5

La signora Sweet mise fine a quei pensieri, perché la porta della stanza accanto alla cucina si spalancò di botto, e la signora Sweet capì subito che era suo figlio, il giovane Heracles.

Il giovane Heracles sarebbe rimasto sempre così, allora, adesso e nei tempi a venire, e anche sua sorella la bellissima Persephone sarebbe rimasta così, allora, adesso e nei tempi a venire. Così pensava la loro madre, la signora Sweet. Ma adesso, proprio in questo adesso, il giovane Heracles spalancò la porta della stanza accanto alla cucina, la stanza dove la signora Sweet teneva la vera se stessa che non aveva mai mostrato a nessuno, né al signor Sweet, né alla bellissima Persephone, né al giovane Heracles, e non immaginava che loro sapessero della sua segreta comunione con la vera se stessa e che giudicassero questo fatto con sentimenti di natura diversa: comprensione da parte di Heracles, odio puro da parte di Persephone, furore omicida da parte del signor Sweet. Ma adesso, proprio in questo adesso, il giovane Heracles disse a sua madre: «Mamma, mamma, cosa stai facendo? Ti ho cercata dappertutto. Non eri in giardino, non eri in cucina, non eri a letto a leggere un libro che piace solo a te. Dov’eri? Posso portare a casa Tad, Ted, Tim, Tom e Tut? Vogliamo fare un gioco ma papà ha detto di chiedere a te perché faremo molto rumore e lui sta cercando di finire il suo concerto per due pianoforti per la Troy Orchestra e probabilmente faremo molto rumore perché non sappiamo stare zitti, io non so stare zitto, continuo a dirlo a papà, non so stare zitto, non so stare fermo, non so cosa fare, mamma, mamma mi ascolti, mi ascolti? Aiutami, mamma, di’ qualcosa, spiegami cosa succede». Oh quanto lo amava sua madre, e pensava a quando era nel suo ventre e non stava mai fermo, saltava su e giù tutta la notte e poi si stirava in tutta la sua lunghezza, quasi sessanta centimetri in diagonale, e lei vedeva la forma del tallone e la forma del pugno attraverso la pelle, come se la sua pelle fosse una vecchia stoffa logora, e poi le veniva voglia di dirgli qualcosa che lo spingesse a prendere la posizione di quel nascituro nell’utero che decora le pareti delle sale d’attesa delle ostetriche, quel nascituro che s’inserisce perfettamente nella zona pelvica dell’illustrazione e si trasforma in un neonato senza che l’ospite lo sappia, e l’ospite e il bambino sono una cosa sola ma non riconoscono nulla della loro indescrivibile intimità, e quell’intimità è un’isola perduta non ancora scoperta. Ma Heracles entrò a fondo nell’essere della signora Sweet, deformando la pelle del ventre, saltellando sul nervo sciatico, lacerando il rivestimento del collo dell’utero e così lei dovette rimanere a letto per giorni e giorni con la paura di non vedere mai la sua faccia, il suo naso largo, i suoi occhi del colore di certi minerali che si trovano nelle rocce metamorfiche, le labbra come quelle di sua madre, grosse e chiuse come la notte mescolata con il giorno, le mani e i piedi grandi, i capelli folti e ricci, il peso della testa sulle spalle; e poi nacque con l’ittero, il sangue della madre e quello del padre in guerra dentro di lui, e quella battaglia non era finita prima che venisse al mondo; per giorni giacque in una culla sotto la luce abbagliante delle lampade fluorescenti e la signora Sweet gli restò accanto e lo allattò al seno e l’ottavo giorno venne dimesso e solo il sangue della madre gli era rimasto nelle vene. Ma la signora Sweet non pensava mai a questo nella sua vita quotidiana, solo quando si trovava nella stanzetta accanto alla cucina, né all’intollerabilità di tutti loro, il signor Sweet, la bellissima Persephone, il giovane Heracles, le loro esigenze, i loro bisogni, le loro richieste, e nessuno di loro la compativa; perché avrebbero dovuto? Lei sembrava procedere senza difficoltà, trovando magicamente i soldi per comprare computer abbastanza potenti da utilizzare software che arrangiavano e copiavano complicate composizioni musicali, o costruendo una graziosa casetta nei boschi dove il signor Sweet poteva sfuggire al fastidio dei figli e alla presenza di quella donna che era sicuramente arrivata con una nave delle banane o con qualche altra imbarcazione del genere, perché nessuno sapeva di preciso come fosse arrivata; aveva una storia che cominciava con sua madre che la odiava e la mandava via per guadagnare soldi e mantenere la famiglia, e non aveva un padre, nessuno l’aveva rivendicata, l’avevano semplicemente mandata via su un’imbarcazione che andava avanti e indietro, trasportando carichi, a volte umani, a volte di natura non umana ma commerciale, ed eccola lì, quella donna che era la madre dei suoi figli, una donna di un posto lontano, un posto che il signor Sweet non avrebbe mai potuto visitare, perché il signor Sweet non attraversava neanche la strada se sapeva che la sua ombra lo avrebbe accompagnato.

