Capitolo 29
La sala del Consiglio Privato tremolava sotto la luce di un sole pallido. La nebbia era calata in fretta al primo sorgere di ottobre e avviluppava una Londra sempre più preoccupata.
Lawrence Hawk arrancò fino allo schienale della sedia, a uno dei capi del lungo tavolo. La febbre, ormai, era solo un brutto ricordo, ma i dolori inflitti dalle torture gli mordevano ancora i muscoli e lo tenevano sveglio di notte a contare le cicatrici, a scacciare il pericolo che li aveva lambiti.
Il re se ne stava seduto all’altro capo del tavolo. Il viso contrito e un po’ pallido, la mano poggiata sul legno levigato e gli occhi adombrati dalle mille preoccupazioni che, come una tempesta, lo avevano colto al suo rientro. Ogni tanto, le iridi celesti del re si voltavano per posarsi sul viso del figlio e uno strano sguardo s’impossessava di entrambi.
Comprensione e disapprovazione che si fondevano in un’obbligata scelta di complicità.
Forse Giorgio non aveva capito le scelte di Augusto, né perché il suo più fidato consigliere avesse rischiato la testa; il principe, dal canto suo, sapeva di non poter raccontare tutta la verità, e Lawrence si domandò come avesse fatto Lewis ad ammansire Augusto, così determinato ad annegare nel sangue i segreti della propria famiglia.
Il figlio non l’aveva deluso ed era riuscito a catturare i giacobiti, a salvarlo dal patibolo, a mettere nel sacco i Jacobson, eppure, l’aria enigmatica e impertinente che sempre lo accompagnava era sbiadita, come se la nebbia lo avesse avvolto nelle sue spire.
«I giacobiti interrogati hanno preso a parlare di strani pettegolezzi. Di figli illegittimi.» Giorgio aveva parlato con sguardo annoiato. Come se fosse stufo di sentire sempre la stessa, monotona melodia. «Sapete che il maggiordomo di mia moglie Sofia è morto qualche mese fa?» Gli occhi si puntarono su di lui.
Evonshire rimase calmo, e ignorò l’ombra sul viso del principe. «Pare si sia trattato di banditi di strada, altezza. E per quanto riguarda i giacobiti, non sanno che altro dire per screditare la vostra famiglia. Sappiamo tutti che vostra moglie vi è rimasta fedele, e che ogni prova in grado di insozzarla è stata sepolta anni fa.»
«Sì, Evonshire. Sono solo pettegolezzi. Ma, ahimè, la Compagnia dei Mari del Sud non lo è.»
Lawrence fece un grosso sospiro. «Il veliero con lo Smeraldo di Venere è atteso in questi giorni. Quindi, nonostante le prove contro di loro, non processerete i Jacobson?»
Il re fece un sorriso triste. «Quella pietra può salvarmi. E poi rimane la spinosa questione del registro.»
Lawrence trattenne una smorfia. «Presto lo avrete nelle vostre mani e ogni prova sarà distrutta.»
La riunione si concluse in fretta e il figlio lo raggiunse, affiancandosi nel corridoio. Lawrence gli prese il polso. «Se ci fosse un’altra via, sapete bene che…»
«Non è colpa vostra, padre. Questo non lo potevamo prevedere.»
Rimasero in silenzio per tutta la durata del breve viaggio. La cipria sul volto di Lewis e la ramillies che gli incorniciava il capo, non bastavano a scacciare le ombre degli ultimi tempi.
«Come mai mi fissate in questo modo, padre?» gli sibilò contro, con astio.
«A tutti capita di commettere un errore. Vi state giudicando con troppa severità.»
Le nocche di Lewis si strinsero con violenza intorno al pomo del bastone, tese il busto in avanti, le iridi castane che lo trafiggevano da sotto in su. Ribollivano di selvaggia indignazione, di fraterna gelosia.
