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«Siete sveglia, cara?»

Ianthe aprì gli occhi, e per un attimo rimase accecata dalla distesa di colore che la accolse. Dove si trovava? In una camera che non riconosceva, dipinta e tappezzata di una sfumatura di rosa talmente intenso che riusciva a malapena a distinguere un oggetto dall'altro. Pareva che la stanza, inondata dal sole attraverso le tende aperte, stesse arrossendo.

«Ianthe?»

La ragazza si stropicciò gli occhi, il sonno profondo l'aveva lasciata disorientata. Conservava la vaga impressione che un istante prima le tende fossero state chiuse. Chi le aveva aperte? Chi la stava chiamando per nome? Sembrava che la voce venisse da vicino...

Trasalì, nel vedere una faccetta mezza nascosta da una cuffia da notte piena di merletti, che la guardava dall'alto.

«Zia Sophoria!»

«Ah, bene, siete sveglia.» Il volto della donna si illuminò. «Non volevo spaventarvi, tuttavia stavo cominciando a preoccuparmi.»

Ianthe si portò una mano al petto nel tentativo di calmare il suo cuore, che batteva all'impazzata. «Ma quante ore ho dormito?»

«Praticamente da quando siete arrivata.»

La zia trotterellò dall'altra parte della stanza, poi tornò con una tazza di tè in una mano e un piatto di macaron nell'altra, e si appollaiò in una posa alquanto precaria sul bordo del letto.

«Eccoci. Li avevo comprati per ieri sera, per festeggiare, ma visto che eravate indisposta, possiamo mangiarli a colazione.»

«Grazie.» Ianthe accettò il tè con piacere. «Mi dispiace di aver rovinato il momento del nostro arrivo, zia, ma io e Percy abbiamo litigato in modo orribile.»

«L'avevo capito. Quando siete arrivata, eravate alquanto agitata.»

«Oh...» Quando i ricordi del giorno precedente, all'improvviso, le tornarono alla mente, le sue guance avvamparono. Era svenuta fra le braccia della zia sulla soglia di casa, ancora sconvolta dal tradimento di Percy e dalla cosiddetta proposta di Mr. Felstone. «Mi dispiace.»

«Sciocchezze! Avete dato ai vicini qualcosa di cui spettegolare. Saranno entusiasti.» Negli occhi nocciola brillò una luce birichina. «Quindi, vi ho spedita a letto e ho mandato Percy ad alloggiare alla Locanda del cigno. Avevo pensato di dargli questa stanza, e di far dormire voi con me, ma ho capito che avevate bisogno di tranquillità. Inoltre, non mi piace il modo in cui vi si è rivolto. Ha preso dalla parte di vostro padre, quello.»

Ianthe sorrise, tentando di immaginare il fratello in quella stanza rosa acceso. Adesso che si era abituata a quel colore, iniziava a piacerle, come se fosse una bambina nella sua cameretta. Le sembrava un rifugio sicuro, uno spazio tutto per sé, dopo tanto tempo – una casa. Era l'unica cosa che desiderava, in quel momento, una stanza in cui nascondersi dal resto del mondo. Tuttavia, doveva ancora alla zia una spiegazione per il modo in cui aveva agito. Se solo avesse saputo da dove iniziare...

«Non è stata tutta colpa di Percy, zia. Anch'io mi sono comportata male.»

«Oh, ne dubito. Mangiate un macaron.»

«Non capite.» Prese fiato, con il respiro tremante. «Vuole che sposi Charles Lester.»

«Lester?» La zia Sophoria si immobilizzò, con il dolcetto sospeso in aria. «Quel vecchio buffone vanesio? Non siate ridicola.»

«Non vi piace?»

«Non mi è mai piaciuto e non mi piacerà mai. Quando era ragazza, girava intorno anche a vostra madre. Io lo mandavo via. Che cos'ha nella testa quel Percy?»

«Sono diventati intimi nell'ultimo anno. È per questo che Percy mi ha portato qui. L'hanno progettato insieme.»

«Ah. Mi sono chiesta il perché dell'improvvisa voglia di vostro fratello di venirmi a trovare dopo dieci anni. Quindi Lester è d'accordo?»

Ianthe si strinse nelle spalle, poi le lasciò ricadere, mesta. «Percy dice che mi chiederà di sposarlo, ma io non capisco. Non ho fatto niente per incoraggiarlo e non dispongo di denaro, né di conoscenze. Non può trattarsi di amore, di questo sono sicura.»

