«Ho un ripensamento!» gridò Ianthe dall'interno della cabina, cercando di racimolare il coraggio necessario e aprire la porta.
«Non potete tirarvi indietro adesso!» La voce di Robert le arrivò attutita.
Abbassò lo sguardo sul suo costume, l'unico che era riuscita a trovare con un preavviso così breve, una giacchetta corta con la cintura e un paio di mutandoni lunghi, chiedendosi se tutti quegli indumenti fossero necessari. La stoffa, flanella, non era scomoda, ma le pareva di essere troppo vestita per un tuffo in mare. Come se non bastasse, la fantasia a righe bianche e rosa la rendeva una tenuta adatta a zia Sophoria.
«Va bene.» Si calcò la cuffia sulla testa e ruotò la maniglia. «Eccomi.»
«Siete...» Robert era in piedi davanti a lei, con le mani sui fianchi, e aveva tutto l'aspetto di un uomo che sta cercando con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere. «Non ho parole.»
Ianthe fece una smorfia. «La cuffia è il tocco finale, eh?»
«È il mio pezzo preferito.» Un ghigno scoprì i suoi denti bianchi. «Dovreste comprarne qualche altra.»
«State attento, o lo faccio davvero.»
Robert rise e iniziò a camminare nell'acqua, facendole segno di seguirlo. «Allora, iniziamo?»
Ianthe guardò trepidante l'acqua. Il cavallo aveva trainato la cabina nell'acqua bassa. Così, era lontana dalla passeggiata e non si sentiva eccessivamente esposta, tuttavia, adesso che si trovava lì, non era più così sicura di voler imparare a nuotare. Robert indossava una tuta di flanella bianca che assomigliava alla biancheria intima maschile, e questo contribuiva a innervosirla.
«Sembra fredda.»
«È fredda.» Lui si era già immerso fino alla vita. «Ma la giornata è calda, non congelerete. Guardate.»
Si tuffò sotto la superficie, e riemerse dopo qualche istante con un sorriso a trentadue denti, scrollando la testa come un cane. Ianthe trattenne il respiro. Nel mare, Robert sembrava al settimo cielo e a suo agio. Le onde lambivano con delicatezza il suo corpo e facevano aderire il costume al petto, mettendo in risalto i suoi muscoli. Lei non aveva idea che fosse così... tonico.
Abbassò lo sguardo, e intinse l'alluce nell'acqua, cauta, per poi ritrarlo all'istante. Era fredda, sebbene la vista del suo corpo atletico le avesse fatto venire un caldo incredibile. Stava viaggiando spudoratamente con la fantasia, immaginando come fosse sotto a quel costume.
«Credo di aver cambiato idea.»
«Abbiamo fatto un patto, Ianthe.»
«Mi tiro indietro.»
«Troppo tardi.» Robert incrociò le braccia, e i suoi muscoli si fecero ancora più evidenti. «La poesia l'ho imparata.»
«Di già?»
«Sì, quindi, venite subito qui.»
Ianthe mise il broncio. Un patto era un patto, tuttavia, in quel momento, non era sicura di riuscire a farcela. E se l'avesse toccata? Se doveva insegnarle a nuotare, sarebbe dovuto starle vicino. E se a un tratto fosse affondata, avrebbe dovuto toccarla per forza! E lei avrebbe dovuto toccare lui! Dopo ciò che era successo fra di loro sulla spiaggia, era già nella confusione più totale, e toccarlo non l'avrebbe aiutata a schiarirsi le idee!
Ianthe trasalì, il ricordo del loro bacio, anche a distanza di tempo, aveva il potere di farle accelerare il cuore. Anche dopo aver convenuto che l'amore è follia, era caduta nella stessa vecchia trappola e aveva permesso all'emozione di sopraffarla. L'aveva baciato come se fosse naturale, come se non stesse nascondendo un segreto odioso sul suo passato. Si era sentita molto vicina a lui, più vicina di quanto si fosse mai sentita ad Albert, attratta irresistibilmente, come una falena dalla luce.
