Ianthe accarezzò il corpetto di raso dell'abito che aveva ricevuto in prestito, con un sospiro di piacere. Chiunque fosse l'amica di Mr. Felstone, aveva un gusto sopraffino.
La linea era bellissima, nella sua semplicità, essenziale ma elegante, con lo scollo che lasciava scoperte le spalle, le maniche corte di merletto e il corpetto attillato che terminava in una punta sulla vita. La parte di sotto era una cascata di seta con il bordo di pizzo bianco, abbastanza sottile da non distogliere l'attenzione dalla splendida stoffa. Le cadeva alla perfezione, e le sembrava quasi che fosse stato fatto su misura per lei. Se avesse dovuto scegliere un vestito, non avrebbe saputo davvero fare di meglio.
Fece una piroetta davanti allo specchio, entusiasta. Quell'abito la metteva di buonumore. Dopo mesi passati a vestirsi solamente di nero e di grigio scuro, indossare un colore chiaro era un sollievo, e la sfumatura argentea si sposava alla perfezione con le ciocche chiare dei suoi capelli, mettendole in risalto in modo del tutto nuovo per lei. L'aveva talmente inebriata che era stata tentata di abbandonare la sua acconciatura austera in favore dei boccoli, che andavano di moda; alla fine, aveva optato per un sobrio chignon morbido, raccolto con una retina. Dopotutto, al ballo ci sarebbe stato anche Sir Charles, e non voleva certo apparire frivola e incoraggiarlo. Per non parlare di Mr. Felstone... per quanto avesse detto che gli piacevano le donne serie.
Si chiese se quella sera gli sarebbe piaciuta.
Trattenne il fiato, ricordando la sensazione improvvisa, strana e inaspettata, che le aveva gonfiato il petto quando le sue dita l'avevano toccata, per poi scuoterle tutto il corpo. Si era trattato solo di pochi secondi, ma aveva sentito un allarmante nodo allo stomaco. L'aveva sentito anche lui? Le era parso che la sua espressione si fosse bloccata per un attimo, sebbene non avesse lasciato trasparire alcun sentimento. Anzi, le era sembrato quasi arrabbiato quando se n'era andato. Probabilmente, aveva immaginato tutto, e lui non aveva sentito proprio un bel niente, a differenza di lei. Per lei era stato un colpo.
E il fatto che fosse successo la turbava. Quando era entrata nel salottino, i suoi sentimenti verso di lui erano ben chiari, tuttavia, quando era uscita, erano completamente diversi. Non che li capisse bene. Era ancora sconvolta dalla sua proposta, troppo per capire come si sentisse, a parte confusa. Gli era stata grata per essersi fermato, su sua richiesta, ma quell'intesa improvvisa non poteva essere solamente frutto della gratitudine, giusto? Non si era mai sentita così disorientata, nemmeno con Albert...
A ogni modo, non gliene importava, si disse, decisa. Non aveva nessuna intenzione di accettare la sua proposta, soprattutto in quel momento. Qualsiasi cosa avesse sentito quando si erano toccati, non aveva alcuna voglia di ripetere l'esperienza e rendersi ridicola. Di sicuro, non era una reazione consona a una donna rispettabile e assennata. Assomigliava di più alle brame indecenti di cui l'aveva accusata la madre di Albert. La nuova Ianthe non si sarebbe abbassata a certe volgarità – e Mr. Felstone non lo desiderava di certo. Se voleva una donna saggia e rispettabile, allora avrebbe fatto meglio a prendere il primo treno per Whitby e lasciarla da sola. Se non fosse stato per Albert, forse avrebbe potuto prendere in considerazione la sua proposta, ma in quel momento era del tutto fuori questione. Se avesse accettato la sua proposta, avrebbe dovuto raccontargli tutta la verità sul suo passato, era una questione di correttezza. E non aveva la minima intenzione di farlo.