«Amore?» La zia masticava il macaron, pensierosa. «No, non assocerei mai un sentimento come l'amore a Charles Lester.»

«Mi fa paura, zia.» Ianthe rabbrividì istintivamente, e cercò di esprimere a parole tutto ciò a cui si era a malapena azzardata a pensare. «Mi fissa sempre, come se fosse affamato. Allo stesso tempo, sembra che non stia guardando me. Sembra che sia io ciò che vuole, invece non è neppure questo. Non so come spiegarlo.»

La zia Sophoria fece una smorfia con la bocca, poi le toccò la mano con fare rassicurante. «Be', se non vi piace, la storia finisce qui, lo diremo a vostro fratello, insieme. Per quanto riguarda Lester, non preoccupatevi, so come trattarlo.»

Ianthe posò la tazza e gettò le braccia al collo della zia con un sospiro sollevato. «Oh, grazie, zia. Avevo tanta paura che foste d'accoro con Percy.»

«Non avrei mai potuto!» La zia Sophoria la strinse forte. «Scherziamo, ragazzi! Devo prenderli a sberle tutti e due!»

Ianthe rise, poi si riappoggiò alla spalliera con un'espressione colpevole. «Purtroppo, non ero arrabbiata solo per questo. Sapete, c'era un altro uomo sul treno.»

I lineamenti belli e severi di Mr. Felstone le balenarono avanti agli occhi, e la fecero esitare. Forse era meglio non raccontare alla zia di lui. Alla luce fredda del giorno tutta quella storia appariva ridicola, come se l'avesse immaginata. Era possibile che in qualche modo avesse frainteso la sua proposta? Forse era talmente arrabbiata che aveva... capito male?

Si incupì, pensando al loro litigio. No, lui l'aveva chiaramente definita un'opportunista e poi le aveva chiesto di sposarlo. Una proposta d'affari, così l'aveva chiamata, ma di certo stava scherzando. Un uomo in possesso delle proprie facoltà mentali non avrebbe mai fatto una proposta del genere a una donna appena incontrata, sicuramente non un gentiluomo. Eppure... sembrava sano di mente. Sembrava persino un gentiluomo. Allora perché l'aveva fatto? In quel momento, lei aveva dato per scontato che volesse prenderla in giro, approfittare del fatto che fossero soli per farsi beffe del suo aspetto castigato. Adesso, dopo una bella notte di sonno, era più confusa che mai.

«Vi riferite a Mr. Felstone?» Zia Sophoria afferrò l'ultimo macaron e se lo infilò in bocca.

Ianthe rimase a bocca aperta. «Come lo sapete?»

«Me l'ha raccontato Percy.»

«E sapete anche che ho litigato con lui?»

«Oh, sì, ma non me ne preoccuperei. Mr. Felstone è una persona civile, un vero gentiluomo. Sono sicuro che non ve lo rinfaccerà in alcun modo.»

«Civile?»

«Un po' rigido, forse, ma affascinante, quando vuole. Più invecchio più divento invisibile, soprattutto agli occhi degli uomini, ma Mr. Felstone è sempre attento. È considerato un ottimo partito, da queste parti, nonostante i suoi trascorsi, anche se nessuna è ancora riuscita a sposarlo.»

Ianthe rimase a fissare la zia, con la bocca spalancata per lo stupore. Civile e affascinante erano le ultime parole che avrebbe usato per descriverlo. Forse Mr. Felstone aveva un gemello malvagio? Se fosse stato davvero il gentiluomo che credeva la zia, di sicuro non si sarebbe preso gioco di lei in modo tanto spietato, a meno che...

Scrollò la testa, allontanando l'idea. Era impossibile. La sua proposta non poteva essere autentica... o poteva?

Si spremette le meningi, in cerca di una spiegazione alternativa. «E credete che sia sano di mente?»

«Sano di mente? Direi proprio di sì. Si è fatto da solo e possiede il più grande cantiere navale di Whitby, per non parlare di un'intera flotta di mercantili. Forse, è coinvolto nel progetto della nuova ferriera, oltre che nella ferrovia. Non credo che si possa essere matti e costruire un impero simile.»

«Oh.» Ianthe non sapeva cosa dire, ed era contenta di non aver menzionato la proposta di matrimonio, in fin dei conti. Aveva la netta impressione che la zia non sarebbe stata altrettanto comprensiva, se ci fosse stato di mezzo lui. Ma se era tutto vero, perché aveva chiesto a lei di sposarlo? Uno scapolo tanto ambito doveva essere circondato da una schiera di donne disponibili. Sentì la morsa del rancore. Doveva averla presa in giro, per forza. Come se non gli fosse bastato insultarla...