Quando le aveva raccontato della sua famiglia, aveva scorto il dolore sul suo viso, il dolore di un ragazzino, poi quello di un giovane uomo che non desiderava altro che essere amato dai suoi genitori, ma era destinato a rimanere deluso. Finalmente, Ianthe aveva capito perché aveva affermato di non essere capace di amare. Non l'aveva mai sperimentato. Non si meravigliava che sentisse un forte bisogno di dimostrare al mondo che era una persona rispettabile, incanalando tutte le energie negli affari, come se quello fosse l'unico campo in cui gli veniva riconosciuto il suo valore, come se non credesse di avere molto altro da offrire.
La vecchia Ianthe avrebbe voluto confortarlo, ma la gentildonna aveva concluso che non fosse il caso. Non poteva rassicurarlo e ingannarlo allo stesso tempo. Se il suo segreto fosse venuto alla luce, avrebbe distrutto tutto ciò che lui aveva costruito, e la sua vicinanza, se si fosse guardato indietro, gli sarebbe sembrata una bugia bell'e buona. Quella sera, era andata a letto fra i tormenti del senso di colpa.
«Secondo il nostro patto, dovete leggerla a Matthew. Non l'avete ancora fatto, dunque sono ancora in tempo per tirarmi indietro.»
Ecco! Ianthe girò sui tacchi, e fece per tornare dentro la cabina. Che ci provasse ad arrabbiarsi con lei. Non le passava neanche per la testa di immergersi con lui vestito a quel modo. Non si sarebbe fatta tentare un'altra volta.
Non fece neppure in tempo a formulare quel pensiero, che sentì le sue mani intorno alla vita, che la sollevavano in aria e la adagiavano sulla sua spalla.
«Mettetemi giù!» Tempestò la sua schiena di pugni, ma Robert la ignorò, e si inoltrò nell'acqua alta, mentre lei si dimenava a più non posso.
«Abbiamo fatto un patto, Ianthe.»
«Ho cambiato idea!»
«È proibito.» Le sue mani serrarono la presa sulle gambe. «Se non c'è il consenso di entrambe le parti.»
«Non osate!»
L'acqua fredda le tolse il respiro e brividi incontrollabili scossero le sue membra, allora prese a dimenarsi con frenesia, agitando le braccia presa dal panico, finché non sentì il fondale sotto ai suoi piedi.
«Come... avete... potuto!» Si tirò su, boccheggiando come un pesce spiaggiato.
«Non potete tirarvi indietro, se abbiamo un patto.» Lo disse con un'espressione indifferente.
«È... così... fredda.» Ianthe si strinse nelle braccia, sfregando la pelle per restituirle un briciolo di calore, nonostante fosse inutile.
«Proviamoci un'altra volta. Venite.» Lui le srotolò le braccia e la prese per la vita. «Prima, ci eserciteremo con i piedi.»
«Che state facendo?» Ianthe fece un salto, con un gridolino stridulo, e per poco non cadde di nuovo in acqua.
«Vi insegno a nuotare. Vi tengo per la vita. Voi calciate con i piedi all'indietro, muovendoli su e giù, così.» Le diede una dimostrazione con le braccia.
«Oh.» Quando Robert accostò le mani ai suoi fianchi, lei si irrigidì.
«Ecco. Adesso sporgetevi in avanti, appoggiatevi alle mie braccia.»
Ianthe seguì le istruzioni e si distese nell'acqua, stranamente felice di immergersi nell'acqua fredda per mascherare con i brividi il fatto che tremasse.
«Bene. Adesso muovete i piedi. Movimenti piccoli e continui. Non c'è bisogno di alzare schizzi.»
Ianthe iniziò a scalciare, cercando di concentrarsi sull'esercizio, piuttosto che sui suoi bicipiti che premevano sulla sua pancia.
