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Fu nel cuore di quella notte, nel cuore profondo di quella notte, quindici minuti dopo lo scoccare del nuovo giorno, che nacque la bellissima Persephone. E la sua nascita, il suo arrivo in quel mondo della stanza d’ospedale, con grandi lampade abbaglianti e un sacco di urla di persone che ordinavano alla signora Sweet di spingere e spingere la bambina fuori dal grembo, quel momento, quell’adesso dell’arrivo nel mondo della bellissima Persephone fece sparire tutti i mesi precedenti a quando era diventata la neonata che piangeva mentre usciva dal ventre della madre, quella volta che il dottor Fuchs esaminò l’utero della signora Sweet e trovò un fibroma, rotondo come un frutto, con un gambo robusto che lo ancorava a quell’organo molle a forma di pera, e dopo che lo ebbe asportato pesava quasi mezzo chilo e questo succedeva prima che la signora Sweet si dedicasse a sua volta al giardinaggio e così non capì allora, come adesso, non capì proprio niente, non che la cosa che le cresceva nell’utero era profetica o una metafora. Ma in quel momento proprio allora, proprio adesso, prima che nascesse Persephone, e prima di allora, prima ancora che fosse concepita, il dottor Fuchs le asportò un’escrescenza grande come un pomodoro maturo tipo «Prudence Purple», e il dottor Fuchs portava gli zoccoli sanitari e girava per il reparto maternità del New York Hospital come se fosse lì solo per far quello, e disse alla signora Sweet, che non lo era ancora perché lo sarebbe diventata solo quando avesse posseduto i suoi figli, che sarebbe rimasta incinta, e ben presto, tre mesi dopo, la signora Sweet si sentì male e pensò di avere un insolito attacco d’ansia e così prese tante dosi di medicine per far passare la nausea e le palpitazioni che non venivano dal suo cuore nel petto e poi un giorno, era aprile, nel bel mezzo di una nevicata tardiva a Londonderry, nel Vermont, la donna che era sposata con un uomo, anche lui medico, che la signora Sweet trovava ridicolo perché aveva un paio di baffi assurdi e si vestiva di tweed e sembrava un personaggio di un tascabile Penguin pubblicato in Inghilterra negli anni Cinquanta, e fu sua moglie a dire alla signora Sweet che non soffriva di ansia o di un disturbo stagionale, le disse che era incinta, e allora la signora Sweet guidò sulle strade non spazzate, sbandando e slittando, evitando il laghetto all’altezza della brusca curva prima del ponte ed entrò nell’appartamento in affitto sopra il garage della casa di Jill e telefonò al signor Sweet e disse, sono incinta, e allora la signora Sweet non si oppose a quella svolta inattesa nella sua vita, però era spaventata perché vomitava continuamente, e poi quando smetteva le veniva ancora da vomitare continuamente e quella sensazione non se ne andò finché non nacque la bellissima Persephone; e la signora Sweet aveva voglia di pompelmo e poi subito dopo averlo mangiato vomitava e tuttavia non riusciva a resistere alla voglia, e non avrebbe vomitato se non se la fosse tolta, ma in quelle circostanze è impossibile resistere; e vide un film su certe creature chiamate gremlins e poi vomitò, un sacco di vomito sparso sul pavimento dell’appartamentino in cui viveva, un appartamento costruito per un ragazzo che era così ben sistemato nella vita e così inadatto a essere ben sistemato nella vita che si era arruolato nell’esercito, e mentre viaggiava su una jeep militare aveva subìto una catastrofe ed era rimasto paralizzato dal collo in giù, e la madre di quel ragazzo gli aveva costruito una casa a misura della sua nuova fragilità; e fu lì che la signora Sweet portò in grembo la bellissima Persephone, che era perfetta.