«Per una volta, padre, per una sola volta, guardiamoci in faccia e parliamoci con sincerità. Vi bruciano le viscere davanti a ciò che stiamo per fare. Preferireste strisciare nudo per tutta Londra, ritornare ad ansimare di febbre nella Torre, piuttosto di le armi contro di loro. Ma non abbiamo altra scelta. Nonostante tutto, il bene del regno viene sempre prima del nostro.»
Emise, in risposta, un lento respiro che tremolò verso la fine. Una sorta di singhiozzo che non fece in tempo a trattenere. «E va bene, Lewis, vi do ragione. E ammetto che la bile mi sta avvelenando lo stomaco, ma se pensate che mi dia per vinto tanto facilmente sbagliate. Firmerò questa tregua per il bene del regno ma una cosa l’ho imparata, caro figliolo. Nella vita, l’attesa ripaga di ogni cosa. Attenderò e alla fine avrò la rivincita e schiaccerò sotto le mie suole chiunque porti il cognome Jacobson.» Sorrise, sicuro. «E sapete bene che sarà così.»
Il volto di Lewis fu attraversato da un’espressione complice, prima di tornare a oscurarsi sotto la preoccupazione. «Ma ciò non mi toglie la voglia di uccidere Francis.»
Aileen sentiva il vento fresco del mare sferzarle il volto e sistemò meglio il velo che le avvolgeva viso e capo. La distesa azzurra dell’Atlantico circondava ogni cosa e le pareva tutto così strano da farle battere il cuore, sotto l’impeto di una nuova vita che si snodava lungo la scia della Lahk’ is mire.
Diede uno sguardo al fratello Douglas, vestito con gli abiti arabi, era una presenza che le infondeva sicurezza e inquietudine in egual modo. Riabituarsi al nuovo corso degli eventi era tutt’altro che semplice: amare là dove c’era stato odio, e odiare colui che, in quei due anni, era stato il simbolo di un amore perduto.
Alec. Rabbrividì sotto al velo, pensando a come quel marito era stato disposto a venderla in cambio dei soldi.
Raggiunse Douglas. Ne scrutò gli occhi oltre la stoffa, la cicatrice appena visibile. «Ti ringrazio» gli mormorò, rendendosi conto solo in quel momento di non averlo ancora fatto.
Gli occhi limpidi del fratello avvolsero i suoi. «E di cosa?»
«Di avermi protetto. A costo della tua vita. Per avermi difeso dal tradimento di mio marito. Per avermelo fatto amare. Hai sacrificato tanto.»
Douglas voltò le iridi verso il mare. «Ho fatto quello che ritenevo giusto.»
«Che cosa farai ora, verrai a Mulay con me?»
Sulla linea dell’orizzonte comparve il contorno sfocato della Francia. Il tempo di recuperare i suoi figli, poi avrebbe lasciato per sempre l’Europa. Si era lasciata alle spalle l’Inghilterra, nascosta tra il seguito arabo, per confondere le spie giacobite.
Scambiò un lungo sguardo con Ahmed. Lo strano sentimento che la univa al console le aveva fatto prendere la decisione bizzarra di trasferirsi in Arabia. Niente più Europa, niente più spie.
Voleva una vita nuova. Diversa. Lontano dai pericoli che, per due anni, avevano costellato d’incubi le sue notti.
Avrebbe riabbracciato i figli e sarebbe sparita nell’ombra di un’esistenza lontana dal potere, dalla corte. Dal sangue illegittimo che le scorreva nelle vene.
Strinse la mano del fratello. L’unica certezza rimasta. «Ti prego. Resta con me.»
Douglas l’abbracciò. «Lo farò.»
Ralph Jacobson accolse gli Hawk con un caloroso sorriso. Li invitò a sedere al tavolo, mentre si godeva la cupa espressione d’odio dipinta sul viso di Groundale.
«Evonshire» esordì. «Sono davvero felice che abbiate accettato.»
Lawrence sedette e alzò appena le labbra, in viso un’emozione indecifrabile. «Non ci avete dato molta scelta.»