«Ora stendete le braccia in avanti.»
Poco dopo, Ianthe iniziò a rilassarsi, quasi a divertirsi. Robert era un insegnante molto paziente e lei, in realtà, voleva imparare. A guardare gli altri bagnanti, per la maggior parte ragazzini che giocavano, sembrava facile, naturale. Voleva imparare a nuotare come loro.
«State andando bene.» La sua voce era rassicurante. «Adesso vi lascio andare.»
«Cosa?» Ianthe si guardò intorno, spaventata.
«Continuate a muovervi così. La prima volta non vi riuscirà, ma ci sarò io qui a prendervi, ve lo prometto.»
«Cosa...?»
Robert la lasciò andare di colpo, e lei, spaventata, cacciò un grido, aprì la bocca e bevve una sorsata di acqua salata. Cerco di alzarsi in piedi, annaspando, ma non trovò il fondale. Stava annegando!
Un attimo dopo, due mani forti la presero per le spalle e la riportarono in superficie.
«Non dovete avere paura.» Robert la fece stendere di nuovo a pancia in giù. «Ricordate, movimenti lenti e fluidi.»
«Ho bisogno di riposo.»
«No, prima dovete nuotare almeno per qualche iarda.»
Quando si staccò da lei, Ianthe mosse le braccia e le gambe come le aveva mostrato, e avanzò con bracciate goffe ma apparentemente efficaci. Stava nuotando! Non benissimo, forse, ma ci stava riuscendo!
Un'onda le andò incontro, e lei vi passò attraverso, perdendo il ritmo, ma Robert era già al suo fianco e, quando iniziò ad annaspare, la sostenne.
«Ce l'ho fatta!» Gli gettò le braccia al collo, trionfante.
«Ho visto.» Robert sorrise e la trascinò nell'acqua bassa. «Niente male per una principiante.»
«Ho nuotato!» Ianthe slanciò la testa all'indietro e iniziò a ridere felice. Il cuore le batteva ancora all'impazzata per la paura e per l'eccitazione, ma in senso buono. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che si era sentita viva a quel modo.
Percepiva il battito di un altro cuore, oltre al suo. Ebbe un sussulto, tornando finalmente in sé, e con un discreto ritardo si accorse di dove fosse e di cosa stesse facendo. L'acqua era bassa, e lei era in piedi. E le sue braccia cingevano il collo di Robert, il suo petto era ancora premuto contro quello dell'uomo e, mentre le onde li lambivano calme, i loro volti erano vicinissimi. Era avvinghiata a suo marito in una spiaggia pubblica – e sembrava incapace di staccarsi.
Così, trattenne il fiato, in attesa che l'incanto finisse, ma le parve che quel momento si prolungasse all'infinito, rendendo ogni secondo più intensa la tensione che scorreva fra di loro. Lo guardò negli occhi, e sentì un rimescolio interiore. Tutte le volte che l'aveva guardata impallidivano davanti a quella, poiché negli occhi grigi bruciava una fiamma mai vista.
«Siete stata brava, Ianthe.» La sua voce era più profonda del solito.
Un'altra onda, più alta e più forte delle altre, si abbatté su di loro, e lei d'istinto serrò la presa. Lui fece lo stesso, e la tirò a sé come se avesse paura che il mare potesse strappargliela dalle braccia, la strinse forte e lei sentì ogni profilo, ogni fattezza del suo corpo. Inspirò, e tutti i muscoli del suo addome si contrassero all'istante. Erano incollati l'uno all'altra, fra i loro corpi non passava neppure un soffio d'aria. Ianthe percepiva ogni parte del suo fisico, compresa quella che premeva fra le sue gambe, una presenza calda che si faceva sentire nonostante i rispettivi costumi.
«Ianthe?» La chiamò con voce roca, come se volesse farle una domanda.
