Epilogo

Gennaio 1866

Ianthe guardò la stanza piena di banchi con un sospiro soddisfatto. La nuova scuola era aperta da una settimana e aveva già trenta alunni, la maggior parte figli delle famiglie che lavoravano nel cantiere, ma aveva avuto anche richieste esterne. Di quel passo, avrebbero dovuto trovare uno spazio più grande.

«Fatto.» Robert scese dalla scala a pioli, stava inchiodando la lavagna al muro. «C'è qualcos'altro che possa fare per assistervi, Mrs. Felstone?»

«Credo che abbiate fatto abbastanza per oggi, grazie, Mr. Felstone.» Ianthe sorrise al marito. «Almeno finché non arriviamo a casa.»

«Mmh... intrigante.» Robert avanzò lentamente verso di lei, con una luce maliziosa negli occhi. «E perché non qui? I banchi sembrano robusti.»

«Perché Violet tornerà da un momento all'altro!» Si finse indignata. «È uscita solo per prendere dei libri.»

«Potrei chiudere a chiave...»

«Fermo!» Ianthe scoppiò a ridere quando Robert la prese per la vita e la tirò forte a sé. «Non hai un cantiere da mandare avanti? E poi, pensavo che fossi stanco dopo stamattina.»

Robert fece un sorrisetto birichino. «Anch'io avrei detto lo stesso, ma in questi giorni non mi basti mai. Devo ancora recuperare il tempo perduto, credo.»

Ianthe gli posò le mani sul petto, scacciandolo con poca convinzione. «Comunque, devo dirti una cosa.»

«Mmh?» Il marito le sfiorò la curva della gola con le labbra. «Sono tutto orecchie.»

«Riguarda il cantiere di Harper. Violet dice che ha trovato un altro compratore.»

«Lo so.»

«Lo sai

La bocca di Robert tracciò una linea sul suo collo, dirigendosi verso le sue labbra. «È tutto il mese che gira questa voce.»

«E perché non me l'hai detto?»

«Perché abbiamo avuto argomenti ben più interessanti di cui parlare.» Robert stava sorridendo, lo capiva dalla sua voce. «E perché non mi interessa, ricordi?»

«Sei sicuro?»

«Sicurissimo. Il matrimonio è una bella distrazione. Se avessi comprato l'azienda di Harper, avrei dovuto passare ancora più tempo al lavoro e, per qualche strana ragione, ultimamente preferisco restare a casa.»

«Anch'io lo preferisco.»

«Bene. E, visto che stiamo parlando, devi sapere che stamani ho ricevuto una visita da parte del magistrato di Whitby. Dice che hanno interrotto le indagini sulla morte di Sir Charles.»

«Quindi, dichiareranno che è stato un incidente?»

«L'hanno già fatto. Troppe persone hanno testimoniato di averlo visto mentre mi puntava la pistola addosso, prima di cadere. Anche la dichiarazione di Percy sul suo stato mentale è stata d'aiuto.»

«Ormai sei il suo difensore ufficiale, eh?»

«A ognuno il suo. Si è rivelato un eccellente contabile.»

«Sono contenta che abbia deciso di rimanere a Whitby.» Ianthe premette la fronte contro quella di Robert, sospirando. «E sono felice che sia tutto finito. Forse, adesso potremo scoprire com'è un matrimonio normale.»

«Sai che la gente parlerà, vero?»

«Mi sto abituando.» Ianthe scrollò le spalle. «Perché? Credi che qualcuno ti riterrà colpevole?»

«Forse, ma non sarà una grande perdita. Le persone importanti sanno la verità. Gli altri sarebbero stati comunque pronti a condannarmi sulla base del mio passato.»

Per fortuna, nessuno sapeva del segreto di Ianthe. Sir Charles aveva portato il segreto con sé, nella tomba.

«E poi...» Gli occhi grigi di Robert erano infuocati. «... c'è qualche vantaggio a essere un reietto della società. Adesso che ho riacquistato la reputazione spregevole che mi merito, nessuno batte ciglio se passo tanto tempo con mia moglie. È piuttosto liberatorio, direi.» Le accarezzò la schiena, in modo eloquente. «Forse non saremo la coppia più rispettabile di Whitby, ma siamo di sicuro la più interessante. E adesso vuoi darmi un bacio, almeno, o è troppo scandaloso per i tuoi canoni?»

«Lo sai che non mi preoccupo più di certe cose.» Ianthe sorrise, felice. Era vero. Nei mesi precedenti, Robert l'aveva incoraggiata a essere scandalosa. Se non fosse stata attenta, avrebbe ceduto anche quella volta, scandalizzando la povera Violet. Circondò il collo del marito con le braccia e lo baciò con passione, finché entrambi i loro corpi non iniziarono a reagire.

«Rimane sempre il mio ufficio.» Il tono di Robert era tentatore. «Ti va di passare a trovarmi nel pomeriggio? La mia scrivania è più grande, in fin dei conti.»

«Forse.» Ianthe sorrise contro la sua bocca. «Che cos'hai in mente, nel particolare?»