 

 

Allora, anche se era Adesso, Allora era Adesso: la signora Sweet era sdraiata su un lettino in una stanza e il dottor Fuchs, un uomo che forse ha inventato il test dell’amniocentesi e forse no, teneva in mano uno strumento a forma di bacchetta magica e glielo passava avanti e indietro sul ventre con un’allegria infantile (così pensò la signora Sweet allora e adesso) e un’intensità infantile, come per sfidare tutti i suoi anni di studio ed esperienza, come per nascondere un bisogno profondo di ripetere, di tanto in tanto, azioni prive di un senso evidente eppure misteriosamente significative; e mentre faceva questo, mentre le passava avanti e indietro sul ventre lo strumento a forma di bacchetta magica, vedeva sullo schermo la bellissima Persephone (allora non ancora bellissima, non ancora Persephone), una massa circoscritta di filamenti e membrane e sostanza gelatinosa che si muoveva incessantemente, si muoveva senza sosta, in una grande quantità d’acqua che il dottor Fuchs sapeva essere liquido amniotico; vedeva le mani di Persephone, già grandi, le dita lunghe che si assottigliavano fino a scomparire nell’ignoto, le gambe corte, la testa di grandezza normale e calva, il busto di grandezza normale. E poi affondò un grosso ago nella pancia leggermente gonfia della signora Sweet e prelevò un po’ di liquido amniotico, contento che l’intera procedura non mettesse affatto in pericolo la bellissima Persephone. Allora anche il signor Sweet, che aveva accompagnato la signora Sweet in quella stanza dove se ne stava sdraiata sul lettino, vide sullo schermo l’immagine della bellissima Persephone, non subito, solo dopo un po’, solo dopo che i suoi occhi si furono abituati al buio e al colore del liquido in cui la bellissima Persephone (anche se allora non bellissima e non ancora Persephone) esisteva. E immediatamente, appena la vide, il signor Sweet amò sua figlia, che perciò diventò bella e nuova, e la sua novità non era ancora originale, unica, la giovane Persephone era come una stagione, la primavera – per esempio – e specialmente la primavera! Il caro signor Sweet, vedendo i resti (perché siamo tutti fatti di resti), che allora erano tutto ciò che esisteva della bellissima Persephone, galleggiare serenamente nel liquido amniotico contenuto in una sacca che si trovava nel grembo della signora Sweet, subito concepì una sinfonia di suoni ispirati dalla sua apparizione, per evocare il semplice fatto del rinnovamento e per rendergli omaggio, che si trattasse delle stagioni, della primavera in particolare, o del ciclo vitale di un anfibio, o della pelle che copriva il suo essere: c’era un ciclo di vita intensa e poi un declino verso la morte per un po’ e poi di nuovo una vita intensa e gioiosa. La bellissima Persephone, nell’utero, catapultò il signor Sweet nel ciclo della vita gioiosa, come se la vita gioiosa potesse durare per sempre. Il signor Sweet vide immediatamente, così disse e anche pensò, che le sue dita, lunghe e forti, erano perfette per suonare la lira e già – Allora, Adesso – sentiva le sue interpretazioni delle variazioni di questo e quello; le sue interpretazioni, alla lira, di concerti, quartetti, quintetti, suite e tutto il resto. E poi il signor Sweet temette che la bellissima cosa che galleggiava nel grembo della signora Sweet nascesse troppo presto, prima di aver trascorso i consueti nove mesi nell’utero, e che il suo cervello non si sviluppasse completamente e quelle dita non raggiungessero la lunghezza necessaria per suonare la lira come si deve e il suo tratto digestivo non funzionasse come si deve, e la signora Sweet venne messa a letto e cominciò a cantare – a se stessa e anche alla bellissima Persephone, che non era ancora bellissima e non era neppure Persephone – canzoni che conosceva dall’infanzia: «Two pence ha’penny woman, lie dun on the Bristol, de Bristol e’ go go bum-bum, an e’ knock out she big fat pum-pum!». E la bellissima Persephone – che dopo un po’ stava davvero diventando bellissima e per giunta Persephone – crebbe e crebbe fino a diventare perfetta nel grembo della madre e poi un giorno, in autunno, nacque.