Lei si sforzò di respirare. Quello – qualunque cosa fosse – non poteva succedere. Non faceva parte dell'accordo. Non era quello il contegno che lei doveva mantenere...
Robert afferrò la cuffia e la gliela sfilò delicatamente dalla testa, accarezzandole i capelli. Lei prese fiato, soffocando un gemito. Doveva aver perso qualche forcina, perché l'acconciatura si sciolse e si trasformò in una coda di cavallo, che le ricadde sulla schiena. Istintivamente, lei inarcò la testa, offrendogli la gola. Era un'indecente, su questo non c'erano dubbi, ma non riusciva a controllarsi...
Un urlo proveniente dalla spiaggia li fece balzare sull'attenti.
«Matthew!» Robert fu il primo a riprendersi, e alzò un braccio per salutare il ragazzino, mentre con l'altro continuava a stringerle la vita, al di sotto del pelo dell'acqua.
Anche Ianthe si voltò in direzione della spiaggia. Il bambino stava correndo sulla sabbia e andava loro incontro, accompagnato da due uomini con un cestino da picnic, e da un'altra persona... Si sfregò gli occhi, per assicurarsi di non avere le traveggole... una donna vestita di rosa dalla testa ai piedi, che brandiva un ombrellino parasole pieno di gale.
«Zia Sophoria!»
«Ho pensato che sarebbe stata una bella sorpresa per voi.» Il tono di Robert era una combinazione di frustrazione e di scuse.
«Lo è.» Lo era – solo il tempismo lasciava a desiderare. Si ritrasse, cercando di sfuggire alla sua presa prima che zia Sophoria li vedesse. «Dovrei andare a vestirmi.»
Alla fine, lui si arrese e Ianthe raggiunse a piedi la cabina, tentando di scappare prima che i nuovi arrivati si avvicinassero e vedessero le sue guance in fiamme. Una volta dentro, tolse gli indumenti bagnati, rimanendo nuda e gocciolante, nell'inutile tentativo di sbollire. Il suo corpo era schizzato dal gelo dell'acqua al calore dell'inferno. Cosa le prendeva? Il suo autocontrollo, conquistato tanto duramente, svaniva ogni volta che Robert la sfiorava. Se non fossero arrivati Matthew e sua zia... Respirò a fondo. Non sapeva cosa sarebbe successo, e forse era meglio non pensarci.
Si vestì e sistemò i capelli in fretta e furia, e quando uscì trovò il marito e la zia spaparanzati su due sdraio.
«Ianthe, tesoro!» Zia Sophoria lanciò l'ombrellino. «Vieni ad abbracciare la tua vecchia zia!»
«Zia Sophoria.» Ianthe si chinò per salutarla. «Che bello rivedervi. Non avevo il minimo sospetto che veniste a trovarmi.»
«Solo per stasera, cara. Vostro marito ha tentato di convincermi a fermarmi di più, ma sapete che mi piace stare a casa mia. E poi Pickering non è molto distante. Possiamo vederci ogni volta che vogliamo.»
«È vero. Ma è comunque una bella sorpresa. Grazie, Robert.»
Rivolse un sorriso timido al marito. L'espressione di Robert, che le guardava dalla sua sdraio, con un asciugamano buttato con noncuranza intorno alle spalle, era indecifrabile.
«Sono contento che la sorpresa sia riuscita.» Si alzò in piedi. «E adesso, se volete scusarmi, ho un bambino di dieci anni con cui giocare. A quanto pare, il picnic può attendere.»
Ianthe lo guardò allontanarsi, incantata dal modo in cui i muscoli delle spalle emergevano dal costume bagnato. Quando si accorse che la zia la stava guardando, tuttavia, distolse subito lo sguardo.
«Ho detto ai servitori di tornare fra un'ora. Spero che non vi dispiaccia, ma ce la possiamo cavare anche da sole per il picnic, vero? Così possiamo fare due chiacchiere in privato.» Zia Sophoria si appoggiò allo schienale con un sorrisetto malizioso. «Bene... vi piace la vita da sposata?»
