La pittura è una presenza costante, esiste per me, è sempre esistita, come un luogo privilegiato su cui fermare lo sguardo. Come l’insieme, meglio, di quei luoghi privilegiati nei quali il seme essenziale dell’arte si concede con abbondanza e intensità. Il fatto che io non abbia dipinto è, direi, quasi una prova dell’essenza, della sostanza, che possiede per me la pittura. Mi è bastata la sola contemplazione, il guardare un’immagine partecipando al suo incantesimo, a ciò che viene rivelato dalla sua magia invisibile. Mentre ero attratta dalla pittura, non ho mai sentito la tentazione di farla. Non ero pittura, così come so che non sono musica.
Questa rivelazione, questo luogo privilegiato che si dà nella pittura, non dipende solo dai pittori, ma anche dalla predisposizione di chi guarda, che fa sì che la rivelazione giunga soltanto a determinati sguardi.
La pittura nasce nelle caverne, ma dalla luce, una luce speciale, sua propria, intima [entrañable], non una luce qualsiasi. Tra la penombra e questa luce rivelatrice, la pittura si colloca in un tempo differente, che l’avvicina all’intangibile, alla dimora del misterioso. Come l’azzurro, che può contenere tutto o essere appena una pennellata; come ciò che, essendo offerto, non esige risposta.
È la pittura, che mi ha portato a scrivere su di essa. Questi testi sono venuti nascendo nel corso di molti anni e in momenti diversi, senza un preesistente progetto unitario. La maggior parte di essi sono stati pubblicati in forma sparsa, altri erano rimasti inediti. Ora sono riuniti qui nel segno a tutti comune dell’amore per la pittura, come celebrazione del fatto straordinario della sua esistenza, di cui questo libro è solo una testimonianza, uno sguardo su alcuni di quei luoghi privilegiati.
È la pittura, che mi ha portato a scrivere su di essa. Le sono grata perché essa è stata come uno specchio dopo aver guardato nel quale non potevo non parlare, anche, di ciò che vedevo, per svelarlo, per svelare l’enigma che la pittura racchiude.
María Zambrano