4.
Tutto a posto, niente in ordine
Mirta
«E per me hai fatto bene a mollare quella megera!» esclamò sua nonna servendole l’ennesimo biscotto dalla ciotola di latta decorata che teneva da sempre sul tavolo del salotto. «Ma ora, parlami di lui! Era davvero così bello?»
«Oh nonna, troppo! Mi sembrava di essere in un film, ti giuro! Assomigliava al principe Eric della Sirenetta e tu sai quanto lo amassi da piccola!»
«Adoravi quel cartone animato… E ti ha anche salvata come un principe!»
«Lo so! È arrivato lì e ha urlato: Basta!»
Mirta era ancora così incredula per quello che le era accaduto solo quella mattina, che si era data più volte un pizzicotto sul braccio per documentare a se stessa di non essere nel bel mezzo di un sogno.
«Allora, perché stai pensando se andare al suo ristorante? Tesoro, è anche francese!» finì la frase con un sospiro e l’aria sognante.
«Perché non so se ce la farei!»
«Tesoro, cosa cambierebbe? Sei comunque sempre in giro! E poi, il suo locale da quanto ho visto sul computer è sulla bocca di tutti…»
«Nonna, ti ho detto che non devi credere ad ogni cosa che leggi su Internet!»
«Infatti, ho letto un blog di cucina! Sono piuttosto brava, sai? Ho avuto una buona insegnante!»
«Ti ho insegnato io…»
«Ecco, lo vedi? Un’ottima insegnante! Ora, visto che il tempo lo trovi per quel brutto pub dove lavori, non credi di poter dare una chance al Sur la rive gauche?»
«Il pub non è brutto…»
«Finché ti farà stare sveglia fino a tardi, per me lo sarà!»
«Nonna Rosa, va bene, ma ti giuro che non è un postaccio!»
La nonna scosse la testa e poi aggiunse: «Che hai da perdere? Vai dal francese…»
«Dici?»
«Mirta, certo che dico sul serio! Magari t’innamori, che ne sai?»
Scoppiò a ridere come una pazza, perché se c’era una cosa di cui era sicura era proprio il fatto che non si sarebbe innamorata di nessuno.
L’amore non faceva per lei, anche perché aveva visto troppi mariti svagarsi al Morgana e non aveva voglia di un bugiardo accanto.
E no, non aveva a che fare con Edoardo Innocenti, il ragazzo che le era stato accanto fino a quando aveva avuto il benestare dei suoi.
Spariti i soldi, era sparito anche lui, ma Mirta l’aveva superata benissimo quella storia e in fin dei conti le era andata bene, dato che mesi dopo era venuta a sapere che Edoardo si era ritrovato in mezzo a uno scandalo sessuale, finito presto nel dimenticatoio grazie al padre, uno degli uomini più facoltosi di Firenze.
«Tolta la faccenda dell’amore, credo che andrò in quel ristorante! Quindi, chiamerò al locale per avvertire che potrei fare tardi…»
La nonna sorrise «Brava, bambina! Ora, mentre tu fai quella telefonata, io inizio a lavare i piatti di pranzo».
Mirta si alzò dalla sedia e, preso il cellulare, si diresse in camera sua per chiamare Gilberto e avvertirlo del suo ritardo.
Il suo capo, come al solito, rispose dopo un paio di squilli.
«Pronto?»
«Gilberto, sono Mirta…»
«Oh, ciao, bimba! Dimmi».
«Ho una specie di colloquio stasera e credo farò un po’ tardi al locale…»
Gilberto sbuffò. «Di quanto ritardo stiamo parlando?»
«Un’ora, forse due, ma appena finisco, corro al Morgana. Giuro!»
«Credo di poter dare due ore alla mia migliore risorsa…» esclamò l’uomo sorprendendola. «Ci vediamo stasera».
«A dopo, allora» disse e poi, una volta attaccato, iniziò a preparare la borsa con l’ultima divisa da cameriera che aveva indossato, un semplice jeans nero con una camicia dello stesso colore.
«Nonna?» la chiamò uscendo dalla camera e dirigendosi in cucina.
«Sì, tesoro?»
«Philippe ha detto di andare alle venti, ma…»
«Vuoi andare prima?» l’interruppe la donna, che evidentemente la conosceva meglio di quanto lei conoscesse se stessa.
«Sì, perché probabilmente saranno nel pieno della preparazione e non mi piacerebbe arrivare quando avranno ormai sistemato ogni cosa…»
La nonna annuì. «Hai ragione, corri! E domani mattina mi racconterai ogni cosa…»
«Non ci sarà nulla da raccontare, vedrai! Comunque, lo sai, la domenica sono tutta tua!»
Mirta la abbracciò stretta, le diede un bacio sulla guancia e poi, presa la sua borsa, uscì di corsa da casa per recarsi al ristorante di Philippe.
