Il pomeriggio seguente gli ospiti si ritrovarono sul prato perfettamente curato per giocare a croquet. Sam tirò per primo, e fu contento di avere terminato il suo turno prima degli altri perché così ebbe modo di restare al bordo del campo da gioco ad ammirare Gemma, che gli era vicina e gli dava le spalle, offrendo alla sua contemplazione il fondoschiena sodo e tondo fasciato dalla mussolina lilla dell'abito quando si chinava per allineare la mazza e tirare il colpo.
Fino a quel momento non si era mai reso conto di quanto potesse essere interessante il croquet.
«Chi è quella ragazza, Ellery?»
Sam aggrottò le sopracciglia, infastidito dall'interruzione che distoglieva la sua attenzione dallo spettacolo conturbante. Si era fermato di proposito all'ombra degli olmi che bordavano i due lati del prato, per non far notare la direzione del suo sguardo. Invece, per disdetta, l'aveva raggiunto Lord Asher Holt.
Il bruno nobiluomo era arrivato prima dell'alba direttamente da una casa di malaffare, almeno a giudicare dai suoi abiti stazzonati, dai capelli scompigliati e dal profumo femminile che gli era rimasto addosso. Ora, però, era rasato di fresco, indossava un'impeccabile giacca grigio tortora ben stirata, con il cravattone nero che richiamava la tinta degli occhi di onice lucente.
«Vedo che sei quasi in lutto» osservò Sam.
Holt fece una smorfia sarcastica. «Prima o poi mio padre morirà e io gli rendo omaggio prima del tempo, tutto qui. Dopo che sarà sottoterra, seppellirò tutti i cravattoni neri con lui e ne indosserò solo di bianchi, di un candore angelico, poi condurrò una vita degna di un santo.»
Sam fece una risatina e si scostò scherzosamente dall'amico, come per mettersi al riparo. «Avvertimi la prossima volta che intendi dire una bugia madornale. Non vorrei esserti troppo vicino quando la terra si aprirà e tu finirai all'inferno.»
Holt alzò gli occhi al cielo, con le mascelle strette e lo sguardo duro in un'espressione di sfida. «Il figlio di un uomo luciferino perde rapidamente la speranza di essere salvato dall'intervento divino» sentenziò. Riassunse subito la consueta aria annoiata e spostò lo sguardo verso i giocatori sparsi sul prato. «Comunque non hai risposto alla mia domanda. Chi è quella ragazza?»
Sam aveva sperato che non la notasse. «Ci sono tante fanciulle qui. Vicino alla prima porta c'è Miss Creighton, che cerca di nascondersi sotto quell'enorme cappello di paglia mentre Hollander Due la tampina, e sicuramente la sta stuzzicando per farle perdere la concentrazione in modo che sbagli il tiro.» Hollander Uno era impegnato a intrattenere le mature accompagnatrici delle debuttanti, dopo essere stato braccato da Lady Tillmanshire che voleva informarsi sull'entità del suo patrimonio. «A destra, dietro Miss Creighton, c'è Miss Stapleton in compagnia delle sue famose fossette sulle guance e di suo padre, che sembra prendere il gioco molto sul serio, considerato che ha appena strappato un ciuffo d'erba e l'ha tirato in aria per capire la direzione del vento.»
Holt ridacchiò guardando padre e figlia, proprio mentre Gemma colpiva forte la palla con la mazza facendola passare come un bolide sotto l'archetto della porta. Sam strinse il pugno in un moto di esultanza, poi dovette riportare l'attenzione sugli altri giocatori, non senza una certa riluttanza.
«Il terzetto che sta decidendo chi debba fare il primo tiro è composto da Miss Ashbury, Miss Leeds e Lady Cantham, la sua matrigna» disse con indifferenza.
Holt sollevò un sopracciglio con aria speranzosa. «Qualche dote consistente che possa allettarmi?»
«Per le tue pretese non sarebbe soddisfacente neppure la figlia di Re Mida.»
«Non esserne troppo certo. Dopotutto una fanciulla trasformata in una statua d'oro dall'abbraccio di suo padre non potrebbe affliggermi con le sue richieste, perciò sarebbe una sposa più che soddisfacente» replicò Holt, ironico. «Però mi accontenterei anche di una lontana parente del re dal tocco d'oro. C'è forse una Miss Mida in mezzo a quest'allegra brigata?»
