Capitolo 32
Nora sistemò meglio il mantello scuro e anonimo che si era avvolta intorno al corpo. Ebbe cura di coprire con attenzione ogni dettaglio che avrebbe potuto identificarla e scese dal carro con un misto di timore e curiosità. Non riuscì a fare a meno di osservare le persone che ingombravano la strada. Marinai, artigiani, pescatori, ufficiali, un insieme di umanità variopinta che si sgolava in urla e risate, macinando con gli stivali la terra battuta e fangosa della strada.
Aveva smesso di nevicare, e piccoli cumuli biancastri erano ammassati ai lati, vicino alle porte dei magazzini e delle taverne.
Lei e Lorenzo camminavano spediti e nessuno, presi com’erano dalle loro attività, prestava loro molta attenzione, due anonimi viaggiatori di una mattina appena sorta.
«Siamo arrivati.»
Rispose al bisbiglio di Lorenzo alzando gli occhi verso l’edificio di fronte. Una vampata di puzzo di pesce, liquame, sterco e fumo la colpì al volto, mentre la facciata di travi bianche, sporcate dalle intemperie, l’accoglieva come una sorta di mostro pronta a divorarla. Le finestre dei tre piani erano ancora rischiarate dalle candele e il tetto spiovente risaltava contro la luce del mattino. Quel contrasto rendeva il Pelican
ancora più inquietante e il sinistro cigolio dell’insegna che ondeggiava nell’aria mefitica del porto, le provocò un brivido di suggestione.
Il vociare degli avventori, le loro urla sguaiate e il rossastro pulsare del camino che intravide oltre la porta spalancata, rendeva onore al nome con cui tutta Londra, compresa la più ricercata nobiltà, conosceva quella locanda: la Taverna del Diavolo.
«Dobbiamo aspettare proprio qui?» mormorò a mezze labbra, mentre un uomo sudicio e ubriaco la urtava. Si rese conto in quel momento a cosa stava per rinunciare. Cosa sarebbe diventata. Sentì la saliva scendere lenta, in una lunga carezza. Impose al suo cuore di non cedere. Infilò la mano sotto al mantello e prese contatto con le missive in cui aveva racchiuso tutta la sua disperata decisione. Pensò a Lewis, alla famiglia.
Il tocco di Lorenzo sul palmo la riportò alla realtà.
«Mi ha detto di aspettarlo qui. È un uomo fidato.»
Negli occhi del suo amato rilucevano certezza e determinazione, un luccichio di familiarità con il contesto desolante in cui si trovavano. Un segno di quanto Lorenzo fosse abituato a quella vita.
«Non è la prima che fuggi da qualcosa» mormorò. I piedi che si muovevano verso i gradini d’ingresso. Assi sbilenche che non davano alcuna affidabilità.
«Non avere paura. Andrà tutto bene.» Le prese la mano con forza. Dopo fu semplice salire quelle travi ed entrare nella bocca dell’inferno.
Un cane attraversò la strada, in bocca un osso, le zampe che lasciavano impronte sporche sulla neve già prossima a sciogliersi.
Lewis era stato innumerevoli volte a Wapping
, giù al porto. Si era confuso tra la gente, in cerca di spie o di cospirazioni. E mai avrebbe potuto immaginare di doverlo fare per cercare Nora.
«Sei davvero convinto che sia la verità?»
James attirò la sua attenzione, lasciò il cane e voltò la testa verso l’amico. La faccia abbronzata e sicura di Skyrm gli infondeva la giusta sicurezza, doveva ammetterlo almeno con se stesso: tutta quella faccenda lo stava spingendo verso la pazzia. Un processo che conosceva troppo bene. E stavolta aveva paura di non riuscire ad aggrapparsi alla ragione. Semplicemente, si sarebbe lasciato annegare.
«I Jacobson fanno di tutto per sviare la colpa dalle loro mani. Ma conosco Francis, so che cosa vuole fare. Cosa ha cercato di fare.» Scosse il capo. «Tuttavia, forse… Lorenzo è fuggito e magari quella domestica che sostiene di aver visto uscire Nora da casa Jacobson ha detto la verità. In questo caso la via più veloce per lasciare Londra è il fiume.»
