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Chi era quello che si svegliava insetto? Tipo blatta, schiena sul materasso, che poi non ce la faceva a rivoltarsi… le zampette che annaspavano nell’aria. Boh. Forse era un film horror, non un libro.

Quello che non riusciva a smettere di fumare invece era Zeno. Che si sposava la sorella di quella che gli piaceva.

E quello mezzo gay che si innamorava del ragazzetto e gli si scioglieva il trucco… Era a Venezia, mi pare.

Poi c’era l’ufficiale asburgico che non contava più niente, che si dava tanto da fare e le mani ossute della morte brindavano già sopra la sua testa.

Come avvocato sono bravo, ma dal punto di vista della cultura generale sono una zappa. Ci vorrebbe Magda, che queste cose le insegna. Comunque erano tutti così, i protagonisti dei romanzi che ci facevano leggere a scuola, non ce n’era uno sano.

A pensarci bene, più o meno come noi.

Se avessimo anche solo studiato di più, avremmo evitato la tragedia? Saremmo stati più gentili? O anche solo meno superficiali? Se avessimo immaginato gli autori, i personaggi, le loro imperfezioni, come fossero stati compagni di banco…

Ma il nostro approccio era decisamente diverso. Ricordo l’interrogazione su Leopardi: «Da dove nasce il pessimismo del poeta?».

Dal fondo dell’aula: «Professore’… si rendeva conto!».

E giù risate.

Mirko non rideva, lui non capiva.

Non ci arrivava.