Sam guardò il gruppo di ospiti. «Ho sentito dire che Miss Stapleton può contare su una dote di diecimila sterline.»
Holt emise un'esclamazione sommessa di disgusto. «Bah! A me servirebbe dieci volte tanto per saldare tutti i debiti di mio padre.» Tuttavia lanciò una seconda occhiata a Miss Stapleton. «Perché diavolo mi hai invitato?»
«Solo per assicurarmi che la fanciulla che sceglierò in moglie veda con i suoi occhi quali orrori di possibili pretendenti l'attendono se dovesse rifiutarmi» disse Sam in tono fintamente serio.
In verità si augurava che Holt si divertisse, magari che trovasse addirittura la felicità e che smettesse d'incentrare tutta la sua esistenza sulla morte del padre. Non era quello il modo di vivere.
Holt fece una smorfia. «E che mi dici della debuttante che hai evitato accuratamente di nominare, quella che riceve occhiate diffidenti, se non addirittura ostili, da parte delle altre? Devo desumere che non sia esclusa solo dal gruppo, ma anche dal tuo elenco di candidate?»
Ah, allora se n'era accorto anche Holt, non aveva notato solo lui l'atteggiamento delle altre nei confronti di Gemma! Si era chiesto se non fosse semplicemente troppo protettivo nei suoi confronti, specie dopo la sera prima, in cui nessuna tra le invitate le aveva rivolto la parola a cena. Non approvava affatto il modo in cui le altre mantenevano le distanze, come se le azioni di suo padre fossero un morbo da cui fosse stata infettata e tutte temessero il contagio. Per lui non aveva senso. Se si fossero degnate di conoscerla, le altre giovani si sarebbero rese conto di quanto fosse intelligente, simpatica e sensibile.
Tuttavia nutriva ancora la speranza che la timida Miss Creighton e la vivace Miss Stapleton finissero per fare amicizia con lei. Almeno loro avevano tentato di parlare con Gemma. Invece Lady Tillmanshire, Miss Ashbury, Lady Cantham e Miss Leeds avevano interrotto sistematicamente ogni tentativo di coinvolgerla nel discorso cambiando argomento. Avevano fatto ostruzionismo intervenendo anche quando lui aveva tentato d'includerla nella conversazione e, siccome Gemma era seduta all'estremità opposta del lungo tavolo rispetto a lui, non aveva potuto insistere venendo in suo soccorso, perché temeva di suscitare ancora maggiore ostilità contro di lei.
Se fosse potuto tornare sui suoi passi, le uniche invitate a quella festa sarebbero state Gemma e la Duchessa di Vale.
«No, tutt'altro, è decisamente nel mio elenco» dichiarò rivolgendosi a Holt.
«Ha una buona dote?» Holt la guardò con occhio critico.
Sam mosse un passo e si piazzò davanti all'amico per bloccargli la visuale, posando la mazza sul terreno tra loro con un gesto deciso. «Se ha una dote, è piuttosto modesta. Niente che possa interessarti.»
Gli occhi di onice di Holt si accesero di bagliori maliziosi. «Invece le tue parole hanno stuzzicato ancora di più la mia curiosità. E questa povera creatura indigente ha un nome?»
Prima che Sam potesse rispondere sentì la voce di Gemma alle sue spalle.
«Lord Ellery, credo che tocchi di nuovo a voi.»
Sam ruotò su se stesso e vide l'oggetto del loro scambio di battute a poca distanza. Il calore del suo sorriso fece evaporare all'istante l'irritazione causata da Holt. Gemma si portò una mano alla fronte per ripararsi gli occhi dal riverbero dei raggi del sole, che conferivano una luminosità dorata al suo incarnato. Vederla così bella gli suscitò l'impulso potente di attirarla all'ombra di un albero e premere le labbra sulla sua pelle per sentirne tutto il calore. Lì in piena luce poteva vedere chiaramente il rossore che le aveva tinto le gote per il bacio del sole, e provava un'assurda gelosia nei confronti dell'astro fiammeggiante perché avrebbe voluto essere lui a marchiare la sua pelle arrossandola di baci. Immaginare di lasciare il segno del proprio ardore sulla carnagione delicata di Gemma fu un pensiero di una sensualità tanto potente da lasciarlo senza fiato.