«Sapete, la sua nascita ha causato un bello scandalo» spiegò allegramente zia Sophoria. «Suo padre era Lord Theakston.»

«E cosa c'è di tanto scandaloso?»

«Niente di niente» ridacchiò la zia, «eccetto il fatto che la madre non era Lady Theakston. Non ha mai avuto figli, povera donna. Oltre tutto, visto che aveva sposato quel vecchio furfante.»

Ianthe si sporse in avanti, intrigata, per quanto volesse negarlo. «Quindi, chi era sua madre?»

«Una delle cameriere. Non è stata né la prima né l'ultima con cui il padrone di casa si è trastullato, però quando Lady Theakston ha scoperto che era incinta, l'ha buttata fuori di casa.»

«Ma è terribile!»

«Lo è stato. Non che Lord Theakston abbia fatto qualcosa per impedirlo. Nessuno sapeva dove era andata. Dodici anni dopo, lei e il ragazzino sono spuntati dal nulla, a Whitby, lui ha trovato lavoro nel cantiere navale di Masham, il vecchio gli si è affezionato e, in men che non si dica, gli ha lasciato tutta la baracca. La madre è morta poco dopo, e so che c'è stata una specie di riconciliazione con il padre, ma qualcosa dev'essere andato storto. In ogni caso, prima che il vecchio morisse hanno litigato.»

«Oh.» Ianthe era ancora senza parole.

«Sapete che...?» A un tratto, zia Sophoria piegò la testa di lato. «Stamani assomigliate molto a vostra madre. Ieri sera non me ne sono accorta, ma adesso è impressionante. Mi sembra quasi di avere lei davanti.»

Ianthe sorrise, felice che avesse cambiato argomento. «Mio padre diceva sempre che eravamo identiche.»

«Ed è vero. Poverina, l'ultimo anno deve essere stato molto duro per voi. Perdere entrambi i genitori nel giro di poco tempo.»

Si morse il labbro, cercando di fermare il tremore. «Senza di lei, si è arreso.»

«Sono sempre stati eccessivamente romantici, tutti e due.»

«Zia!»

«È vero. Avrebbe dovuto farsi forza.»

«Non gli farete mica una colpa per essere morto?»

Zia Sophoria fece una smorfia con la bocca, come se fosse combattuta fra due opinioni contrarie. «No, suppongo di no.»

Ianthe rimase a guardarla in silenzio per un attimo, sconvolta, poi scoppiò a ridere a crepapelle. «Mio padre lo diceva sempre che siete perfida.»

«Davvero? Fantastico. Sono la pecora nera della famiglia, lo sapete.» La donna fece un sorriso furbo prima di rimettersi in piedi. «Adesso, credo che sia ora di alzarsi. Ho disfatto il vostro bagaglio, spero che non vi dispiaccia. Non che ci fosse molto. È tutto molto decoroso, ma...» Si accigliò, poi, all'improvviso, il suo viso si illuminò di nuovo. «Vi piacerebbe prendere in prestito qualche vestito dei miei? Ne ho uno di taffetà rosa che vi cadrebbe a pennello. Potrei farvi anche i capelli, se volete. Detesto queste nuove acconciature così piatte.»

Ianthe si morse la lingua. L'idea di indossare un indumento della zia era alquanto allarmante. Tuttavia, Percy non avrebbe sicuramente perso tempo e avrebbe ben presto combinato un incontro con Sir Charles. Se i suoi vestiti sciatti e antiquati non erano serviti a farlo desistere, forse quelli di zia Sophoria...

«Mi sembra un'ottima idea.» Buttò via le coperte con un sorriso. «Forse un po' di colore mi farà bene.»

Poco dopo, Ianthe si era già pentita della sua decisione. Scendere le scale con quello che secondo la zia era un abito da giorno indosso si rivelò molto più problematico di quanto avesse immaginato. Era avvolta in una quantità inimmaginabile di strati e balze di stoffa, e fu costretta a reggersi forte alla ringhiera per non rischiare di cadere e rompersi l'osso del collo.

