17.
Un desiderio irrealizzabile
Philippe
Aveva chiuso in fretta e furia il locale per arrivare al Morgana, perché, se ciò che il barista aveva detto era vero, quella sera Rosa Blu si sarebbe esibita e almeno qualcosa sarebbe andata nel verso giusto.
E ora si trovava lì, seduto a uno dei tavolini, a guardare la fine dell’esibizione di una minuta danzatrice e a sorseggiare un Bellini.
L’atmosfera lì dentro era sempre la stessa: delicata come i petali di un fiore e sensuale come il cioccolato più fine.
Le cameriere, che passavano fra i tavoli coi loro vassoi pieni di bicchieri, indossavano vestitini neri cortissimi ed erano davvero troppo truccate per i suoi gusti, ma non fece in tempo a rimuginare su quelle ragazze che sul palco comparve il proprietario del Morgana; da quanto ricordava, doveva chiamarsi Gilberto Francia.
«Facciamo un altro applauso per la nostra Cherry Pie, dolce come lo zucchero, non trovate?» e quando le persone applaudirono, aggiunse: «Bene, ma ora, la donna che tutti voi state aspettando e che stasera si è fatta desiderare! La nostra punta di diamante, la nostra tanto bella quanto misteriosa Rosa Blu!»
Philippe si raddrizzò sulla sedia, posò il bicchiere vuoto sul tavolino, proprio accanto al mazzo di rose che aveva portato per lei.
Rosa Blu raggiunse l’uomo e a lui per poco non prese un colpo, perché era vestita di piume rosse.
Piume e nient’altro.
Era praticamente nuda ed era bellissima con quell’atteggiamento spavaldo e temerario che solo chi è sicuro di sé ha.
La musica iniziò a diffondersi nella sala mentre lei prendeva il centro del palco, e Philippe sorrise quando capì che la colonna sonora della sua seduzione quella sera sarebbe stata una delle sue canzoni preferite di sempre: “Kiss”, di Prince.
Rosa Blu non aveva con sé alcun oggetto di scena e lui si domandò come avrebbe fatto a ballare senza niente attorno, poi lo capì, quando lei, dimostrando un’agilità senza eguali, si chinò su se stessa e tornò su accarezzandosi la gamba destra.
Philippe era incantato dai suoi movimenti lenti e misurati, dagli occhi celati a malapena dalla maschera, dal modo in cui giocava con i capelli e soprattutto dalle sue mani che, in quel momento, giocavano con la parte superiore del bustino in pelle e piume.
«You don’t have to be rich to be my girl. You don’t have to be cool to rule my world. Ain’t no particular sign, I’m more compatible with I just want your extra time and your… kiss!»
E mentre lei si muoveva come l’incarnazione di Venere, dea della bellezza, la canzone raggiunse il ritornello e lui fu costretto a deglutire, perché le mani della ragazza raggiunsero di nuovo le piume, ma stavolta non solo per accarezzarle: Rosa Blu sorridente, ondeggiando a tempo con la melodia sensuale, iniziò a staccarle una a una.
Più la canzone andava avanti, più piume finivano a terra, rivelando sempre più pelle.
Il bustino, che copriva a malapena i suoi seni, lasciava scoperto il suo ventre piatto, sul quale Philippe avrebbe voluto mettere le mani.
«Dio…» si lasciò scappare lui in un sussurro sommesso, mentre la ballerina era praticamente rimasta nuda per l’ultimo ritornello della canzone di Prince.
Ora indossava solo un reggiseno in pelle, collegato a delle mutandine dello stesso materiale solo da due sottili strisce nere sui fianchi.
Era strabiliante e impossibile da raggiungere, anche se effettivamente vicina.
E aveva un tatuaggio.
Philippe se ne accorse quando lei piroettò su se stessa tirando su una delle sue meravigliose e lunghissime gambe.
Una rosa blu le decorava la pelle e fu in quell’istante che lui comprese il motivo del nome che aveva scelto per il suo personaggio.
Era una ragazza romantica, cosa di cui era davvero felice, perché ora che lei aveva abbandonato la scena, lui le avrebbe regalato il fiore che più amava.
Philippe si alzò in piedi col mazzo di rose e, mentre Gilberto presentava Rock Girl, raggiunse il retroscena dove fu, però, presto intercettato da uno dei buttafuori.
«Dove credi di andare?»
«Ecco, vorrei andare a…»
«No! Non si può passare!»
