Quella sera vidi di nuovo Mina. Ero con papà nel piccolo giardino sul davanti. Ce ne stavamo lì in mezzo ai cardi e ai soffioni e lui come al solito mi stava spiegando come sarebbe diventato tutto bellissimo, fiori qui e un albero là e una panca sotto la finestra della sala. Vidi Mina più in giù lungo la via. Si era arrampicata su un albero, in un altro giardino che dava sul davanti, sullo stesso nostro lato. Era seduta su un ramo spesso, con in mano un blocchetto e una matita. Continuava a mettersi la matita in bocca e a guardare verso la cima dell’albero.
«Chi sarà quella?»
«Si chiama Mina».
«Ah».
Doveva essersi accorta che la guardavamo, ma non si mosse.
Papà entrò a controllare il cemento in soggiorno.
Uscii dal cancelletto, scesi lungo la via e guardai Mina sull’albero.
«Cosa ci fai là sopra?» chiesi.
Lei fece schioccare la lingua.
«Che scemo» disse. «L’hai spaventato. Tipico».
«Spaventato cosa?»
«Il merlo».
Si infilò il blocchetto e la matita fra i denti, poi scavalcò il ramo e saltò nel giardino. Rimase ferma a guardarmi. Era piccola e aveva i capelli neri come il carbone, e il tipo di occhi che sembravano poterti trapassare.
«Non fa niente» disse. «Tornerà».
Indicò il tetto. Il merlo era lassù che muoveva la coda e gracchiava.
«È il suo grido di allarme» spiegò lei. «Sta dicendo alla famiglia che c’è un pericolo vicino. Un pericolo. Cioè te».
Indicò l’albero.
«Se ti arrampichi dov’ero io e guardi lungo quel ramo, vedi il nido. Ci sono tre piccoli. Ma non azzardarti ad andare più vicino».
Si sedette sul muretto del giardino, di fronte a me.
«Io abito qui» disse. «Al numero sette. Tu hai una sorellina».
«Sì».
«Come si chiama?»
«Non abbiamo ancora deciso».
Fece schioccare la lingua e alzò gli occhi al cielo.
Poi aprì il blocchetto.
«Guarda qui» disse.
Era pieno di uccelli. Disegnati a matita, tanti colorati di blu, verde e rosso.
«Questo è il merlo» disse. «Sono comuni, ma sono bellissimi lo stesso. Un passero. Queste sono cince. E fringuelli. E guarda, questo è il cardellino che è passato a trovarci giovedì scorso».
Mi fece vedere il cardellino, con tutti i suoi verdi, i rossi e i gialli accesi.
«Il mio preferito» disse.
Chiuse il blocchetto facendo rumore.
«Ti piacciono gli uccelli?» mi chiese, e poi mi guardò come se avessi fatto qualcosa per farla arrabbiare.
«Non lo so» risposi.
«Tipico. Ti piace disegnare?»
«A volte».
«Disegnare ti fa guardare il mondo con più attenzione. Ti aiuta a vedere più chiaramente quello che stai guardando. Lo sapevi?»
Non dissi niente.
«Di che colore sono i merli?»
«Eh... color merlo».
«Tipico!»
Volteggiò sul muretto e rientrò nel giardino.
«Torno dentro» disse. «Spero di rivederti presto. Vorrei anche vedere la tua sorellina, se si può».