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Quando Gordon Hauser aveva dodici anni, la fuga di un detenuto che si chiamava Bo Crawford dal vecchio istituto giudiziario al centro di Martinez aveva scatenato un putiferio, una frenesia a livello comunitario. Una forza di occupazione era calata intorno alla zona della San Pablo Bay. C’erano appostamenti, veicoli militari corazzati, tiratori scelti, squadre cinofile, strade interrotte e cronache elettrizzanti sulle tracce lasciate da Bo Crawford o sul fatto che l’avessero avvistato a Pinole, a Benicia, a Vallejo, Pittsburg, Antioch. Per dieci interi giorni la contea era rimasta in quarantena, finché non avevano trovato Bo Crawford nascosto in una baracca abbandonata lungo lo stretto Carquinez, appena oltre Port Costa.

Evadere non era una passeggiata. Dovevi guardarti le spalle ogni secondo. Certi dicevano che era peggio della prigione ma, da come l’aveva immaginata Gordon, per Bo Crawford era troppo tardi per tornare indietro. Era costretto a sopravvivere nelle crepe, ai margini, nascondendosi in un mondo dove non c’era un posto buono per nascondersi. Dove tutti avevano un’arma, incluso il padre di Gordon, e aspettavano di scorgere l’evaso nella loro proprietà.

Due bambini videro Bo Crawford vicino al parcheggio dello zuccherificio C&H di Crockett.

Una cameriera di Flippy’s a Rodeo disse che una mattina si era presentato all’alba ordinando uova e bacon. Quando lei si era nascosta in cucina per chiamare gli sbirri, era scappato.

Bo Crawford aveva tenuto l’intera contea col fiato sospeso, le persone di ogni comunità e anche i solitari, quelli che una comunità non ce l’avevano, tutti a sperare nel suo arrivo e a temerlo. Era famoso e avrebbe reso famosi anche loro. Potevano essere sfiorati dalla sua fuga. Era un ricercato. Un pericolo pubblico.

Perché era ricercato? Per evasione. E anche per rapina a mano armata.

Una donna che lavorava alla lavanderia del penitenziario, Vena Hubbard, aveva fraternizzato con Bo Crawford, cominciando a provare qualcosa per lui. Sognava una nuova vita. Questo si scoprí in seguito, dalle rivelazioni sui giornali che cercavano di raccontare il guasto nei sistemi di sicurezza dell’istituto giudiziario. Vena e Bo pensavano al Messico e, prima di raggiungerlo, avrebbero fatto una breve sosta a casa di Vena per uccidere Mack, il marito di lei. Avrebbero raggiunto il confine con la macchina di Vena, una Honda Civic. Avevano carte geografiche e i risparmi di Vena, oltre al fucile di Mack che si sarebbero portati appresso dopo averlo ucciso. (Ci entrava un fucile dentro una Honda Civic? si era domandato Gordon).

Bo aveva un’intelligenza innata e un autocontrollo impeccabile. Faceva duecento flessioni al giorno. Meditava. Con la sega scavò poco alla volta un buco nel muro in fondo a un ripostiglio della lavanderia mentre i compagni della sua squadra di lavoro mangiavano il pollo fritto e l’insalata di pasta che Vena portava al giudiziario per sfamare gli uomini che lavoravano nella lavanderia. In seguito si sarebbe fatto un gran parlare del ruolo di Vena nell’introdurre illegalmente cibo nella lavanderia, segno che era debole di carattere e soggiogata dall’astuzia dei detenuti. «Davo a loro quello che non riuscivo a finire e che avrei buttato via», testimoniò durante le indagini. Aveva portato dentro, secondo i detenuti che lavoravano alla lavanderia, cibo per sfamare venti persone, inclusi sfilatini chilometrici e lasagne Costco grandi come una casa. Palla di lardo, cosí Bo chiamava il suo compagno di lavoro che in realtà si chiamava J. D. Joss e che aveva fatto parte del piano, anche se non era un evaso del calibro di Bo. Vena in realtà era innamorata di Bo, anche se con J. D. civettava in modo piú esplicito, cosa che diede a Bo il tempo e lo spazio necessari per studiare la breccia che aveva aperto nel ripostiglio. J. D., servendosi del macchinario della lavanderia, si era ritagliato un lembo nascosto nei pantaloni da detenuto per consentire a Vena di giocherellare col suo uccello sotto la scrivania da supervisore dove si sedeva accanto a lei. Nel frattempo Bo tracciava una via di fuga in un condotto che correva sotto il carcere arrivando a un tombino sulla strada.