James aveva voltato gli occhi verso le navi ormeggiate. Un complicato intrico di velature e dimensioni che ingombrava il Tamigi. «Se si sono già imbarcati non abbiamo alcuna speranza di ritrovarli, lo sai, vero?»
Fece un segno d’assenso, mentre la strada diventava sempre più affollata. Decine di donne e uomini che procedevano verso i Docks
.
«Un’esecuzione?» chiese.
«Può darsi. Il cappio per gli uomini di mare è un amico conosciuto.»
Ally trattenne un singhiozzo, quando Francis Jacobson la costrinse a piegarsi sul tavolo. Le mani dell’uomo saggiavano le sue natiche e già sentiva il membro premere sulla pelle.
«Sono stato troppo lento.» Francis ringhiò quella frase con furore. Le afferrò i capelli e la strattonò con forza, mentre spingeva, senza alcun tipo di ritegno. «Tu sei sicura di non averli visti?»
Ally strinse i pugni, gemette suo malgrado. «No, io non ho visto proprio nessuno. So solo ciò che ti ho detto: sono partiti appena è salita l’alta marea.»
«Mi devo rassegnare, in fondo è tutta la mattina che rivolto questa taverna da cima a fondo. Devono essere spariti da sotto il mio naso.» Lo sfogo di Francis giunse insieme a un affondo violento che le fermò il cuore in petto. «Sono arrabbiato, Ally. Furioso!»
Il seme le scivolò lungo le gambe e ringraziò che tutto si fosse concluso in fretta. Voleva quell’uomo fuori dalla sua stanza. Era il suo cliente migliore, in fatto di monete, ma era un uomo pericoloso, imprevedibile.
Respirò, ignorando il bruciore provocato dall’amplesso. Non ebbe il tempo di pensare ad altro, Francis la strattonò e la costrinse a girarsi. Rimase muta, impietrita davanti alla punta del coltello che minacciava i capezzoli.
«Tu sei una puttana.» Il freddo metallo le stuzzicò la pelle delicata. «Una puttana bugiarda.»
Deglutì, gli occhi di Francis si erano girati in un punto preciso della stanza. Era perduta.
«Io…» tentò di azzardare, ma un pugno la colpì. I denti tagliarono l’interno della guancia e l’amaro del sangue la invase.
La sua confessione fluì tra i singhiozzi.
«Non avrei mai voluto costringerti a una scelta così.» Lorenzo continuò ad attendere vicino alla finestra. Mancava poco, solo qualche ora, così aveva detto loro il capitano Marshall, e poi sarebbero potuti partire. Occorreva solo che la marea si alzasse al punto giusto.
Era sicuro della scelta fatta, determinato a portare avanti la ragione del suo cuore, ma vide Nora, rannicchiata contro la parete squallida e ammuffita della camera, e si chiese se non fosse stato solo egoista, nel volerla a tutti i costi trascinare con sé.
«Non possiamo assumerci la colpa degli eventi. Ho fatto quello che ritenevo giusto. E non sarei sopravvissuta a lungo alla vita che mi aspettava. Sarà difficile, lo ammetto. Ma non vuol dire che questo m’impedirà di essere felice.» Gli sorrise da sotto al cappuccio.
Lorenzo corse a inginocchiarsi di fronte a lei. Nora lo aveva riportato alla vita. Le prese le mani, gliele scostò dal grembo e diede un bacio a quella pancia ancora acerba che raccoglieva il frutto del loro amore.
Sì, si disse. Con un po’ di coraggio e un pizzico di fortuna, ogni cosa sarebbe andata per il meglio.
Da oltre le imposte arrivò il vociare della gente e il ritmico, lugubre suono dei tamburi.
Nora impallidì sotto il cappuccio.
Ma non ebbe il tempo di confortarla, la porta si spalancò e Francis Jacobson comparve sulla soglia, dio infernale che gli tolse ogni goccia di speranza dal corpo.
Lewis aveva quasi raggiunto la Taverna del Diavolo. Il fracasso provocato dalla gente che stava per assistere all’impiccagione era assordante. Una mano avvolse il suo braccio e incrociò gli occhi con Daniel, uno dei suoi familiari informatori.
