
Il rumore di una frustata. Il fracasso del suo cuore che andava in pezzi.