«Luciano, io sono un ragazzo umile, ma l’unica cosa di cui mi vanto oggi è l’essere diventato tuo amico.»
«Sai, Teodoro ti considererebbe uno sciocco.»
«Teodoro chi?»
«Teodoro, uno dei più noti seguaci di Aristippo. Era un teorico dell’egoismo, ed era convinto che l’amicizia fosse un sentimento di mutuo soccorso, quindi utile solo agli sciocchi.»
«E tu la pensi come lui?»
«Nossignore! Anzi, essere diventato tuo amico è una fortuna, prima di tutto perché ho avuto la possibilità di conoscerti, e anche perché senza questa amicizia “Bellavista” non sarebbe mai arrivato a teatro.»
«Vedi, Luciano, per me Così parlò Bellavista è come un diamante. Sono passati quarant’anni da quando hai scritto questa commedia, eppure è ancora così attuale, e continua a far ridere e riflettere anche chi l’ha già vista e rivista. Insomma, proprio come un diamante, il suo valore è immutato nel tempo. È immortale.»
«Grazie per queste belle parole, Alessandro. Io invece, l’ho sempre visto come un palazzo, come qualcosa che fa parte della città. Sai cosa ha detto un cinese?»
«No, cosa?»
«Un cinese ha detto che tre sono i modi per ottenere l’immortalità: avere un figlio, piantare un albero e scrivere un libro. Ecco, io una figlia ce l’ho, un albero l’ho piantato, e per aumentare la probabilità di restare nella memoria ho scritto anche qualche libro, e spero che almeno uno di questi possa essere letto dai posteri.»
«Luciano, ma tu il futuro come lo vedi? Come saranno i tempi che verranno?»
«Nel IV secolo a.C. Aristotele scrisse: “Ormai tutto quello che c’era da inventare lo abbiamo inventato”, così anche noi, alle porte del Duemila, c’eravamo convinti che non restasse altro che usare quello che i nostri genitori ci avevano lasciato in eredità. E invece, tutto ciò che è stato inventato fino a oggi non è niente in confronto a quello che sarà inventato nei prossimi trent’anni.»
«Sai che ti dico, Luciano? Per comodità potremmo tracciare un’ipotetica linea del tempo, dividendo in a.c. e d.c., che non stanno per avanti Cristo e dopo Cristo ma per avanti cellulare e dopp’ ’o cellulare.»
«Ok, e una volta tracciata questa linea?»
«Luciano, una volta tracciata la linea, supponiamo che gli anni avanti cellulare finiscano nel 2999 e che dopo il 2999 vengano il duemilamai, il duemilanunziamai e così via!»
«E secondo te come sarà questo duemilamai?»
«Nel duemilamai non si perderà tempo perché non ci sarà tempo. Non si perderà tempo anche nelle cose più impensabili. I nove mesi di gravidanza, per esempio, saranno utilissimi. All’interno della pancia, con il bambino che cresce ci sarà un professore che tutti i giorni gli darà lezioni private: gli insegnerà a parlare, a scrivere, a leggere. Per il bambino sarà come andare tutti i giorni a scuola, compreso sabato e domenica. E uscito dal grembo materno scruterà tutto intorno e la prima parola che dirà guardando i genitori non sarà né mamma né papà, ma “Datemi la password del wi-fi che scrivo su Facebook che son venuto al mondo!”.»
«Alessandro, ma lo sai che già anni fa in Inghilterra hanno progettato il grembo artificiale, una specie di scatolone di vetro, grosso più o meno come un forno a microonde, dove il nascituro, generato in provetta, può trascorrere in grazia di Dio il tempo previsto dalla natura senza dare alcun fastidio alla mamma. Un po’ come depositare i soldi in banca e ritirarli dopo nove mesi con gli interessi. Prima del ritiro si telefona in clinica: “Buongiorno, sono la signora Tal de’ Tali, è pronto il bambino?”. “No, signora, sarà pronto domani.” “Allora, a domani!” Addio quindi al famoso anatema “Tu donna partorirai con dolore!”. La donna risponderà con un gestaccio e si limiterà a privarsi di una cellula per poi farla fecondare con comodo. Ma tu riesci a immaginarla una cosa simile? Arriverà un giorno che di una figlia di disoccupati si potrà dire: “Era così povera che ha dovuto partorire di persona!”.»
