8.          L’abito non fa il monaco
Mirta
Ballava come se fosse la sua unica ragione di vita, come se il solo fare quei passi la facesse respirare.
E forse era proprio quello che la manteneva in vita.
Adorava ballare quasi quanto odiava Philippe Tonetti, ovvero l’uomo che la stava fissando con gli occhi sgranati.
La musica continuava ad accompagnare i suoi passi mentre passava fra i tavoli e si fermava ogni tanto per accarezzare un cliente o per avvolgere il suo boa attorno al collo di un altro.
Sentiva i commenti entusiastici delle persone che coinvolgeva nel suo numero, ma aveva soltanto una cosa in mente mentre l’occhio di bue la seguiva all’interno della sala: raggiungere lo chef più odioso che avesse mai incontrato in vita sua.
Arrivata al tavolo a cui era seduto, Mirta gli girò attorno, muovendosi come farebbe una tigre con la sua preda prima di afferrarla e morderla, ma proprio all’ultimo secondo, invece di dare a lui tutta la sua attenzione, posò il piede destro sulla gamba sinistra dell’altro ragazzo, avvolse attorno alla sua testa il boa di piume e poi inclinò all’indietro la testa.
Sentì il suo partner improvvisato trattenere il respiro e sorrise quando notò la delusione negli occhi di Philippe.
E fu proprio quella a farla osare ancora di più, staccandosi da quel ragazzo e rivolgendo la sua attenzione all’uomo che gli sedeva accanto.
Prima lo accarezzò con il boa, sperando di fargli il solletico sul collo, poi si portò fra le sue gambe e facendo leva sulle ginocchia si abbassò fino ad arrivare all’altezza delle sue.
Philippe trattenne il respiro e lei sorrise, rialzandosi in piedi e tornando giù muovendosi lentamente, posando una mano sulla sua gamba e toccandolo.
Perché se era vero che i clienti non potevano toccare le ballerine, nulla vietava a loro di fare altrettanto.
La musica stava per giungere al termine, perciò si mise in piedi, sempre ancheggiando sinuosa come un’odalisca, passando ancora una volta il boa su di lui, che chiuse gli occhi e buttò fuori l’aria dai polmoni così violentemente da far vibrare le piume.
Philippe a quel punto, contravvenendo alle regole del Morgana, forse non conoscendole, allungò una mano verso di lei.
Mirta lo fulminò con lo sguardo, ma successivamente, sfoggiando un sorriso seducente, alzò l’indice della mano sinistra, lo portò davanti al suo viso e lo scosse.
Non parlò, ma il suo no riverberò per tutta la sala, quasi come l’applauso che concluse la sua esibizione.
Gilberto riapparve sul palco e dopo averle scoccato un’occhiataccia, esclamò: «Che inizio col botto, eh? La nostra Rosa Blu oggi è uscita dagli schemi e vi ha coinvolti nel suo spettacolo! Vi è piaciuto?»
Il pubblico applaudì e quando tutti urlarono il loro compiacimento, lui aggiunse: «Bene! Chissà cosa avrà in serbo per noi la prossima ballerina… Ecco per voi, la dolcissima Cherry Pie!»
Mirta uscì dal palco e diede uno schiaffetto sul sedere di Lucia che stava prendendo il suo posto.
Stava per arrivare al camerino comune, quando Gilberto la raggiunse. «Cosa cazzo credevi di fare?»
Mirta, che indossava ancora la sua maschera, si voltò verso di lui e lo affrontò: «Io? Perché?»
«Sei scesa dal palco, Rosa! È vietato interagire col pubblico, lo sai!»
«A loro è piaciuto, però!»
«Non mi importa di ciò che piace al pubblico! Le ballerine non scendono dal palco per la loro sicurezza! Lo capisci o è troppo complicato per te?»
Solo in quel momento, la realtà dei fatti la colpì in pieno, facendole capire l’errore che aveva appena compiuto. «Mi dispiace, non ci avevo pensato…» affermò, infatti, mortificata. «Non accadrà più».
