25.

Intimità

Abbiamo già parlato della ricchezza dell’esperienza erotica e della straordinaria bellezza che ciascuno vede nel suo amato. Dobbiamo aggiungere che, nel grande amore erotico, la vita dei due amanti è impregnata del desiderio di fare qualcosa per l’altro, di renderlo felice. Voler bene, volere il suo bene è, se volete, la forma più semplice di amore, la sua versione più elementare. Caratterizza ogni amore, quello della madre per il figlio, del figlio per i genitori, dei fratelli, l’amore della vera amicizia. Però può a volte mancare in certi momenti della passione dell’innamoramento che ci rende avidi, egoisti, gelosi, bramosi dell’altro quasi fosse un oggetto da divorare. Nel grande amore erotico che dura, nella grande passione di cui stiamo parlando, nell’amore totale, ciascuno vuole invece sempre bene all’altro ed è pronto a fare qualsiasi cosa per lui.

E, accanto al voler bene, c’è il voler piacere all’altro. Qualcuno considera il voler bene un atto altruistico mentre il voler piacere un atto egoistico. Questo può essere vero nell’incontro occasionale, all’inizio dell’amore, quando la donna si veste in modo elegante per attrarre l’attenzione dell’uomo, per farsi guardare, per piacergli. E in moltissimi matrimoni la donna vuole essere sempre elegante anche quando è in casa per piacere a suo marito e perché vuol piacere a se stessa, sentirsi bella, desiderabile in ogni istante. Con lo stesso criterio sceglierà la lingerie da giorno e da notte, perché sia in armonia, perché valorizzi il suo corpo e, se è innamorata, perché piaccia al marito o all’amante. Un risultato che ottiene scegliendo abbigliamento firmato, biancheria di marca, cioè quello che è considerato unanimemente bello, elegante. Ci sono poi anche casi in cui la donna, dopo il matrimonio, non si preoccupa più di piacere, di essere desiderabile e veste in modo casuale, talvolta sciatto. Ma nel grande amore erotico non accade mai. Nel grande amore erotico ognuno dei due amanti desidera piacere sempre al suo amato e soprattutto la donna studia ciò che piace al suo uomo, si veste per piacere espressamente a lui. Nella coppia che mi ha ispirato I dialoghi degli amanti la donna preparava lei stessa i modelli dei suoi vestiti, sceglieva con estrema cura i capi del suo intimo curando tutti gli accostamenti di colore dalle scarpe, alle calze, al body, al reggiseno, alla collana che porta al collo, fino agli orecchini. Poiché lei e Rogan non vivevano sempre insieme, quando si preparava all’incontro faceva di se stessa una vera opera d’arte, destinata esclusivamente al suo amato. E ogni volta lui restava incantato già nel vederla davanti a sé, un incanto che si rinnovava istante dopo istante spogliandola fino ad avere il suo corpo nudo fra le braccia. Era come se lei, con l’abbigliamento, avesse inventato un linguaggio amoroso apposta per lui, capace di provocargli ogni volta una profonda emozione. È evidente che in questo caso il voler piacere coincide totalmente con il voler bene, con il voler dare piacere, col rendere felice.

La terza caratteristica dell’amore totale è che i due amanti provano una straordinaria felicità anche solo a essere vicini, a stare insieme, a camminare tenendosi per mano, a mangiare uno di fronte all’altro in una trattoria, a guardare fuori dal finestrino del treno, o anche semplicemente a osservarsi dicendo qualsiasi cosa. E nel caso di amore totale questa esperienza continua anche dopo anni; per questo i due amanti possono sentirsi felici nell’abitacolo della macchina mentre viaggiano, quando sono seduti accanto in un piccolo bar di periferia dove magari sono arrivati stanchi e arrabbiati perché devono aspettare che incominci una riunione e poi, seduti a un tavolino, uno con una piadina e l’altro con un toast in mano, scoppiano a ridere e ciascuno fa assaggiare il suo cibo all’altro e si sentono felici al mondo, felici di essere in quel luogo, felici di essere insieme. Parlo di felicità, non di gioia, perché essi, in questa apparente banalità e normalità, sperimentano l’esultanza di avere ciò che conta di più al mondo, di vivere la perfezione dell’essere. Perché, anche compiendo l’atto più comune, più banale si accorgono di sperimentare qualcosa di unico, di straordinario, di sublime. Ne Il fu Mattia Pascal1 di Pirandello, il protagonista si innamora timidamente di Adriana e, nel provvidenziale buio di una seduta spiritica, può finalmente stringerle la mano non visto e poi, fattosi ardito, le sfiora le dita, gliele prende e, per tutto il tempo, essi giocano stringendosele, intrecciandole. Ma anche oggi due persone che si amano da anni, che hanno avuto ogni tipo di rapporto sessuale, nel buio di un cinema si stringono e si accarezzano le mani per ore, e vi trovano uno straordinario piacere, una straordinaria felicità perché è un altro modo per dirsi «ti amo». Grazie al piacere di stare vicini, di stare accanto, alla gioia che scaturisce dalla vicinanza fisica, dal contatto, chi ama non si stanca mai di stare con il suo amato anche se è malato, ed è addirittura felice di assisterlo seduto accanto al suo letto o in ospedale. Non sente il sonno, non avverte la fatica o l’accetta dolcemente. Esattamente come la madre con il suo bambino, non c’è differenza.