«Luciano, nel duemilamai saremo maggiorenni già dal giorno in cui nasciamo. Mammà partorisce, esci, e già si’ maggiorenne.
«“Babbo devo andare all’asilo!”
«“Piglia ’a machina e va’!”
«Ma tu capisci? La macchina! Nel duemilamai la macchina volerà e allora sì che finalmente avrà un senso dire “Ti do un passaggio a volo a volo”!
«Pensa che comodità: con la macchina che vola niente più ambulanti al semaforo. Certo se la macchina si ferma non puoi scendere a vuttà ma sono i contro della tecnologia!»
«Alessà, pensa se la macchina di uno sconosciuto si ferma davanti alla finestra di casa. Magari tu hai comprato un attico, spendendo anche una certa cifra, con enormi sacrifici, per stare lontano dal caos, e poi un bel giorno ti ritrovi a lavarti i denti in mezzo al traffico.»
«Eh Lucià, come dice il tassista in “Bellavista”, in un ingorgo a croce uncinata. E niente più problemi di parcheggio: le macchine ’e mettimmo ’ncopp’ a ’a luna. Sempre se non è piena! Con le macchine volanti il navigatore avrà la voce di Edoardo Bennato e ci dirà “Seconda stella a destra, questo è il cammino”!
«Nuove riforme! Le macchine pure che volano ’e luvammo ’a miezo! Lucià siamo nel duemilamai, facciamo ciò che vogliamo! Via le macchine… Esisteranno solo gli aerei… Solo l’aereo… L’aerosol… Te fai ’nu giro pe’ Napoli e te passa pure ’a brunchite!»
«’A brunchite… Le malattie!»
«Quelle esisteranno sempre, ma le medicine pure ’e luvammo ’a miezo! Ci cureremo c’ ’a Nutella! Tieni la scoliosi? Tre cucchiai di Nutella e te passa! Febbre, varicella, morbillo. Abbuffiamoci di Nutella! Si morirà lo stesso, ma solo di diabete: chiatti e felici. Vafammocc’!»
«Alessà, e se ci facessimo clonare? Immaginiamo un corpo privo di cervello, del tutto simile al nostro, che se ne sta lì, buono buono, disteso in un frigorifero orizzontale, in attesa che il proprietario gli venga a portare via un pezzo. Ci piaccia o no, ci ritroveremo a fare i conti con la bioetica e a rispondere a domande come: “Cos’è un uomo? È un insieme di organi viventi, tipo un cuore, un fegato, due braccia, due gambe e via dicendo? O è qualcosa di più? Un cervello che pensa, che prova gioia e dolore, che ride, che piange e che ricorda?”.»
«Lucià, quando dici bioetica bisogna essere chiari, anche perché nun sacc’ che significa. Ma immaginiamo che a partire dal giorno in cui veniamo al mondo, non solo siamo subito maggiorenni, ma ognuno di noi avrà ben vent’anni di garanzia. Ti rompi il braccio? Te lo danno nuovo. Ti rompi la costola? Te la danno nuova. Già mi immagino le mogli che guarderanno i mariti dicendo: “E care ’nu poco a pancia sotto, che può essere che t’ ’o danno nuovo e stasera accucchiammo coccosa!”. Anche il corteggiamento sarà diverso. Non chiederemo più “Quanti anni hai?” ma “Quanti anni ’e garanzia te rimangono?”.»
«Alessandro, e se invece che sui pezzi di ricambio potessimo contare su un corpo nuovo? Supponiamo, per esempio, che uno scienziato riesca a far nascere grazie alla clonazione un individuo del tutto privo di cervello. Se io fossi un miliardario senza scrupoli, potrei farmi clonare e far nascere un altro me stesso, per poi farmi trapiantare il cervello nel corpo del clonato, in modo da ricominciare a vivere in un individuo molto più giovane, e questo dopo aver mandato in rottamazione il mio vecchio corpo pieno di acciacchi. In altre parole, ci troveremmo di fronte all’eterna giovinezza.»