Si fermò sul pianerottolo a metà della scalinata, e si guardò in uno specchio con una pesante cornice dorata, indecisa se scoppiare a piangere o a ridere. Con la vecchia crinolina della zia, fatta di cerchi d'acciaio, sembrava che si fosse messa tanti vestiti uno sopra l'altro, e le maniche a sbuffo erano decorate con una quantità di merletto che da sola sarebbe bastata a fare una gonna. I capelli, inoltre, erano raccolti in alto sulla testa, e sembrava che un uccello vi avesse fatto il nido – e tutta quella matassa crespa era tenuta ferma da un cappello da giorno troppo grande, legato sotto il mento con un grande fiocco. Sembrava uscita da una pasticceria, una torta rosa ricoperta di balze di glassa bianca.

Era perfetto, per incontrare Sir Charles.

«Ah, eccoti!» Zia Sophoria le andò incontro in corridoio, quando Ianthe riuscì finalmente a scendere le scale. «Avete una visita.»

«Di già?» Ianthe sentì un tuffo al cuore. A quanto pareva, Sir Charles non aveva intenzione di perdere tempo.

«Vi aspetta da dieci minuti. E, ovviamente, Betsy stamani non c'è. Dovrò farlo io il tè. Secondo voi vorrà una fetta di torta?»

«No! Insomma, sono certa che non si tratterrà a lungo.»

«Dobbiamo comunque essere cortesi, cara.» La zia le strinse la mano per rassicurarla. «Ve l'avevo detto che sareste stata bene, no? E adesso andate. Non potete fare aspettare un uomo così.»

«Ma avete detto...»

Quando la zia scomparve oltre una porta laterale, Ianthe sentì una fitta di rancore. Per fortuna che aveva promesso di aiutarla – l'aveva lasciata da sola ad affrontare Sir Charles! Perlomeno, avrebbe avuto l'occasione di mettere la parola fine a quella storia. Gli eventi del giorno precedente, per quanto spiacevoli, l'avevano aiutata a chiarire i suoi sentimenti. Non l'avrebbe sposato, né per i soldi, né per la protezione, né tantomeno per Percy. Doveva dirlo chiaramente, una volta per tutte.

Spinse la porta con decisione, facendo irruzione nel salottino con un gesto teatrale.

«Buongiorno, S...»

Si bloccò nell'attimo in cui scorse l'uomo, rivolto di schiena. Era più alto e imponente di Sir Charles, e le spalle larghe erano avvolte in un elegante cappotto blu a tre quarti, bordato di velluto di una tonalità simile. Il colletto immacolato della camicia contrastava nettamente con i capelli folti e neri.

«Mr. Felstone?» gracchiò, infastidita dallo spasmo nella propria voce.

«Temo proprio di sì.» Si voltò, e la sua espressione oscillò fra la sorpresa e il divertimento prima che riuscisse a domarsi. «Grazie per avermi ricevuto, Miss Holt. Date le circostanze, avrei compreso un vostro rifiuto.»

Ianthe si irrigidì, lottando contro la voglia di girare sui tacchi e scappare. Come se tutto quello che era accaduto il giorno prima non fosse bastato, doveva proprio vederla in quello stato? Nel salottino pieno di ninnoli della zia, sembrava ancora più bello di come lo ricordasse, mentre lei assomigliava a un centrotavola! Be', era inutile cercare di spiegargli il suo aspetto eccentrico. Ormai era tardi. Doveva fare la spavalda, per quanto fosse imbarazzante.

«Non mi aspettavo di vedervi qui, Mr. Felstone.»

«Ah.» Indovinò subito la verità. «Stavate aspettando Sir Charles, forse?»

«Sì.» Ianthe lo guardò con diffidenza. «Come avete fatto a trovarmi? Non penso di avervi detto dove avrei alloggiato.»

«Non me l'avete detto, ma ho un amico la cui moglie è al corrente di qualsiasi cosa succeda a Pickering.» Inarcò un sopracciglio con fare interrogativo. «Me ne vado, se lo preferite.»

Per un attimo, ebbe la tentazione di accettare. Dopo l'incontro del giorno prima, era l'ultimo uomo – quasi l'ultimo uomo, si corresse – che voleva vedere. Allo stesso tempo, la zia aveva tutt'altra opinione, era evidente. Non sarebbe stata contenta se l'avesse cacciato di casa, anche se lo desiderava.

«Non siamo a casa mia.» Scrollò le spalle. «Potete fare come volete.»

«Che gentilezza.»

Ianthe gli lanciò un'occhiata diffidente. Sembrava calmo e misurato, un uomo completamente diverso da quello che l'aveva offesa il giorno prima, del tutto padrone delle sue parole e del suo atteggiamento. Se solo avesse potuto dire lo stesso di sé...