Ma adesso la signora Sweet era tutta intenta ad ascoltare il suo dolce figlio, la sua voce come uno strumento che solo un bambino sapeva o voleva suonare, un bambino che sapeva radunare un esercito di timidi Mirmidoni, battaglioni armati di arco e spada e lancia, tutti generati dall’incarto di uno Happy Meal di McDonald’s, detto anche Mickey D’s o il Segno degli Archi Dorati, come diceva Heracles se gli andava; c’erano stati molti Happy Meal e così c’erano molti timidi Mirmidoni. Le disse, il giovane Heracles, con quella voce che solo sua madre poteva sentire, una voce così gradita alle sue orecchie: be’, mio padre è un totale coglione, non sa niente, detesta lanciare palle e non vuole portarmi alla Basketball Hall of Fame di Springfield, nel Massachusetts, e io non so neanche dov’è, e non vuole portarmi alla Baseball Hall of Fame di Cooperstown e quella so più o meno dov’è, e sai cos’è successo poco fa, lui è entrato e io so che è stato con quelle ragazze, quelle studentesse molto carine che gli dicono, oh, signor Sweet, Pierrot lunaire e Lulu e non so che altro ma qualcos’altro c’è e lui entra in casa dopo tutto questo e mi dice: giovane Heracles, dov’è la mia bella moglie, come se io non mi fossi accorto che continuava a sistemarsi i pantaloni di velluto a coste che la mamma gli aveva comprato allo spaccio Brooks Brothers a Manchester, gran bei pantaloni, fra l’altro, ma troppo lunghi per lui, e dopo che la mamma glieli ha fatti accorciare sembrava un tappo con i pantaloni di un altro, ma quello era papà, il mio papà, sembrava un altro e ho capito che il mio papà era qualcun altro e volevo solo che fosse qualcun altro, ma quando mi ha chiesto se avevo visto la sua bella moglie, io gli ho risposto no, ma se cerchi la mamma la trovi in giardino. E lo sapevo che avrebbe riso: la mamma non è bella perché è mia madre; la mamma non è bella perché è sua moglie; e io sapevo che avrebbe riso perché era una cosa spiritosa da dire, lo sapevo e sapevo che mentre rideva non si sarebbe accorto che io sapevo che stava facendo qualcosa e allora non sapevo che cosa, non potevo dire, ehi papà, ecco cosa stai facendo, tu mi odi, odi tua moglie, non la trovi bella, odi questa casa in cui viviamo, odi il giardino, odi il fatto che la mamma farebbe qualunque cosa: grandi imprese come costruire un enorme muro intorno alla casa con pietre fatte portare a pagamento con un camion da una cava a molti chilometri da qui, a Goshen, nel Massachusetts, e poco dopo a cena c’è stata una grande lite su come pagarle e la mamma ha detto, ma le pietre sono di micascisto formatosi quattrocento milioni di anni fa nel Basso Devoniano e questa roccia metamorfica, che adesso ha sfumature color ruggine, oro, blu, nero e grigio e che circonderà la casa facendola sembrare galleggiante, è il prodotto di sedimenti sabbiosi sul fondo di un mare antico, e papà non ha detto altro, ha continuato a mangiare, e la mamma aveva fatto il vitello tonnato e il riso italiano con basilico e mozzarella e un’insalata, e papà odiava la mamma, che allora stava ingrassando e mi aveva insegnato a prepararle il martini e alla fine della giornata si sedeva in giardino, in mezzo a tutti quei fiori che le avevano regalato Wayne e Joe, fiori che erano bellissimi nel loro giardino ma che stavano malissimo nel giardino della mamma, crescevano dappertutto come erbacce, come se non avessero ricevuto istruzioni su come crescere in un posto diverso da Readsboro, nel Vermont, e papà era felice di vederle le sue delusioni e anch’io, soprattutto io, perché volevo che lei fosse la mamma e non volevo andare alla Clearbrook Farm per comprarle sei pacchetti di semi di celosia per la festa della mamma, poco dopo che papà l’aveva piantata perché si era disperatamente innamorato di una donna più giovane di lei, una donna che gli faceva capire il suo vero, autentico sé.

