Se cercate su Google la città di Stanville, vedrete spuntare delle facce: foto segnaletiche. Dopo le foto segnaletiche, un articolo dove si dice che Stanville ha la piú alta percentuale dello Stato di lavoratori con il minimo salariale. L’acqua di Stanville è avvelenata. L’aria è pessima. Quasi tutte le vecchie attività hanno chiuso bottega. Ci sono negozi che vendono tutto a un dollaro, stazioni di servizio che sono anche spacci di liquori e lavanderie a gettoni. Chi non ha la macchina cammina lungo il viale principale nelle ore piú calde del giorno, quando ci sono quarantacinque gradi. Passeggiano lungo il canale di scolo della strada, spingendo carrelli della spesa vuoti, squarciando la zona morta del tardo pomeriggio con lo sbrindellato sferragliare metallico di quei carrelli. Non ci sono marciapiedi.
Stanville è sinonimo di prigione. Come Corcoran, come Chino, Delano e Chowchilla, come Avenal, Susanville e San Quentin, decine di città che ospitano prigioni e ne condividono il nome, in tutto lo Stato.
Gordon Hauser trovò un posto da affittare alla cieca, una casupola, praticamente una capanna, non lontano da Stanville, sulle colline pedemontane occidentali della Sierra. Era un monolocale con la stufa a legna. Sarebbe stato il suo anno alla Thoreau, scrisse all’amico Alex, mandandogli il link dell’immobile.
Il tuo anno alla Kaczynski, gli scrisse Alex in risposta, dopo aver guardato le foto.
È vero che vivevano tutti e due in una capanna, rispose Gordon. Ma non vedo molti altri nessi fra loro.
La venerazione per la natura, l’autosufficienza. K. era perfino un lettore di Walden, scrisse Alex. È nell’elenco di libri trovati nella sua capanna. E anche di R. W. B. Lewis, il tuo idolo.
Non stai semplificando un po’ troppo?
Sí. Ma non è tutto: sono morti entrambi vergini.
Kaczynski non è morto, Alex, scrisse Gordon.
Hai capito cosa intendo.
Ma Thoreau si preoccupava per i treni, rispose Gordon. Ted K. ha vissuto nel periodo della bomba atomica. Ha vissuto tutta la distruzione tecnologica del mondo.
Devo ammettere che è una differenza non da poco. Nessuno dei due può prescindere dal contesto storico. Per non dire che Thoreau avrebbe costruito un pacco bomba assai scadente. Il suo gesto di resistenza piú incendiario era non mettere lo zerbino davanti a casa.
Quando si videro al loro bar di Shattuck Avenue per salutarsi bevendo una birra, Alex regalò a Gordon, quasi per scherzo, un’antologia degli scritti di Ted Kaczynski. Gordon aveva dato un’occhiata al manifesto. Come tutti, del resto. Da giovane Kaczynski aveva insegnato per un breve periodo a Berkeley.
Brindarono alla partenza di Gordon. – Al mio ritiro bucolico, – disse Gordon.
– Non è quello che si dice quando ti buttano fuori a calci da Oxford?
– Ti mandano soltanto in campagna per un po’.
Gordon partí da Oakland nel tardo pomeriggio e andò verso est, e verso sud. Attraversando come fosse una galleria la distesa buia e piatta della grande zona agricola lungo la Highway 99, con l’odore bruciaticcio del fertilizzante sintetico che entrava dalle ventole anche se aveva acceso il ricircolo dell’aria, cominciò a vedere un bagliore arancione a una certa distanza dalla superstrada, un enorme nimbo circondato dal buio. Una misteriosa fonte di luce, quasi che ci fosse una grande fabbrica al centro dei campi neri come la pece. Erano loro, lo sapeva; le donne, tremila donne. Quello, come l’NCWF, era un posto dove non poteva esserci la notte perché i sistemi di sicurezza erano attivi ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni alla settimana.
Prese una stanza a un Holiday Inn. Avrebbe visto il padrone di casa la mattina dopo per farsi dare le chiavi. Gli venne voglia di chiedere alla ragazza dietro il bancone dell’albergo se conosceva qualcuno che lavorava alla prigione di Stanville. Non lo fece. Le chiese se si poteva bere l’acqua del rubinetto. – Le sembro tipo da bere l’acqua del rubinetto? – disse la ragazza, con una cantilena in crescendo. Lui le chiese di consigliargli un posto dove mangiare.
– Le piacciono i gamberi fritti? – Doveva essere un tipo anche quello.