«Mmh.» Ianthe emise un mugolio di conferma, si sedette sulla coperta e raccolse le gambe, assumendo una posa morigerata.
«Si tratta ancora di un accordo d'affari?»
«Sì.»
«È per quello che gli stavate tutta abbracciata, poco fa?»
Ianthe rimase di sasso, con la mano sospesa sopra il cestino. «Mi sta insegnando a nuotare.»
«A nuotare? Adesso si chiama così?» La zia ridacchiò. «Sarà meglio che mi raccontiate tutto, prima che lui torni.»
«Non c'è niente da dire.»
Sua zia emise un sospiro languido. «Mi ricorda il mio Horace, sapete? Leggermente più alto, forse, ma bello come il sole.»
«Chi è Horace?»
«Mio marito, tesoro.»
«Il vostro... cosa?»
«Marito.» Zia Sophoria sembrava sconcertata. «Vostra madre non vi ha mai raccontato che sono stata sposata?»
«No.» Ianthe scrollò la testa, sbigottita. Aveva sempre dato per scontato che Sophoria fosse rimasta zitella. Nessuno aveva mai menzionato un marito. «E avete conservato il cognome Gibbs?»
«Ah, sì, cara. Quando sono tornata a casa, dopo un anno, mi hanno fatto dire a tutti che ero stata ospite di parenti. Nessuno a Pickering sa che sono stata sposata.»
«Ma perché io non lo so?»
«Credo che vostra madre ritenesse giusto mantenere il segreto. Non sono stata un grande esempio.»
«Cos'è successo?»
Zia Sophoria si appoggiò allo schienale, con un'espressione sognante stampata sul volto. «Lui era un soldato, l'uomo più bello che avessi mai visto. Capelli neri, baffi lunghi, occhi verdi da svenimento. Ci siamo incontrati al ballo del reggimento e prima che finisse la settimana ho acconsentito a scappare con lui.»
«Siete scappata?» Solo a sentirla, quella parola faceva venire il panico a Ianthe.
«Era l'unico modo. Nessuno dei due aveva soldi, e le nostre famiglie non avrebbero mai approvato.»
Ianthe rimase a bocca aperta, e lo sbigottimento cedette il passo a uno strano sollievo. Per tutto quel tempo, aveva avuto paura di parlare di Albert alla zia, invece, pareva che fosse l'unica persona al mondo in grado di capirla. Aveva commesso lo stesso errore. Se era tornata a casa dopo un anno, tuttavia, la loro unione non doveva aver avuto un lieto fine.
«E perché siete tornata a casa?»
«Cara, è morto.»
«Oh!» Ianthe si portò una mano alla bocca.
«Lo mandarono in Birmania. Volevo andare con lui, ma Horace disse che era troppo pericoloso. E aveva ragione, a quanto pare. Nel suo accampamento scoppiò un'epidemia di colera.»
«Oh, zia.» Ianthe si asciugò gli occhi, scacciando le lacrime. «Mi dispiace tanto.»
«Anche a me, tesoro. Sono passati quarant'anni, ma fa ancora male.»
«Lo amavate molto?»
«Ci amavamo molto. Non eravamo romantici come i vostri genitori. Il loro amore era basato sulle parole, e sulle idee. Il nostro era un sentimento più terreno, ma altrettanto reale.»
«Più terreno?» Ianthe fece una smorfia, confusa. «Cosa intendete?»
Negli occhi della zia brillò una luce divertita. «Se ve lo spiego, vostra madre non mi perdonerebbe mai. Tuttavia, ho la sensazione che lo scoprirete da sola.»
Ianthe distolse lo sguardo, dirigendolo verso Robert e Matthew, che giocavano nell'acqua bassa, schizzandosi a vicenda. Aveva l'impressione di averlo già scoperto.
«È tutto Horace.» Zia Sophoria sorrise trasognata.