Ma forse la mamma è uno sbaglio, e se lo è cosa devo fare di lei, cancellarla come quando sono a scuola e scrivo male le lettere? La mamma è un errore e posso correggerla? La mamma è una sciagura come quando il vento soffia troppo forte, o quando cade troppa pioggia, o quando la pioggia non cade per anni e anni? La mamma è una sciagura? Dio santo, e quella era la voce della signora Sweet che squarciava l’aria, se era possibile una cosa del genere, mentre schizzava sul prato appena falciato dal signor Pembroke o da un suo dipendente tendendo le braccia già insolitamente lunghe come se fosse uno dei Transformers, i giocattoli che non facevano ancora parte della vita quotidiana del giovane Heracles, e toglieva il figlio dalla traiettoria del veicolo lanciato a tutta velocità, una Nissan sportiva rossa guidata da un ragazzo, uno studente del terzo anno alla Mount Anthony Union High School, membro di una squadra sportiva che apprezza molto la velocità nella corsa, un ragazzo la cui madre lavorava in una fabbrica non lontana dove un tessuto ricavato da barili di petrolio veniva cucito per essere usato come vestito o per sedercisi sopra o per contenere alimenti che mentre vengono mangiati fanno pensare alla parola fresco, ma di fresco hanno solo la parola fresco, e fu in quel momento che il giovane Heracles venne tolto dalla soglia della morte, e sua madre, l’incantevole e disprezzatissima signora Sweet, che di tanto in tanto poteva essere spregevole e semplicemente perfida, lo strinse a sé e augurò al ragazzo al volante una morte orrenda, e in seguito quando morì davvero e non a causa di quella veloce macchina sportiva in fibra di vetro ma per via di un’inattesa rottura di un’arteria in qualche punto della testa, la cara signora Sweet pianse per sua madre, non per il ragazzo ma per sua madre.

E le lacrime che pianse allora erano così tante, così tante, così tante, che potevano essere l’inizio di un mare che un giorno sarebbe diventato antico, ma che allora, proprio adesso, vennero assorbite dalla pettorina della salopette acquistata da Gap o dal catalogo Smith & Hawken, dipende, e le lacrime che diedero inizio al mare che un giorno sarebbe diventato antico rimasero semplici lacrime, e la signora Sweet si strinse al petto il giovane Heracles e si rallegrò di aver evitato proprio allora la presenza del dolore e la prossimità del dolore, e di aver evitato di conoscere da vicino quella spaventosa entità, quel mondo: il dolore; e le lacrime che pianse allora e adesso, l’Adesso che è costante e immutabile e incline a mettere in ridicolo tutto ciò che esige di essere amato in permanenza, l’Allora che somiglia alla superficie della terra con la crosta apparentemente fissa e stabile per coloro che ne hanno bisogno, quelle lacrime vennero assorbite dal suo indumento materno e finirono anche nel grande mondo dell’acqua e di tutto ciò che ne subisce gli effetti.