In quel caso, non avrebbe dovuto indossare l'abito che le aveva prestato. Ma resistere era impossibile. Non aveva mai messo un abito così bello. Voleva solo dare una lezione a Sir Charles, si disse. Il vero motivo per cui l'aveva indossato era quello – non aveva niente a che fare con Mr. Felstone. Ciò che quest'ultimo pensava di lei era del tutto irrilevante. Non poteva – non voleva – accettare la sua proposta, e quella sera gliel'avrebbe detto. Con calma, con compostezza, senza farsi distrarre. Sperando che non la toccasse... Al pensiero, sentì di nuovo quel nodo allo stomaco. Forse andare al ballo non era una buona idea.
«Siete bellissima, cara.» Quando entrò in salotto, zia Sophoria congiunse le mani incantata. «Il vostro Mr. Felstone rimarrà di stucco.»
Ianthe le lanciò un'occhiata di rimprovero. «Non è il mio Mr. Felstone, zia.»
«No? Ma non va a fare visita alle altre signorine di Pickering, a quanto ne so.»
«Forse è semplicemente discreto.»
«Santo cielo!» Sophoria ridacchiò. «Sembrate me. E io che pensavo foste una sentimentale come vostra madre.»
«Lo ero.»
Non appena le parole uscirono dalla sua bocca, se ne pentì. Perché l'aveva detto? Non voleva pensare a quella che era un tempo... per non parlare del fatto che zia Sophoria, adesso, aveva sulla faccia un'espressione interrogativa.
«Dobbiamo andarci per forza, zia?» Si voltò dall'altra parte, evasiva.
«No, se non volete, cara. C'è qualche problema?»
«No. È solo che... è da una vita che non ballo. Ricevimenti, danze, divertimenti del genere... mi sembra che appartengano a un'altra vita, ormai.»
«Vi riferite a quando i vostri genitori erano in vita? Se vi divertite, non significa che li abbiate dimenticati.»
«Lo so, ma ormai sono un'altra persona.»
«Oh, cara, siete stata colpita da un lutto doloroso. Per riprendervi è necessario del tempo, ma siete troppo giovane per chiudere il mondo fuori. Siete sempre stata una ragazza solare. Tornerete a esserlo.»
Ianthe accennò un sorriso, sperando che fosse la verità. Per un po' di tempo ci aveva creduto, aveva pensato che avrebbe potuto ritrovare la felicità, con Albert. E si era visto com'era andata a finire... Era partita da Bournemouth più infelice che mai. Non voleva esporsi di nuovo alle sofferenze e all'umiliazione, per nessuno al mondo.
«Non vorrete vestirvi di grigio per sempre, tesoro.»
«E invece sì!» Serrò le labbra, cercando di reprimere la bufera improvvisa di emozioni. «Se mi vesto di grigio, la gente mi lascia stare. Per la maggior parte, perlomeno. Ed è quello che desidero, in questo momento: essere lasciata in pace.»
«Oh, cara, perché non mi raccontate cosa è successo?»
La giovane si irrigidì. «I miei genitori...»
«Oltre a quello. C'entra un uomo, suppongo. C'entra sempre un uomo.»
«Io...» Ianthe si morse il labbro, ce l'aveva sulla punta della lingua. Se esisteva al mondo una persona capace di comprendere quanto era accaduto con Albert, era zia Sophoria. Raccontarlo a qualcuno sarebbe stato un sollievo e uno sfogo, e avrebbe potuto chiederle se quanto avevano detto su di lei era vero. Eppure, non ce la faceva a parlarne, non ancora.
«No?» La zia Sophoria le diede un buffetto sulla guancia. «Bene, quando sarete pronta, ne parleremo. Nel frattempo, abbiamo un ballo che ci aspetta.»
«Ma avete detto che non dovevamo andare per forza!»
«L'ho detto prima. Adesso sono convinta che sia la scelta migliore per voi. Inoltre...» sussurrò lisciandosi i riccioli biondi con un'espressione civettuola, «... risulto alquanto seducente, non credete?»
Ianthe le rivolse un sorriso affettuoso. La zia indossava un abito di chiffon bianco che sarebbe stato adatto a una donna con la metà dei suoi anni, eppure sapeva portarlo.
«Vi trovo deliziosa, zia.»
«E non permetteremo a Sir Charles di rovinarvi la serata. Concedetegli un ballo, e basta. Non vi mancheranno i cavalieri, ne sono sicura.»