«Non vi siete pentita di essere scappata, dunque?»
«Neanche per un secondo.»
«Allora non pensate... cioè... La fuga, in sé...» Ianthe inspirò a fondo, e le parole uscirono tutte insieme, di colpo. «Non giudichereste male un'altra persona, per essere scappata.»
«Ah.» L'espressione della zia si addolcì, si fece comprensiva. «No, cara, non la giudicherei. L'anno scorso è successo questo?»
Ianthe chinò il capo, vergognosa. «Non siamo andati molto lontano, la sua famiglia ci ha trovati. L'hanno convinto che era stato un errore – che io ero un errore. Albert non mi amava sul serio, zia.»
«Allora non era l'uomo giusto.»
Ianthe sbatté le palpebre, sorpresa dal tono pragmatico della zia. «Mi vergogno tanto. Sono stata cattiva!»
«Non vedo il perché. L'avete inseguito?»
«No.»
«La fuga è stata una vostra idea?»
«No.»
«Avete fatto qualcosa che vostra madre avrebbe disapprovato?»
«No!» Ianthe sentì le guance che avvampavano, di nuovo. «Ma se la gente lo scoprisse, potrebbero pensare che io... che noi... cioè...»
«Oh, mia cara, se non riuscite neppure a pronunciare quella parola, sono sicura che non avete niente di cui vergognarvi.» Zia Sophoria storse la bocca, pensierosa. «Ora capisco.»
«Cosa?»
«Tutto quel grigio. Lo sapevo che non era da voi.»
«Io volevo essere così!» Ianthe parlò con voce lamentosa. «Volevo essere assennata e responsabile, in modo da scongiurare altri colpi di testa. Pensavo di essere diversa, di essere cambiata. Ecco perché ho acconsentito a sposare Robert. E invece...»
«Adesso siete tornata a essere la giovane che ricordavo.» Zia Sophoria allungò una mano e le diede un buffetto sulla guancia. «Sono contenta di rivederla.»
«Voi non capite, zia. L'ho sposato con l'inganno. Lui è convinto che sia ancora lei, la donna in grigio. Non gli ho raccontato del mio passato. So che avrei dovuto, ma non ci sono riuscita. Ho pensato che se fossi riuscita a essere la moglie rispettabile che voleva...»
«In quel caso non l'avrebbe ferito, scoprire il vostro segreto? Forse avete ragione. Ma sono convinta che Robert capirebbe, a differenza di tanti altri.»
«No!» Ianthe scosse la testa, irremovibile. «Non sapete quanto la rispettabilità sia importante per lui. Non l'avevo capito, finché non ci siamo sposati. Guardate come si comporta con Matthew!»
«Che intendete?»
«Non riconosce neppure suo figlio!»
Zia Sophoria piegò la testa di lato, perplessa. «Ma lui non è suo figlio, cara. Chi ve l'ha detto, per l'amor del cielo?»
«È ovvio, no?»
«È ovvio che sono imparentati, ma non in quel senso. Hanno preso entrambi dal padre, tutto qui.»
«Dal loro padre?»
«Sì, tesoro, sono fratellastri.»
«Fratellastri?» Ianthe rimase a bocca aperta. «Come fate a saperlo?»
«Oh, di pettegolezzi se ne facevano tanti. Il vecchio Theakston non era noto per la sua discrezione. La madre di Matthew era una povera cameriera. Quando la mandarono via, venne a Pickering, dove purtroppo si ammalò, quando il bambino era ancora piccolo. Non ho idea di come abbia fatto Robert a scoprirlo, ma un giorno si è presentato con un dottore. Da quello che so, lei gli ha chiesto di prendere il bambino con sé, se le fosse successo qualcosa.»
«Perché non me l'avete mai raccontato?»
«Avete detto che vi aveva parlato del pupillo. Ho dato per scontato che lo sapeste. Non sapevo che si assomigliassero tanto, però, una somiglianza davvero incredibile.»