Tuttavia ecco il giovane Heracles, salvato dall’essere ucciso dal ragazzo che non ascoltava sua madre quando lo avvertiva dei pericoli del mondo, che sarebbe morto a diciannove anni comunque, anche se avesse ascoltato sua madre, per via di un’imprevista disfunzione dell’organismo; e quella madre amava quel ragazzo e sarebbe entrata nel corpo di suo figlio per ripararlo e donargli una lunga vita, una vita che continuasse dopo la fine della sua, perché lei riusciva a vedersi assente dal mondo del figlio ma non riusciva a immaginare lui assente dal suo, adesso o allora. La signora Sweet vedeva tutto questo, ferma davanti a un’aiuola d’insalata che stava per andare a seme, e Shep, che ogni tanto l’aiutava a spostare gli alberi adulti da un posto all’altro, le stava parlando, e mentre guardava il movimento delle sue labbra la signora Sweet sentiva solo la propria voce dire: dove sono gli Oberley? Perché Shep, quest’anno, ha uno spettacolare raccolto di fagioli che dobbiamo assaggiare tutti; Gordon ha fatto un letto di torrente asciutto per Ann; Dan e Robert, due amici della signora Sweet che vivono a Heronswood, nello Stato di Washington, le hanno mandato una partita dei loro ellebori bianchi a doppia fioritura; e allora, solo allora, sentì le parole che facevano muovere le labbra di Shep: a proposito, è stata vostra l’idea di parcheggiare la macchina nel boschetto di pini bianchi che è vicino all’entrata del laghetto, e proprio allora la soglia della vita della signora Sweet scomparve perché vide la sua Kuniklos, una macchina vecchiotta fabbricata in Germania, un paese che aveva violato il patto umano in una maniera che non si poteva discutere nell’intimità di una cucina e neppure nell’atmosfera indifferente di un ristorante, e la macchina si era fermata nel boschetto di pini bianchi, un boschetto che non era stato tagliato perché la sua presenza nel paesaggio di un vasto campo era gradevole alla vista del proprietario del campo, e i proprietari erano Gordon e Ann. Il giovane Heracles era ben legato al seggiolino, e il seggiolino era saldamente fissato al centro del sedile posteriore, tutte precauzioni consigliate dalle autorità incaricate della prevenzione di un certo tipo di dolore e disperazione; lui però si era slegato dal seggiolino e aveva raggiunto il posto di guida, aveva girato la chiave dell’accensione ma non aveva mai visto come si usano i piedi, e così la macchina era andata avanti con un sussulto e un altro sussulto e un altro sussulto e si era fermata nel boschetto di pini, anziché rompere la superficie di quel bel laghetto e inabissarsi sul fondo putrido, perché il fondo è sempre putrido. E quando il coltivatore di fagioli, Shep, pronunciò quelle parole, è stata vostra l’idea di parcheggiare la macchina vicino al laghetto, il signor e la signora Sweet, il padre e la madre del giovane Heracles, intuirono l’accaduto, ogni movimento, e pensarono a lui, lo intuirono mentre accadeva, lo intuirono prima che accadesse, ma non intuirono la fine, e saltarono fuori da se stessi e corsero verso di lui, non sapendo se lo avrebbero trovato vivo o morto, ma lo trovarono in macchina ed era vivo, stava cercando invano di aprire le portiere per partire verso nuove avventure, come pulire le mitiche stalle di Augia, uccidere il leone di Nemea e usarne la pelle come mantello, uno scontro con il cinghiale di Erimanto, anche se non ancora e forse mai quel poliziotto della città di Boston che fa risalire la propria famiglia a certi irlandesi morti da un pezzo immagina che il giovane Heracles sia passato col rosso, e ormai, allora e adesso, il giovane Heracles era diventato un ragazzo nero, qualunque cosa significhi, e anche adesso non è chiaro cosa possa significare.