Chiamalo Adesso, quell’allora:

 

 

Al tempo in cui nacque Persephone, tre anni e nove mesi prima della nascita del giovane Heracles, il signor e la signora Sweet vivevano nella casa del fruttivendolo, proprio sopra lo Holland Tunnel, e quella casa, costruita a metà dell’Ottocento, era ormai priva di ogni attrattiva: non aveva impianto idraulico né vere pareti, era stata sventrata e bisognava farci delle riparazioni, e ottenere i permessi per allacciare l’acqua, il gas e la luce, e disinfestarla perché ci vivevano almeno quarantacinque topi. Poi la signora Sweet diventò grossa, così grossa che il signor Sweet, scherzando, per tirarla su di morale, visto che era disperata perché si vedeva allo specchio come una mongolfiera, cominciò a chiamarla Charles Laughton, riferendosi all’attore che un tempo era stato sposato con l’attrice Elsa Lanchester, ma allora lui (il signor Sweet) non pensava all’attore o all’attrice, non pensava alla persona e all’interpretazione, ma in realtà, nel cuore e nella mente, stava pensando: mia moglie è incinta, dentro di lei c’è una futura persona e io non voglio conoscerla, non voglio che diventi una parte di me, non sono capace di una tale intimità, un neonato, un bambino, una persona, come far sparire tutto questo, come rimanere me stesso (e con questo intendeva il signor Sweet) se questo essere deve venire alla luce; e il signor Sweet pensò: come sono felice di essere il padre di questa bellissima bambina, che suonerà duetti con me, perché le scriverò musica da suonare al pianoforte, musica per quattro mani, e li chiamerò Notturni per Persephone, li chiamerò tutti Notturni per Persephone. L’amerò tantissimo e la terrò sempre vicino al cuore. Il signor Sweet sorrise alla moglie, che era in continuo stato di vomito, e vomitava tutto il contenuto dello stomaco, ancora e ancora e a volte le sembrava di aver vomitato anche lo stomaco.

Invece non vomitò anche lo stomaco e alla fine la bellissima Persephone crebbe e un giorno nacque. Persephone era bellissima, senza dubbio: il suo viso, in ogni parte, sotto ogni aspetto, era perfettamente proporzionato al resto: gli occhi erano identici per forma e dimensioni e posizionati ai due lati della radice del naso, delicato come un petalo; la bocca come la luna appena nata, prima che raggiunga pienamente il primo quarto; le orecchie come la conchiglia che proteggeva un boccone prelibato vissuto nelle viscere del mare e poi morto sulla spiaggia; era bellissima, pensarono sua madre e suo padre, e allora non immaginavano che tutte le madri e i padri di ogni luogo, vedendo il loro primo figlio, si dicessero: l’amore è bello, la bellezza è perfetta e giusta. Mentre usciva dal grembo della signora Sweet, Persephone era, allora e adesso, bellissima, e vedendola coperta di vernice caseosa la signora Sweet cominciò a tremare violentemente, voleva scappare lontano, molto lontano, ma non poteva, perché il dottor Fuchs le mise la bellissima Persephone tra le braccia ed era tanto soddisfatto perché immaginava di aver reso molto felici tre persone: la madre e il padre e la neonata. La signora Sweet, in preda al tremito, il corpo squassato come se stesse per andare all’altro mondo, si aggrappò alla neonata come se fosse l’ancora di salvezza della sua vita, e infatti lo era. E la signora Sweet, nello stato in cui era, aveva tanta paura che la bambina le cadesse sul pavimento della sala parto dell’ospedale dove era appena nata, e che la piccola Persephone, cadendo a terra, andasse in pezzi e si sparpagliasse dappertutto, un pezzo qua e un pezzo là; e appena prima che lei entrasse in uno stato di panico, di irragionevolezza, il signor Sweet le tolse la bambina dalle braccia e l’avvolse in una coperta fornita dall’ospedale e la portò nella nursery e la mise in una culla, dove si addormentò in mezzo a tanti altri bambini nati più o meno alla stessa ora. Naturalmente, la bellissima Persephone aveva aperto i polmoni piangendo appena uscita dal corpo della signora Sweet (avendo vissuto come parassita della signora Sweet mentre cresceva contenta nel grembo di quella cara donna) e poi era piombata in un sonno profondo e in quel sonno era diventata la bellissima Persephone, ancora e ancora e per sempre. La bellissima Persephone, perché ormai a quel punto lo era, aveva bisogno di nutrimento, certo, certo, perché non poteva esistere da sola cibandosi esclusivamente dell’aria che respirava, e la signora Sweet prese le sacche piene di latte che le giacevano indifferenti sul petto e le mise in bocca alla bellissima Persephone, che bevve e bevve, facendo rumori che equivalevano a: quartetti, suite, una monodia, un assolo, un duo, orchestrale, sinfonico, una combinazione di ogni suono immaginabile in armonia, gradita e gradevole per un ascoltatore di cose simili, ma spaventosa per chi sedeva vicino alla madre, e cioè per il signor Sweet.