Spostò lo sguardo dal viso alla base della gola... e fu peggio, perché notò un velo iridescente di sudore che rendeva traslucida la pelle e attirava ancora di più la sua attenzione sull'attraente incavo. Se avesse affondato la lingua in quella fossetta avrebbe gustato un sapore leggermente salato, misto al sentore speziato del suo profumo di donna? Oppure sarebbe stato avvolto da una fresca fragranza di caprifoglio, di sole e di rugiada mattutina?
Era invaso dal desiderio irrefrenabile di scoprirlo.
Gemma si toccò proprio lì, alla base del collo, e Sam deglutì a vuoto, la gola secca per l'eccitazione.
«Sono rossa in viso?» chiese Gemma. «Zia Edith mi rimprovera sempre perché non porto il cappellino quando sono all'aperto. Non vorrei dimostrarle che ha ragione.» Appena si accorse che Sam non era solo sgranò gli occhi e il suo rossore s'intensificò. «Oh, avete compagnia! Non avevo notato che foste con qualcuno, altrimenti non avrei disturbato e soprattutto non sarei intervenuta in quel modo sconsiderato e familiare. Non vi avrei chiesto un giudizio su... Avreste dovuto interrompermi» protestò, imbarazzata e mortificata.
Sam sorrise del modo con cui agitava l'indice verso di lui in segno di rimprovero. «Siete riuscita benissimo a interrompervi da sola, però.»
«Io sono l'invisibile Lord Holt, visto che Lord Ellery non si degna di presentarmi. Al vostro servizio» lo interruppe l'amico, facendosi avanti con un inchino. «Sembra che siate vecchi amici, eppure Ellery non mi ha detto nulla di voi, neppure il vostro nome. Non riesco a spiegarmelo, se non supponendo che cerchi di tenervi tutta per sé.»
«Sono certa che non sia questo il caso» si affrettò a negare Gemma. «Io e Lord Ellery ci siamo appena conosciuti, per questo sa ben poco di me e può riferirvi ancora meno.»
Holt scosse la testa. «Impossibile. Il mio amico è troppo circospetto per invitare una sconosciuta a una sua festa. Preferisce la cautela alla spontaneità e, con tutta probabilità, custodisce nel cassetto dello scrittoio un elenco d'interessi e punti in comune con ognuno dei suoi ospiti.»
Gemma inclinò il capo per scrutare Sam. «È vero che avete un elenco?»
Sam vi aveva scritto tutti i nomi tranne uno.
Scrollò le spalle. «Se ricordate, quando ci siamo conosciuti ho accennato alla mia natura prudente.»
«Sì, ma credevo...» Gemma esitò, lanciando uno sguardo a Holt con la coda dell'occhio prima di continuare. «Che cercaste di allettarmi per indurmi ad accettare il vostro invito.»
Holt mise una mano sulla spalla di Sam e la strinse. «Tutti questi anni d'incontrollabile e spesso brutale sincerità... alla fine hanno giocato in tuo favore, amico mio. Ora fai il bravo e presentami subito.»
Sam esitò. Era vero, voleva tenere Gemma tutta per sé. Holt era un bel tenebroso e il suo carattere altero e riservato piaceva alle donne, benché Sam non riuscisse a spiegarsi perché. Invece le debuttanti e anche le dame sposate gli facevano gli occhi dolci e civettavano con lui, lasciando cadere ventagli e fazzolettini ai suoi piedi con finta noncuranza per attirare la sua attenzione chiedendogli di raccoglierli.
A Sam non erano mai mancate le attenzioni femminili ed era uno scapolo molto ambito in società, ma spesso si era chiesto se la sua popolarità non fosse dovuta solo all'assenza di Holt. Era troppo chiedere che una fanciulla perdesse almeno un pochino la testa per lui, almeno per una volta?
«Holt, ti presento Miss Desmond» disse malvolentieri, trattenendo a stento l'impulso di proclamarne il possesso. La mia Miss Desmond. La mia Gemma.
«Desmond...» Holt aggrottò le sopracciglia. «È un nome che mi sembra familiare.»
Gemma s'irrigidì e i suoi lineamenti delicati si trasformarono in una maschera di pietra. Impallidì di colpo e la luce si spense nel suo sguardo. In quell'istante, in fretta, il suo atteggiamento mutò drasticamente e la sua disinvolta naturalezza si tramutò nell'impenetrabilità di una fortezza che si prepara a essere assalita. «Porto il cognome di un criminale. Probabilmente ricordate di averlo visto sui giornali» dichiarò.
