19.

L’affinità elettiva

In tutti i casi di grande amore che dura entrano certamente in gioco fattori che riguardano gli aspetti più profondi e stabili della personalità dei due amanti. Corrispondenze o complementarità neurofisiologiche in cui i due si riconoscono o si completano, misteriosi engrammi di cui sentiamo l’esistenza ma di cui non sappiamo nulla. Queste risonanze possono esistere prima ancora che i due amanti si conoscano, ed essere alla base di un’attrazione o di una simpatia immediata che diventa poi un intenso innamoramento in cui avviene una vera e propria ristrutturazione della rete neurale dei due innamorati. Un processo che, nel caso di un amore di breve durata, si ferma ed è seguito da una rapida dissoluzione, ma che, invece, in un amore che dura si rafforza, si consolida. Il succedersi di incontri, le esperienze in comune, il bisogno l’uno dell’altro, la confidenza reciproca e anche le crisi che separano i due amanti e li costringono a ridefinirsi, costituiscono occasioni di ulteriore integrazione, per cui nel grande amore erotico non si forma solo un’intimità fisica, ma una vera e propria intimità intellettuale. I due amanti si raccontano tutto ciò che succede loro, lo analizzano, si raccontano di nuovo gli episodi salienti della loro vita, li commentano, vedono sempre aspetti nuovi. Gli amanti parlano continuamente di se stessi. È forse proprio questo l’argomento che li appassiona di più. È un continuo progressivo conoscersi e scoprirsi. Nello stesso tempo essi affrontano insieme tutti i loro problemi pratici, le difficoltà, le malattie, i successi e gli insuccessi. Poi discutono di tutto ciò che accade nel loro ambiente lavorativo, sociale, politico in uno sforzo per arrivare insieme a capire ogni cosa più profondamente. Poiché entrambi sono aperti all’altro e sono sinceri, la loro è una vera ricerca congiunta, in cui ciascuno dà il suo contributo e si può parlare di una soluzione duale.

Nel grande amore erotico non si cercano e si uniscono perciò solo i corpi, si cercano e si completano anche le intelligenze. Gli amanti non provano solo piacere abbracciandosi, baciandosi e facendo all’amore ma anche parlando, discutendo, affrontando insieme i problemi, risolvendoli, un piacere che cresce col crescere dell’amore. È però assolutamente necessario che non ci sia compiacenza, ciascuno deve cercare fino in fondo la verità, dire fino in fondo cosa pensa, fare tutte le obiezioni che ritiene logiche, non frenarsi mai per timore di dispiacere all’amato. Cosa possibile solo perché ciascuno è capace di cambiare idea, prospettiva, se gli vengono date prove e argomentazioni obiettive, convincenti. Ricordo due amici che si erano innamorati tardi, quando lui aveva più di cinquant’anni e lei quasi quaranta. Erano entrambi sposati e separati, però non vivevano insieme. La sera, le volte in cui erano soli, ciascuno a casa propria, si telefonavano in continuazione. Sceglievano o un libro o un film o uno spettacolo televisivo e lo guardavano ciascuno per conto proprio; però, a ogni intervallo, si telefonavano per commentarlo, per discuterlo. Non l’avrebbero fatto con tanta concentrazione e con tanta intensità se l’avessero visto seduti sullo stesso divano o fossero stati distratti da tante piccole attività domestiche. E dal commento al film o alla politica passavano a ricordare episodi della loro vita e poiché erano molto innamorati ricordavano i momenti più commoventi, quelli in cui erano lontani realizzando una totale integrazione fra ricordi, amore, erotismo e intelligenza. Sono andati avanti per oltre vent’anni in questo modo e ho avuto l’impressione che questi dialoghi a distanza fossero per loro un modo diverso di conoscersi più profondamente e di fare l’amore. E quando li vedevo insieme avevo la netta impressione che le loro due personalità, pur così differenti, fossero sempre più unite, legate, direi anche a livello neurofisiologico. Questo tipo di amanti, quando sono nella stessa sala, si cercano subito con gli occhi, guardano spontaneamente nella stessa direzione se succede qualcosa, con uno sguardo capiscono lo stato d’animo dell’altro. E lo fanno anche solo sentendo la sua voce al telefono. Bastano due parole, un’inflessione del suono, per capire, con una precisione assoluta, se l’altro è solo o in compagnia, se è triste o allegro, se è preoccupato o sereno, attento o distratto. Fra persone così non possono esserci segreti anche quando sono lontane, anche se nessuno si sogna di controllare il comportamento dell’altro.