Ianthe annuì, dubbiosa. Personalmente, era convinta che la sola presenza di Sir Charles bastasse a rovinare qualsiasi serata. Purtroppo, pareva impossibile evitarlo. Quando Mr. Felstone se n'era andato, lui si era fermato un'altra mezz'ora – finché zia Sophoria, finalmente, non li aveva cacciati – e si era comportato in modo sconcertante e ambiguo, come al solito. Lei gli aveva a malapena rivolto la parola e non l'aveva incoraggiato in nessun modo, eppure lui le aveva lanciato sguardi ancora più intensi.
Forse, sua zia aveva ragione. Non poteva chiudere fuori il mondo. E la nuova Ianthe, così saggia, poteva di sicuro affrontare Sir Charles, qualsiasi cosa avesse fatto, anche se la metteva a disagio. Se non poteva evitarlo, avrebbe dovuto chiarire una volta per tutte cosa pensava di lui.
Scrollò la testa, chiedendosi come le fosse successo di avere ben due pretendenti, senza la minima intenzione di sposare né l'uno né l'altro. Se solo Albert fosse stato tenace quanto loro! Non era una buona cosa. Uno dei due non poteva sposarlo, quanto all'altro non voleva.
Qualsiasi cosa fosse successa, concluse, quella sera avrebbe preso una decisione sul suo futuro.
Un'ora più tardi, nel salone del municipio, Ianthe si guardò intorno, senza fiato. La stanza era lunga una cinquantina di piedi, addobbata con tante bandiere dell'Inghilterra che scendevano dal soffitto e cesti di fiori recisi. Sulla parete di fondo, c'era un'enorme riproduzione in cartapesta di una locomotiva.
«È bellissima!»
«Davvero?» commentò Sir Charles sprezzante. «A me pare alquanto provinciale.»
Ianthe lo fulminò con lo sguardo. Quando era arrivata, le era andato incontro alla porta e aveva insistito per aspettarla fuori dal guardaroba per entrare con lei. E lei che voleva evitarlo, pensò, furiosa. Sembravano una coppia di fidanzati!
«Non voglio che monopolizziate mia nipote per tutta la serata, Charles.» Zia Sophoria gli lanciò uno sguardo severo e si avviò verso le sedie delle accompagnatrici. «Altrimenti, vi costringerò a ballare con me.»
Mentre il baronetto percorreva con lei il perimetro della sala, Ianthe si stampò sul viso un sorriso falso, pensando a come svignarsela. Allungava il collo, in cerca di una testa di capelli neri. Non voleva vedere Mr. Felstone, beninteso, si disse, ma dato che si trovava lì, poteva approfittarne per parlargli. Sarebbe stato infinitamente meglio che fare la conoscenza di tutti gli amici di Sir Charles. L'atteggiamento possessivo dell'uomo era sgradevole, ma il modo in cui le persone la guardavano, come se fosse una specie di uccello raro, era ancora peggio. Cosa stava succedendo? Aveva l'impressione che tutti i presenti fossero a conoscenza di qualche segreto che lei ignorava.
«Vuole unirsi a noi per una partita, Mr. Holt?»
Ianthe si voltò di scatto, allarmata, quando udì uno degli amici del baronetto che rivolgeva quella domanda a Percy. Ecco, quella era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Negli ultimi anni, il fratello si era fatto prendere la mano dal gioco d'azzardo, con poco successo, solitamente. L'uomo che lo stava invitando era più vecchio, sicuramente più esperto e decisamente più ricco.
«Perché prima non balli con me?» Posò una mano sul braccio del fratello. Davanti alla sua espressione incredula, la sorella scoppiò a ridere e lo prese a braccetto. «Perché no? Non balliamo insieme da anni. Ti prego!»
«Oh, va bene. Ma solo uno.»
Lei sorrise, sollevata, si congedò da Sir Charles con un piccolo inchino e se ne andò trascinandosi via suo fratello.
«Non hai un carnet di ballo?» Percy le rivolse un'occhiata interrogativa, e l'orchestra attaccò un valzer.