Sam sentì emergere in lui il piglio del difensore armato e, istintivamente, serrò le mascelle e raddrizzò le spalle, pronto a reagire se Holt avesse fatto un solo commento negativo in tono di disprezzo.
Invece Holt scosse la testa e sollevò di nuovo un sopracciglio. «Come inizio di conoscenza è veramente interessante e originale, devo dire, ma no, il vostro nome non mi è noto per questo motivo. Non presto mai attenzione ai giornali che sono pieni solo di notizie terrificanti e deprimenti.»
«Allora forse conoscete i suoi cugini, il Duca di Vale e il Conte di Wolford» gli suggerì Sam in tono di avvertimento. «Sua zia, la Duchessa di Vale, è proprio là, dall'altra parte del prato» indicò.
«Ah! Conosco bene Wolford, in effetti. Anche se sono stato fuori per mesi, ho saputo che quel furfante è stato accalappiato recentemente e si è sposato.»
Gemma esalò un sospiro di sollievo, e la rigidità della sua spina dorsale scomparve, rilassandosi in una curva più morbida. «Mio cugino è contentissimo di portare il cappio al collo, devo dire. Ricordando gli anni in cui Liam aveva giurato di godersi la vita e non sposarsi prima dei sessant'anni, sono lieta che abbia preso moglie molto prima della vecchiaia, perché ora è finalmente sereno.»
«Alcuni uomini possono permettersi il lusso di essere sereni» pronunciò Holt in un tono cupo e misterioso che normalmente attirava l'interesse femminile e il desiderio di consolarlo.
Sam trattenne il fiato mentre Gemma socchiudeva le labbra per rispondere ma, con sua sorpresa, si voltò verso di lui.
«Allora, Lord Ellery, venite a giocare o mi costringete a tirare per il vostro turno e per il mio? Se volete prenderò il vostro posto, sapete, e credo anche che sia meglio per la squadra visto che al primo tiro avete mancato la porta» dichiarò con un sorrisetto beffardo e sfrontato.
«Non è stata colpa mia. La traiettoria del tiro non era dritta.»
Gemma rise. «Il trucco per passare sotto la porta è tirare come se l'archetto non ci fosse.»
«Cercherò di ricordarlo» disse Sam sorridendo. In quel momento gli parve che il sole stesse splendendo di più sul campo da gioco, tanto luminoso da riempirlo della speranza di non avere solo immaginato l'interesse che Gemma nutriva nei suoi confronti.
Più tardi quel pomeriggio, mentre gli uomini erano nelle scuderie, le donne si riunirono in terrazza. Si accomodarono a gruppi di quattro sulle sedie in ferro battuto dipinto di verde intorno ai tavolini uguali.
Dal punto in cui si trovavano, zia Edith e Gemma avevano una visuale perfetta delle scuderie attraverso una colorata bordura di scotano. Miss Stapleton, Miss Creighton e la zia di quest'ultima – che si chiamava anche lei Miss Creighton – occupavano il tavolo più vicino. A quello più lontano erano sedute Lady Tillmanshire, Miss Ashbury, Miss Leeds e la sua giovane matrigna, Lady Cantham.
Gemma non impiegò molto a capire che quelle quattro arpie erano decise a portare la distruzione totale di qualsiasi divertimento. Se fosse esistita una Bibbia delle feste in casa, le quattro donne avrebbero incarnato alla perfezione i Cavalieri dell'Apocalisse.
La sera prima Gemma aveva notato che le signorine Creighton, zia e nipote, erano una coppia quieta e riservata, entrambe brune e dall'incarnato pallido, con occhi attenti e guardinghi. La nipote aveva ciglia folte, come una pelliccia di visone, che le erano di grande ausilio per schermare le sue occhiate furtive in direzione dei gemelli Hollander. Uno e Due, come li chiamava Sam, si erano messi ai due lati della timida Miss Honoria Creigthon e, con le loro facezie, avevano cercato di tirarla fuori dal suo guscio. Tuttavia ogni volta che Miss Leeds o Miss Ashbury prendevano la parola, Honoria trasaliva e si affrettava ad abbassare lo sguardo sul piatto.