«Vorrei ben sperare! Ora fila in camerino, per oggi hai finito…»
«Ma ho il balletto con le altre!»
«No, Rosa, per oggi hai finito! Va’ a casa!» dichiarò perentorio tornando dietro le quinte, lasciandola lì come una scema.
«Che ci fai lì immobile?»
Mirta si riscosse e sorrise a Umberto, che si era palesato davanti a lei. «Ripenso alla stronzata che ho fatto?»
Il costumista ridacchiò. «Beh, ci hai sorpresi un po’ tutti, ma sai qual è il bello delle regole?»
«Infrangerle?» provò ad indovinare e Umberto annuì.
«Sì, proprio quello. Se fosse stato per Gilberto, io e Marcella non ci saremmo mai sposati».
«Ah, la regola della fraternizzazione…»
«Sì, proprio quella! E comunque alla gente è piaciuto, quindi non fartene una colpa, piuttosto: chi erano quei due?»
«Ah, no!» esclamò Rita uscendo dal camerino solo con la testa. «Vieni qui a raccontare, bellezza! Tutte noi ci stiamo chiedendo la stessa cosa…»
Mirta sorrise loro poi, seguita da Umberto, camminò verso il camerino e una volta entrata affermò: «Il moro, quello a cui ho dedicato più tempo, è il tipo che poco prima di venire qui mi ha licenziata…»
«Il cuoco?»
«Sì, Marcella, proprio lui!»
«Oddio, ti stava sbavando addosso, pensi abbia capito chi sei?» le domandò Mena preoccupata per il suo anonimato.
«No, non credo. Come avrebbe potuto?»
«Meglio così! E comunque, lasciatelo dire tesoro, sei stata una bomba! Non avevi mai ballato così!»
Mirta sorrise. «Tu dici?»
La sua collega annuì. «Eri sensuale e bellissima! Ogni movimento faceva pensare ad altro...»
«E credo che Marcella per altro intenda: il sesso!» sbottò Rita, muovendo il bacino seguendo una musica che sentiva solo lei. «Quel ragazzo avrebbe voluto toccarti, prenderti, farti sua, proprio lì, mentre tutti vi guardavano! È stato potente, Mirta, come un orgasmo vero e proprio…»
Umberto annuì. «Concordo, è stato da togliere il fiato!»
«Ma non accadrà di nuovo, Gilberto è stato chiaro…»
«È davvero ingiusto» asserì Marcella, avvicinandosi a Umberto per dargli un bacio leggero sulle labbra. «La musica sta per finire, tocca a me. A dopo, tesoro…»
«Io ti saluto adesso, perché Gilberto mi manda a casa».
Marcella scosse la testa. «Allora alla settimana prossima».
La donna uscì dal camerino e, mentre Umberto la mangiava con gli occhi, lei decise di struccarsi e cambiarsi, perché se voleva uscire di lì doveva amalgamarsi col resto dei clienti.
«Quindi, faremo lo spettacolo di chiusura in quattro?» domandò Lucia, rientrando in camerino. «È vero? Me l’ha detto Marcella, mentre Gilberto la presentava…»
«Sì, ma io non mi preoccuperei: sarete comunque bravissime!» esclamò Mirta, togliendosi prima la maschera e poi la parrucca. «Qualcuna mi tira giù la lampo del vestito?»
«Faccio io, sia mai che tu me lo rompa!» proruppe Umberto, avvicinandosi a lei e iniziando ad aiutarla con la svestizione.
«Grazie mille…»
Quando Umberto finì di aiutarla portò via il vestito e la lasciò con le altre, ma Mirta non disse più nulla, terminò di cambiarsi.
«Io vado a casa!» le salutò con la mano e poi uscì dal camerino, lo oltrepassò e uscì dalla porta sul retro.
E mentre la notte inghiottiva la sua figura, Mirta si domandò se avrebbe mai più ballato come quella sera.
E soprattutto, se fosse stata la presenza di Philippe a farla muovere in quel modo, perché se fosse stato quello il caso, sarebbe stato un vero problema.