«Ho tenuto d’occhio per voi Lorenzo Colonna, come mi avevate detto qualche giorno fa.»
Sentì il cuore battere speranza.
«L’hai visto?»
«Stamattina, poco tempo fa. Era con una donna.»
Ebbe l’impulso di baciare Daniel talmente era felice. «Dove?»
«Ho saputo che sta per imbarcarsi sul Whitby
.»
Tamburi e urla. Il gracchiare di un corvo che era appena volato oltre la finestra.
La vita si era fermata, sostava immobile lungo il filo della spada impugnata da Lorenzo.
Nora incrociò gli occhi con Francis. L’ennesimo tuffo nell’oceano del male.
L’intero costato fu spinto in avanti dal sussulto che l’attraversò, la bocca che gridava, istintiva, mentre le spade cozzavano.
«Che cosa urli, Nora? In questa bettola nessuno presta attenzione a una puttana che grida!»
«Bastardo!» Lorenzo gli si lanciò addosso con forza, ma senza alcun successo. Il suo colpo fu parato senza troppa fatica.
Un sorriso accattivante si fece largo sul volto di Francis. «Lo so, sono bravo. Non sembra, ma ero il migliore prima che arrivasse suo fratello.»
Nora seguì la spada fendere l’aria e abbattersi, con un colpo, ancor più forte del precedente, contro l’arma di Lorenzo. Si gettò verso la porta.
«Vuoi andare là fuori? Ti salteranno addosso come lupi» la minacciò, ma nonostante l’avvertimento era decisa a chiedere aiuto.
Tutto quello che ottenne, fu di arrivare alla porta nello stesso istante in cui la lama squarciò la carne di Lorenzo sopra il polso. Una lacerazione superficiale ma violenta. La spada gli cadde di mano.
Francis le afferrò il cappuccio del mantello, uno spintone così violento che perse l’equilibrio e cadde all’indietro, finì scomposta sul pavimento. Alzò la testa, pronta a rimettersi in piedi, ma il pugno di Francis la colpì sullo zigomo.
Perse i sensi all’istante.
«Mi hanno detto che state per imbarcare due passeggeri.» Lewis si rivolse al capitano del Whitby
senza troppi preamboli. Un uomo duro, poco incline alle chiacchiere amichevoli, l’aveva capito alla prima occhiata diffidente che gli aveva rivolto.
Marshall si pulì le mani sulla giacca unta, prima di deriderlo. «E chi lo vuole sapere?»
Si lasciò sfuggire una mezza risata altezzosa, prima di afferrargli la gola e costringerlo contro l’albero maestro del veliero. «Qualcuno che può farti finire squartato, se non apri quella bocca e non mi dici se stavi per imbarcare qualcuno.»
L’uomo parve recuperare un po’ di buon senso. «Ho preso accordi con un uomo che aveva un accento straniero.»
Non uscirono altre parole, così Lewis decise di stringere di più la presa. Le guance di Marshall divennero paonazze. «Mi aspettano dal Diavolo
.»
Lo liberò in fretta e, senza attendere James, scese veloce dall’imbarcazione e corse verso il Pelican
. Svoltò l’angolo oltre i Docks
e lì, la marea di gente che seguiva il carro del condannato lo travolse.
Imprecazioni e spintoni non bastarono. Braccia e gambe, cuffie e gonne, facevano di tutto per trattenerlo, per portarlo lontano dalla taverna.
Lorenzo riprese la spada, la mano rossa di sangue. Nora era stesa a terra, priva di sensi. Urlò e si lanciò contro Francis e di nuovo ottenne solo di sbattere il suo ferro contro quello avversario.
Non era uno schermidore scarso. Tuttavia Jacobson sembrava prevedere in anticipo ogni mossa, era veloce, nonostante gli occhi offuscati dall’alcol, una fredda lucidità emergeva da quel volto crudele e pareva non lasciargli scampo.
Si rimise in posizione. Provò una finta, stavolta riuscì a bucargli di punta uno dei pettorali, un affondo che perse vigore appena fu intercettato dalla spada di Francis.