«Sì.» Indicò la borsetta a rete. Ovviamente, per il momento era vuoto. Alcuni amici di Sir Charles le erano sembrati sul punto di chiederle di ballare, ma era bastato uno sguardo del baronetto per dissuaderli.
«Nessun acquirente, eh?» Percy scrollò le spalle. «Non importa. Hai già conquistato Charles.»
«Mmh...» Lei cercò di mostrarsi indifferente. «A proposito di Charles, forse non dovresti giocare.»
«A carte, intendi? Oh, non lo farò, una partita al massimo, anche se i suoi amici sono stati gentili a propormelo.»
«Hai denaro a sufficienza?»
«Charles mi sosterrà, se rimango a corto.»
«Pensavo che avessi già un debito con lui.»
«È per questo che mi hai chiesto di ballare?» Percy socchiuse gli occhi, sospettoso. «Per farmi la ramanzina?»
«Non voglio che ti metta nei guai, tutto qui.»
«Non lo farò.» Lui la allontanò da sé bruscamente. «E non ho bisogno che tu mi assilli a proposito dei soldi.»
Ianthe si guardò intorno nervosa. Percy, come al solito, non si curava di moderare il tono e stava attirando l'attenzione degli invitati, parlando a voce così alta. «Volevo solo aiutarti.»
«Se davvero vuoi essermi d'aiuto, sai cosa devi fare.»
«Non è giusto!»
«Dico sul serio. Stasera, Charles ti chiederà di sposarlo.»
«Stasera?» Per poco Ianthe non inciampò.
«Sì, e mi aspetto che tu risponda saggiamente. Se lo rifiuti, d'ora in poi, di te, me ne lavo le mani.»
«Percy!» Parlò a voce alta, incurante delle teste che si erano voltate a guardarli. «Non dirai sul serio!»
«Vedrai!» Girò sui tacchi, lanciandole un'occhiata stizzita prima di allontanarsi a falcate decise e ansiose, abbandonandola in mezzo alla pista da ballo, da sola.
Ianthe rimase di stucco, e si sentì come se fosse caduta in trappola. Percy, di sicuro, non diceva sul serio, non aveva intenzione di disconoscerla, vero? Per la verità, non avrebbe nemmeno mai pensato che osasse metterla in imbarazzo in pubblico. Gli invitati la stavano ancora fissando, alcuni con sguardi comprensivi, altri scambiandosi gomitate e sorrisetti. Lei strinse i pugni, resistendo all'impulso di crollare in ginocchio e mettersi a piangere. Percy l'aveva umiliata, ma lei non aveva intenzione di mostrare a tutti quanto l'aveva turbata, non lì, davanti alla folla. Doveva perlomeno allontanarsi dalla sala da ballo.
Fece un passo avanti, poi si fermò. Sir Charles era in piedi, proprio davanti a lei, ai margini della pista, come se stesse aspettando che lei lo raggiungesse; le sue labbra fini si incurvarono in un sorriso che la fece rabbrividire. Era quella la vera trappola. Non esistevano vie di fuga, non c'era altra possibilità, nessuna eccetto...
Una mano forte strinse le sue dita, all'improvviso, facendola voltare, mentre un braccio le cingeva la vita.
«Cosa...?» Alzò lo sguardo, terrorizzata, e quando incrociò un paio di familiari occhi grigi il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.
«Ho notato che vostro fratello era di malumore.» Mr. Felstone le rivolse un sorriso accecante, che mise in mostra i denti bianchissimi, e indirizzò un'occhiata feroce a una coppia particolarmente curiosa, che bastò a convincere tutti i ballerini ad abbassare lo sguardo all'istante. «Volete concedermi l'onore di un ballo?»