Abbiamo già parlato dell’impressione di bellezza. Ci sono amanti che, dopo decenni di intimità erotica, ogni volta che si incontrano restano letteralmente incantati davanti al corpo nudo dell’altro, provano un piacere sempre nuovo, sempre diverso e hanno l’impressione che sia più intenso di quello della volta precedente. Molti di loro dicono che questa straordinaria attrazione, questa straordinaria intesa fisica è “questione di chimica”, e probabilmente hanno ragione, nel senso che tutto l’organismo dei due amanti, tutto il loro sistema neurormonale è coinvolto.

Si costituisce così fra di loro una vera e propria affinità elettiva anche sul piano della sensibilità, dei gusti, delle scelte, dei valori, fino alle preferenze estetiche, alle simpatie. E a volte può essere questa affinità dei gusti, dei valori, che li fa incontrare e riconoscere, come mostra il film di Woody Allen, Midnight in Paris.

Il protagonista è uno sceneggiatore di Hollywood che si trova a Parigi con la promessa sposa e i suoceri. È stanco del suo lavoro, ben pagato ma banale, e vorrebbe scrivere un vero romanzo letterario. E mentre la moglie passa da un monumento, una mostra, una festa all’altra, lui va in giro di notte per la città e a mezzanotte in punto (la mezzanotte magica delle favole) incontra le automobili degli artisti che vivevano a Parigi negli anni Venti. La prima che incontra è Zelda, la Zelda di Fitzgerald, poi il musicista Cole Porter, poi Picasso, che ha appena dipinto il nudo distorto della sua amante Adriana. Così, sera dopo sera, al fatale rintocco, egli entra nel gruppo incantato dei più grandi artisti dell’epoca: Magritte, Salvador Dalí, Luis Buñuel, fa leggere il suo libro a Gertrude Stein che lo incoraggia a proseguire e, quando la sua promessa sposa tornerà negli usa, lui non la seguirà, resterà nella Parigi del passato accanto a una deliziosa ragazza del mercato delle pulci perché lei fa parte del suo mondo ideale e fra loro c’è una vera, profonda affinità.

Tutti coloro che hanno una comune visione del mondo, almeno sul piano dei valori più alti, cercano sempre nel passato delle figure ideali, dei modelli a cui ispirarsi. Intere generazioni li hanno trovati nell’Atene di Aristotele e Platone, altri nella Roma dei Cesari, altri nell’Italia del Rinascimento, altri ancora nella Rivoluzione francese o nei padri fondatori della Repubblica americana. Ugo Foscolo ne I sepolcri1 ricorda i grandi spiriti che costituiscono la patria ideale, unico fondamento del Risorgimento. Ma ci sono anche eroi individuali. Thomas Carlyle2 ci invita a trovare ispirazione e forza dalle grandi figure del passato. I protagonisti del film di Woody Allen avevano ritrovato il loro mondo ideale nei grandi autori degli anni Trenta.

Ciascuno di noi vive in due mondi. Uno è quello concreto, quotidiano e l’altro quello ideale. Il mondo concreto ce lo troviamo attorno e ci muoviamo in esso. Il mondo ideale lo costruiamo noi stessi nel corso della nostra vita raccogliendo tutte le esperienze che hanno lasciato in noi la loro impronta positiva, le persone che abbiamo ammirato, che ci hanno divertito, aiutato, i maestri, gli amici, gli amori, i libri, i film e anche i gesti e le emozioni cariche di valore. Poi anche i luoghi, i paesaggi, le opere d’arte. Siamo noi che li scegliamo proprio perché sono isole di luce e di valore in mezzo alle fatiche, agli errori, ai dolori della vita. Li conserviamo nella loro purezza, nella loro verità e con essi costruiamo una sorta di patria ideale celata al centro del nostro animo.