Per sua fortuna, Honoria Creighton sembrava avere stretto amicizia con la solare Miss Aurora Stapleton, che era quasi arrivata a parlare con Gemma a cena. Era seduta di fronte a lei, e le due ragazze si scambiavano sorrisi e sguardi divertiti ogni volta che uno dei gemelli Hollander raccontava un buffo aneddoto. Mentre gli uomini erano attenti a far partecipare tutti i presenti ai loro discorsi per educazione, ogni volta che Gemma, Miss Creighton o Miss Stapleton avevano modo di aprire bocca, una delle quattro streghe malefiche interveniva in maniera sgarbata.
Per riguardo nei confronti di Sam, Gemma aveva tenuto per sé i propri commenti sul loro atteggiamento maleducato.
Quel giorno, però, le era più difficile tenere a freno la lingua.
«Vostra Grazia» esordì Lady Tillmanshire con voce stentorea. «Spero che vostro nipote, Lord Wolford, e sua moglie stiano bene dopo il dramma vissuto.»
Senza farsi ingannare dalla sua falsa preoccupazione, zia Edith non ringraziò e si limitò a rispondere: «Benissimo».
Mentre zia Edith riprendeva a bere tranquillamente il tè, Lady Tillmanshire non sembrava intenzionata a demordere e arricciò le labbra sulla sua dentatura cavallina. «Non oso pensare a quanto sia stato sconvolgente per voi sapere che vostro cognato ha quasi causato la morte della contessa» tornò all'attacco.
Miss Ashbury inclinò il capo e diede dei colpetti ai riccioli ramati per gonfiarli, rivolgendo un sorrisetto maligno nella loro direzione. Gemma pensò che Miss Ashbury fosse fortunata a non somigliare a sua madre, anche se era sconcertante notare che una persona tanto perfida potesse essere così graziosa. Oltretutto era brava a dissimulare la sua vera natura quando era in compagnia degli uomini. Gemma non poteva fare altro che sperare che Sam non si facesse ingannare.
Quanto alle altre donne sedute al tavolo, Lady Cantham era una nota bellezza, che aveva debuttato nella Stagione precedente. Miss Leeds non sembrava curarsi del fatto che la matrigna avesse solo due anni più di lei. Le due donne avevano molta confidenza. Erano entrambe snelle e bionde, con la carnagione chiara, ma Miss Leeds aveva dei lineamenti meno gradevoli a causa del naso piatto e della bocca ampia, e il particolare che più disturbava era la sua pronuncia blesa, con un leggero sibilo che la faceva somigliare a una vipera quando parlava.
Essendo cresciuta nel deserto, Gemma aveva imparato a tenersi alla larga dai serpenti.
Davanti al commento di Lady Tillmanshire, zia Edith si girò lentamente e le rivolse un'occhiata glaciale. «Ah, ecco, siete contenta ora che tutti i presenti sono al corrente dei suoi misfatti? Bene, non vorremmo mai che qualcuno fraintendesse l'obiettivo della vostra osservazione.»
Dopo quel riferimento schietto e diretto, le due Creighton e Miss Stapleton azzardarono a rivolgere a Gemma un'occhiata cauta, ma comprensiva. Poi, con la scusa di aver preso troppo sole, la zia di Miss Creighton si alzò invitando la nipote e Miss Stapleton ad andare a riposare prima dell'ora di cena.
Gemma era dispiaciuta di restare senza la loro compagnia. Anche lei avrebbe preferito ritirarsi nella propria stanza, ma non voleva dare alle quattro megere l'impressione di essere riuscite a mettere in fuga anche lei. Perciò decise di tenere duro e di restare al suo posto fino alla fine.
La tenacia era essenziale in battaglia.
Quella sera Gemma decise di non raggiungere le altre donne in salotto dopo cena. Ne aveva più che abbastanza di mostrarsi accondiscendente e mansueta, non faceva altro da un giorno e mezzo.
Perciò si diresse di soppiatto verso le scale, sperando che nessuno la notasse.
«Sbaglio, o è Miss Desmond quella che sta sgattaiolando al piano di sopra?»
Gemma si fermò sul primo scalino, piacevolmente interrotta nelle sue riflessioni dall'improvvisa apparizione di Sam. Fermo sulla soglia del salottino, lui incrociò le braccia e le rivolse un sorrisetto sornione e provocatorio.
«Sgattaiolando dà l'impressione che io abbia qualcosa di losco da nascondere. Preferisco dire che mi sto allontanando con discrezione» osservò Gemma sottovoce.
