«Senti, Alessà, belle tutte queste cose che avete detto, ma adesso ce lo fai un tuo pezzo?» chiedo io.
«Ma come, mi metto a fare un pezzo qua, in mezzo alla strada?»
«Dai, Alessà, tu si’ tropp’ forte, lo puoi fare.»
«Sì, Alessà, ja ti prego» si alza il coro dei miei compagni di classe.
«Ragazzi, non insistete» interviene la prof.
«Secondo me devi farlo» ribatte Luciano.
«Mo’ ti ci metti pure tu» risponde Alessandro.
«Ja, Alessà» dico io. «Ci sta quel pezzo sul Natale, quello è un capolavoro!»
«Lo vedi?» incalza Luciano. «È un capolavoro! Ora uno pensa che un capolavoro sia il Mosè di Michelangelo, così per restare in tema, e invece per ognuno di noi il capolavoro è un concetto che assume un valore diverso. Ecco, i tuoi pezzi sono per Alfonsino e i suoi compagni un capolavoro.»
«Esatto!» grido io. «Un capolavoro senza corna!»
«Vabbè» risponde Alessandro ridendo, «quindi volete sentire il “capolavoro sul Natale”.»
«Sì, quello sul Natale» gridiamo in coro.
«E Natale sia… Partiamo dai regali.
«Il “pensierino” rientra nella categoria “regali atroci”: la calamita, l’apribottiglie, la tazza, le pantofole. Il tutto giustificato dalla frase: “Tanto basta il pensiero”.
«E chi riceve il pensierino ha anche l’arroganza di pretendere di più. Se gli regali l’apribottiglie ti dirà: “Ma come, l’apribottiglie? Io pensavo che mi regalassi una bottiglia di champagne costosa!”; se gli regali la calamita: “Ma come, la calamita? Io pensavo che mi regalassi il frigorifero!”. Infatti, una volta volevo regalare un portachiavi a mio cognato ma mi sono detto: “Lascia stare, va a finire che chisto va truvanno l’appartamento!”.
«Un altro regalo che ora va di moda è il buono in un negozio d’abbigliamento. Il buono nel negozio d’abbigliamento sta proprio a dire: “Non ho avuto voglia di sceglierti il regalo e voglio pure che tu sappia quanto ho speso”. Spesso il fidanzato che sceglie questo regalo fa pure la faccia soddisfatta quando lo consegna. Poi quando la ragazza scopre che il buono è di soli venti euro pensa: “Questo è un buono ma tu sei una chiavica!”.
«Ma non c’è da disperarsi quando un regalo non è bene accetto. È una cosa che capita a tutti. Storicamente, è provato che sui regali di Natale se ne sbaglia sempre uno su tre. Ma voi la immaginate la faccia della Madonna quando scartò la mirra e chiese ai Re Magi: “Ma si può cambiare?”. Perché, da sempre, noi abbiamo questa tremenda paura che ciò che acquistiamo non si può cambiare.
«Una signora anziana è entrata in un negozio chiedendo: “Io vorrei comprare questa cravatta a mio marito, però se non gli piace che faccio?”.
«“Se non gli piace, non si preoccupi, lo potete cambiare.”
«La signora si è presentata a gennaio chiedendo alla commessa: “Questo è mio marito, cambiatemelo! Se è possibile ne vorrei uno con una pensione un po’ più alta!”.
«Un altro evergreen a Natale è il regalo riciclato. Che fino a quando ricicli il pupazzo, il bracciale… Ci può pure stare.
«Un mio amico, che era alle strette, ha riciclato un pigiama che era per la mamma per regalarlo alla sua fidanzata. Il problema è che la mamma è una signora pienotta e la fidanzata una modella dal corpo slanciato. La fidanzata lo ha scartato e ha detto “Ma è una XXL! Non mi andrà mai!”.
«“Non ti preoccupare amò, con quello che mangiamo durante le feste… Per Capodanno ti andrà aderente!”
«Tra i luoghi più gettonati per fare i regali di Natale c’è il centro commerciale che nel periodo di Natale diventa un po’ come l’inferno di Dante: diviso in gironi.
«Nel primo girone troviamo le mogli che devono risparmiare a tutti i costi. Nel secondo girone i mariti che nemmeno volevano andarci e nel terzo girone i bambini che piangono. Nessuno ha mai capito il perché ma i bambini al centro commerciale non fanno altro che piangere.
«Viste le similitudini con l’inferno di Dante consiglierei ai proprietari dei centri commerciali di affiggere una scritta durante il periodo di Natale: “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate!”.
«I negozi, infatti, sono tutti strapieni di gente. Un formicaio a confronto è un posto poco affollato, tant’è che quando la commessa ti si avvicina a chiedere “Posso aiutarla?”, la risposta non può che essere “Sì, a uscire da qua dentro!”.
«A Natale, inoltre, gli stati d’animo delle persone sono alterati e quindi ognuno ha una teoria tutta sua sui regali.
«C’è sempre l’amica che dice al gruppo di amici “Ragazzi vi avviso: io non faccio regali a nessuno, sono anni che metto da parte i soldi, quest’anno il regalo me lo faccio da sola!”. Ma che significa? È come se al mio compleanno vado al bar e mi offro un caffè. E dico agli amici “Il compleanno è il mio, a chi dovevo offrirlo il caffè?”. Quell’amica si “autoregala” un portafogli di marca che costa tremila euro. Ancora mi chiedo, una volta spesa quella cifra, cosa metterà dentro il portafogli.
