Premessa

Era una notte buia e tempestosa…

Ma no, non lo era affatto.

Era, invece, un assolato pomeriggio romano, quando ho ricevuto una telefonata. Non una telefonata qualsiasi, ma una telefonata che mi ha riportato indietro nel tempo, e più precisamente al 1984, anno di uscita del film tratto dal mio libro di esordio Così parlò Bellavista.

A chiamarmi, infatti, era Alessandro Siani. Voleva fissare un incontro per parlarmi di un’idea che gli era venuta rivedendo il mio film.

«Alessandro» risposi subito, «ti ringrazio, ma sono troppo vecchio per un remake.»

«No Lucià, ma cosa hai capito» si affrettò subito lui. «Io non voglio girare un remake, io voglio portare “Bellavista” a teatro.»

Se un attore e regista di successo, per di più napoletano, vi avesse chiesto di portare a teatro l’opera che ha dato inizio alla vostra carriera di scrittore, voi cosa avreste risposto?

Di sicuro come me.

«Uggesù che bella idea! Facciamo così, raggiungimi a Roma e ne parliamo.»

Qualcuno si chiederà: va bene, ma cosa c’entra la trasposizione teatrale di “Bellavista” con questo libro?

C’entra, e ora vi spiego il perché.

Io e Alessandro ci siamo visti per la prima volta nel mio studio. Conoscevo l’artista, ma non l’uomo. Abbiamo parlato di Napoli, di com’è cambiata, di Così parlò Bellavista, di Benvenuti al Sud e di tanto altro.

Poi, a un certo punto, spinti dal desiderio di un buon caffè, abbiamo deciso di uscire e continuare la nostra chiacchierata seduti ai tavolini del bar sotto casa mia.

Ed è stato proprio lì che, tra un’idea e l’altra, siamo stati travolti dall’allegria di una scolaresca napoletana in gita a Roma e, per così dire, da un’antica rivalità, quella tra napoletani e milanesi, incarnata da due simpatici ragazzini: Alfonsino e Pierfederico.

E vi dirò di più. Per non correre il rischio di perdere qualcuna delle idee emerse dalla nostra chiacchierata, Alessandro ha pensato di registrarla. Abbiamo quindi deciso di trascrivere il contenuto di questo incontro di lavoro, lasciando ad Alfonsino l’onere di raccontarlo, e dare vita a questo libro.

Il lettore ci perdonerà, ma non tutto ciò che abbiamo scritto è realmente accaduto. Rileggo le numerose e-mail che ci siamo scambiati e non riesco a capire se è nato prima l’uovo o la gallina o, come direbbe Alessandro, se è nata prima ’a marenn’ o il muratore. A un certo punto mi sono anche chiesto: ma questa scolaresca l’abbiamo davvero incontrata o è solo frutto della nostra immaginazione? E quali parti del libro ho scritto io e quali Alessandro? Detto tra noi, è proprio questo il bello della scrittura… tutto diventa possibile.