«Sembra fantascienza, Luciano, eppure potrebbe accadere. Chissà, probabilmente nel duemilamai il cibo non esisterà più. Le energie necessarie al nostro corpo ci saranno date da un caricabatterie, che solo a pensare dove si attacca già sento dolore.»
«Ma dico io, Alessà, come fai a pensare certe cose!»
«Luciano, è il primo posto che mi è venuto in mente. Comunque, col termometro non misureremo la febbre, ma la percentuale della batteria del nostro corpo. Le donne finalmente la finiranno con la scusa del mal di testa ma continueranno lo stesso a mentirci dicendoci che s’ha rutto ’o caricabatterie! Ma riesci a immaginarlo?
«“Oggi andiamo al centro commerciale?”
«“Non mi dire niente ma sto scarico!”.»
«Alessandro, ma come lo spieghi il successo dei centri commerciali? Viviamo in città così belle, in alcuni casi sono addirittura dei musei a cielo aperto, eppure le persone sono disposte a sopportare ore e ore di code di traffico pur di chiudersi in finte città dello shopping.»
«Città dello shopping? Luciano, nel duemilamai i centri commerciali saranno grandi quanto una regione. Man mano tutte le regioni diventeranno grandi centri commerciali. Le veneziane si venderanno nel Veneto, il basilico in Basilicata e se vuoi comprare Prada, Gucci e Louis Vuitton ti basterà andare nelle Marche! Ma in questo modo per fare la spesa completa ci vorranno giorni, mesi, anni. Rimarremo tutti intrappolati nei centri commerciali. Nel carrello non metteremo l’euro, ma la benzina. Ci ritroveremo a fare l’assicurazione ’ncopp’ ’o carrello, e ad avere la cittadinanza int’ ’a l’Ipercoop.»
«Alessandro, mi sembra un vero e proprio incubo. Mi viene da piangere solo a pensarci.»
«Luciano, ti conviene farlo adesso. Nel duemilamai si piangerà wi-fi! Le lacrime non usciranno dai nostri occhi, oramai inutilizzabili, ma verranno accumulate a casa, e siccome la tecnologia ci renderà eternamente soli, saremo tutti per strada perché a furia di piangere le nostre case saranno allagate. Nel duemilamai i barboni elemosineranno emozioni, anche spicciole. I ragazzi che chattando andranno a scuola saranno aiutati dalle vecchiette ad attraversare la strada. La scuola ci sarà, ma nel duemilamai si studierà l’italiano, la matematica, la storia… Nel duemilamai la storia cambierà, saremo noi. La geografia pure cambierà, ci sarà un sovraffollamento di popolazione. Il mare, il sole, la luna, le stelle, tutto sarà abitato, perché ognuno di noi avrà dai trenta ai sessanta figli. Perché con tutta la tecnologia che ci sarà, l’unica emozione che ci resterà, forse, sarà fare l’amore con la donna che amiamo.»
«Alessandro, a me questo tuo duemilamai non sembra un granché. Anzi, ti dirò di più, se il difetto principale del progresso è quello di non saper chiedere il permesso, all’uomo non resta che fare di tutto per non rimanerne vittima. Che poi, tutto questo progresso a cosa serve? Ad avere più potere? A diventare più ricchi? Diogene, filosofo greco che osservava l’apatheia, ovvero il distacco dalle passioni e quindi anche dal denaro, un giorno mentre era intento a lavare dei broccoletti a una fontana di Atene si sentì dire da Aristippo, filosofo del piacere: “O Diogene, se tu imparassi a parlare con i ricchi non saresti costretto a mangiare la verdura”. Diogene rispose così: “Se tu imparassi a mangiare la verdura, non saresti costretto a parlare con i ricchi”. Ecco, al progresso e alla ricchezza io come Diogene preferisco i broccoletti. Altro che duemilamai… Io direi duemilamai e poi mai.»