Corrugò le labbra, pensando alla mossa successiva. Una signora educata lo avrebbe invitato a sedersi, ma Ianthe non era dello stato d'animo giusto per essere educata. In quelle circostanze, ricorrere alle convenzioni le pareva ridicolo. Per di più, la stanza rendeva difficile concentrarsi. Al contrario della camera monocromatica, il salotto era un tripudio di colori sgargianti, ingombro di una quantità di mobili che sarebbero bastati per una stanza grande il doppio. Un rapido sguardo bastò a individuare almeno dodici diversi posti per sedersi. Persino la carta da parati era confusionaria, decorata con rametti di ciliegio in fiore intrecciati a viticci carichi di frutti scarlatti. Abbinata alla moquette a fiori, dava l'impressione che la zia volesse allestire un giardino dentro casa. L'effetto sarebbe stato eccessivo anche senza Mr. Felstone al centro della stanza.

Cosa ci faceva lì? Ianthe sentì una nuova ondata di rabbia. Dopo avergli detto addio per sempre sul treno – o almeno così credeva – non si aspettava di rivederlo. Se era andato lì per prenderla in giro di nuovo, non si sarebbe fatta scrupoli ad afferrare il soprammobile più vicino e a sbatterglielo in testa.

Si guardò intorno, in cerca di armi che potessero fare al caso suo, e il suo sguardo si posò su una grossa scatola sopra al tavolo.

«Cos'è quello?»

«Un'offerta di pace. Avete detto che non avevate un abito per il ballo.»

«E me ne avete portato uno?» Ianthe fece una smorfia, combattuta fra la sorpresa e l'irritazione. Che fosse o meno un'offerta di pace, quel gesto le pareva inappropriato. Non voleva niente da lui – voleva solo che se ne andasse.

«Perdonate la mia impertinenza, ma ho parlato della vostra situazione alla moglie del mio amico, che si è offerta di buon grado di prestarvelo. Portate più o meno la stessa taglia, credo che vada bene. Se siete d'accordo, prendetelo.»

Ianthe si mosse, guardinga, andò al tavolo, sollevò il coperchio e trattenne un sussulto nel vedere le volute di raso all'interno. L'abito era bellissimo, di un grigio chiaro e argenteo, con un semplice scollo rotondo e neanche una balza o una gala in vista. Accarezzò la stoffa sontuosa, e resistette a sento alla voglia di premerla sulla guancia. Sarebbe stata una gioia indossare un vestito del genere. Inoltre, sembrava stranamente nuovo.

«Ricordo che vostro fratello ha detto che vi piace il grigio.»

«È molto grazioso.» Ritrasse le dita con riluttanza. «La moglie del vostro amico è molto generosa, ma non posso assolutamente accettare.»

Lui ignorò il suo rifiuto. «Sono riuscito a procurarmi un invito anche per vostra zia. Ho notato che sulla lista degli ospiti non c'era il suo nome.»

«Per zia Sophoria?» Si voltò, colpita. Era un regalo ancora più bello del vestito, sebbene lei non avesse nessuna intenzione di perdonarlo così facilmente, non le importava di risultare villana. «È stato un pensiero molto premuroso. Mia zia si divertirà, ne sono sicura, e non ha certo bisogno che le faccia da accompagnatrice.»

«Di cosa non avrei bisogno, cara?» Proprio in quel momento, zia Sophoria fece irruzione nella stanza, quasi interamente nascosta dal vassoio gigante del tè.

«Se permettete.» Mr. Felstone si fece subito avanti per liberarla da quel fardello. «Stavo appunto dicendo a vostra nipote che ho messo entrambe sulla lista degli invitati al ballo di stasera. Se vi interessa, siete le benvenute.»

«Il ballo?» Il viso di zia Sophoria si illuminò all'istante. «Be', saremmo felicissime, non è vero, Ianthe? Accomodatevi, Mr. Felstone.»

«Grazie, Miss Gibbs.»

Lui si guardò intorno come se stesse cercando un posto adatto, e Ianthe provò una compiaciuta sensazione di trionfo, contenta di vederlo in difficoltà, per una volta. Nonostante l'abbondanza di mobili, quasi ogni sedia era nascosta sotto un qualche aggeggio strabordante di pizzi.

«Lasciate fare a me.» Con un sorriso accondiscendente, liberò un piccolo divano nascosto da una pila di cuscini.

«Vi ringrazio.» La guardò negli occhi, e Ianthe scorse una luce divertita. «Non vi unite a me?»