Mentre passeggiava a piedi lungo le stradine della sua infanzia, Mirta infilò le cuffiette e mise su la canzone che avrebbe ballato quella sera e cominciò a ripassare nella sua mente tutti i passi.
Era l’ultimo spettacolo della settimana, perciò era anche il più sensuale e complicato. Non era una cosa che qualcuno le aveva detto di fare, era solo un qualcosa in più che concedeva a chi faceva tanta strada per vederla danzare.
Perché vedere sempre lo stesso spettacolo?
Se era tanto amata, non era solo per la sua bellezza, ma anche e soprattutto perché variava gli stili e le coreografie.
Mentre le note della canzone finivano per dare spazio alla melodia seguente, si ritrovò davanti al Sur la rive gauche.
L’insegna del locale era appesa come quelle che si vedevano nei film western e oscillava nell’aria a causa di un leggero vento. Era in legno, con il nome del ristorante inciso a fuoco in un elegante corsivo.
La porta, anch’essa in legno, era spalancata e dall’interno proveniva la voce nervosa di un ragazzo.
Mirta si fece coraggio ed entrò trovandosi di fronte dieci, forse dodici, tavoli tutti imbanditi con tovaglie bianchissime che davano una luce tutta particolare ai mobili in mogano e alle pareti crema.
La cosa più bella erano però i lampadari appesi al soffitto, poiché erano in vetro finissimo e dalle fattezze antiche, come quelli che aveva visto una volta a casa di una sua collega del Dams, che abitava in un quartiere ricco di Roma.
Non poté osservare di più, perché un ragazzo vestito di nero, che aveva in mano una pila di menu, si fermò davanti a lei e le domandò: «Ciao, chi sei tu?»
«Ciao, mi chiamo Mirta e, beh, in realtà un uomo gentilissimo mi ha detto di presentarmi qui…»
«Gentilissimo?»
Mirta sorrise. «Sì, ha detto che si chiamava Philippe e che mi sarei dovuta presentare qui alle otto, ma ho pensato di venire qui prima…»
«Ferma…» la guardò scettico il cameriere. «Sei sicura che fosse il nostro Philippe?»
«Dipende: il vostro è moro con gli occhi azzurri? Altissimo?»
Il ragazzo annuì. «Sì, è proprio come dici tu…»
«Non capisco quale sia il problema» sbottò Mirta, accigliandosi. «Non c’è un posto per me? Mi ha mentito sul fatto che il ristorante è suo?»
«No, niente del genere… Il locale è davvero di sua proprietà, è lo Chef! E sì, abbiamo un posto per te, visto che una delle cameriere è stata licenziata!»
«Perfetto!» poi scosse la testa e si corresse. «No, cioè, non è perfetto che sia stata licenziata, ma solo che potrò lavorare qui! Sono felice, ecco, e quando sono contenta straparlo…»
«Vedrai che ti troverai bene» poi allungò la mano e si presentò: «Il mio nome è Jacopo e sono il capo cameriere, perciò per qualsiasi cosa puoi far riferimento a me. Quella laggiù, intenta a sistemare i centro tavola, è Carmen, l’altra cameriera…»
«Siamo solo noi tre?»
Jacopo annuì. «Sì, il capo vuole così…»
«Philippe è qui?» domandò lei, tradendo la sua voglia di vederlo.
Il suo interlocutore stava per parlare, quando dal retro arrivarono prima una serie di parolacce in francese e poi il frastuono di qualcosa che finiva sul muro.
Non fece in tempo a dire nulla su ciò che stava accadendo perché Philippe, l’uomo che aveva incontrato quella mattina, passò in mezzo ai battenti della porta e si fermò di fronte a loro.
«Di là eravamo a buon punto, ma poi Mirko ha bruciato i tortini! Ora dovremo farli di nuovo…» poi Philippe si accorse di lei, la
squadrò per un attimo e esclamò con voce piatta: «Hai portato qualcosa di decente da mettere? In caso non lo abbia, per favore, diamole un grembiule! Non fare casini e vedremo se assumerti…»
Mirta fece per parlare, ma lui non gliene diede modo, perché tornò in cucina, lasciandola lì con Jacopo e Carmen.
Non le chiese nulla.
Non la ringraziò per essersi presentata.
«Ed ecco qua il nostro “gentilissimo” Philippe!» la prese in giro l’uomo, prima di domandarle: «Dimmi che in quella borsa hai qualcosa di nero!»
Mirta annuì. «Sì, ho pensato di andare sul sicuro con l’ultima divisa che ho avuto in un ristorante simile al vostro…»
«Quindi hai anche esperienza?»
«Non molta, ma sì…»
«Bene, ora vatti a cambiare e poi torna qui, così io e Carmen ti spiegheremo come gestiamo un servizio qui al Rive!»