 

 

Oh adesso, oh allora, ma vedilo adesso, quello sarebbe il giovane Heracles, con la varicella che ha preso da sua sorella la bellissima Persephone e poi la madre la signora Sweet l’ha presa da entrambi e faceva fatica a respirare, perché aveva i polmoni coperti di vescicole anche se da fuori non si vedeva niente; e vedilo adesso insieme agli altri bambini in salopette a righine e dolcevita bianco con la scritta OshKosh ricamata sopra, in maniera così discreta da non essere discreta affatto, con in mano un martello giocattolo, o una versione giocattolo di qualsiasi attrezzo utile per un falegname o un idraulico o un agricoltore, una versione giocattolo di tale individuo, perché né il signor o la signora Sweet né alcuno degli altri genitori immaginava che nella vita reale quei bambini sarebbero diventati falegnami, idraulici o agricoltori, ma cosa sarebbero diventati era una domanda che non veniva mai fatta allora e così non può avere risposta adesso; e i bambini, cioè il giovane Heracles e la bellissima Persephone, allora amavano davvero la madre e sentivano terribilmente la sua mancanza quando usciva di casa per fare una cosa che trovavano incomprensibile, leggere ad alta voce quelle parole che aveva messo per iscritto mentre stava in quell’orribile stanza di fianco alla cucina, la stanza a cui loro non avevano accesso, nemmeno se ci fossero andati in barca o in aereo o in macchina o a piedi, non potevano assolutamente raggiungerla quando era in quella stanza di fianco alla cucina, e quanto la amavano allora, ma lei era separata da loro e viveva solo nel mondo di quelle frasi: «Ho la valigia più pratica di New York, ho la macchina piccola più pratica di New York» e «Mia madre è morta nel momento in cui nascevo, e così per tutta la mia vita non c’è mai stato nulla fra me e l’eternità; alle mie spalle soffiava sempre un vento nero e desolato» e «C’è un luogo nella vita del giardiniere che non si trova affatto nel giardino». Oh, mamma, mamma, dove sei, gridavano il giovane Heracles e la bellissima Persephone, per niente all’unisono, perché la madre era irraggiungibile per entrambi però mai nello stesso momento, e in particolare ne sentiva la mancanza il giovane Heracles, e l’aveva sempre sentita perché anche quando era piccolo e lei lo allattava non era affatto con lui, e lui la guardava in faccia e poi negli occhi e lei guardava giù ma era come se vedesse la fotografia di un bambino allattato al seno dalla madre e allora lui le affondava i dentini nel seno ma trovava solo carne, il latte stava diminuendo, lei voleva così, e la pelle del seno sembrava un copertone ma lui allora non aveva idea di cosa fosse un copertone, e quando la mordeva lei si irritava sempre di più per la sua presenza, per il solo fatto di essere comparso nella sua vita, aveva dimenticato che era il suo amatissimo e unico figlio maschio, perché allora era solo un animale che le mordeva il seno, come un serpente o qualche altro piccolo invertebrato che simboleggiasse il grande declino dell’umanità, e lei avrebbe tanto voluto che non le facesse così male, e lui avrebbe tanto voluto che sua madre lo guardasse mentre lo allattava; oh, mamma, mamma, dove sei? chiedevano i figli della cara signora Sweet e glielo chiedevano come se lei non avesse mai avuto bisogno della stessa cosa, una mamma! Una madre!

Ma il giovane Heracles guarì da tutte le malattie infantili che avrebbero potuto uccidere sua madre quand’era una bambina in quella propizia entità bananifera dove era cresciuta ma alla quale, senza alcun motivo noto, era sopravvissuta, e questo fatto, la sua sopravvivenza, poteva venire usato, come spesso accadeva, come un insulto, era sopravvissuta alle malattie tropicali e adesso viveva in un clima che conosceva quella vulnerabilità solo tramite la vera letteratura che le piacerebbe scrivere, povera donna, diceva fra sé suo marito! E tutto questo bisognerebbe metterlo da parte, perché era allora, anche se è adesso, e il giovane Heracles stava faticosamente superando il periodo in cui gli era stata prescritta una medicina che gli aveva riempito il corpo di bitorzoli grossi come il pugno di un neonato, e il medico disse alla signora Sweet che una cosa del genere succedeva a una persona su un milione, e la signora Sweet rimase così attonita che portò il giovane Heracles a Key West, in Florida, dove lui conobbe un uomo che aveva scritto cinque libri e in ciascuno di essi mancava una vocale.