Lei annuì, muta, troppo sbalordita per rispondere, e i piedi automaticamente iniziarono a muoversi a ritmo di musica, mentre la sua testa si sforzava di tenere il passo. Da dove era arrivato? Ianthe aveva fatto un giro della sala, e non l'aveva visto da nessuna parte, per quanto avesse tentato di convincersi che non lo stava cercando. Poi, era bastato il tocco della sua mano per mozzarle il fiato – per non parlare del suo aspetto. Era bellissimo con l'abito da sera bianco e nero. Il nodo allo stomaco era tornato, più accanito che mai, e lei ebbe l'impressione che anche le sue viscere si stessero dimenando a ritmo di musica. Non avrebbe mai creduto che certe sensazioni fossero possibili, non in quel momento, con le minacce di Percy ancora vive nella sua mente. Invece, la sensazione era ancora più potente. Come faceva a essere arrabbiata ed eccitata allo stesso tempo?
«Grazie.» Alla fine, riuscì a dire quella parola.
«È un piacere. Come ho già detto, sono felice di rendermi utile.»
Ianthe emise un suono a metà strada fra una risata e un singhiozzo. «Non pensavo che avrei avuto nuovamente bisogno del vostro aiuto così presto.»
«Miss Holt?» La sua preoccupazione sembrava sincera. «Siete turbata? Volete che vi accompagni nella stanza delle signore?»
«No.» Lei scrollò la testa con decisione. Se avesse iniziato a piangere, non sapeva se sarebbe riuscita a fermarsi. «Preferisco rimanere qui.»
«Mi fa piacere.»
Lui fece un sorriso galante e lei abbassò subito gli occhi. Aveva dimenticato quanto fosse bello quando sorrideva. L'effetto era sconcertante. Per non parlare del fatto che la sua voce era quasi tenera, e il suo tono profondo avvolgeva ogni sillaba come una carezza. Le saltò in mente, in modo del tutto irrazionale, che avrebbe dovuto leggere poesie. Sarebbe stato bravo.
Si schiarì la gola imbarazzata. «Devo ringraziarvi anche per prima, per essere rimasto quando ve l'ho chiesto. Sono in debito con voi.»
«Non c'è nessun debito. Considerato il mio comportamento di ieri, era il minimo che potessi fare.» Con un cenno del capo, indicò il baronetto, che era ancora in piedi ai margini della pista e li guardava con aria furiosa. «Siamo riusciti solo a metà nell'intento. L'abbiamo fatto ingelosire, ma non tanto da farlo scappare. Non intende togliervi gli occhi di dosso.»
«No.» Ianthe rabbrividì. «Lo fa sempre.»
«Vi guarda?» Robert si fece pensieroso. «Non mi sembra molto bendisposto verso nessuno dei due. Avete detto che era amico dei vostri genitori?»
«Di mio padre, più che altro. Anche se per prima ha conosciuto la mamma, quando erano giovani. A lei non piaceva.» Ebbe un attimo di esitazione, poi si decise ad andare avanti. «Una volta ho sentito i miei che litigavano a causa sua. Mia madre non voleva che venisse a casa nostra, mio padre, invece, diceva che era tutto frutto della sua immaginazione. Non ho capito a cosa si riferissero ma quelle parole mi sono rimaste impresse.» Fu scossa da un piccolo brivido. «Sir Charles guardava mia madre nello stesso modo.»
«Se non sapessi che non è così, avrei pensato che foste già fidanzati.»
«Cosa?» Si fece subito tesa. «Che intendete?»
«Mi sembra molto possessivo.»
«E credete che la colpa sia mia?»
«Non ho detto questo.»
«Credete che l'abbia incoraggiato?»
«Affatto.» Robert corrugò la fronte in un'espressione severa. «Stavo commentando il suo comportamento, Miss Holt, non il vostro.»
«Credo che me lo ricorderei, se avessi accettato di sposare qualcuno!»
Ianthe serrò la mascella, fumava di rabbia. Sebbene non avesse voluto fare allusioni sul suo comportamento, il solo pensiero la faceva imbestialire. Probabilmente, anche le altre persone presenti al ballo pensavano la stessa cosa. Ecco perché nessuno l'aveva invitata a ballare. Mr. Felstone era l'unico disposto a rischiare di scontentare il baronetto.
In fin dei conti, forse stava scaricando la sua ira sull'uomo sbagliato...
«Avete fatto un lavoro fantastico.» Con un gesto, indicò la sala, e riportò la conversazione su un terreno neutrale. «È così fantasioso.»