La signora Sweet post-parto, vale a dire la mente e il corpo che allora formavano la signora Sweet, esisteva nel cerchio più indistinto di un inferno che nessuna Scrittura riconosceva. Il suo corpo, dalla testa ai piedi, si era gonfiato in un modo che a qualcuno piaceva: il signor Sweet continuava a chiamarla amorevolmente Charles Laughton, ma quando lei si guardava allo specchio (mentre si lavava i denti in bagno, per esempio), con i capelli sporchi e bisognosi di un ritocco, si vedeva simile a sua moglie, l’attrice Elsa Lanchester, in particolare nel ruolo della giovane sposa dell’eroe Frankenstein. E comunque, «gnam, gnam, gnam» erano i suoni che uscivano allora dalla bocca della bellissima Persephone mentre strapazzava i capezzoli della signora Sweet, divorando rumorosamente il latte che usciva a fiotti dai seni, e quell’afflusso di latte l’avrebbe annegata se la signora Sweet non fosse stata attenta. Alzando lo sguardo verso la faccia della madre, anch’essa perfettamente rotonda e bulbosa, la bellissima Persephone s’innamorò dell’intero essere materno, senza sapere che l’amore si accompagna all’odio e anche al disprezzo, che è una forma benigna di odio. In ogni caso, la bellissima Persephone amava molto sua madre, la dolce signora Sweet, la più dolce di tutte le signore Sweet mai esistite e la più dolce di tutte le signore Sweet future; i seni rotondi e pieni, la faccia rotonda e piena, tutta lucida e bruna, gli occhi del colore di due barili di melassa, il naso largo come quello di uno scoiattolo con le guance piene di castagne, o come quello di una mangusta con le guance piene di qualunque anfibio o mammifero più debole le fosse capitato a tiro; le labbra larghe e grosse come la corolla di un fiore dai grandi petali (l’ibisco); le orecchie grandi e morbide e insolite e straordinarie ma senza alcuna somiglianza con elementi del regno animale o vegetale. E così la bellissima Persephone finì per innamorarsi di sua madre, la dolce e buona signora Sweet, mentre beveva dalle sacche di latte che giacevano sul suo petto. E Persephone diventò bella e sempre più bella e poi ancora più bella.

 

 

Subito dopo la nascita di Persephone, il signor Sweet cominciò a tenerla nascosta; prima la portò a passeggio intorno all’isolato, infilandola dentro un marsupio progettato e realizzato da una donna che viveva in qualche luogo della California; poi la portò a passeggio in un parco, uno spazio desolato vicino alla West Side Highway, la sopraelevata, e poi fece una passeggiata in un certo posto, e alla fine la portò a fare una passeggiata e basta, solo una passeggiata, così ben presto la passeggiata divenne di per sé una destinazione. Dov’è Persephone? chiedeva la signora Sweet a se stessa e anche al signor Sweet, se riusciva a vederlo; da se stessa non otteneva risposta, perché lei non lo sapeva proprio cosa fosse successo alla bellissima Persephone, e quando si rivolgeva al signor Sweet lui si limitava a sorridere e a fare «Mmmmmmh!», e quel «Mmmmmmh!» mormorato fra sé, le prime battute di una sinfonia, una suite, un quartetto, un quintetto e così via, prevedibile come l’ordine naturale delle cose che appaiono nella sfera celeste in novembre o in dicembre, le stelle visibili in tutta la loro gloria, se ti metti nel giardino della casa di Shirley Jackson e alzi lo sguardo, in alto si vede la Galassia di Andromeda con dentro una luce vivida chiamata la Grande Nebulosa e ancora più vicino le Nubi di Magellano e la Fornace e il Drago e l’Orsa Minore, fra le altre cose visibili in alto; e anche Perseo e Cassiopea e Mirfak e Algol; tutto questo si può osservare dal prato davanti e oltre la casa di Shirley Jackson, ma quando nacque Persephone gli Sweet vivevano nella vecchia casa costruita proprio sopra lo Holland Tunnel, vicino a Canal Street.