Senza aspettare oltre, Ralph si alzò e prese dalla libreria l’anonimo registro di pelle nera, lo poggiò sul tavolo, riprese posto sulla sedia e mise sul dorso entrambe le mani, in un gesto di protezione. «Figli illegittimi, maggiordomi uccisi. Neonati salvati. Antichi tradimenti.»
Le sue parole furono macigni che precipitarono, uno dopo l’altro, contro i volti dei due Hawk. Li vide contrarsi, gli parve quasi di vedere l’odio e la nausea strisciare sotto la pelle diafana. Ma entrambi rimasero fermi, immobili, di fronte alla sua disarmante conoscenza dei fatti.
«Avete rischiato parecchio.» Alzò le mani, in un finto gesto di resa. «Siete stati bravi. Avete coperto il vostro segreto molto bene. Ma sappiamo tutti che un buon giocatore tiene coperte più carte. E in fin dei conti è molto più pericoloso un regno sul lastrico che un vecchio bambino con sangue illegittimo.» Agitò le mani nell’aria. «Centinaia di sterline in fumo, in un attimo. E i regnanti che sapevano e hanno unto gli ingranaggi di quei truffatori.» Scosse il capo. «Che brutta cosa.»
Il palmo di Lewis impattò con violenza contro lo scrittoio. I bicchieri tintinnarono e il brandy fluttuò come un mare in tempesta per diversi istanti.
«Fatela finita, marchese. Diteci che cosa volete in cambio di quel maledetto registro.»
Scosse il capo, mentre si portava il bicchiere alla bocca. «Groundale, siete sempre il solito irruento. Con calma. Questo non è un patto, è un’alleanza.»
Entrambi gli Hawk divennero attenti. «Alleanza?» sbottò Lawrence. «La chiamerei tregua. Siete stato bravo a proporre la vendita della vostra cara pietra preziosa. La vostra famiglia è intoccabile, e lo sarà ancor di più quando consegnerete quel registro. Ma vi assicuro che appena potrò, vi arresterò come il traditore che siete.»
«Ma io non sono un giacobita, tutte le prove portano a Francis.»
«è stato facile nascondersi dietro al figlio pazzo, vero? Ma le mie promesse non cadono mai a vuoto.»
«Lo so Evonshire, per questo vi chiedo se, nel momento in cui mi porterete nella Torre, accetterete di dire a Giorgio ciò che avete fatto ventisei anni fa.» Lo sfidò.
«Sì, vecchio bastardo, tenetemi pure per le palle, vediamo chi dei due si stancherà per primo. Avanti, non ho molto tempo: consegnatemi quel libro mastro e ci scorderemo che siete un bastardo giacobita. E voi vi dimenticherete di Hans.» Lawrence iniziava a perdere la pazienza.
«Sì, così appena girerò l’angolo verrò accoltellato. Vi conosco. Per questo parlo di alleanza. Una volta che vostra figlia sarà sposata a Henry, sarà difficile per voi gettarla in disgrazia insieme alla famiglia del marito.» Sorrise con espressione innocente.
A Lewis parve di vederlo: il suo sangue refluito lontano dal corpo, un fiume rosso fuoco che se n’era andato all’improvviso, lasciandolo lì, pallido, a fremere su quella sedia. Spostò appena la gamba, fece leva sul bastone da passeggio e fissò il volto avvizzito davanti a lui. Non si curò di nascondere nulla, si limitò a sbattergli in faccia la follia omicida che l’aveva colto. Il gusto selvaggio che solo il sangue poteva placare. Immaginò mille modi di trafiggere quella carne flaccida, e nessuno gli diede sollievo.
«Ralph, mi sembrava chiaro che l’accordo di fidanzamento fosse saltato.»
Lewis ammirò la calma del padre, lui invece stava imponendo uno sforzo titanico al proprio corpo. Più gli istanti passavano, più faticava a tenere ferma la mano.
Nora.
