14.

Il problema del linguaggio erotico

Per proseguire, a questo punto, dobbiamo fare un altro approfondimento storico non sull’innamoramento, ma sull’erotismo e il linguaggio erotico. Perché il rapporto d’amore è un rapporto erotico e l’erotismo ha avuto elaborazioni diversissime nelle diverse culture. Ritorniamo alla differenza che abbiamo trovato fra Oriente e Occidente a proposito della sessualità e dell’amore. Tanto in Cina come in India non c’è la figura dell’innamoramento con la sua passione a un tempo spirituale ed erotica, ma vi è una ricchissima letteratura erotica ed erotico-amorosa. In Occidente invece, già nel v secolo, Platone si domanda cosa sia l’amore dell’innamoramento e, in tutti i suoi dialoghi, non viene mai confuso con la sessualità. Nel pantheon greco-romano c’è una dea dell’amore, Afrodite-Venere, ma fra gli dei la sessualità si presenta sempre come adulterio perché la società era strutturalmente monogamica. Zeus-Giove si accoppia con molte donne mortali, ma lo fa sfuggendo alla gelosia della moglie Hera-Giunone. Anche le dee possono innamorarsi degli uomini, come fa Venere con Anchise (il padre di Enea) e Teti con Peleo (il padre di Achille) o avere avventure puramente sessuali come Venere con Marte nell’Odissea. L’amore erotico è perciò parte integrante e naturale della vita, non va rimosso o condannato, e anche nella sua forma orgiastica assume dimensione religiosa nei culti di Dioniso. Tutto cambia col cristianesimo, in cui l’erotismo viene totalmente bandito non solo dall’esperienza propriamente religiosa, ma dalla vita sociale, dal comportamento quotidiano degli uomini e delle donne e perfino dal matrimonio. Al suo posto viene esaltata la castità, il corpo nudo viene condannato e l’atto sessuale viene ammesso solo in quanto finalizzato alla procreazione e facendo in modo che dia il minor piacere possibile. Il risultato è una monogamia frigida, che poi, di fatto, viene interrotta dall’adulterio e, occasionalmente, dalla promiscuità caotica dell’orgia. Ma non è più l’orgia sacra di Dioniso, è la crapula. La sessualità, condannata religiosamente, è stata sempre più avvicinata al mondo escrementizio, spregevole. I genitali diventano “le parti vergognose”, nella medicina diventano “le pudenda”, ciò di cui si deve avere pudore. E questa concezione si è diffusa nel mondo laico profano, addirittura anticristiano. Lo dimostra la concezione dell’erotismo di Georges Bataille, l’autore più letto in Occidente. Secondo Bataille l’erotismo è trasgressione e colpa, infrazione del tabù, ricomparsa dell’animale nell’umano, degradazione, svilimento della donna e della sua bellezza. Ricordiamo le sue parole: «Un uomo, una donna sono di regola giudicati belli nella misura in cui le loro forme si discostano dall’animalità. Il valore erotico delle forme femminili è legato [...] alla scomparsa di quella pesantezza naturale che ricorda l’impiego materiale delle membra e la necessità di un’ossatura: più le forme sono eteree meglio esse rispondono all’immagine della donna desiderabile, [ma] essa è desiderata al fine di corromperla. Non [è desiderata] in sé per sé, bensì per la gioia gustata nella certezza di profanarla. La bellezza della donna desiderabile preannuncia le sue parti vergognose: ossia le sue parti pelose, le sue parti animali...».

L’erotismo nella sua essenza «è profanare quel volto, la sua bellezza [...] mettendo a nudo le parti segrete di una donna, poi introducendovi l’organo virile. Nessuno dubita della laidezza dell’atto sessuale»1.