La bellissima Persephone crebbe forte e grande, così grande che sembrava il coniglio illustrato subito prima di finire in pentola, per saziare la fame di una famigliola di nome McGregor;1 camminava, un passo avanti prima di cadere, due passi avanti, tenendosi ritta in equilibrio, e poi attraversava la cucina parlando contemporaneamente non da sola e non con qualcuno in particolare – il signor e la signora Sweet erano gli unici testimoni – ma solo gridando: «Magari vedo la luna, magari vedo la luna», anche se era pieno giorno e loro, tutti e tre, si trovavano in cucina dove c’erano poche finestre. E la signora Sweet non vedeva quasi mai Persephone, a parte quando la nutriva dalle sacche piene di latte che le crescevano sul petto, e poi quella volta che Persephone per la prima volta mangiò uno stufato di carne finemente tritata con le zucchine e il signor Sweet si arrabbiò perché la signora Sweet non aveva allevato la mucca e coltivato le verdure personalmente, ma aveva comprato la miscela in un barattolo al negozio e sul barattolo era stampata la parola «Beechnut». La bellissima Persephone cresceva e cresceva e cresceva, e crebbe tanto che sfuggì alla portata della madre, perché spesso la signora Sweet non riusciva a trovarla, anche quando era seduta davanti a lei alla distanza che c’è tra un bellissimo fiore e la mano che lo staccherà dal gambo su cui cresce in natura; la signora Sweet non riusciva a trovare sua figlia, quella bellissima bambina nata a mezzanotte e un quarto, poco dopo che la signora Sweet aveva fatto l’epidurale, quella bellissima bambina con gli occhi a forma dei pesci volanti che si vedono vicino alla costa delle Barbados. Così, addolorata, la signora Sweet si impose allora un grande silenzio, e dal silenzio ricavò un mondo, e quel mondo era fatto di silenzio: nessuna parola si poteva sentire se pronunciata; nessun cibo poteva avere sapore se mangiato; la puzzola, che non appartiene alla famiglia dei roditori, non era visibile al crepuscolo sulla strada in continua espansione quando venne investita da un’automobile, e il suo fetore schifoso, spesso indispensabile nei profumi creati per coprire il fetore schifoso del corpo umano, cadde dentro quel silenzio. Un grande silenzio: un silenzio così grande che non gli serviva la maiuscola! La signora Sweet, nel suo dolore, ingrassò e le venne un’aria debosciata, come a quell’attore Charles Laughton e anche a sua moglie, l’attrice Elsa Lanchester, diventò sempre più simile a loro, quelli reali o al cinema non aveva importanza, per lei o per chiunque osservasse la situazione. Allora la signora Sweet venne sopraffatta da un grande silenzio e pianse e pianse e poi pianse ancora un po’, dopodiché il suo mondo diventò di ghiaccio nero, perché il signor Sweet le aveva preso sua figlia e l’aveva messa nella tasca della giacca, quella che sua moglie aveva comprato allo spaccio Brooks Brothers a Manchester, non quella identica a una giacca del proprio padre comprata da J. Press in Madison Avenue, e la tenne lì dentro per molto tempo e per tutto quel tempo la signora Sweet non vide mai splendere il sole.

1. Il riferimento è alle storie illustrate di Beatrix Potter [N.d.T.].