Sam avanzò verso di lei finché non furono divisi solo dal corrimano curvo. Ora i loro volti erano allo stesso livello. Se uno dei due fosse stato colto dall'impulso improvviso di baciare l'altro... quella era una posizione assolutamente propizia.
Se al posto di Sam ci fosse stato un altro uomo, Gemma avrebbe fatto un passo indietro di riflesso, per evitare di dargli il pretesto di avere qualche pensiero sconveniente. Invece con Sam ne aveva già lei... e molto sconvenienti. Lo sguardo ardente con cui Sam fissava le sue labbra le fece capire che aveva avuto la stessa idea.
«Stiamo per cominciare la serata» la informò lui in tono sommesso e caldo, molto confidenziale, con un luccichio intenso negli occhi che riflettevano il chiarore delle candele alle pareti.
Gemma si protese in avanti istintivamente. Anche se era sera, Sam aveva una fragranza di brezza estiva e di terra riscaldata dal sole. Lei non poté resistere all'impulso d'inspirare il suo profumo speziato.
«Lo so, ma mi sono presa la libertà di saccheggiare la vostra biblioteca e ho preso un libro interessante che ho intenzione di leggere in camera mia. Be', non mia, ovviamente, visto che è la camera da letto che mi avete assegnato» si affrettò a correggersi, benché imbarazzata per avere pronunciato la parola letto.
Il cuore le accelerò i battiti mentre lui la scrutava, palpitando in gola e sotto il seno.
Però si rese conto che forse poteva dargli l'impressione di non essere contenta della stanza che Sam aveva scelto per lei, perciò riprese: «È una bella camera da letto, con quella gradevole sfumatura di azzurro dei rivestimenti e dei tendaggi». Ma perché continuava a dire letto? «E mi piace particolarmente la panca imbottita sotto la finestra. È un posto perfetto per leggere.»
Sam inspirò con forza, allargando le narici mentre risaliva le scale con lo sguardo, come se per un istante stesse immaginando di accompagnarla in camera. Perciò fu ciò che pensò anche lei, e si raffigurò mentalmente entrambi seduti sulla panca stretta, vicinissimi, con il braccio di Sam che sfiorava casualmente il suo mentre girava le pagine. Essendo un vero gentiluomo, lui si sarebbe scusato e lei l'avrebbe assolto da ogni colpa, girando il volto verso di lui nell'angolazione perfetta per farsi baciare. Ma gliel'avrebbe concesso?
La risposta era facile. Sì, sicuramente sì.
«Vi piace anche la mia biblioteca?» le chiese Sam, cambiando discorso per evitare di continuare a parlare di camere da letto.
Meglio così, pensò Gemma, perché cominciava a perdere il controllo dell'immaginazione. «Moltissimo, davvero. Non avevo mai visto così tanti libri di storia tutti insieme. Quando ero piccola non avevamo tanti libri a casa, perciò sono decisa a leggere tutti quelli che ho a disposizione. Però non so se riuscirò ad arrivare alla fine di uno scaffale al termine della festa.»
Era un vero peccato non potersi trattenere finché non li avesse letti tutti.
Sam posò le dita sul corrimano di legno lucido che li divideva e si avvicinò ancora di più. Muovendosi come dotate di volontà propria, le scarpette di Gemma scivolarono il più possibile verso di lui.
«Sono lieto che vi piaccia.» Per come la stava guardando fisso, sembrava che non si stesse riferendo solo alla biblioteca, ma alla sua scelta di libri, ai suoi gusti e forse anche a se stesso. «Ma perché non restate a leggere in salotto invece che nella vostra camera da letto?»
Oh... La fantasia di Gemma stava galoppando ed era già andata oltre la panca sotto la finestra per passare direttamente ai baci. Avvertiva un fremito alle labbra e le strinse istintivamente. L'aveva solo immaginato, o lui aveva sottolineato con il tono la parola letto?
Le batteva tanto forte il cuore che era sicura che Sam potesse sentirlo martellare in petto. Strinse il libro al seno per soffocare il rumore sordo e girò la testa per guardare la porta aperta del salotto, vergognandosi dei propri pensieri licenziosi. «Meglio di no.»
L'espressione di Sam s'incupì. «Se qualcuno è stato poco gentile con voi o non vi ha fatto sentire la benvenuta a casa mia, io...»