Nel libro Sesso e amore ho mostrato con chiarezza l’effetto di questa concezione: quando parliamo di sesso usiamo un linguaggio volgare, spregiativo e violento, che è poi quello della prostituzione e della pornografia2. Quando parliamo d’amore il linguaggio si desessualizza e diventa sublime e poetico. Però perfino nell’innamoramento più sublime, gli amanti nel loro rapporto sessuale o usano delle metafore da loro stessi inventate, oppure ricorrono alle parole volgari. In sostanza, manca in Occidente un linguaggio erotico con metafore delicate come quelle usate in numerosi libri cinesi in cui il pene viene indicato con espressioni come Stelo di Giada, Stelo di Corallo, Colonna del Drago Celeste. Per gli organi sessuali femminili vi sono metafore come Porta di Cinabro, Calice del fiore, Fiore di Peonia, Loto Dorato, Anfora accogliente ecc.3 Non è immaginabile in Occidente che un maestro spirituale possa dare consigli come fa questo saggio taoista quando dice: «Lo Stelo di Giada [il pene] dovrebbe carezzare dolcemente la preziosa entrata della Porta di Cinabro, mentre l’uomo bacia la donna amorosamente, i suoi occhi si soffermano sul suo corpo e contemplano il Loto Dorato [la vulva]. Egli dovrebbe poi sfiorarle il ventre ed il seno e carezzare la sua Terrazza Preziosa [il clitoride]. [Poi] muovere il suo Sicuro Picco (il pene in erezione) [verso le] Vene di Giada [le piccole labbra]».

Nella nostra tradizione nessuno si è mai posto il problema di studiare, di analizzare, di imparare a intensificare il piacere sessuale. Non così nell’altro grande paese asiatico, l’India, dove è uscito un classico come il Kamasutra4 in cui vengono studiate e descritte le azioni e perfino le posizioni che consentono una stupefacente varietà di esperienze erotiche. Ora, anche solo guardando le posizioni note a tutti ci si rende immediatamente conto che, mentre in Occidente il piacere è affidato esclusivamente all’orgasmo (che nella prassi quotidiana veniva insegnato a raggiungere al buio), qui il piacere viene affidato alla mimica, agli sguardi, alle posizioni e ai rapporti fra i corpi, alla loro tensione, alla visione che gli amanti hanno l’uno dell’altro, delle loro reazioni reciproche, del loro rapporto, del loro godimento, dei loro sentimenti. È un piacere complesso dove i due amanti sono anche gli attori di una danza, di una coreografia. Questo erotismo è il prodotto di un sapere cercato e arricchito nel corso dei secoli.

Questo linguaggio non esiste in Occidente. Il sociologo Murray Davis5 ha messo in evidenza nel suo libro Smut che nella nostra civiltà ci sono in realtà tre linguaggi erotici. Il primo è quello medicale con i suoi termini asettici “organi sessuali, pene, vagina, coito ecc.”. Nel linguaggio perbene queste parole non vengono tutte usate, alcune sono censurate, sostituite con metafore o allusioni. Vi è infine il linguaggio volgare, quello a cui si riferisce Bataille, che è spregiativo, violento, deviante, proprio della pornografia o dell’insulto ed è questo linguaggio volgare che viene sempre più usato nel linguaggio corrente. Il risultato è che, in questo modo, noi in Occidente non abbiamo un linguaggio adatto a esprimere le esperienze, le emozioni erotiche proprie del grande amore appassionato, del grande amore totale in cui l’erotismo raggiunge il suo massimo di intensità. Perciò gli amanti o inventano loro metafore personali o usano affettuosamente le espressioni volgari ma sempre in modo riservato, nascosto.

1 Georges Bataille, L’erotismo, Sugar, Milano 1967, p. 152.

2 Francesco Alberoni, Sesso e amore, cit.

3 Una prima idea di questo linguaggio la si può ricavare dal libro di Li Yu, Il tappeto da preghiera di carne, cit., pp. 41-44.

4 Vedi Kama Sutra, Edizioni Red, Milano 2004.

5 Murray Davis, Smut, University of Chicago Press, Chicago 1983.