«Sono felice che la pensiate così.» La sua espressione era ancora perplessa. «Sebbene il mio contributo sia stato principalmente economico. Temo di essere carente, purtroppo, se parliamo di addobbi floreali.»
«Be', è bellissimo. E la musica...» disse lei, indicando gli orchestrali. «Sono molto bravi.»
«È vero. E voi siete un'ottima ballerina, Miss Holt, per essere una che sostiene di non amare la danza.»
«Grazie. Un tempo mi piaceva.»
«Vi piaceva?» Inarcò un sopracciglio. «Sono un compagno di ballo tanto terribile?»
Lei sentì le labbra distendersi, e le scappò un sorriso. «Niente affatto. Mi riferivo a quando ero più giovane.»
«Certo, perché adesso siete vecchia! È ancora presto per sedervi fra le vecchie ziette.»
Ianthe trattenne il fiato, struggendosi davanti al suo sguardo intenso. Doveva porre fine a quella storia, doveva trovare una scusa e andarsene. Le farfalle nel suo stomaco non davano segno di volersene andare. Anzi, frullavano a più non posso. Era proprio ciò che aveva temuto, eppure, adesso che lo stava vivendo, non voleva che quel ballo finisse. La nuova Ianthe, così assennata, non approvava la mondanità, ma lei non voleva più ascoltarla. L'abito, il salone, la musica, l'uomo a cui tentava di resistere – tutto cospirava contro di lei. E lei voleva tornare a essere la vecchia Ianthe, voleva dimenticare per un attimo tutte le preoccupazioni per Percy e Sir Charles e danzare, semplicemente.
Cosa poteva esserci di male?
Inclinò la testa all'indietro, abbandonandosi al ritmo del valzer, affidandosi a lui e facendosi portare dalle sue mani esperte. Sentì un'ondata di eccitazione, come se il suo corpo fosse stato addormentato e si stesse risvegliando da un sogno, nuovamente ricettivo ai suoni e alle sensazioni. Aveva la testa leggera, e attraverso la giacca sentiva il calore del corpo di Mr. Felstone, la sua spalla forte sotto il guanto di capretto. Ma non le bastava, avrebbe voluto avvicinarsi, posare la testa sulla sua spalla, sentire il suo corpo attaccato al proprio. Se solo avessero potuto continuare a danzare per sempre...
La musica finì, e lei aprì gli occhi di soprassalto. Lui continuò a stringerla, guardandola in viso con un'espressione sorpresa, ma c'era anche altro, un'emozione a cui lei non riusciva a dare un nome, che la spinse a fare un passo verso di lui, d'istinto. Qualcosa che le ricordava Albert.
Scattò indietro all'improvviso, quando la nuova Ianthe tornò a imporsi. Era il momento perfetto per dirgli che non poteva sposarlo, per quanto gli fosse grata per il suo aiuto e nonostante la facesse sentire viva... Doveva dirglielo, subito. Se solo avesse potuto trovare le parole giuste...
«Siete diversa, Miss Holt.» Lui parlò con voce ancora più profonda del solito. «Ogni volta che vi vedo, sembrate una donna diversa.»
«Diversa?» Ianthe fece eco alle sue parole, vagamente delusa. «Non vi piace il vestito?»
Lui aggrottò la fronte. «Il vestito? Sì, è molto seducente.»
«Oh.» Ianthe corrugò le labbra. Non era abbastanza decoroso? A parte il fatto che non aveva alcun diritto di criticarlo dato che gliel'aveva dato lui!
«Volevo farvi un complimento, Miss Holt.»
«Grazie» rispose lei, rigida. «Dovete ringraziare la vostra amica per avermelo prestato.»
«Potete ringraziarla voi stessa. Eccola.»
Fece a malapena in tempo a dirlo, che una donna con un abito di raso blu cobalto si avvicinò e gettò le braccia al collo di Ianthe, prima ancora che avesse il tempo di voltarsi.
«Cara Miss Holt, che bello rivedervi! Spero che non vi dispiaccia che sia così espansiva, ma siete identica a come vi ricordavo. E voi, vi ricordate di me, vero? Sono Kitty Loveday, Tremain da ragazza. E lui è mio marito, Giles.»