Furono colti alla sprovvista da un grido allarmato.

«Oh, Violet!» Ianthe abbassò le braccia e si schiarì subito la voce. «Stavamo solo... cioè...»

«Me ne stavo giusto andando.» Robert fece un inchino scherzoso. «Ma prima dovrei mettere via la scala. Scusate, Miss Harper.»

«Mi dispiace, Violet.» Ianthe si coprì il volto con le mani, e sbirciò fra le dita, imbarazzata, quando la porta si richiuse alle spalle del marito.

«La prossima volta mi ricorderò di bussare.» Violet ridacchiò. «Avrei fatto meglio a non lasciarvi da soli, lo sapevo.»

«Oh, cara. Siamo così scandalosi?»

«Siete incorreggibili, ma sembrate molto felici insieme. È questo l'importante, no?»

«Avete ragione. Non avevo mai immaginato che potesse esistere una felicità del genere.» Sorrise radiosa. «Grazie per i libri, a proposito, ma a vostro padre non dispiace che veniate qui a scuola ad aiutarmi? So bene che non ha una buona opinione di me.»

Violet arrossì con un'aria colpevole. «Non lo sa. Ormai, passa la maggior parte del tempo a letto. Gli dico che vado a fare visita ai parenti.»

«E se lo scoprisse?»

«Suppongo che dovrei confessargli la verità. Comunque, temo che questa situazione durerà poco.»

«Sta così male?»

«Sì, ma non mi riferisco alla sua salute.» La voce di Violet ebbe un tremito. «Dice che ha combinato un matrimonio.»

«Un matrimonio?» Ianthe rimase a bocca aperta. Non pensava che il vecchio si sarebbe mai separato dalla figlia. «Con chi?»

«Questa è la parte peggiore. Non vuole dirmelo. Si aspetta che acconsenta, e basta.»

«Quando?»

«Dopo il funerale.»

Ianthe sbatté le palpebre, confusa. «Il funerale di chi?»

«Il suo! Dice che non vivrà molto, e credo che abbia ragione. Ha pianificato tutto. So che lo fa perché mi vuole bene, perché vuole assicurarsi che qualcuno si prenda cura di me, ma vorrei che per una volta chiedesse a me cosa voglio fare.»

Ianthe si morse il labbro. Aveva il forte sospetto che Mr. Harper non avesse mai conosciuto l'amore. Sembrava che volesse continuare a controllare la figlia anche dopo la sua morte. Il solo pensiero la fece rabbrividire. I suoi genitori saranno pure stati una coppia di inguaribili romantici, ma almeno le avevano lasciato la libertà di scegliere – anche se la partenza non era stata delle migliori. Tutta l'amarezza provata nei loro confronti era scomparsa, e al suo posto si era fatto largo il sospetto che forse avessero ragione sin dall'inizio...

«Non potete rifiutare, e basta?»

Violet scrollò la testa. «Nessuno dice di no a mio padre. Ma stavo pensando...» Robert rientrò nell'aula, e Violet si ammutolì.

«A cosa state pensando?» Ianthe la spronò a parlare.

«Non importa.» Il volto dell'amica si fece insolitamente deciso. «Devo tornare a casa, prima che si insospettisca. Ci vediamo domani. Buon pomeriggio, Mr. Felstone.»

«Ho detto qualcosa di sbagliato?» Robert guardò la moglie con uno sguardo interrogativo, quando Violet gli passò accanto per uscire. «Sembrava che stesse per scoppiare a piangere.»

«Credo di sì, ma ne parliamo dopo.» Ianthe fece un sospiro, rimpiangendo di non poter aiutare l'amica in nessun modo. «Hai finito?»

«Con la scala, sì. Con te, neanche per sogno. E adesso che sei tutta per me, vorrei tornare a quello che hai detto prima a proposito di un matrimonio normale. Puoi dare una definizione di questo termine?»

Ianthe gli lanciò un'occhiataccia. «Pensavo che avessimo convenuto che il matrimonio e gli affari sono due cose diverse.»

«Peccato. Lo sai che mi è sempre piaciuto trattare con te.»

«Trattare?» Lei corrugò le labbra e congiunse le mani, indossando la sua vecchia maschera di rispettabilità. «A dire la verità, Mr. Felstone, chi avrebbe mai immaginato che l'industriale tutto d'un pezzo che ho incontrato sul treno si sarebbe rivelato un poco di buono?»

«E insaziabile.» Robert la prese fra le braccia.

«Instancabile.»

«Irresistibile?»

«Forse.» Ianthe sfiorò le sue labbra con la bocca.

«Siamo due persone diverse, entrambi, da quelle che eravamo quel giorno.» Le prese il viso fra le mani. «Io ti preferisco così.»

«Forse, sotto sotto, anche allora eravamo gli stessi. Avevamo solo bisogno l'uno dell'altra per tirarlo fuori.» Ianthe lo guardò e fece un sorriso accecante, mostrandosi per la meraviglia che era. «E in noi due non esiste niente di anche lontanamente rispettabile...»