Il giorno stabilito, unico giorno libero di Vena, lei doveva aspettare Bo e J. D. a un certo angolo con la sua Honda Civic, le carte geografiche, il fucile e i soldi. J. D. e Bo uscirono dalla lavanderia passando per l’apertura nel ripostiglio, mentre il supervisore che sostituiva Vena era a pranzo. Uscirono dal tombino e arrivarono all’angolo di Martinez dove Vena avrebbe dovuto caricarli. Passò una macchina, ma non era una Civic. J. D. si nascose nei cespugli di un cortile. Bo, come raccontò in seguito alla polizia, gli urlò di comportarsi normalmente. Come una cazzo di persona normale e non come uno stupido avanzo di galera a piede libero.

Non arrivò nessuna Civic a salvarli e ben presto furono due avanzi di galera a piede libero che potevano soltanto nascondersi, che non avevano cartine geografiche né armi né un piano: niente.

Al momento di andarli a prendere per poi tornare indietro di corsa e uccidere Mack, Vena era sul divano con Mack Hubbard a guardare un film in tv. Il momento di andarli a prendere non passava mai e quel film non finiva mai. Mack, per la prima volta da mesi, dedicava a Vena le sue attenzioni. Le aveva messo un braccio intorno alle spalle sul divano e quel braccio sembrava dire: «Lo so, avevi un piano per andare in Messico e farmi fuori, ma questo non è poi tanto male, no?» L’appuntamento con Bo e J. D. saltò. Forse alla fin fine non erano evasi per davvero. Questa la speranza di Vena. E se invece andavano a cercarla?

Rimase sveglia tutta la notte, sobbalzando a ogni rumore. Mack russava come un idiota, ignaro che la sua vita fosse in pericolo. Del resto era un uomo semplice e Vena si era innamorata di lui proprio per questo, e proprio per questo aveva finito col disprezzarlo e adesso proprio per questo le piaceva di nuovo. Abbracciò quella montagna che era la sua schiena e pregò per la propria salvezza, per lei e per Mack, per ogni piccola cosa della vita che non aveva saputo apprezzare.

J. D. Joss e Bo Crawford si separarono. J. D. s’intrufolò in una casa abbandonata, mangiò cibo avariato, bevve acqua avariata, se la fece addosso, lasciò tracce. Lo acchiapparono quasi subito, ubriaco, coperto di morsi d’insetto, con uno zaino che conteneva un pacchetto mezzo vuoto di biscotti Oreo e un martello.

Bo evitò la cattura per dieci giorni. Creò una leggenda nelle cittadine industriali intorno alla San Pablo Bay, come quella dov’era cresciuto Gordon Hauser. In seguito le autorità chiusero l’istituto giudiziario al centro di Martinez. Ne costruirono uno nuovo. Moderno, all’avanguardia. Non ci sarebbero state altre evasioni.

Nella tensione di quei dieci giorni di appostamenti, una donna telefonò a una radio locale. Abitava alle porte di Crockett e aveva visto Bo Crawford spuntare dagli alberi, giú vicino ai binari della ferrovia. Gli si era parata davanti senza paura, disse, cercando di guardarlo negli occhi, di farglielo sapere. Gordon se lo ricordava benissimo. Quella voce alla radio.

Volevo farglielo sapere.

Che cosa voleva fargli sapere quella donna? si domandò Gordon ripensandoci anni dopo, quando sentí la notizia che Romy Hall era scappata da Stanville.

Che cosa gli aveva fatto sapere, giú ai binari della ferrovia? E che cosa sapeva, lei?

Che Bo Crawford esisteva. Che era un uomo in fuga. Lei aveva visto lui e voleva che lui vedesse lei. Era disposta a correre il rischio. Bo Crawford era pericoloso e forse armato e lei era rimasta esposta e risoluta. Aveva guardato quell’uomo dritto in faccia. Se lui avesse ricambiato lo sguardo, avrebbe saputo che lei sapeva che lui non aveva diritto alla libertà su questa terra.

Ti prenderanno.

Questo voleva dirgli con quello sguardo.