Scosse la testa, senza la benché minima idea di lasciar perdere. «Queste sono per lei, per Rosa Blu…»
Il tizio, un energumeno che lo superava sia in altezza che in stazza, sorrise brevemente, prima di dirgli: «L’unica cosa che posso fare è portarli da parte tua, ma non c’è verso che io ti faccia passare».
Philippe annuì. «Perfetto, ma allora vorrei scriverle un biglietto, posso?»
«Certo».
«Aspetta un attimo» prese dalla tasca il taccuino da cui staccò una pagina e poi, con la penna che portava sempre con esso, scrisse un messaggio.
“Sei la creatura più bella che io abbia mai visto, Rosa Blu e vorrei, se possibile, conoscerti. Tuo, Philippe.”
Rilesse le parole e poi, sorridendo come l’ebete che non era mai stato in vita sua, consegnò i fiori e il biglietto al bodyguard. Restò finché lo vide sparire al di là della tenda rossa che separava la sala dal retroscena.
Philippe era cosciente dello spettacolo che intorno a lui continuava, ma non riusciva a badarci troppo perché la sua attenzione era tutta per quel pezzo di stoffa pesante che lo divideva da lei.
Da Rosa Blu.
L’attesa però durò poco: il tizio tornò da lui, purtroppo, portando con sé il mazzo di rose e il biglietto.
«Mi dispiace amico…» gli disse e poi gli consegnò tutto.
Philippe prese il suo regalo, umiliato e deluso. «Non capisco» disse e il buttafuori ribatté: «Allora leggi il biglietto».
Quando quello si allontanò, lui lo fece e vedendo quelle tre parole si arrabbiò come mai gli era capitato nella sua vita.
“Non accadrà mai.”
Non. Accadrà. Mai.
Dio, come poteva essere così stronza?
Come poteva rinunciare a un interesse sincero?
Come?
Era confuso e arrabbiato, così tanto che non poteva rimanere lì a divertirsi, perciò lasciò il mazzo di rose sul bancone del bar e prese la direzione della porta come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
Una volta fuori, l’aria fresca della sera lo colpì in viso, proprio quando il suo corpo sbatté addosso a qualcun altro.
«Mi scusi!»
«Phil» esclamò una voce che lui conosceva benissimo.
«Fratellino» rispose astioso. «Hai già terminato il tuo appuntamento con Mirta? È andato così male che vuoi vedere delle ballerine mezze nude?»
«In realtà…» disse lui sorridendo. «Sono qui per te, perché vorrei parlarti».
«Come mi hai trovato?»
«Mirko».
«Ora vi impicciate dei miei affari? E poi perché parli con lui? Dio, ma volete farmi impazzire?»
«Io… Io…»
«Tu niente! Sarebbe stato meglio se fossi rimasto in Francia! Quando eri lì tutto andava per il verso giusto! Sei venuto qui e ogni cosa va male! Ogni fottuta cosa! Ti odio!» esplose e lo scansò con una mano, facendolo arretrare di botto. «Vaffanculo, Julian! Sparisci!»
E poi lo lasciò, prese la sua macchina e iniziò a vagare per Firenze, col bigliettino di Rosa Blu che praticamente bruciava nella sua tasca.
«Vaffanculo, Rosa Blu. Vaffanculo, tutti. Vaffanculo, Mirta!» asserì con astio senza sapere il perché le fosse venuta in mente la sua cameriera.
«Lo zafferano… Che poi, chi cazzo è per dirmi cosa manca ai miei piatti?» continuò a borbottare ad alta voce, sembrando un pazzo appena uscito da un centro di igiene mentale.
«Oltretutto, potrebbe avere ragione…» e ce l’aveva, perché lo zafferano, con quel suo sapore particolare, sarebbe stato perfetto sul filetto a cui stava lavorando.
«Dio, come sono caduto in basso!» sussurrò, decidendo in quel momento che lo avrebbe aggiunto, ma non le avrebbe detto nulla, perché quella ragazza non aveva bisogno di altri motivi per cercare di mettergli i piedi in testa.
Già lo faceva senza bisogno di aiuto.
E lui la odiava per questo. Da morire.
Anche se, doveva ammettere, tanto tempo prima su una come lei ci avrebbe fatto un pensierino.
O forse più di uno.
Ma ora era cambiato, non voleva complicazioni, soprattutto perché aveva una missione: conquistare quella stronza di una ballerina, anche se lei si era negata. Philippe era convinto di poterle piacere e che lei si comportasse così solo per paura di lasciarsi andare.
Voleva vederla da vicino per contemplare il tatuaggio che, ora che ci pensava, era sicuro di aver già notato.
Dove ho già visto quella rosa blu?