Era bastata nominarla per riaccendere l’angoscia più atroce che gli schiacciava il petto da giorni. La sorella rifuggiva ogni contatto, sviava le spiegazioni sul suo rapporto con Lorenzo. Si era chiusa, isolata. E quel comportamento era più eloquente di mille parole.
«Quindi avete già in mente un altro partito per la vostra figlioletta?»
C’era troppo scherno in quella maledetta voce.
«Ne ho molti, a dir la verità.»
«E sposeranno vostra figlia anche quando scopriranno che ha aperto le cosce all’agente degli Stuart? Che porta in grembo il figlio di un giacobit…»
Ralph cadde all’indietro, travolto dall’impeto con cui gli era saltato contro. Lo avrebbe ucciso così, a mani nude, ma suo padre gli fu addosso.
«Maledizione, calmati Lewis!» gli sbraitò.
«Sta insultando mia sorella!»
«Non è così che risolveremo il problema!»
Lawrence lo spinse indietro con forza e lui rimase in piedi, ansimante, ad asciugarsi il sudore sulla fronte. Ralph fu aiutato a sedersi, sconvolto, con la parrucca fuori posto e un’istintiva paura negli occhi, ma non mutò il suo sorriso di trionfo.
«Che diavolo andate blaterando, Ralph?»
La voce del padre era ridotta a un sibilo. E solo allora Lewis si accorse dello stesso istinto omicida che tremava sotto ai muscoli del duca di Evonshire.
«Le domestiche parlano di un mestruo saltato che abbinato a ciò che hanno visto… Mentre voi eravate impegnato a cercar di morire nella Torre e vostro figlio si dilettava nella sua occupazione preferita, ovvero quella dell’eroe, Nora pare che abbia intrapreso un piacevole passatempo in compagnia di Lorenzo Colonna. Ho dei testimoni. Non lanciamoci nel solito gioco delle negazioni. E non vi occorrerà nemmeno spingervi a uccidere qualche stupida, chiacchierona cameriera. Vi basterà osservare il ventre di vostra figlia.» Ralph lo guardò con derisione. «Ma voi, Evonshire, in cuor vostro, ve ne siete già accorto, perché siete molto meno irruento di vostro figlio.»
Lewis arrancò fino alla poltrona, incredulo. Tutte le sue paure erano divenute realtà. Trattenne a mezze labbra un’imprecazione, mentre, suo malgrado, rimaneva lì, ad ascoltare quell’ignobile proposta di salvezza.
«Io vi darò il registro e Nora e Henry si sposeranno. Voi lascerete cadere tutti i propositi di vendetta nei nostri confronti. Convincerete Giorgio a darmi una poltrona nel Consiglio Privato. Così, non essendo riuscito a battervi, sarò almeno imparentato con la famiglia più potente del regno. E suppongo che con il tempo, passeremo sopra a questo increscioso fraintendimento.» Il vecchio portò di nuovo il bicchiere alle labbra. «Ma se preferite, potete sempre decidere di convincere il re a decapitare mio figlio, gettare agli investitori rovinati gli Hannover, e far additare vostra figlia come la puttana di un giacobita, l’unico fuggito alla brillante irruzione ideata da Groundale. Che strana coincidenza.»
Lewis portò una mano alla fronte, là dove il mal di testa aveva preso a battere furibondo contro il cranio. «Avete vinto, dunque. Però tenete Francis lontano da Nora. Mandatelo altrove, via. Fuori dall’Inghilterra. Sapete, alla fine anche per noi potrebbe esserci una convenienza. In fondo, avete delle abili spie. Potremmo lavorare insieme dopotutto. Ma se vedo Francis a Londra o vicino alla casa di mia sorella, non posso garantire per la sua incolumità. E si sa che vostro figlio frequenta i bassifondi per dar sfogo ai suoi vizi. Luoghi in cui risse e incidenti sono molto frequenti. Se tale condizione non verrà rispettata, state pur certo che questa alleanza si tramuterà in una guerra.»