D'impulso Gemma mise la mano sulla sua e non la ritrasse, nonostante l'intimità di quel gesto la emozionasse troppo. «Assolutamente no. I vostri ospiti sono stati tutti cordiali e devo ringraziare voi per l'atmosfera piacevole. Siete molto rispettato dai vostri pari.» Difatti le quattro arpie erano state attente a non insultarla quando Sam era presente. «Non vi ringrazierò mai abbastanza per la gioia che avete dato a mia zia e anche a me.»
Lui le strinse la mano e l'attirò a sé con delicatezza. «Allora venite con me in salotto e portate anche il libro con voi, se volete. Perché privarvi della possibilità di provare altra gioia?»
Perché le sue parole sembravano tanto cariche di promesse? I pensieri di Gemma erano confusi dai brividi di emozione che provava quando era vicina a Sam. Quando la guardava con tale tenerezza protettiva, che Gemma aveva ricevuto molto di rado in vita sua, aveva la sensazione che tutto fosse possibile. Era bellissimo poter pensare di avere al proprio fianco qualcuno che l'aiutasse a resistere nei momenti di debolezza, e sperare che la sua vita potesse ricominciare lì, in quel momento.
Era una fantasia pericolosissima.
Gemma scosse la testa. «Temo che qualcuno possa chiedermi di giocare a carte se dovessi sedermi a leggere in salotto.»
«Ah.» Il sorriso smagliante che Sam le rivolse gli illuminò il volto, trasformandolo. «Se la vostra riluttanza deriva dal fatto che non sapete giocare, sarei più che lieto d'insegnarvi.»
Per un attimo Gemma fu tentata di fingere di non saper giocare a carte, per motivi puramente egoistici. Però non sarebbe stato onesto né giusto. Accidenti. «Sarei felice se fosse quello il motivo» ammise.
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso. «Allora qual è la vera ragione?»
Invece di scusarsi e andarsene, tagliando corto, Gemma decise di dirgli la verità, pur sapendo quale sarebbe stato il costo della propria sincerità.
Con riluttanza fece scivolare via la mano sottraendola alla sua stretta e sfiorando inavvertitamente la peluria chiara del polso mentre ritraeva le dita. Avvertì subito l'assenza del suo tocco e del suo calore, e strinse il pugno come per catturarne il ricordo.
«Il problema è che sono bravissima a carte, e per motivi scandalosi.» Gemma fece un respiro profondo, poi riprese: «Purtroppo mio padre ha passato molti anni nelle sale da gioco, e alcuni proprietari chiudevano un occhio quando mi vedevano seduta accanto a lui. Molti si divertivano a insegnarmi a giocare per tenermi occupata mentre mio padre perdeva tutto ciò che avevamo. In quel periodo ho imparato diversi trucchi dai bari e dai truffatori, e ho anche aiutato a individuare chi nascondeva le carte nelle maniche. Vi assicuro che non baro e non approvo chi m'imbroglia a carte, ma ciò che ho imparato mi rende brava a utilizzare tali trucchi». Fece una pausa, preparandosi a vedere l'espressione scandalizzata che sicuramente sarebbe apparsa sul volto di Sam. «Non posso fare a meno di studiare le persone e posso indovinare le carte che hanno in mano dai loro gesti e dal loro atteggiamento.»
Sam la sorprese un'altra volta con il suo commento. «Secondo me è un'abilità fantastica!» esclamò, senza mostrare la minima disapprovazione. «V'invidio per la vostra capacità di capire le persone. Io non ho alcuna fortuna al riguardo.»
Secondo Gemma, invece, era molto perspicace per quello che concerneva lei.
Frastornata dalla sua reazione, mormorò: «Ci sono molti che ritengono che la mia educazione e le lezioni particolari che ho appreso siano sconvenienti per una fanciulla perbene».
«Io non la penso così» insistette lui riprendendole la mano e facendole provare dei brividi di piacere a quel contatto. «Mi affascinate moltissimo, Gemma, e non vorrei mai che nascondeste chi siete, non con me.»
Tra loro ci fu un lungo silenzio carico di trepidazione e di aspettative. Sentendosi finalmente protetta, libera dalla disapprovazione e piena di emozioni inebrianti, Gemma gli strinse la mano e annuì, senza azzardarsi a parlare perché temeva che la voce le si spezzasse per l'agitazione.
«Voglio sapere tutto» disse Sam sorridendo e tirandole la mano per avvicinarla a sé. «Specie come vincere contro Holt al tavolo verde.»