«Allora, Jack ti ha raccontato di Brian?»
Jen ascoltava oziosamente i due uomini lì vicino, mentre aspettava Daniel fuori dalla chiesa.
«Il Brian che si porta a letto qualsiasi cosa che si muove? No, no, non credo.»
«Proprio lui. Oh, mamma mia, questa storia ti piacerà. Allora, sei mesi fa va a questa festa aziendale, tira tardi e forse esagera un po’ con il Bacardi Breezer, capisci cosa voglio dire. Tenta di andare a casa con Carly della Mergers, ma lei gli dice dove andare piuttosto. In ogni caso, sta tornando a casa quando decide che deve fare pipì. Della serie, deve proprio. Per cui convince il tassista a fermarsi, salta giù dall’auto e si mette a farla in un vicolo e a quel punto viene rapinato da un gruppo di ragazzi.»
«No!»
«Invece sì! E non gli portano via solo i soldi: gli prendono anche tutti i vestiti. Gli lasciano solo le chiavi, nient’altro. Il che è carino da parte loro. Insomma, poteva andargli peggio, giusto?»
«Mi sa di sì…»
«Okay, ma non finisce qui. Ecco, torna a casa e trova sua moglie fuori, con tutte le valigie, pronta ad andarsene. E quando le chiede cosa stia facendo lì, lei gli dice che non vuole più vederlo perché è da un anno che lo tradisce con la persona a lui più cara.»
Jen corrugò la fronte. Quella storia l’aveva già sentita. Le sembrava proprio che fosse la storia che l’aveva portata a imbattersi in Daniel, tanti mesi prima. E davanti alla toilette degli uomini, ovviamente. E adesso si augurava proprio di scoprire cosa fosse accaduto.
«Stai scherzando!»
«No, sono serissimo. E lui se ne sta lì, in mutande, e per fortuna a lei serve il taxi, per cui è disposta a pagargli la sua tratta, ma quando Brian va ad aprire la porta scopre che lei ha chiuso a doppia mandata. E lui non ha la chiave. Per cui decide di andare a casa dell’amico. Solo che deve andarci con la sua macchina perché non ha soldi con sé…»
«Sei incantevole. Ma cosa fai appostata qui? Ti ho cercato dappertutto.»
Jen guardò Daniel, che in tight era più bello che mai. Mentre lui si chinava per baciarla, Jen sentì Jack e il suo amico che si allontanavano verso la chiesa e sospirò stizzita.
«Adesso non saprò mai cosa è accaduto a Brian» disse esasperata.
Daniel la guardò in modo strano e Jen si sistemò il corpetto munito di stecche per riuscire a respirare.
«Chi è Brian?»
Lei fece un gran sorriso. «Non ne ho idea. Senti, mi dispiace. Stavo origliando. Anche tu sei piuttosto carino, fra parentesi.»
Daniel annuì con aria galante. «Ce la farai a percorrere la navata con quel vestito addosso? Sembra tremendamente scomodo.»
Jen scrollò le spalle. «Non ho molte alternative, giusto? Puoi immaginarti che la mamma non fosse esattamente aperta alle mie idee, vero?»
«Non essere troppo dura con lei» disse Daniel, chinandosi per darle un altro bacio. «È il giorno del suo matrimonio, dopo tutto.»
«Speriamo solo che venga, no?» suggerì Jen. Harriet non era famosa per le sue doti organizzative e come damigella d’onore Jen aveva pensato di arrivare insieme a lei, per assicurarsi che la madre giungesse puntuale. Ma, ovviamente, all’ultimo minuto c’era stato un cambio di programma. Harriet aveva avuto un ripensamento sui fiori e aveva insistito che Jen andasse in chiesa prima, per controllare che le sue indicazioni fossero state eseguite alla lettera. Harriet non avrebbe dovuto preoccuparsi: l’intera chiesa era piena di rose bianche e il profumo era alquanto inebriante.
«Arriverà, non preoccuparti. Indosserai questo vestito per la discussione della tesi la prossima settimana?»
Jen gli diede un leggero colpetto su un braccio. «Scemo! Piuttosto, renditi utile.»
Lui le strinse la mano e si allontanò. Nel frattempo Jen vide arrivare Angel.
«Angel! Qua!»
Lei si avvicinò come se fosse il vento a trasportarla, seguita dal suo bel ragazzo. «Ciao, Ravi» disse Jen raggiante, mentre lui la baciava sulle guance.
«Non riesco ancora a credere che lui sia l’uomo che ti rifiuti di sposare» sussurrò alla sua amica.
Angel si strinse nelle spalle. «Non voglio un matrimonio combinato con lui» disse con uno scintillio nello sguardo.
Jen la guardò stupita. «Sei unica, Angel. Senti, dovresti entrare e trovarti un posto a sedere; io sto aspettando mia madre.»
«Le cose sono un po’ meno complicate per te adesso, no?» disse lei abbozzando un sorriso.
Jen le fece l’occhiolino. «Magari adesso tocca a te» ribatté, contraccambiando il sorriso.
Mentre Ravi e Angel entravano in chiesa, Lara e Alan si avvicinarono a Jen.