All'istante, il sorriso svanì dal volto della ragazza. Mentre si vestiva, non le era venuto in mente che forse, a un certo punto, si sarebbe dovuta sedere. Le era già capitato di indossare la crinolina, ovviamente, ma mai una così enorme. Si chiese come facesse la zia. Si avvicinò goffamente al divanetto di fronte, e piegò lentamente le ginocchia, tentando di fare apparire la manovra naturale, per quanto possibile.

«Zucchero!» Il grido improvviso della zia la fece bloccare a metà strada.

«Che succede, zia?»

«Ho dimenticato le zollette di zucchero.» La zia Sophoria era nuovamente in piedi. «Versate una tazza di tè a Mr. Felstone, cara. Non starò via molto.»

Ianthe rimase a guardare la teiera, terrorizzata. Per offrirgli il tè, si sarebbe dovuta alzare di nuovo! Gli lanciò un'occhiata ansiosa. L'uomo sembrava incurante delle sue sofferenze, intento a osservare un cagnolino di porcellana ai suoi piedi.

Si schiarì la voce. «Gradite una tazza di tè, Mr. Felstone?»

Lui alzò lo sguardo, accennando un sorriso. «Credo che dovremmo aspettare vostra zia.»

A quel punto, Ianthe si lasciò cadere sul divano con un tonfo molto poco femminile. Che ci faceva ancora lì lui? Le aveva rivolto la sua offerta di pace, come la chiamava. Se aspettava che lei lo perdonasse e dimenticasse tutto, poteva attendere tutto il giorno. In silenzio, fissava le sue mani, i guanti all'uncinetto, senza dita, piegati con cura in grembo. Perché non se ne andava, ponendo fine alle sue sofferenze?

«Miss Holt.» Finalmente, la sua voce profonda ruppe il silenzio. «Ieri mi sono comportato in modo inqualificabile. Temo che il mio caratteraccio, a volte, abbia la meglio su di me. Le mie scuse sono state villane, e la mia proposta molto poco signorile. Vi prego di perdonarmi.»

Lei alzò subito lo sguardo, e guardò verso la porta del salotto, allarmata. Non voleva che sua zia sentisse certe cose!

«Benissimo. Non parliamone più.»

«Solo una cosa, l'ultima, poi starò zitto. Prima di andarvene, mi avete accusato di avervi preso in giro. Vi assicuro che non l'ho fatto.»

«No?» Ianthe non riuscì a eliminare lo scetticismo.

«No. Non mi considererete un gentiluomo, forse, ma possiedo un certo decoro. Perché dovrei scherzare su un argomento del genere?»

«Perché, come ha osservato con grande delicatezza mio fratello, non sono il genere di donna a cui si fanno proposte.»

«Niente affatto, ero del tutto sincero.»

Ianthe serrò i pugni. Sembrava sincero, ma non era possibile. Probabilmente, si era solo pentito del suo comportamento e stava cercando di confondere le acque, fingendo che la proposta fosse vera per salvare la reputazione. Voleva vedere cosa avrebbe fatto, se gli avesse detto di sì!

«Mr. Felstone...» Alzò il mento con fare altezzoso, «... se avete paura che diffonda dei pettegolezzi sul vostro conto, vi sollevo subito dalle preoccupazioni. Vi assicuro che non ho intenzione di raccontare in giro della vostra proposta.»

«Non sono preoccupato per niente. Sono abituato alle chiacchiere su di me.»

«Allora, se pensate di avermi compromessa, in qualche modo...»

«No.»

«Allora non vi capisco, signore! Perché un uomo benestante come voi, in possesso delle proprie facoltà mentali, a quanto pare, dovrebbe fare una simile proposta? A meno che non lo facciate d'abitudine di chiedere in sposa una completa estranea?»

«Non è mia abitudine, come dite voi, chiedere in sposa nessuna. Fino a qualche mese fa, non avevo mai considerato la faccenda.»

«Allora perché...?»

«Sarò schietto, Miss Holt, poiché ho l'impressione che preferiate parlare chiaro. Sono un uomo impegnato. Mi piacciono gli affari, mi piace il mio lavoro, ma non altrettanto gli obblighi sociali che questi impongono. Ultimamente, ho pensato che sarei ancora più rispettabile, se avessi una moglie ad assistermi.»

«E quindi l'avete chiesto a me, come se niente fosse?»