La casa di montagna di Gordon aveva una fornitura d’acqua avvelenata. Non per colpa dell’agricoltura. Era uranio di derivazione naturale, perciò doveva procurarsi l’acqua in bottiglia. La capanna gli piaceva. Odorava di pino appena piallato. Era funzionale nella sua compattezza. Accogliente, perfino. Poggiava su palafitte, in cima a una ripida collina con pochi vicini, e offriva un panorama sconfinato della valle.
Gordon doveva presentarsi al nuovo posto di lavoro una settimana dopo. Passò le giornate a spacchettare le poche cose che si era portato e a tagliare legna. Faceva passeggiate. La sera infilava i ciocchi nella stufa e leggeva.
Ted Kaczynski, apprese Gordon, mangiava soprattutto conigli. Gli scoiattoli, riferiva Ted, sembravano non gradire il brutto tempo. I diari di Ted si concentravano per lo piú su come viveva e su quello che vedeva succedere nella natura selvaggia intorno a lui, e Gordon si rese conto che paragonarlo a Thoreau non era approssimativo come aveva sospettato in un primo momento. Solo che Ted non avrebbe mai scritto: «Dopo aver riacquistato l’innocenza riconosceremo l’innocenza dei nostri vicini».
I nuovi vicini di Gordon erano tutti bianchi, cristiani e conservatori. Persone che armeggiavano con furgoni e moto da cross e facevano ipotesi su Gordon che lui non si preoccupava di dissipare, perché sapeva che quelle congetture gli avrebbero fatto buon gioco se gli fosse servito il loro aiuto. Nevicava lassú. Le strade chiudevano, i rifornimenti diventavano inaccessibili. Gli alberi cadevano abbattendo le linee elettriche. In estate e in autunno infuriavano gli incendi. Gordon non amava lo stridore esasperante dei motori a due tempi delle moto da cross che nei fine settimana riecheggiava in fondo alla valle, ma la campagna era cosí: non un mondo incontaminato e libero dove gli indigeni vivevano allo stato brado e gli uccellini cantavano, bensí un mondo di campagnoli che tagliavano gli alberi fuori dalla loro proprietà con la sega elettrica e asfaltavano le strade, o mettevano l’erba sintetica, aprivano sentieri nei boschi per scorrazzare in motocross e motoslitta. Gordon si asteneva dai giudizi. Quella era gente che sapeva molto meglio di lui come vivere in montagna. Come sopravvivere all’inverno, agli incendi forestali e alle inondazioni di fango provocate dalle piogge primaverili. Come accatastare la legna, e il vicino di Gordon che abitava in fondo alla collina gliel’aveva mostrato con santa pazienza dopo che un tizio di nome Beaver a cui mancavano quasi tutte le dita gliene aveva scaricati sette metri cubi davanti a casa. Gordon imparò a spaccare i ciocchi. Era nella logica del suo ritiro bucolico.
Il vicino che gli aveva dato una mano ad accatastare la legna aveva una moglie o una fidanzata. Gordon non la conosceva ma li aveva sentiti litigare. Le voci riecheggiavano su per la collina.
Una sera nei primi tempi della sua nuova vita in montagna Gordon fu svegliato da quello che gli sembrò un urlo femminile levatosi dal buio pesto che c’era fuori. Cercò a tentoni la lampada. Era sicuro che venisse dalla moglie del vicino. Casa loro era in fondo alla collina, un trecento metri piú giú. Sentí un altro urlo. Un grido spaventato. Piú vicino, stavolta. Sembrava una persona in difficoltà.
Uscí sulla terrazza in mutande. Le luci erano spente a casa del vicino. Lui rimase lí a lungo ma non sentí altro. Decise che non poteva far finta di niente. Si vestí e discese la collina nella direzione da cui era arrivato l’urlo. Si piantò sulla strada e tese l’orecchio.
Non c’era la luna e gli occhi non si abituarono al buio. Non vedeva quasi niente, giusto il profilo vaghissimo della cima dei pini piú alti che incontravano il cielo.
Lo scintillio irregolare delle stelle, luminoso, soffuso, poi piú luminoso, gli ricordava i fari delle auto. Un’auto di notte, che percorreva una strada costeggiata di alberi, il baluginio intermittente dei fari. Ma le stelle erano fantastiche, mentre i fari potevano essere sinistri. Le stelle erano natura. Le auto erano intenti umani sconosciuti.
L’aria faceva sibilare e frusciare gli alberi e lui si domandò se era il vento a far palpitare le stelle, un vento lassú che formava un continuum con il vento intorno a lui.
Lo sentí di nuovo, il grido femminile, piú lontano adesso.
– C’è nessuno? Tutto bene? – gridò.
Rimase al freddo ad aspettare. Non sentiva altro che il vento.
Risalí la collina e tornò a letto. Cercò di dormire e non ci riuscí.