«Poi c’è l’amico pigro che anticipa col regalo per non trovare caos nel periodo natalizio. Qualcuno anticipa sempre un po’ troppo. Un mio amico andò a comprare il regalo ad agosto, quando lo scartai era un costume da bagno. Si giustificò dicendo: “Guarda che il clima è strano, non si capisce più niente!”.
«La fidanzata, invece, è sempre un po’ egoista e pensa soltanto ai regali per la sua famiglia. Quando con lei entri in un negozio, lei prende un po’ di tutto e dice: “Questo è per mio padre, questo è per mia madre, questo è per mio fratello, questo è per mio cugino, questo è per mio zio”.
«Quando uscite dal centro commerciale lei ti guarda e, fingendo di essersene dimenticata, dice: “Amore, ma a tua mamma che le abbiamo fatto?”. “Una cattiveria! Abbiamo pensato solo ai tuoi parenti!”
«Vogliamo parlare di chi non ha un euro ma vuole fare bella figura con tutti? Questo tipo di uomo, quando va al centro commerciale, guarda la moglie e, nel mentre porta il carrello, pavoneggiandosi, fa: “Amore, dobbiamo prendere il regalo a tutti gli amici. Poi il regalo a tutti i parenti. Poi il regalo agli amici del mare, il regalo a quelli del palazzo e anche il regalo a quelli che lavorano in ufficio. Secondo te cosa dobbiamo prendere prima?”.
«“Il Superenalotto! Chi ce li ha tutti questi soldi?”
«L’unica cosa che può essere ancora fatta con il cuore a Natale è il biglietto d’auguri. Ma anche in questo caso, il progresso non ci aiuta.
«Mentre una volta eri costretto a mettere alla prova la tua inventiva per scrivere un messaggio d’augurio sul biglietto che va annesso al regalo, oggi la maggior parte delle persone copia da Internet.
«C’è anche chi ricicla i messaggi di auguri che ha ricevuto.
«“Sereno Natale”, “Gioia e prosperità a te e famiglia” e affini.
«Ma che senso ha anche il regalo più costoso senza le parole giuste? Io per una volta vorrei che le persone fossero sincere. Almeno a Natale. Pensate che bello aprire un bigliettino e leggere: “Auguri! Ci conosciamo da anni e volevo dirti che anche questo Natale io voglio passarlo con Te. Il pacco è vuoto ma, in questi giorni di festa, lo riempiremo di sorrisi, di emozioni e di magia. E sai perché? Perché l’amore è e sarà sempre il più grande regalo da scartare”.»
«Marò, Alessà, si’ tropp’ forte» ripetiamo in preda alle risate. «Luciano» chiedo io, «ja’, fai pure tu un pezzo tuo.»
«Ma io non ce l’ho un pezzo mio.»
«Come non ce l’hai un pezzo tuo, allora che scrittore sei?»
«Ma io non sono giovane come Alessandro, non ho una memoria come la sua. Al massimo potrei leggere una storia da qualche mio libro, ma non ne ho uno qui con me.»
«Uff, che delusione… secondo me ’sta storia che sei uno scrittore famoso è tutta una bugia.»
«Alfonsino!» esclama stizzita la prof. «Ma come ti permetti!»
«Prof, ma vi pare possibile che uno scrittore famoso non tiene un pezzo per noi» dico io deluso.
«Facciamo così» risponde Luciano. «Ora vado un attimo a casa, prendo una copia di Così parlò Bellavista e torno. Così posso leggere un “mio pezzo” e dimostrarti che è vero che sono uno scrittore.»
«Ma veramente?» chiedo io.
«Veramente!» risponde Luciano. «Solo che ci sono dei gradini un po’ impicciosi per salire a casa, quindi avrei bisogno che qualcuno mi accompagni.»
«Ti accompagno io» interviene subito Alessandro.
«No, Alessà, ti pregooo, non te ne andare» esclamiamo in coro. E io aggiungo: «Può accompagnarlo la prof. Quando siamo andati via non ha fatto che ripetere di quanto era contenta di aver conosciuto De Crescenzo.»
«Alfonsì» mi zittisce la prof, «ma sei impazzito? E secondo te io prendo e vi lascio da soli qui in mezzo alla strada?»
«E mica rimaniamo da soli, ci sta Alessandro.»
«Ma non se ne parla proprio!»
«Mi scusi, professoressa» interviene a quel punto Luciano, «la vede quella finestra lì in alto?»
«Sì.»
«Ecco, quella è la finestra del mio studio. Da lì si vedono perfettamente questi tavolini. Il tempo di salire, prendere un libro e subito torniamo qui.»
«Ingegnere, io la accompagnerei volentieri, ma questi ragazzini sono tremendi, come ti giri ti fanno passare un guaio…»
«Promettete alla professoressa di restare seduti e fare i bravi se vi lascia qui con me?» chiede a quel punto Alessandro.
«Sì» rispondiamo tutti in coro.
«Giusto un minuto» ripete Luciano.
«Ok» risponde la Prof. «Ma se qualcuno di voi si muove anche di un solo centimetro, giuro che gli darò così tanti compiti da fargli cadere la mano per la stanchezza!»
«Bene!» esclama Alessandro. «Facciamo così, voi andate a prendere il libro, noi intanto ordiniamo il gelato!»