Ianthe sentì il senso di colpa serrarle lo stomaco. Non aveva creduto a Robert, quando le aveva detto che il bambino non era suo figlio. Anzi, aveva pensato male di lui, l'aveva tacciato di essere un ipocrita, e invece era tutto vero. Era disposto ad attirarsi il disprezzo degli altri pur di mantenere la promessa che aveva fatto a una donna morente.
«Pensavo che la rispettabilità fosse la cosa più importante, per lui» mormorò Ianthe.
«Se lo fosse stata, non credo che avrebbe tenuto il bambino con sé. La maggior parte delle persone giunge alla conclusione che avete tratto voi. Ed è comprensibile, direi.»
Ianthe si sedette sui talloni, cercando di rettificare l'immagine che aveva della realtà. Doveva esserne contenta. Se, dopotutto, Robert non era così fissato con la rispettabilità, forse avrebbe potuto raccontargli la verità sul suo passato, forse l'avrebbe perdonata. Peccato che adesso la sua disonestà le sembrava ancora più grande in confronto al nobile comportamento del marito.
«A lui non importa di me, zia.» Ianthe scrollò la testa, cocciuta. «Dice che non è capace di amare.»
Sophoria sembrò pensierosa. «Se avesse preso dal padre, sarei d'accordo con voi, tuttavia, per quello che ho visto, mi pare che gli assomigli solo fisicamente. E la domanda più importante è: voi tenete a lui?»
Ianthe si morse il labbro, incapace di formulare una risposta, in quel momento. Teneva a lui? Non avrebbe dovuto. Era una follia anche solo prenderlo in considerazione. Però, dopo il loro bacio sulla spiaggia, si sentiva preda di un groviglio di emozioni che non poteva negare. Come poteva aprire di nuovo il cuore a un uomo, rischiando che la ferisse, soprattutto a un uomo che le aveva detto chiaramente di non poterla amare? E anche se avesse potuto, anche lui aveva sofferto molto. Non poteva correre il rischio di fargli del male. Se davvero teneva a lui, doveva raccontargli di Albert – ne era sicura, avrebbe visto l'orrore sul suo viso, quando Robert avesse scoperto che razza di donna aveva sposato.
No. Non sopportava neppure il pensiero. Doveva soffocare le sue emozioni prima che fosse troppo tardi. Non poteva rischiare di scatenare altro dolore, per entrambi. Dovevano attenersi alle condizioni del contratto originale, per il loro bene. Nonostante lei non fosse sicura di riuscirci...
Ianthe si sforzò di sorridere; Robert e Matthew, finalmente usciti dall'acqua, corsero sulla spiaggia e si buttarono nella sabbia ai loro piedi.
«Sembrate una coppia di cani bagnati.» Zia Sophoria ridacchiò.
«E affamati.» Robert sorrise. «Bene, cosa abbiamo da mangiare?»
Ianthe sbirciò nel cestino, elencando tutte le varietà di tramezzini. «Manzo e salsa Worcester, pollo e sedano, cetriolo e crescione, marmellata di zenzero, formaggio...»
«Manzo, per favore.»
«Ci sono anche dei tortini. E gallette, sardine, salmone, uva e un pasticcino con le fragole a testa. Non moriremo certo di fame.»
«Perfetto.» Robert si appoggiò su un gomito con un sospiro soddisfatto.
«Non vi vestite?» Ianthe gli gettò una rapida occhiata, cercando di non farsi distrarre dal petto che emergeva sotto il costume fradicio.
«Non ancora. Fa troppo caldo. A vostra zia non importa, vero, Miss Gibbs?»
«Niente affatto. E poi è un belvedere, se posso dirlo.»
«Zia!»
«Io prendo il tramezzino allo zenzero, Ianthe, per piacere.» Zia Sophoria la guardò con occhi birichini. «Ditemi, Mr. Felstone, mi sembra di capire che state dando lezioni di nuoto a mia nipote.»