Ma il giovane Heracles crebbe e diventò sempre più forte, non subito sapiente perché a volte si diceva che soffrisse di scarsa capacità di concentrazione e a volte si diceva che non riuscisse a capire i vari modi in cui il mondo conosciuto gli veniva presentato e a volte si diceva che soffrisse di malumori improvvisi, ma causava sofferenze solo ai timidi Mirmidoni, schierati e pronti a unirsi a lui nella battaglia contro le Tartarughe Ninja, e Heracles si metteva al comando di una o dell’altra orda di guerrieri e chi avrebbe vinto dipendeva sempre dalla sua preferenza di quel momento, proprio allora, proprio adesso. E allora le sue braccia e i suoi piedi divennero retrattili, ma la sua cara madre lo scoprì solo un giorno che seminava un campo con semi di Asclepias acquistati da un misterioso uomo dei semi di nome Hudson che abitava a Los Angeles, e intanto si chiedeva come curare il suo dolce figlio, vide le sue braccia allungarsi, su, su nell’aria limpida, sotto il cielo azzurro e attraverso le nuvole bianche e le sue dita fermarsi su quella zona brulla, una rupe liscia, che era una caratteristica della montagna di nome Bald, e staccare piccoli pezzi dalla rupe e posarli ai propri piedi e poi lanciarli da un capo all’altro del giardino, come se fossero palle da golf comprate all’ingrosso in un negozio nei dintorni. Quella zona brulla sulla montagna si trovava a molti chilometri da lì, e mentre allungava il braccio il giovane Heracles fischiò dolcemente e diverse specie di passeri ci si posarono sopra, e la signora Sweet lo sentì chiamare piano: Spizella pusilla, Pooecetes gramineus, Passerculus sandwichensis, Ammodramus savannarum, Melospiza lincolnii, e poi cantare una serie di melodie identiche a quelle degli uccelli, e la signora Sweet si meravigliò, perché era risaputo che il suo povero bambino era stonato e la sua insegnante di piano gli aveva chiesto di non frequentare più le lezioni, perché oltre a essere una presenza molesta non aveva per niente orecchio, cioè non era capace di imitare e riprodurre il si bemolle; e sua madre, che sarebbe la cara signora Sweet, gli disse, come ci riesci, come fai a conoscere le loro canzoni?, e suo figlio rispose, le conosco perché gliele ho insegnate io, sanno cantare solo perché gli ho spiegato io come si fa, mamma, gliel’ho spiegato io. E cos’altro sai fare, disse, non domandò, cos’altro sai fare, disse, e il giovane Heracles rispose: so uccidere un leone e con la sua pelle fare una giacca da mettere quando vado a sciare, e so uccidere il mostro di Lerna dalle molte teste che può ucciderti se lo vedi in sogno, e so uccidere un cinghiale, e so uccidere gli uccelli di Stinfalo, tutti quanti, perché non ho paura di loro, e so pulire le stalle di Augia, e so catturare il toro di Creta, ma non so impedire a papà di volermi uccidere, lui è fatto così. Non posso impedire a me stesso di ucciderlo, io lo ucciderò e lui non lo saprà mai perché non posso farglielo sapere, sarebbe una grossa delusione, è già molto deluso, la sua delusione sarebbe totale e io gli voglio tanto bene per cui non voglio che se ne accorga, però lo ucciderò, deve morire, tutti dobbiamo morire, giusto mamma, giusto, mamma? Oh, mamma, mamma, disse il giovane Heracles, ora ti metterai a piangere e mi ricorderai di quando papà restava sveglio con me a vedere Michael Jordan che giocava nel campionato con l’influenza, e quando faceva canestro rischiava di cadere ma Scottie Pippen accorreva per tenerlo in piedi, farai così, mamma, dirai, oh, il gioco di Scottie e Dennis era così omerico, e Malone era un tale Ettore e Stockton un vero Paride: oh, era tutto così omerico, e continuerai a ripeterlo finché non mi verrà voglia di scaraventarti fuori bordo anche se non siamo in mezzo al mare, ma solo nella casa dove è vissuta Shirley Jackson.