«Ovviamente, l'ho chiesto a una donna di mia conoscenza. Ero portato a credere che apprezzasse il mio corteggiamento. Non era vero. Quando ci siamo incontrati, sul treno, ero di ritorno da quel colloquio. Non nego che il mio orgoglio ferito abbia avuto un ruolo nella proposta che vi ho fatto, ma ero serissimo. Lo sono tuttora. Quando ho capito quale fosse la vostra situazione nei confronti di Sir Charles, ho pensato che potesse giovare a entrambi.»

«La mia situazione, come la definite, non è affar vostro!» sbottò lei. Come osava parlare delle sue faccende personali con quella disinvoltura? Oltre al fatto di presumere, con una certa arroganza, che lei avesse bisogno del suo aiuto! Non aveva bisogno di lui, né di un altro uomo, a proteggerla! Poteva benissimo liberarsi da sola del baronetto... non appena avesse capito come.

«Non ho bisogno di essere salvata.»

«Non ho mai detto questo.» Parlò con un tono calmo che la fece infuriare. «Vi sto semplicemente offrendo una soluzione.»

«Ma non mi conoscete!» Balzò in piedi, dimenticandosi della crinolina. Dov'era zia Sophoria? Non doveva essere tanto difficile trovare delle zollette di zucchero!

«Prendete una qualsiasi coppia, quanto si conoscono prima di sposarsi?»

«Sicuramente più di noi!»

Lui fece spallucce. «Sono sicuro che con il tempo l'affetto crescerebbe. Mi avete colpito, mi sembrate una donna assennata e rispettabile, e io voglio una moglie rispettabile. La mia vita è già stata sin troppo turbolenta.»

«Oh.» Dentro di sé, Ianthe sussultò. Assennata e rispettabile, le piaceva. Era ciò che voleva, l'aspetto che tentava a fatica di avere. Eppure, suonava ancora come un insulto. Inoltre, se la definiva assennata, non la conosceva affatto. Le donne di buonsenso non fuggivano con il figlio del loro padrone!

«Vi contraddite, signore. Dite di volere una moglie assennata e fate una proposta che va oltre ogni buonsenso. Perdonatemi, se ho pensato che aveste un altro scopo.»

Le labbra dell'uomo si curvarono in un sorriso d'apprezzamento. «A quanto pare, vi ho sottovalutato, Miss Holt. La verità è che sono un uomo ambizioso. Ieri, mi sono trovato costretto ad affrontare alcune verità sulla mia posizione in società, o meglio, sulla mancanza di essa. Poiché non posso avanzare in quella direzione, ho deciso di prenderne un'altra. Voglio che il mio cantiere diventi il più grande e rinomato della costa occidentale. Per riuscirci, devo comprare quello del mio vicino, un certo Mr. Harper. È anziano, disposto a vendere, ma è un po'... attaccato alle tradizioni. Non approva la mia persona, né i miei trascorsi, e non venderebbe mai a uno scapolo. Ecco perché ho bisogno di una moglie.»

«Di una moglie qualsiasi

«No, di una che il vecchio approvi.»

«Sono lusingata. E se viene a sapere che il giorno prima l'avete chiesto a un'altra?»

«Potranno arrivargli alcune voci. Tuttavia, se prima annuncio il nostro fidanzamento, le considererà semplici pettegolezzi.»

«E non pensate che gli verranno dei sospetti vedendomi spuntare fuori dal nulla?» Scrollò la testa, incredula. «Perché non chiedere a qualcuna che conoscete già?»

«Perché, per essere credibile, ho bisogno di un fidanzamento. Viaggio spesso per lavoro, per cui un corteggiamento a distanza sarebbe credibile. Non saprà mai che ci siamo appena conosciuti.»

Ianthe corrugò la fronte, pensierosa. Messa così, era quasi convincente. Avrebbe posto fine ai complotti di Percy e Sir Charles, senza considerare che sarebbe stato un nuovo inizio, e avrebbe avuto una nuova casa, un posto da sentire suo, di nuovo. Forse avrebbe potuto incarnare la moglie assennata che desiderava. Poteva essere allettante, se non fosse stato così assurdo.

«A meno che non abbiate delle riserve su di me.» Il suo volto si incupì all'istante. «Vi hanno forse parlato del mio passato? Della mia famiglia?»

Ianthe sbatté le palpebre, stupita dalla luce fredda nei suoi occhi grigi. «La vostra discendenza è irrilevante, sir. Se avessi pensato che a una buona famiglia corrispondesse una buona educazione, allora avrei già sposato Sir Charles.»

«Forse non vi piaccio, allora, personalmente?»