Il mondo ideale individuale non è fatto solo di realizzazioni, ma di aspirazioni, non solo di successi, ma anche di rimpianti. Esso è il distillato – talvolta solo poche gocce – di tutto ciò che di gioioso e di glorioso, elevato, sublime, nobile abbiamo conosciuto, sperimentato, amato, di tutto quanto la vita ci ha donato e mostrato di buono e di degno. Non c’è nulla di torbido, di indegno, di corrotto nel mondo ideale, perché abbiamo cercato di trattenere, di conservare proprio ciò che era bello in mezzo al brutto, ciò che era un purissimo diamante in mezzo alle miserie della vita. Per farlo abbiamo dovuto scartare, mettere da parte il negativo. Abbiamo dovuto togliere la sofferenza, il dolore, il rancore di un amore per poterne ricordare i momenti felici, gli istanti di luce. La separazione non è una menzogna, anzi è proprio il modo per conservarne la verità. La vita ideale che costituisce il cuore del nostro spirito, la nostra patria luminosa deve essere ritagliata nel vero, deve essere il precipitato di ciò che è stato realmente vissuto, il suo distillato emozionale e morale tanto più ricco quanto più autentico. Ed è questo mondo ideale individuale che, nel grande amore, trasmettiamo al nostro amato e gli chiediamo di condividere, e lui fa lo stesso con noi per il suo. E quel continuo parlare di noi stessi di cui non ci stanchiamo mai, quel continuo ricordare le nostre esperienze è proprio il modo per mettere in comune questo nostro mondo ideale, per farne un patrimonio condiviso che ci unisce nei valori e rafforza l’affinità elettiva. L’affinità elettiva, che nel libro di Goethe sembra l’elemento a priori che porta i due a innamorarsi, è in realtà quasi tutta il prodotto della relazione amorosa e del dialogo spontaneo, vero, fra i due amanti.

Il lettore avrà notato, magari con un punto di critica, che quasi sempre io parlo di amanti che abitualmente si dicono la verità, che sono obiettivi con se stessi, non mentono e non si mentono. Lo faccio perché sto illustrando i meccanismi e i processi su cui è fondato il grande amore che dura. Ma, tornando alla realtà concreta, noi tutti sappiamo che le persone in carne e ossa non dicono, non si dicono la verità, non parlano, tengono nascosti molti difetti. E così vi sono molte persone che costruiscono una propria arbitraria storia ideale, una biografia ideale, meglio una agiografia personale, dove mettono tutto ciò che li rende ammirevoli ai propri occhi e agli occhi degli altri. E per farlo scelgono di ricordare le cose migliori e di dimenticare il resto, manipolano la propria memoria per ricavarne un ritratto esemplare, ma falso. Quando sono innamorati, coloro che si sono costruiti una biografia agiografica, anche con le migliori intenzioni, non possono dire tutto e, avendo manipolato la storia, in certi punti inesorabilmente mentono. E spesso mentono senza sapere di mentire. Il risultato è che fra di essi, col passare del tempo, si costituisce a poco a poco, senza che loro se ne accorgano, un’atmosfera di riserbo, di prudenza, di sforzo, di autocontrollo, di diffidenza. Possono amarsi, ma ciascuno dovrà continuamente correggere la realtà, controllarsi e sarà impossibile la sincerità totale e il totale abbandono. Il falso, il non detto e il non dicibile generano un’atmosfera di inconsapevole sospetto, di sotterranea sfiducia che frena gli animi e blocca la confidenza.

Le persone che condividono il loro mondo ideale costruito sulla verità, invece, ogni volta che si incontrano, anche quando fra di loro ci sono motivi di crisi e di dissenso, alla fine provano sempre uno straordinario senso di pace, di distensione, di fiducia, una sorta di “allegria del cuore”. È l’effetto della affinità elettiva che sta alla base del loro grande e duraturo amore.

1 Ugo Foscolo, I sepolcri, stampato per la prima volta presso l’Officina Tipografica Bettoni di Brescia nel 1807.

2 Thomas Carlyle, Gli eroi. Il culto degli eroi e l’eroico nella storia, Rizzoli, Bur Classici, Milano 1992.