«Sì.» Robert sembrava imperturbabile. «Abbiamo fatto un patto.»
«Cioè?»
«Nuoto in cambio di poesie. Le ho detto che non poteva vivere a Whitby e non saper nuotare. Lei mi ha risposto che non potevo criticare la poesia senza averla mai letta. Quindi...» Robert mise in bocca l'ultimo boccone e si alzò in piedi, si pulì le mani una contro l'altra e si rivolse a Ianthe. «Siete pronta a sentirla?»
«Adesso?» Lei lo guardò esterrefatta. «Dov'è il vostro libro?»
«Non ne ho bisogno.» Si diede paio di colpetti sulla fronte.
«L'avete imparata a memoria?»
«Non è molto lunga, ma è la mia preferita. Stai attento, Matthew. È l'ora di ascoltare un po' di poesia.»
«Poesia?» Matthew infilò in bocca le ultime briciole del suo tortino. «Perché?»
«Perché è importante imparare cose nuove.»
Robert strizzò l'occhio alla moglie, poi si rivolse all'orizzonte, si schiarì la gola e recitò i versi con voce ferma e chiara. Ianthe trattenne il fiato, sconvolta. Era la sua poesia. A Ianthe, il sonetto che Shelley scrisse per la figlia appena nata, parole che descrivevano alla perfezione il sorgere di un nuovo amore. Ma non doveva farsi strane fantasie, si affrettò ad ammonirsi.
«È stato bellissimo.» Zia Sophoria fu la prima a congratularsi con lui. «Dovevate fare l'attore, Mr. Felstone. Che dizione impeccabile.»
«È la mia poesia, quella.» Ianthe non riusciva a non sorridere. «È quella da cui viene il mio nome. L'avete scovata.»
«Avete detto a Violet Harper che era di Shelley.»
«Ve ne siete ricordato.» Lei arrossì, imbarazzata. «I miei genitori dicevano che esprimeva benissimo come si erano sentiti quando mi hanno avuto.»
«Credo che si adatti benissimo a voi.»
Gli occhi di Robert indugiarono nei suoi, prima che Matthew li interrompesse. «Adesso puoi aiutarmi a fare un castello di sabbia?»
«Filisteo.» Robert sospirò e si alzò in piedi. «Lasciatemi qualcosa da mangiare, signore.»
«Non vi promettiamo niente.» Non appena furono abbastanza lontani, zia Sophoria fece una risatina complice. «Ancora convinta che non sia capace d'amare?»
Ianthe guardò altrove, opponendosi alla tentazione della speranza. «È solo una poesia, zia. Non significa niente. Inoltre, la vicenda reale non fu così bella.»
«Che intendete?»
«Shelley lasciò la madre di Ianthe per un'altra donna, ancora prima che la bambina nascesse.» Storse leggermente la bocca. «In barba alle belle parole.»
«Ai vostri genitori piaceva comunque.»
«Erano troppo romantici, ricordate?»
«Non volevo dire questo, cara. Loro avevano un animo appassionato, è vero, ma ognuno ha il proprio e ama a modo suo. Tutti in modo diverso, così mi piace pensare.»
Ianthe si guardò le mani, torcendosi le dita, ansiosa. «Mi ha sposato perché mi considerava rispettabile, zia. Se gli dico la verità e non mi vuole più, che faccio?»
«È un rischio, cara, ma non potete vivere fingendo di essere un'altra. E a me, comunque, pare che vi apprezzi per come siete. Dovreste solo dargli l'opportunità di conoscervi.»
Ianthe fissò il mare, seguendo uno stormo di gabbiani che si lanciò in picchiata e atterrò sull'acqua. Forse era possibile. Forse poteva affezionarsi a lei. Forse gli avrebbe detto la verità. Non appena fosse stato concluso l'affare con Mr. Harper.