«Penso che siate volubile e maleducato. Oltre a questo, non ho altre obiezioni sul vostro carattere.»

«Stamani, avrei potuto usare le stesse parole per descrivere voi. Con l'aggiunta di testarda, anzi.»

«Io non sono tes...!» Si bloccò a metà della frase, constatando con rabbia l'ironia della situazione.

«Per niente.»

«E che mi dite dell'amore?» domandò Ianthe sollevando il mento. «Oppure siete convinto che non serva, nel matrimonio?»

«Credo che leggiate troppe poesie.»

Lei sentì una fitta d'amarezza. Gli uomini non pensavano mai all'amore? Sicuramente non Percy o Sir Charles, e neppure quest'uomo, a quanto pareva.

«Vi assicuro che sposarsi per amore è possibile. Ai miei è successo.»

«Sono stati fortunati. Per quanto mi riguarda, non ho mai avuto intorno esempi virtuosi. Mio padre non era famoso per la nobiltà dei suoi sentimenti, e mia madre con il tempo ha imparato a odiarlo. Ho osservato gli effetti di ciò che voi chiamate amore, Miss Holt. Io non sono capace di un tale attaccamento. Se è questo che desiderate, temo di non potervi aiutare. Vi sto proponendo un accordo pratico, senza nessun romanticismo.»

«Pratico?» Lei scoppiò in una risata scettica. «Ieri mi avete accusato di essere opportunista e oggi mi dite che devo essere pratica? Decidetevi, Mr. Felstone.»

«C'è una bella differenza fra sposare un uomo che detestate ed essere pratica.»

«Mi avete dato delle ottime ragioni per detestarvi.»

«È vero, ma perlomeno abbiamo parlato chiaro.» Fece un sorrisetto ironico. «Le cose possono solo migliorare.»

Ianthe si morse il labbro. Quella era la verità. Per quanto fosse un accordo poco convenzionale, aveva un senso. Ma come poteva acconsentire a sposare un uomo che conosceva da meno di un giorno? Non la spaventava, a differenza di Sir Charles, ma di lui sapeva ancora meno. Perlomeno, dal baronetto si era aspettata il peggio sin dall'inizio. Quell'uomo rappresentava un salto nel buio, ed era attraente, dunque molto più pericoloso, potenzialmente.

Inoltre, l'idea di sposarsi senza amore andava contro tutti i suoi antichi sogni e ideali. Nonostante avesse ormai abbandonato ogni fantasia di trovare l'amore, non era cambiata completamente. Continuava a credere nell'esistenza di un sentimento vero, magari non per sé, però...

«Mr. Felstone...» Iniziò a parlare, poi si interruppe, disturbata da qualcuno che bussava alla porta d'ingresso, e poi dalla voce della zia in compagnia di Percy, e di un altro uomo... Trattenne il fiato, nel panico.

«Sir Charles, suppongo.» Mr. Felstone non sembrò minimamente toccato, e si alzò in piedi come se nulla fosse. «In questo caso, mi congedo. Alloggerò alla Locanda del cigno fino a giovedì. Se desiderate discutere della mia offerta, sarò felice di ascoltarvi. In caso contrario, vi prometto che non ne farò parola con nessuno.»

«Aspettate!» In quel momento, il pensiero che se ne andasse la spaventava, nello stesso modo in cui mezz'ora prima l'aveva spaventata la sua presenza. Allora, si era sentita pronta ad affrontare Sir Charles, adesso aveva bisogno di un attimo di calma per ricomporsi. Come se fosse facile, con la proposta di Mr. Felstone che le ronzava ancora nelle orecchie! Da quando le aveva confessato di essere sincero, le girava ancora la testa. Come poteva mandarla in confusione e poi abbandonarla sul più bello?

Giunse alla conclusione che la sua presenza potesse rivelarsi utile, addirittura. Non aveva alcuna intenzione di accettare, ma Sir Charles non l'avrebbe mai saputo. Se li avesse sorpresi da soli, insieme, senza nessuno a sorvegliarli, la situazione sarebbe apparsa abbastanza compromettente, e forse si sarebbe arreso. Sennò... Mr. Felstone sarebbe stato un rivale temibile, persino per un baronetto. Se esisteva al mondo qualcuno capace di intimidirlo, quello era proprio lui.

Se fosse riuscita a convincerlo a rimanere. Per quello, era necessario cambiare completamente atteggiamento.

«Vi prego, aspettate!» Gli si parò davanti, sbarrandogli il cammino. «Penserò alla vostra proposta, ma non andatevene!»