Riprovò ancora, stavolta riuscì a colpirlo al braccio. Iniziò a prendere coraggio. Doveva uccidere quel bastardo, doveva farlo per Nora, per il figlio, per la vita che le aveva promesso.
Caricò il braccio di tutto il coraggio che possedeva e si preparò all’assalto finale.
Dapprima fu un dolore lontano, appena accennato, poi la spalla sinistra esplose in un tripudio di carne e legamenti recisi. La lama che scavava dentro di lui, fino a sfregare con l’osso. Perse la spada, insieme a un copioso fiotto di sangue che gorgogliò dal buco.
Barcollò all’indietro, la mano destra che correva a tamponare la ferita e poi, agitata, si precipitava verso la spada. Francis lo colpì con un calcio, pestò il suo polso sanguinante.
Tornò in piedi e con un ruggito di rabbia si lanciò contro di lui. Lottarono per qualche istante, poi un calcio lo fece finire contro la parete, e gli tolse ogni forza.
Ma non era intenzionato ad arrendersi. Il tempo di un paio di respiri e trovò il coraggio di rimettersi in piedi sulle ginocchia, la mano insanguinata che faceva leva sul pavimento.
Ma un istante, a volte, bastava a cambiare l’intero corso degli eventi.
Gli occhi si spalancarono, inorriditi.
Un urlo, due passi verso la finestra. Scambiò un muto sguardo di puro terrore con Nora che, di nuovo sveglia, si dibatteva contro il torace di Francis. La spada le minacciava la gola.
«Che cosa vogliamo fare, Colonna?» Jacobson gli sorrise, accomodante. «La sgozzo? Oppure la getto di sotto?»
Riprese la spada, incapace di proferire parola, persino di pensare. Mosse il piede. Forse c’era una possibilità.
Strisciò la suola dello stivale. Un corvo transitò oltre la finestra. Francis liberò Nora dalla minaccia della spada.
«Non così in fretta, ci ho ripensato.»
L’odio gli avvolse il braccio e fu pronto a infilzare quel corpo maledetto.
Si accorse troppo tardi della mano di Francis ancora aggrappata al corpetto di Nora. Il mantello che volteggiava nel vento. Francis la tirò verso di sé.
Una spinta.
La testa di Nora si piegò all’indietro, la schiena la seguì.
Fu tutto così veloce che sentì la sua gola urlare solo quando vide le scarpette sparire oltre il davanzale.
Francis scomparve dalla sua mente, le gambe balzarono verso la finestra e spiccò un salto di diversi metri giù, verso il Tamigi che gonfio, spinto dall’alta marea, fluttuava tetro sotto la taverna del diavolo.
Leggera.
Fu l’unico aggettivo che transitò nella sua mente, mentre cadeva all’indietro. Entrambe le braccia tese verso la finestra che si allontanava. Il vento le sferzava i capelli, vedeva le ciocche danzarle intorno al viso.
Non c’era paura, forse meraviglia. Era così strano…
Il cielo sopra di lei, il sole era una palla d’oro che s’intravedeva oltre le nuvole bianche.
Le arrivarono le urla. Decine di persone gridavano, tutte insieme. Tamburi lontani.
Il battito delle ali di un corvo che volava sopra di lei.
E infine il mondo divenne d’acqua. Un impatto che l’avvolse, inaspettato. E tornò la paura.
Sprofondava.
Un silenzio gorgogliante, profondo, la sovrastava in un vortice grigio che diventava sempre più buio. Le mani che si agitavano in un vano e disperato tentativo di trattenere la vita.
I ricordi vorticavano insieme ai capelli. La devastante sensazione di sapere che quello era il suo ultimo istante, il suo ultimo respiro su quel mondo.
E il timore convulso, paralizzante di essere sola.
Allungò una mano verso l’alto, verso Lewis.
Verso Lorenzo.
Qualcuno l’afferrò, riconobbe gli occhi scuri di colui che aveva amato. Il tempo di un sorriso. Di vedere la forza svanire dal viso di Lorenzo.
Esausti si abbracciarono. E si lasciarono travolgere dal gorgo del fiume che li portò con sé, nel suo abisso più profondo, dove li attendeva l’eternità.