Oh, mamma, mamma, così disse il giovane Heracles, le parlava in quel modo, chiamandola due volte per nome, perché per lui il nome della signora Sweet era mamma: oh, mamma, mamma: e la signora Sweet diventò piccola come una palla, come una palla di qualche tipo che si incontra per caso sul ciglio della strada, e diventò piccola come una palla che si trova dentro un cesto, uno dei tanti, in un negozio pieno di cose che non c’entrano niente con le palle: oh, mamma, mamma, raccontami tutte le cose accadute ancor prima che tu nascessi, e poi rise, una risata d’oro, come se in sé definisse quel valore creato dall’uomo, come se il valore dell’oro fosse determinato dalla risata del giovane Heracles, e la signora Sweet si sedette, o qualcosa del genere, si bloccò in una posizione che non era in piedi, e guardò suo figlio con adorazione, così prezioso e saggio, perché a quel punto si rifiutava categoricamente di inghiottire le pastigliette bianche di Adderall; oh, mamma, mamma, raccontami la storia del matrimonio stasera quando mi addormento nel letto che ti hanno regalato Cadmo e Armonia, il letto che risale a prima che Cadmo cambiasse nome ed era fantastico quando facevamo dolcetto o scherzetto e Cadmo si travestiva da donna ma adesso, proprio adesso, è davvero una donna ma allora era solo Cadmo ed era fantastico e veniva nella casa di Shirley Jackson a bere rum insieme a te; oh, mamma, mamma, raccontami la storia del matrimonio.

E la signora Sweet gli disse, no, no, ed era turbata perché non gli aveva mai raccontato la storia del signor Sweet e di quando si erano incontrati al diciassettesimo piano di un palazzo la settimana prima di Natale quando lei aveva ventisette anni, e lei da bambina aveva sempre odiato il Natale, perché era cresciuta in un posto non troppo lontano dall’equatore e il Natale è una festa meglio compresa e apprezzata da chi vive molto più a nord dell’equatore, e quanto la sorprendeva scoprire che quell’idea, il Natale, così speciale nella sua immaginazione di bambina, fosse allora e adesso così piena di ansia: distacchi e chiusure e ancora distacchi, e regali di oggetti e baci e poi silenzi, grandi silenzi, e cibo mangiato ma senza chiasso, niente, come se il Natale fosse una morte, un lutto, un funerale, e poi tutti a letto. E allora trenta giorni dopo ci siamo rivisti e non ce lo ricordavamo neanche, perché abbiamo dormito nello stesso letto e siamo andati a vedere Twyla Tharp e le prove di un’orchestra che stava perfezionando le Variazioni Goldberg e quella sera le avrebbe eseguite davanti al pubblico; è stato allora che ho capito la Lunga Pioggia, un periodo della mia vita in cui ero una bambina e tutti gli avvenimenti sembravano senza fine e anche senza inizio ma sicuramente senza fine, perché succedevano solo adesso, ed è solo adesso parlando di loro che diventano Allora, come se il passato diventasse passato solo quando lo rendi Adesso; e la mia fretta di appartenere a qualcuno che conoscesse il mondo in modi a me sconosciuti, l’essere e il non essere, ecco cosa mi ha spinto a sposare tuo padre. Oh, dolce tesoro, carissimo giovane Heracles, ma allora non potevo invocarti, posso solo adesso perché allora avevo bisogno di te ma adesso meno, adesso mai, sempre solo allora, disse la cara signora Sweet, leggendo al giovane Heracles un capitolo di un libro intitolato Vedi allora adesso, contro ogni buonsenso, cioè, senza volerlo davvero. E andò avanti, perché non riusciva a fermarsi, quel libro la costringeva a continuare, gli occhi incollati al testo, la lingua parte delle