«Caspita, con questo vestito sembra che tu abbia delle tette enormi» esclamò Lara stupita. «Cos’hai lì dentro?»
Jen arrossì. «Sono le stecche. Portano tutto verso l’alto» spiegò, imbarazzata. «E fanno un male cane, a essere sincera.»
Alan sorrise impacciato. «Stai benissimo» disse. «E ti prego di ignorare il linguaggio volgare della mia ragazza. È gelosa che qualcun’altra abbia il seno più in mostra del suo.»
«Scemo che non sei altro!» commentò Lara in tono scherzoso, e Jen sorrise. Trovava ancora difficile credere alla trasformazione di Alan, di cui lei si prendeva tutto il merito, anche se sapeva di entrarci pochissimo. Fedele alla parola data, Alan aveva applicato la sua abilità nella gestione di impresa a se stesso, e nel processo si era trasformato in un tipo simpatico e interessante, che sapeva ascoltare la gente e rendeva Lara felice più di quanto lei si fosse mai immaginata. E, ovviamente, aveva rinnovato il suo brand, gettando gli occhiali, comprandosi bei vestiti e tagliandosi i capelli. Era stata una sorta di “ristrutturazione estrema”, pensava di tanto in tanto Jen, solo che lui aveva fatto tutto per conto suo. E tutto per conquistare Lara, di cui era segretamente innamorato fin dal primo giorno in cui l’aveva vista. “Bella spia che ero” si disse con un mezzo sorriso sulle labbra. “Non mi accorgevo di quello che mi succedeva sotto il naso.”
«Dài, Alan» esclamò Lara. «Sono tutti in chiesa ormai. Dobbiamo entrare. Quando arriva tua madre, Jen?»
«Chissà. Dovrebbe essere qui da un momento all’altro…»
Proprio in quell’istante, accostò un’auto. Un taxi londinese bianco. E da lì uscì sua madre, una visione di seta color crema. Lara e Alan la salutarono con un cenno della mano e andarono a cercare un posto in chiesa, mentre Jen le correva incontro.
«Sei… perfetta» le disse, e alcune lacrimucce le inumidirono gli occhi. «Semplicemente… perfetta.»
Harriet sorrise timidamente e Jen l’abbracciò. Mai prima d’ora aveva visto sua madre con quell’aria esitante e voleva godersela al massimo. Mentre Harriet si districava dall’abbraccio, si diresse insieme a sua figlia verso il portone della chiesa, dove Geoffrey la stava aspettando, di nuovo barbuto e fiero.
«Pronta?» le domandò.
Harriet si girò verso Jen. «Credi che stia facendo la cosa giusta?» le chiese. «Non credi che sia una sciocchezza sposare lo stesso uomo due volte?»
Jen sbirciò dentro la chiesa e vide suo padre che aspettava nervoso davanti all’altare, mentre controllava l’orologio e si toglieva immaginari granelli di polvere dal tight. Poi George la vide e si aprì in un sorriso, un sorriso che lei aveva scoperto solo di recente, il sorriso incerto e umile di un uomo innamorato. Nessuno era rimasto più sorpreso di lei, quando avevano annunciato di aver deciso di provarci un’altra volta, eppure adesso sembrava la cosa più naturale al mondo. George aveva investito nella Green Futures, per cui i suoi genitori erano di nuovo soci, e litigavano ancora quasi tutto il tempo, ma adesso erano solo amabili bisticci. Avevano bisogno l’uno dell’altra, Jen lo aveva capito. E non avevano mai smesso di tenere l’uno all’altra, anche se lo avevano mascherato sotto forma di odio per tanto tempo.
Jen contraccambiò il sorriso del padre, poi guardò sua madre attentamente. «Ti fidi di lui?» le domandò.
Harriet annuì. «L’ho odiato per quindici anni» sussurrò. «E per quindici anni, abbiamo trascorso tutto il tempo a convincerci che era colpa dell’altro. Ma solo perché ci amavano profondamente. Non è un uomo perfetto, Jennifer. Non fa sempre la cosa giusta e spesso non pensa agli altri. Ma lui mi ama, e io lo amo, e credo che ci siamo sempre amati.»
«Allora questa è la tua risposta» disse Jen con un mezzo sorriso. «Guarda. Ti ho preso una cosa.»
Era un giglio.
«Dallo a papà quando arrivi all’altare» le disse, mettendoglielo in mano. «L’amore è prezioso, ma anche fragile. Assicurati che lo sappia.»
«Grazie, tesoro. Credo che adesso lo sappia. Credo che lo sappiamo entrambi. Jennifer?»
Jen la guardò. «Sì, mamma?»
Harriet corrugò lievemente la fronte e Jen cercò di non piangere in quel momento così carico di emozione e… molto rischioso per il suo mascara.
«Mi sembrava di averti detto di metterti un altro paio di scarpe» disse Harriet. «Quelle con il tacco più basso. Non voglio che mi sovrasti avanziamo lungo la navata. Non mi dai mai retta, vero?»
Jen sorrise. Certe cose, si rese conto, non sarebbero mai cambiate.
«Sì, mamma» disse con un mezzo sorriso. «Ora sbrigati, o arriverai tardi al tuo matrimonio.»