In chi vive un amore totale, stare insieme produce una straordinaria felicità anche perché consente di avere l’esperienza duale, cioè di condividere le stesse esperienze. E questo fenomeno non vale solo per le esperienze straordinarie come vedere insieme l’eruzione di un vulcano, fare insieme il bagno in un mare meraviglioso, visitare un nuova città, affacciarsi su uno stupendo paesaggio, vale anche per le esperienze quotidiane e ripetute come guardare la televisione, andare al cinema, mangiare insieme a tavola l’uno di fronte all’altro, andare al ristorante, guardare le vetrine di un negozio, fare un acquisto, osservare il tramonto, sentire la pioggia battere sul tetto, ascoltare lo sciacquio delle onde. Quando uno dei due è solo ha l’impressione di essere incompleto, di essere solo metà. Il mito raccontato da Aristofane, secondo cui gli esseri umani sono stati divisi in due da Zeus e ciascuno cerca l’altra sua metà, non può essere usato per spiegare l’innamoramento, però è una descrizione efficace dell’esperienza duale, cioè del bisogno di condivisione che può continuare tutta la vita.

Una quarta caratteristica di questo amore è il continuo desiderio di dirsi che ci si ama. Perché il nostro amore, il piacere di vedere il nostro amato, di abbracciarlo, di fare l’amore con lui sono così intensi da volerli testimoniare senza fine. È come se noi non riuscissimo mai a comunicare al nostro amato la straordinaria esperienza che egli ci dona. È come se ogni volta volessimo ringraziarlo di esistere, di amarci. In realtà, se osserviamo attentamente due persone profondamente innamorate e che continuano a esserlo dopo molti anni, vedremo che esse non smettono di parlare di loro stesse, di come sono, di cosa hanno fatto, di come si sono conosciute, di come si sono amate, di come sarebbe stato bello se si fossero conosciute e amate prima. E, anche quando ricordano lo stesso accadimento per la decima volta, hanno l’impressione di dirsi sempre cose nuove perché ogni volta scoprono una diversa esperienza, una diversa emozione, una diversa sfumatura e la rivivono. Esse perciò non si annoiano mai. Una caratteristica inconfondibile del grande amore che dura, dell’amore totale, è proprio questa. I due amanti, quando sono insieme, non si annoiano mai.

Però, proprio perché stanno tanto bene insieme, essi soffrono quando sono lontani e soffrono soprattutto quando non possono comunicare. Alcuni hanno bisogno di parlarsi, di sentire la voce della persona amata. Un tempo gli amanti si scrivevano lettere: resta famosa la corrispondenza di Eloisa e Abelardo. In epoca moderna si fanno centinia di telefonate e si inviano centinaia di sms. Quando non possono farlo, i due amanti soffrono moltissimo. Però la lettera, il messaggio, la telefonata rassicurano e danno un senso di pace per poco tempo. L’unica cosa che dia loro la vera pace, la vera serenità è la vicinanza fisica. Hanno bisogno di una continuità fisica dei corpi anche solo sfiorandosi la mano, toccandosi sulla spalla, anche solo vedendosi, accarezzandosi con la voce, riconoscendosi dal modo di camminare, dalla gestualità, dal profumo. Sotto l’azione dell’amore il sistema nervoso centrale elabora tutti questi stimoli, li pone in relazione e ne ricava una sinfonia sensoriale ed emotiva inconfondibile, che ci manca quando il nostro amato è lontano, lontananza che genera in noi un senso di vuoto e, talvolta, di sofferenza.

Nel grande amore totale il desiderio di essere accanto al nostro amato è così intenso che ci sembra di averlo sempre amato anche quando era bambino, adolescente, perfino quando amava un altro. Rogan ne I dialoghi degli amanti dice: «Saky, il mio amore per te non riguarda solo ciò che tu sei nel presente, ma anche tutto ciò che sei stata nel passato. Ripercorrendo la tua vita ti rivedo come sei stata e ti amo come eri. Anzi, avrei voluto esserti sempre accanto per amarti allora come oggi. Ti amo per quando eri una bambina e soffrivi perché non eri ricambiata dalla tua amica Lena. Avrei voluto essere lì, prenderti in braccio e consolarti. Poi esserti vicino quando ti accusavano, essere al tuo fianco vigile quando sei scappata in Canada, ti rivedo lo sai? Come eri piccina, come eri seria quando sei andata nella chiesa! Come avrei voluto accoglierti io, abbracciarti, aiutarti! Poi ti vedo quando a diciotto diciannove anni portavi in giro i tuoi libri antichi dai clienti. Che delizia! Come eri compresa dal tuo lavoro, orgogliosa dei tuoi successi»2.

Infine, è come se l’amore costituisse tutt’attorno agli amanti un’aura che può essere percepita da chi a sua volta ama o ha amato. Io e la mia amata, nel passato, abbiamo più volte avuto l’impressione che il nostro amore si trasmettesse all’esterno e che gli altri lo percepissero anche quando noi non ci toccavamo. Ricordo poi con grande chiarezza un episodio avvenuto anni prima, quando non eravamo ancora consapevoli di amarci, ma credevamo di provare solo amicizia, simpatia, affetto l’uno per l’altro. Un giorno camminavamo fianco a fianco sulla battigia del mare, dove si spengono le onde, e non ci tenevamo neppure per mano. È passata una donna sui sessant’anni, si è fermata e ci ha detto: «Scusate se vi rivolgo la parola, ma vedendovi ho capito che vi amate tanto e mi sono ricordata dell’epoca quando era vivo mio marito ed anche noi passeggiavamo sulla spiaggia fianco a fianco ed eravamo felici. Vedendovi ho riprovato l’amore e la gioia di allora e vi auguro di amarvi sempre così, come un tempo ci siamo amati noi. Grazie.»

1 Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello apparve per la prima volta a puntate sulla rivista «Nuova Antologia» nel 1904 e fu pubblicato in volume quello stesso anno.

2 Francesco Alberoni, I dialoghi degli amanti, cit., p. 216