pagine, la mente che rendeva possibile la presenza fisica del libro proprio mentre lo teneva in mano: a quei tempi tuo padre, il signor Sweet, era un’ottima persona, non quest’uomo brizzolato, ingrigito, impotente che vedi adesso mentre avanza furtivo nei i boschi spaventato da tutto, e apprezza solo gli alberi uccisi dal temporale; a quei tempi lo spaventavano solo le strade di Lower Manhattan al mattino presto o la sera tardi, perché a quei tempi in quelle strade non c’era nessuno, vivevano tutti altrove, in quelle strade ci si andava solo per lavorare e poi si tornava a casa; ma noi vivevamo nei posti dove la gente lavorava soltanto e tuo padre mi odiava perché lo facevo vivere lì però non sapeva ancora di odiarmi, non sapeva che quello che provava per me non era amore, ma era odio; e io lo amavo, perché conosceva così a fondo Beethoven e Bach e Šostakovič e Stravinskij e Schönberg e Alban Berg... ma non eravamo ancora sposati, non eravamo il signor e la signora Sweet allora, lo siamo diventati solo quando siete nati tu, il giovane Heracles, e la bellissima Persephone, prima non eravamo niente, eravamo solo la possibilità del signor e della signora Sweet, senza la nascita del giovane Heracles e della bellissima Persephone non saremmo diventati il signor e la signora Sweet. Oh Adesso, oh Allora, ma anche prima di allora eravamo diventati il signor e la signora Sweet perché io vivevo negli Stati Uniti d’America senza i documenti necessari e avrei potuto essere rispedita nell’isoletta da cui ero venuta, un’isola così piccola che adesso la storia la ricorda solo come una nota in calce ad avvenimenti più grandi, e anche quegli avvenimenti più grandi sono adesso note in calce, e prima che tuo padre mi sposasse ero passibile di deportazione, disse George a Sandy, sai uno di noi dovrà sposare Jamaica, e tutto andò avanti così finché tuo padre mi sposò e Veronica non partecipò alla cerimonia e Sheila ci lanciò il riso che aveva comprato in un supermercato di Broadway, e tua zia si dimenticò di spegnere il fornello sotto la caffettiera e dovette lasciare la cerimonia e tornare a casa a spegnere il fornello perché la casa in cui vivevano poteva andare a fuoco e tuo nonno non poteva prendere l’ascensore e il giudice fu gentilissimo e scese dal suo ufficio per celebrare il matrimonio e allora tuo padre e tua madre diventarono marito e moglie e a tua madre non toccò essere rimpatriata con la forza nell’entità bananifera depressa da cui era venuta, così pensava il signor Sweet ma lo tenne per sé, e tuo padre e tua madre, ai quali voi, giovane Heracles e bellissima Persephone, eravate sconosciuti come se foste nulla e poi ancora nulla, neppure degni di una maiuscola, nulla, prendi fiato, fai una pausa qui, disse la signora Sweet, e prese il libro con una mano e pensò di appoggiarselo sulle ginocchia, ma non lo fece.

Oh, mamma, mamma, non disse il giovane Heracles, perché aveva gli occhi chiusi, perché non dormiva, perché non era sveglio, perché stava solo ascoltando sua madre che gli leggeva un libro per farlo addormentare, e questo succedeva molto tempo dopo Buonanotte luna e Peter Pan e James e la pesca gigante e Harold e la matita viola, molto, molto tempo dopo tutto questo e tutti quei libri erano depositati solo nella memoria della signora Sweet perché a quei tempi i bambini erano suoi prigionieri e potevano essere consolati solo da lei che parlava e parlava con la sua inimitabile voce monotona, come un’annunciatrice sulle frequenze della BBC che si captavano nelle Indie Occidentali Britanniche.