15.

La melodia cinetica

Nessuno in Occidente ha mai pensato di studiare sistematicamente le esperienze erotiche. Se vogliamo avere un’idea di cosa si dovrebbe fare dobbiamo andare in un campo apparentemente diversissimo, che invece è stato molto studiato, il rapporto madre-bambino. Anche in questo caso ci facciamo guidare da Ghezzani che scrive: «Il dialogo fra la figura nutrice e il bambino piccolo non finisce mai di essere indagata in tutta la sua stupefacente ricchezza. Sappiamo che fra madre e figlio avviene una sofisticata danza mimica: gli occhi dei due “ballerini-amanti” si incrociano e si intrecciano in continuazione, si fissano gli uni negli altri e percorrono in un circuito continuo precisi punti di riferimento e identificazione: gli occhi, il naso, la bocca, le guance, il triangolo del viso e il tondo della faccia, la luce della fronte e l’ombra dei capelli, a una distanza perfetta che ne consente la focalizzazione e l’intimità. Allo stesso tempo avviene una danza tattile: le mani del bambino si aggrappano alle ciocche dei capelli della mamma, oppure una, se può, arriva a sfiorare sul volto materno la bocca, il naso, gli occhi, mentre la mamma a sua volta afferra un ditino del piccolo fra le sue labbra o si introduce con il muso nel petto del piccolo con suoni di piacere per stimolarlo e farlo ridere. Ma avviene anche una melodia sonora, fatta di gridolini, gorgoglii, risate, coordinati fra loro e intrecciati ai gesti in modo tale che i due amanti possano trasmettersi confidenza e piacere. Da non molto tempo sappiamo che madre e bambino intrecciano fra loro una musica fatta di canti e suoni che compongono armonie ricorsive. Secondo studi recenti, le madri e i bambini di tutto il mondo intonano le stesse melodie: dunque, esse sono una memoria motoria, una guida musicale per quella danza a due che è la loro prima comunicazione visibile; una forma dialogica che si sviluppa in sequenze temporali e che non comunica “nozioni”, ma valori emotivi: la fiducia, la bellezza, l’unione, l’armonia»1.

Ed ecco ora il passaggio cruciale. Continua Ghezzani: «Come il bambino, anche l’adulto può vivere questa danza, questa melodia cinetica – come la chiamava il neurologo Aleksandr Lurija –, in tanti e diversi rapporti»2.

Esatto. È questo che non è stato studiato nei rapporti amorosi fra adulti e in particolare nei rapporti erotici. Non solo con i metodi sperimentali in cui la presenza dell’osservatore altererebbe il fenomeno, ma nemmeno chiedendo la collaborazione degli amanti che descrivono la loro esperienza. Ma il racconto accurato, la fenomenologia di questa esperienza erotico-amorosa felice manca perfino nella letteratura. E, per le ragioni che abbiamo già esposto nel capitolo precedente, non esiste un lessico erotico che non sia o medicale o allusivo o volgare. Quindi, le nostre lingue non ci danno gli strumenti per trasmettere quella sintesi di sesso e amore, di carnale e sublime, di terrestre e divino che caratterizza l’amore erotico e i suoi incontri. Al punto che per indicarlo noi usiamo la combinazione di immagine, musica e parole come nel cinema. Ma resta il fatto che manca il lessico e quindi resta un vuoto linguistico che è scientifico e culturale. Un vuoto che indica una carenza della civiltà occidentale di cui io mi sono reso drammaticamente conto studiando in modo sistematico il rapporto fra sesso e amore, e che ritrovo come ostacolo insuperabile ora che mi accingo a studiare il grande amore erotico che dura, l’amore totale, su cui la società è muta. Sono convinto che nell’innamoramento, e nell’amore totale che ne costituisce la prosecuzione, l’intera vita degli amanti diventi una melodia cinetica analoga a quella della madre e del figlio. Avevano ragione Freud e gli psicoanalisti a vedere nello stato della passione amorosa, negli abbracci languidi degli amanti, nei loro infiniti giochi erotici qualcosa che ricorda l’intimità psicofisica incestuosa della madre col figlio che si è appena staccato dal suo corpo. Questa stessa danza erotica si ripete fra i corpi degli amanti che si cercano, si riconoscono e si completano come fossero due parti separate che hanno assoluto bisogno l’una dell’altra. Però gli psicoanalisti hanno sbagliato a pensare che sia una regressione. No, non è una regressione, è un recupero, un arricchimento, è la straordinaria capacità di realizzare, anche nella vita adulta con il proprio amato una melodia cinetica dei corpi e degli spiriti analoga a quella che ciascuno ha sperimentato da bambino con sua madre. Ma nell’adulto questa melodia cinetica è diventata un processo di un’incredibile complessità perché, mentre nel rapporto madre-bambino agiscono pochi elementi e risposte istintuali elementari, nell’adulto entrano in gioco l’intelligenza, la volontà, la storia passata degli individui, le loro culture di appartenenza, le scenografie, i costumi e gli archetipi dell’amore e dell’erotismo come sono stati elaborati nella poesia, nella musica, nella filosofia e nell’arte nel corso dei millenni. Una melodia cinetica che non è più solo natura, ma arte, pensiero, cultura, civiltà.

E c’è una difficoltà al suo studio. Che mentre il rapporto madre-bambino è considerato naturale, ingenuo, puro, immacolato, quando invece vengono coinvolti il sesso e l’erotismo, quando le mani che accarezzano, i volti che si affondano, quando i gridolini non sono più della donna e di suo figlio, in mancanza di parole per nominarlo, appare subito il sesso nella sua sconcezza. E tale resta anche in presenza dell’amore più sublime, più disinteressato, più nobile e lo contamina, lo sporca, lo rende violento, lo sconcia, lo deturpa, lo trasforma in pornografia. Per cui per parlare di un amore grande, puro, assoluto, devi desessualizzarlo, rivestirlo, come ha fatto Tiziano ne L’amor sacro e l’amor profano, e trasformarlo in un casto bacio.

L’unico modo in cui il mondo moderno è riuscito a comunicare l’esperienza erotico-amorosa è il cinema perché ha giustapposto tre linguaggi. Quello fotografico del corpo nudo che abbraccia l’altro corpo nudo nell’atto di penetrarlo, il linguaggio amoroso poetico sublime e, infine, la musica con cui vengono espressi sentimenti delicati ed elevati. Il puro linguaggio verbale però non ha fatto nessun progresso, resta quello fissato da duemila anni di repressione.

1 Nicola Ghezzani, Grammatica dell’amore, cit., p. 282.

2 Ibidem, p. 282.