«Certo.» Ianthe ricambiò l'abbraccio, con prudenza, riuscendo a stento a stare al passo della sua parlantina. «Sono felice di fare la vostra conoscenza per la seconda volta.»
«Robert ci ha parlato tantissimo di voi.» La lunga piuma di pavone che Kitty portava fra i capelli andò su e giù, entusiasta. «Non credo di averlo mai sentito parlare così tanto di qualcosa che non fosse una nave o un treno. Secondo me è invaghito di voi.»
«Invaghito?» Ianthe sbirciò rapidamente il volto di Mr. Felstone, ma a giudicare dalla sua espressione arrabbiata l'infatuazione doveva essere già passata.
«E con quel vestito siete bella da mozzare il fiato. Avrei voluto metterlo io, ma Robert ha insistito.»
«Kitty...» Il suo tono si fece minaccioso.
«E perché non l'avete fatto?» Ianthe abbassò lo sguardo, colpevole. «Se l'avessi saputo, non l'avrei mai accettato.»
«Be', non è ovvio?» Kitty ridacchiò. «Sa essere molto astuto, quando ci si mette...»
Ianthe scrollò la testa, confusa. Non era ovvio per niente. Niente era ovvio, quella sera – perché era andata al ballo, perché Percy si stava comportando in quel modo strano, perché il suo corpo si era messo in testa di contraddire il buonsenso? Quanto al perché Mr. Felstone avrebbe insistito per prestarle un vestito che Kitty voleva indossare, brancolava nel buio. Nulla aveva senso in quella storia, e ovunque volesse arrivare Kitty, aveva la sensazione di non volerlo sapere. Né Robert né suo marito sembravano contenti del suo comportamento.
«Vi piace Pickering, Miss Holt?» chiese Giles, accorrendo in suo aiuto.
«Per ora non ho visto molto.» Gli sorrise, grata. «È passato molto tempo dall'ultima volta che sono venuta.»
«Siete di Londra, vero?»
«Sì, di Wimbledon.»
«Anch'io. Mi sono spostato al nord per lavoro, e non sono più tornato.»
«Merito mio.» Kitty lo prese a braccetto.
«Merito tuo.» Giles sorrise, e Ianthe sentì una fitta improvvisa di gelosia. Nonostante le maniere indiscrete di Kitty, nel modo in cui si guardavano si leggeva un affetto sincero. Era proprio il modo in cui aveva pensato, sperato, di poter guardare Albert. Prima di essere disillusa.
«Bene, se voi siete di Londra e io sono a Pickering, rimane solo Robert, che non vuole dirci da dove viene.» Kitty fece un sorrisetto furbo. «Forse, se glielo chiedete voi, Ianthe...»
«Io?» Scosse la testa, esitante. «Se non vuole dircelo, dubito che riuscirò a convincerlo.»
«Provateci almeno. È così riservato che mi manda in confusione. Non capisco perché non voglia rivelarcelo.»
«Perché non è molto interessante.» A un tratto, il suo tono era di nuovo duro. «Sapete che mia madre ha lasciato Lewisham prima della mia nascita e che ci siamo trasferiti a Whitby quando avevo dodici anni. Non vedo perché non vi basti.»
«Sono solo curiosa.»
«Allora sarò costretto a deludervi, Kitty. Per l'ennesima volta.»
«Magari potreste darci un indizio...»
«Avete mostrato interesse per gli addobbi, Miss Holt.» Non lasciò finire Kitty e allungò un braccio verso Ianthe. «Vi piacerebbe vederli da vicino?»
Ianthe guardò il suo braccio, in preda a emozioni forti e contrastanti. Voleva sottrarsi alle domande di Kitty, ma il contatto fisico con Mr. Felstone era altrettanto sconcertante. Tuttavia, si era accorta che quando era con lui, Sir Charles stava alla larga. Era sicuramente un buon motivo per stare in sua compagnia, no?
«Mi piacerebbe molto.» Posò una mano sul suo bicipite, esitante, cercando di rimanere impassibile davanti alla scarica di energia che crepitò fra di loro.
«Allora, da questa parte, Miss Holt.»
Si fecero strada nel salone, muti e tesi. Da vicino, le decorazioni erano stupende, come le erano parse da lontano, sebbene fosse difficile apprezzarle se lui le stava così vicino. E l'evidente malumore di Mr. Felstone iniziava a farla innervosire. Aveva avuto paura che tirasse nuovamente fuori la questione del matrimonio, ma non sembrava per niente in vena di parlare. Il suo volto era accigliato, come se le domande di Kitty avessero toccato un nervo scoperto. Un po' di conversazione non avrebbe certo fatto male... Ianthe non sopportava più quel silenzio.
«Non credo che volesse farvi arrabbiare.»
«Eh?» Per un attimo, la sua espressione si fece ancora più corrucciata, come se avesse dimenticato che lei era lì. «Oh, lo so. Le sue intenzioni sono buone, ma è così...»
«Curiosa?»
«Certo, se vogliamo essere educati. Se non fosse già lampante, credo, vi raccomanderei di non raccontarle mai i vostri segreti.»
Lei si irrigidì all'istante. «Cosa vi fa pensare che abbia dei segreti?»
«Non ce li hanno tutti?»
«Voi ne avete?» rigirò la domanda.
«La maggior parte dei miei segreti è già di dominio pubblico.»
«Non possono essere così gravi, allora.»
«Questo dipende dal vostro punto di vista.» Fece una risata amara. «Da queste parti, la gente sa quasi tutto del mio passato. Gran parte di quel che dicono è vera, ma sappiate che non ho nessuna intenzione di parlarne, né ora né in futuro.»
«Oh.» Lei trasalì, presa alla sprovvista dal tono granitico della sua voce. Teneva le palpebre abbassate, come se avesse deciso di chiudere i battenti. Allo stesso tempo, le sue parole le dettero un briciolo di speranza. Un marito che non voleva parlare del proprio passato non poteva aspettarsi che sua moglie gli confidasse tutto. In quel caso... poteva prendere in considerazione la sua proposta? Al solo pensiero, il respiro di Ianthe accelerò.
«Forse è meglio che alcuni segreti rimangano nascosti, no?» Cercò di mantenere un tono leggero.
«Togliete pure il forse. Ci sono cose del mio passato che non vorrei sapere neppure io. Preferisco guardare avanti. A meno che non possa imparare dal passato, preferisco non voltarmi indietro.»
Lei si girò, la mente occupata a ragionare furiosamente sulle conseguenze di una tale affermazione. Se preferiva non sapere certe cose, forse non ci sarebbe stato bisogno di raccontargli di Albert. Non avrebbe dovuto spiegarsi. Se l'avesse voluta in sposa, adesso, forse non ci sarebbe stato bisogno di altro?
«L'ho sconvolta, Miss Holt?»
Ianthe rimase girata, per evitare che lui interpretasse la sua espressione. A dire la verità, erano stati i suoi pensieri a sconvolgerla. La sua proposta non era romantica, ma forse poteva rappresentare la via di fuga che lei stava cercando – un accordo vantaggioso per entrambi – non l'aveva definito più o meno così lui stesso? Ianthe non voleva essere salvata, e allo stesso tempo non voleva essere forzata, né minacciata. Tuttavia, se suo fratello aveva davvero intenzione di disinteressarsi a lei, non avrebbe avuto molta scelta, e avrebbe dovuto cedere a uno dei suoi pretendenti. E se proprio doveva sceglierne uno...
Le strane reazioni che aveva in sua presenza sarebbero passate, vero? Dopotutto, si trattava soltanto di attrazione fisica. Non le stava più antipatico – da quando l'aveva salvata per ben due volte in una giornata – ma non era tanto stupida da innamorarsi di lui. Dopo ciò che era successo con Albert, non avrebbe mai più ceduto al fascino di un uomo.
Date le premesse, poteva anche prendere in considerazione la sua proposta...
«Per niente, Mr. Felstone. Stavo solo pensando alla vostra proposta. Mi chiedevo se, essendo un uomo d'affari, siete disposto a discutere le condizioni...»